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La Juve darà le telefonate già trascritte alla Figc

 

Il presidente Agnelli: «Se sarà dimostrata la correttezza della società chiederemo gli scudetti indietro». Intanto il club bianconero sta meditando di depositare in Federazione un documento con i testi (probabilmente sbobinati da un peri­to) delle intercettazioni più significative. E ne spunta un’altra in cui Facchetti raccomanda un amico a Lanese
TORINO, 28 agosto - La Federazione non riesce a farsi dare le telefonate dal Tribunale di Napoli? La Ju­ventus è pronta ad andare in soccorso del procuratore Stefano Palazzi, fornendogli una compilation di intercettazioni già sbobi­nate e pronte all’uso. Si tratta di una serie di intercettazioni, molte delle quali già rese pubbliche dai media a partire da aprile, che fanno parte del corpus di 171.000 raccolte durante le indagini del 2004/05, ma mai pre­se in considerazione sia in sede di Giustizia sportiva che penale. Le telefonate sono sta­te, come è noto,“scoperte” dai legali di Lucia­no Moggi e hanno gettato nuova luce sulle vicende di Calciopoli, dimostrando che non erano solo i dirigenti juventini ad avere con­tatti con i designatori arbitrali e con gli arbi­tri stessi. Le cosiddette “nuove intercettazio­ni” hanno spinto la Federazione ad aprire un fascicolo. L’ha fatto Palazzi, richiedendo alla procura di Napoli il corpus integrale delle in­tercettazioni. La richiesta, però, non ha an­cora avuto seguito per problemi burocratici. E, così, l’indagine non è ancora partita.

LA MOSSA - Ecco perché alla Juventus stanno meditando di depositare in Federazione un documento con i testi (probabilmente sbobinati da un peri­to) delle intercettazioni più significative. Una mossa a effetto che, dopo l’esposto di maggio per chiedere la revocazione dello scudetto in­terista del 2006, tende a stimolare le indagi­ni di Palazzi. Magari su telefonate come quel­la del 10 febbraio 2005 ed emersa nelle ulti­me ore, nella quale Giacinto Facchetti chia­ma Tullio Lanese, presidente degli arbitri e gli raccomanda un amico (Ambrogio Sfon­drini) per un ruolo «ad alto livello» in seno al­l’Aia. Dice l’allora presidente dell’Inter: «Sen­ti, no, poi ieri mi son dimenticato di dirti, sic­come io vedo spesso quell’Ambrogio Sfondri­ni, sai come...». Lanese: «Sì, sì, ma ora comin­ciamo, sì, sì, in commissione ora incomincia­mo a...». Facchetti: «No, guarda... sappi che...». Lanese: «No, no, non me lo dimentico, ma io no me lo dimentico, tranquillo». Facchetti: «Sappi che è una persona che puoi utilizzar­la veramente ad alti livelli, perché lui è sta­to Direttore Generale della Popolare di Lodi. Eh, va bene, volevo ricordartelo». Lanese: «Tranquillo».

L'INTERVISTA - Il presidente Agnelli ha chiarito il pensiero della Juve, in un'intervista a Sky Sport: «L’esposto che abbiamo presentato è molto dettagliato e a nostro giudizio fondato. Quindi non chiede parità di trattamento ma è un esposto molto preciso sulla revoca di uno scudetto. Da questo punto di vista noi ci aspettia­mo, poichè crediamo che sia fondato, una risposta sicuramente entro breve, in breve tempo, e siamo fiduciosi, vista la motivazione che abbiamo portato avanti, di avere un risultato positivo». Dunque punta a riavere i due scudet­ti o uno dei due scudetti?
«Diciamo che questa è una storia un po’ più complessa, un po’ più complica­ta. Dovremmo valutare i vari aspetti ma se giuridicamente sarà dimostrata la correttezza della società nei vari pro­cedimenti che sono ancora aperti, sicu­ramente valuteremo l’azione revocato­ria e la riassegnazione dei titoli».

Guido Vaciago

 


 

Moggi, Juventus, arbitri: spiati già dal 2002

 

TORINO, 6 giugno - Spiati dal 2002. La Juventus, Luciano Moggi e una serie di arbitri (fra cui De Santis) ve­nivano tenuto sotto controllo dalla security della Telecom. Lo ha rivelato Giuliano Tava­roli, ex responsabile della se­curity Telecom, in un’intervi­sta a la Repubblica pubblicata ieri. La famigerata “Operazio­ne Ladroni”, com’era stata bat­tezzata in codice l’indagine pri­vata condotta dagli 007 di Ta­varoli sul mondo del calcio, era insomma iniziata anche prima di quanto si sapesse finora. «La pratica ladroni riguarda le in­dagini sui rapporti fra la Ju­ventus e gli arbitri. Risale al 2002, quando un arbitro ber­gamasco ( Nucini, ndr) e ami­co di Giacinto Facchetti un giorno scoppia e racconta i re­troscena di quella che diven­terà Calciopoli. All’Inter vanno in fibrillazione e così Tron­chetti Provera consiglia a Moratti di chiamarmi». Così Tavaroli parla a la Repubblica, stabilendo una data d’inizio al­l’indagine, per altro già nota. Nella lunga intervista, Tavaro­li usa toni molto duri nei con­fronti del suo ex datore di lavo­ro, che ha sempre negato di avergli ordinato indagini sulla Juventus e sul mondo arbitra­le, lasciando capire che quelle furono iniziative degli uomini della security. Uomini che Tronchetti ammette solo di aver messo in contatto con Massimo Moratti e Giacinto Facchetti (dopo che Nucini aveva allertato l’amico Fac­chetti sui rapporti fra Moggi e un nutrito gruppo di arbitri di serie A).

IL PUZZLE - Un altro tassello sulla genesi di calciopoli trova, insomma, una collocazione nel complesso mosaico del quale mancano ancora molte tesse­re. Quelle che potrebbe mette­re lo stesso Tavaroli, insieme con Emanuele Cipriani, tito­lare dell’agenzia investigativa Polis d’Istinto alla quale Tava­roli si appoggiava: entrambi, infatti, saranno sentiti come testimoni a Napoli (probabil­mente dopo la pausa estiva), chiamati dalla difesa di Moggi a spiegare frangenti e partico­lari delle loro indagini su Ju­ventus e sull’ex dg. Non biso­gnerà, quindi, aspettare molto per conoscere le verità di Tava­roli sul calcio, quelle mai piena­mente esplorate dagli inqui­renti del processo Telecom. «Sul calcio mi è stato chiesto pochissimo», ha spiegato lo stesso Tavaroli intervenendo a TeleLombardia venerdì sera. Del calcio gli chiederanno il 18 o il 22 giugno, quando compa­rirà davanti al giudice Caso­ria nell’aula 216 del tribunale di Napoli.

LE DOMANDE - Facile che gli venga chiesto chi e perché ave­va ordinato quelle indagini. Fa­cile che lui risponda che Tron­chetti Provera lo aveva messo in contatto con Moratti e Fac­chetti (circostanza, per altro, confermata da tutti i protago­nisti della vicenda). Ma, per esempio, sarà interessante ca­pire quali informazioni emer­sero dalle indagini partite, stando a quanto dice il Tavaro­li, dal 2002. Per esempio: la Ju­ventus e Moggi venivano spia­ti anche per quello che potrem­mo definire spionaggio indu­striale? In questo senso è inte­ressante rileggere quanto det­to in aula (processo Telecom) da Fabio Ghioni, responsabile tecnico della sicurezza Telecom e, quindi, stretto collaboratore di Tavaroli. Ghioni parla di «competizione industriale» ri­ferendosi alle acquisizioni di tabulati inerenti al mondo del calcio: «Una squadra di calcio era un’azienda e faceva parte del Gruppo. Quindi, qualun­que informazione la security poteva trarre su persone ester­ne all’azienda aveva quella va­lenza ». Un ragionamento che in qualche modo riecheggia in certe spiegazioni Moggi. L’ex dg bianconero ha sempre so­stenuto di essere vittima di una sorta di “spionaggio indu­striale” da parte delle dirette concorrenti, le quali - sempre secondo Moggi - riuscivano ad avere informazioni sulle sue operazioni di mercato, renden­dole più difficili o soffiandogli i giocatori all’ultimo momento. In questo senso vale la pena ri­cordare che fra le utenze telefo­niche di cui la security Telecom acquisisce i tabulati ci sono quelle della Gea World e della Football Management, due grandi società di procuratori di cui faceva parte il figlio di Lu­ciano Moggi, Alessandro. LA TESI D’altra parte, Moggi ha sempre sostenuto che l’uti­lizzo delle “inintercettabili” schede svizzere, secondo l’accu­sa la prova più concreta dell’e­sistenza di una cupola sotto controllo dello stesso Moggi, era dovuto proprio al timore di essere “spiato” e dall’esigenza di poter condurre le sue trat­tative di mercato al sicuro da orecchie indiscrete e non per tenere contatti con gli arbitri e i designatori, come sostiene in­vece l’accusa. A questo punto avere dei particolari in più su quelle indagini condotte dalla security Telecom a partire dal 2002 potrebbe essere impor­tante per chiarire questo aspetto cruciale sia per la dife­sa sia per l’accusa di Moggi.
Guido Vaciago

Dossier illegali, parla Tavaroli "Io e Tronchetti, ecco la verità"      (05 giugno 2010)

 

L'ex capo della security: "Il presidente Telecom sapeva tutto. Su suo ordine ho protetto Montezemolo e indagato su Afef, Moggi e De Benedetti.

 E' un codardo, non si è assunto le responsabilità per ciò che chiedeva"

 

MILANO - Un Giuliano Tavaroli un po' appesantito, ma muscoloso, con l'occhio limpido e la voce ferma, rompe il silenzio dopo il patteggiamento a quattro anni e due mesi: "Sì, ho letto ovviamente i nuovi verbali di Tronchetti Provera". Scuote la testa: "E l'ho anche visto in tv in un'intervista sdraiata di Fabio Fazio, a prendere le distanze da me, a dire che quasi manco mi conosceva".

Ma, scusi, Tavaroli, si è sentito offeso?
"A livello personale non m'importa, qua c'è un'offesa professionale. E posso consentire ai giornalisti e ai magistrati di scherzare, al mio datore di lavoro no. Tronchetti sa bene che mentre lavoravo per lui ho fatto conferenze alla Nato, e anche in decine di università, perché la nostra Security aziendale era un modello. Adesso, tentano di farci passare, attraverso i loro avvocati, come un'accozzaglia di manigoldi. E lui? Fa finta di niente".

Ma lei e il dottore che rapporti avevate?
"Lui sembra voler interpretare il ruolo del gran signore che ha avuto un maggiordomo un po' infingardo, faccia pure, Tronchetti. Perché in effetti mi sono occupato anche di questioni personali e familiari... "

E cioè?
"Bah, gli esempi sono tanti. Un Natale mi chiama perché le figlie, di ritorno da Saint Moritz, sono state controllate e fermate in frontiera, e io a mia volta chiamo e corro. A Pasqua, un'altra emergenza. Bisognava aiutare il figlio di un amico, un ragazzo con seri problemi, che doveva finire in comunità, ma andava in giro. Tronchetti e il padre avevano paura che potesse commettere delle stupidaggini, eccoci qua, siamo noi che ci attiviamo per farlo sorvegliare ventiquattr'ore su 24, meglio di una mamma. Cose normali, sacrosante, per carità, ma... ".


Ma nell'udienza preliminare, il dottore sostiene che vi vedevate poco, lo stretto indispensabile.
"Non ci vedevamo certo tutti i giorni, ma certo che ci sentivamo e, quando serviva, viaggiavamo anche insieme. E nei casi di emergenza era Tronchetti, o la sua segretaria personale, che mi chiamavano. Bastava chiedere alla mitica signora Longaretti come stavano le cose".

Anche con i tabulati telefonici si sarebbe potuto ricostruire la dinamica dei rapporti. È stato fatto?
"Non mi risulta, sarebbe stato davvero utile analizzarli per dimostrare quanto la Security vivesse "dentro" l'azienda e per l'azienda lavorava. Come investigatore, mi chiedo come mai in Procura non siano state passate in rassegna nemmeno le mie mail, che raccontano giorno per giorno che cosa fosse, nella realtà e non nella fantasia, la sicurezza di Pirelli e Telecom, la nostra vera storia. Sin dall'inizio ho chiesto che fossero esaminati i nostri computer, erano la cartina di tornasole più chiara".

Anche questo non sarà stato fatto dai sostituti procuratori...
"Esatto, non mi risulta".

Ma si troveranno questi vostri computer che erano stati sequestrati?
"Spero di sì, specie se qualcuno vuole capire".

Ci aiuti a capire lei come funzionava. Per esempio, il dottore l'ha chiamata per proteggere qualche persona importante in difficoltà?
"Più d'una volta. Mi chiamò per il suo amico Luca Cordero di Montezemolo, quando dovevano eleggerlo presidente di Confindustria. Vado da Tronchetti e vedo uscire Cesare Romiti. Il quale, mi dicono, non voleva che Montezemolo si presentasse, e parlava di un verbale giudiziario degli anni Ottanta, una vecchia inchiesta di Torino".

Lei è sicuro di quello che sta dicendo?
"Per appurare la questione, mi muovo con il mio collaboratore Sasinini, operiamo sul pm di Biella o di Asti, comunque un magistrato vicino al procuratore Giancarlo Caselli. Sasinini chiama il pm e organizziamo a casa di Tronchetti un pranzo con Caselli".

C'è stato questo pranzo?
"Che c'è stato è sicuro, ma io non ho partecipato".

Risulta un'indagine vostra sull'ingegner Carlo De Benedetti. È sempre Tronchetti a ordinarle il report sulle utenze, soprattutto elettriche, delle case dell'ingegnere, per sapere quanto tempo passa all'estero?
"Eh, si sa che in vari momenti tra i due non correva buon sangue".

È proprio vero che stavate aiutando l'Inter di Moratti contro Luciano Moggi?
"La pratica Ladroni, come la chiamavamo noi, riguarda le indagini sui rapporti tra la Juventus e gli arbitri. Volete sapere a quando risale? Al 2002... Succede che un arbitro bergamasco, ammiratore e amico di Giacinto Facchetti, anche lui bergamasco, un giorno scoppia e gli racconta i retroscena di quella che sarà Calciopoli. All'Inter vanno in fibrillazione, si spiegano alcune espulsioni, alcuni rigori assurdi e così Tronchetti consiglia a Moratti di chiamarmi".

Siete andati dalla magistratura?
"Era quello che volevo, ma la situazione è complessa e do a Moratti l'unico suggerimento possibile, e cioè portare Facchetti, come fonte confidenziale, dai carabinieri. Può parlare, resterà anonimo, l'indagine comincerà".

All'Inter che dicono?
"Tentennano, preferiscono non esporre Facchetti, forse hanno paura, io non posso intervenire più di tanto. Moratti mi dice che ha capito come stanno le cose e ne soffre, è preoccupatissimo, ma non vuole distruggere il calcio italiano. Allora che cosa possiamo fare? Si prepara un documento, che finisce sui tavoli dei sostituti procuratori Francesco Greco e Ilda Boccassini. E l'arbitro, convocato, va in procura, ma non è così facile come sembra... Fa scena muta. L'inchiesta Calciopoli non parte quindi da Milano, com'era possibile, ma partirà qualche anno dopo, a Napoli".

Davanti al gup Mariolina Panasiti s'è molto parlato dei dossier sull'ex sindaco di Telecom Rosalba Casiraghi.
"In una riunione con Carlo Buora, Tronchetti e Rocco di Torre Padula si fa il punto su come la stampa parla dell'azienda. Non bene, ci sentiamo sotto tiro e c'è il sospetto che sia la Casiraghi a soffiare le informazioni ai giornalisti. Nasce così la decisione di capire meglio".

Glielo consegnate fisicamente il dossier?
"A lui bastava quello che riferivo io. Un solo dossier legge di sicuro, quello relativo alla cognata, la signora Soriani, la seconda moglie del fratello, della quale durante l'interrogatorio davanti alla Panasiti, dice di non ricordarsi nemmeno il cognome... ".

Lei adesso è uscito dal processo Telecom e ha patteggiato la condanna per truffa e associazione per delinquere. Si sente uno sconfitto?
"No, e nemmeno un capro espiatorio. Mi sento di avere pagato i miei debiti e i miei errori, altri non l'hanno fatto. Io e la mia famiglia sì, e a caro prezzo. Ieri a scuola, mia figlia, di sette anni, si sente dire da un amichetto: "Tuo papà ha fatto delle cose brutte". Ma questo è inaccettabile, perché non ho fatto nulla di brutto, se non proteggere un'azienda, le sue strutture, i suoi uomini. Sono finito in un'inchiesta che non è arrivata alla verità e mi sa che il marasma non è ancora finito, perché comincia il processo per rito ordinario, quello che vede Emanuele Cipriani, il titolare dell'agenzia di investigazioni accusata dei dossieraggi illegali, come principale imputato. Immagino che lui mi chiamerà a testimoniare in aula, a settembre. E, come testimone, ho l'obbligo di dire la verità, e non posso nemmeno avvalermi della facoltà di non rispondere".

Lei, dunque, spera di ricevere finalmente le domande giuste? Sia il gip Gennari che il gup Panasiti, rimandando gli atti alla procura, hanno chiesto di indagare di più...
"Se lo dicono loro... Io sono stato un maresciallo dei carabinieri, sezione antiterrorismo, e la mia carriera successiva nasce dalla strada, non dalle raccomandazioni della politica. Quando mi sono congedato, sono stato chiamato da un cacciatore di teste a lavorare per Italtel e quando entro in Pirelli, il primo aprile del 1996, Cipriani è già lì. Lavorava sotto il manager Sola. Io, Cipriani e Marco Mancini non siamo dunque "tre amici al bar" che cercano di creare una combriccola a danno di Pirelli. Non ho portato via un euro, se molti credono che taccio perché ho un tesoretto all'estero, sbagliano. Tronchetti non mi ha coperto d'oro per non parlare e non sono stato zitto, è stato lo stesso gip Gennari a dire che ho collaborato. Non ho nulla di più dei miei stipendi. Ho il mio lavoro, un curriculum di tutto rispetto che hanno provato a infangare per salvare il presidente".

Il quale si è costituito parte civile contro di lei.
"Sì, lui e Afef. Ma siamo seri, che cosa volete che me ne importasse di indagare sui familiari di Afef? Tronchetti è un codardo, non ha avuto il coraggio di prendersi le sue responsabilità sui report che ci chiedeva, ha preferito offendere la dignità dei professionisti al suo servizio".

Ma lei e Cipriani siete amici o no?
"Sono amico di Mancini e ho un rapporto di conoscenza con Cipriani, punto e basta. Quando stavo in Italtel non mi sono mai servito dell'agenzia di Cipriani. Lo rincontro a Firenze tra il 78 e il 79. Lui faceva il funzionario di banca, ma fremeva per fare l'investigatore. Il suo idolo era Mancini, che lavorava per i servizi. Cipriani fa domanda per entrare nel Sisde, ma non ce la fa. Apre allora un'agenzia di investigazioni. Le nostre frequentazioni sono diverse. Per intenderci, io l'oratorio e gli scout, lui i figli di papà... ".

Ora siete grandi e, all'apice delle carriere, siete incappati nella legge.
"Già e quando scoppia l'inchiesta, passano sei mesi in cui non succede nulla. Io lavoro in Romania, poi a gennaio mi chiama Tronchetti Provera, che preme per riavermi in azienda in Italia. Facciamo una riunione con il capo del personale Gustavo Bracco e il capo del legale Francesco Chiappetta e lo stesso Tronchetti. Pensano di ripristinare, sempre con me a capo, un servizio più limitato di Security. Sempre a gennaio, c'è un altro incontro con Tronchetti, ed è presente anche il funzionario Valente. Il presidente si mostra preoccupato perché, mi dice, Cipriani ha consegnato alla Procura la password del dvd, e cioè la chiave del "forziere" che conteneva tutti i dossier della Polis d'Istinto. E là esistono anche due o tre pratiche che fanno paura a Tronchetti Provera, e lui stesso mi cita alcuni file sui politici, Fassino e D'Alema, che sono citati in Oak Fund, e Aldo Brancher".

E che cosa pensate di fare?
"Le ipotesi sono tante, ma in realtà l'azienda si paralizza. Si muove solo dopo la procura, e quando sa di non poter agire diversamente. E a me cambiano le carte sul tavolo. A giugno 2006 vengo licenziato, mi buttano a mare, prendono le distanze. Da gennaio a settembre 2006 mi cucinano e a settembre vado in galera. Un anno, di cui otto mesi e 13 giorni in isolamento. Del resto Tronchetti Provera conosce bene il metodo per far fuori qualcuno, quando arriva in Pirelli mandato da Mediobanca. Riesce a dare l'ultima spallata a Leopoldo Pirelli, ai tempi di Tangentopoli, quando lui e i manager vanno in procura. Indicativo sarà il discorso che Alberto Pirelli fa alla commemorazione del padre".

Ma, secondo lei, l'inchiesta milanese ha mai puntato a Tronchetti?
"Forse all'inizio, ma non so... Tronchetti mese dopo mese contava sempre di meno sullo scacchiere degli affari. Anzi, mentre Tronchetti tratta l'uscita di scena con il banchiere Giovanni Bazoli e la vendita di Telecom è ormai considerata cosa fatta, l'inchiesta finisce, puf".

Ma Tronchetti perché avrebbe avuto bisogno di lei per contattare chicchessia?
"Sì, so che dice così, ma è falso. Ovvio che poteva avere contatti con chiunque, ma è anche vero che c'era gente come D'Alema e Tremonti che non ci tenevano a vederlo".

E lei che cosa fa?
"Sono io che gli ho fatto fare la pace con D'Alema, per il tramite di Lucia Annunziata, e lo stesso con Tremonti, attraverso l'ex ufficiale della finanza Marco Milanese, che io conoscevo e che lavora con lui, ora è onorevole. Tronchetti confonde i contatti formali con quelli sostanziali. Per quelli formali c'era Perissich e Rocco di Torre Padula. Per gli altri, serviva il fido Tavaroli, ora rinnegato".

Lei dà del falso a Tronchetti, che invece fa l'anima bella, perché ha mentito in altre occasioni?
"Per esempio quando dice che le indagini su Oak Fund sono del 2005, invece sono nate nel 2001, dopo l'acquisto di Telecom dalla cordata di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno. Voleva sapere a chi erano andati parte dei soldi versati per l'acquisto di Telecom. Si pensava a una parte politica, la sinistra, a cui Tronchetti dava fastidio".

Fastidio?
"Sì, era entrato con i piedi nel piatto in Telecom, appetito da tanti. Voleva fare l'imprenditore indipendente e questo può comportare dei rischi. Ora infatti è sceso a patti con la politica, è nei ranghi, è diventato manovrabile come tanti, tanti altri. Forse è quello che volevano, farlo tornare a più miti consigli. Era una minaccia al potere, non era il potere. Ma di mezzo ci sono finito io, con la mia famiglia". 

(05 giugno 2010)

 

Calciopoli, smontati i sorteggi truccati

 

Ieri in udienza a Napoli, hanno parlato i testimoni di Pairetto. Il notaio e un giornalista spesso presente a Coverciano: «Mai notate anomalie».
Gli arbitri Farina e Trentalange negano pressioni per favorire la Juve: «Non ci istruiva nessuno»
NAPOLI, 2 giugno - Bastava chiedere, in fondo. Chiedere ai notai dei sorteggi attesi come taroccati, chiedergli notizie e certificazio­ni anche postume della presa delle palline da parte di 38 giornalisti 38, chiedere come facessero i prestidigitatori Bergamoe Pairetto a darla a bere a tutti a via Tevere e Co­verciano. Bastava chiedere al­la Lega Calcio il documento prodotto ieri in udienza da Massimo De Santis: mica il quarto segreto di Fatima, una circolare del 5 agosto 2004, al­ba dei giorni di Calciopoli, in cui si dettava il vademecum del perfetto rapporto arbitro­dirigente e i limiti e le caratte­ristiche dei mitici “addetti agli arbitri”. E invece abbiamo do­vuto attendere oltre quattro anni per farci un’idea magari diversa da quella delle informative dei carabinieri. Ebbe­ne, il giorno è però arrivato: ie­ri udienza a Napoli parla il no­taio Ioli, seguiranno una teoria di arbitri e assistenti ora qua­si tutti dirigenti apicali dell’Aia ma allora sui campi da prota­gonisti nella stagione dei vele­ni: manca Collina, per l’8 giu­gno dovrà produrre convincen­te motivazione o presentarsi.

ATTO NOTARILE - 
Parte il giornalista Pesciaroli, grande esperto di statistiche arbitrali. «Ho preso parte a quasi tutti i sorteggi avvenuti all’Aia e qualcuno avvenuto a Firenze: speravo, una volta almeno, di portare a casa lo scoop di un sorteggio truccato. E invece niente: non ce n’erano motivi, la presenza del notaio lì vicino mi tranquillizzava. Non ho mai avuto sospetti, se avessi vi­sto qualcosa di irregolare l’a­vrei scritta sul Corriere dello Sport. Le griglie? Era statisti­ca, qualche volta ci azzeccavo, altre no. Come mi attivavo per capire se c’erano trucchi? Guardavo tutto con attenzio­ne, ero lì. E pur avendo fatto anche l’estrazione di anomalie, non ho registrato al tatto alcu­na anomalia nelle palline. Quando si aprivano, venivano richiuse e rimescolate». Passa e chiude, testimone al notaio An­tonio Ioli. «I verbali da me re­datti sono agli atti, quando la pallina e sarà capitato qualche volta nelle centinaia di estra­zioni si apriva, provvedevo a farla richiudere: non era possi­bile leggere il foglietto all’inter­no perché ripiegato in quattro (da Manfredi Martino, ndr): il nome di arbitro o partita non si poteva leggere. Io non ho mai avuto sospetti di irregolarità di quelle estrazioni che io certifi­cavo: non avevo bisogno di re­fertare sulla qualità delle pal­line, ero nel controllo della si­tuazione». Narducci chiede se non avesse sentito il dovere di chiedere alla Figc palline nuo­ve. «Dottore, mi parli del conte­nuto dei miei atti: io non consi­deravo anomale queste circo­stanze. Mai avuto il sentore di anomalie nella procedura».

FISCHIETTI E BANDIERE - Tocca a Trentalange: «Pairet­to e Bergamo, che pure non mi trattava benissimo, non mi hanno mai chiesto favoritismi o fatto pressioni. Conosco da una vita anche il padre di Pier­luigi Pairetto, Antonio che era un amico di Moggi di antica data. Se sono mai stato ferma­to? E’ toccato anche a me: 4 mesi senza serie A per aver espulso Capello. Ma allora al­lenava la Roma» Poi la giudice a latere Pandolfi ricorda la de­posizione dell’ex dipendente Juve, Capobianco. «Ha avuto un’auto da Giraudo?» «Girau­do? No, ho comprato un’auto dalla Fiat con lo sconto che si faceva, non ricordo che auto, era nel 1995».
Alvaro Moretti
Ravezzani "ci fu un complotto ai danni della Juventus"

 
 
Calciopoli 2, Aigner: “Noi non abbiamo deciso di dare il titolo all’Inter”

Calciopoli 2, Aigner: “Noi non abbiamo deciso di dare il titolo all’Inter”   15/04/2010

Le intercettazioni proposte dai legali di Luciano Moggi hanno scatenato una nuova indignazione negli sportivi e sopratutto in chi all’epoca della prima inchiesta si è trovato a prender decisioni importanti per il futuro del calcio italiano. Sembra che Palazzi sia a lavoro per trovare un espediente in grado di evitare la prescrizione e riaprire il fascicolo di indagini.

Ma anche Gerhard Aigner, ex segretario genarale dell’Uefa e capo della Commissione dei tre saggi che nel 2006 collaborarono con l’allora Commissario straordinario Guido Rossi nell’assegnazione dello scudetto 2005-06, ci vede qualcosa di poco chiaro.

Aigner intervistato durante la trasmissione Qui studio a Voi stadio su Telelombardia, confessa che il nome dell’Inter non sono stati loro a farlo e in quel clima dove era difficile definire chi era colpevole da chi non lo era sarebbe stato meglio non assegnarlo:

“Il nome dell’Inter – ha detto – non ci era stato proposto. Dovevamo per forza fare una classifica di quel campionato per via delle Coppe europee, ma non era necessario dare il titolo a qualche squadra. Per me sembrava normale non assegnare il titolo in quelle circostanze perché c’erano dubbi sulla regolarità del campionato”.C’era un malessere generale in quel campionato, c’erano molte componenti implicate. Non sono sorpreso da ciò che è uscito in questi giorni. Allora la situazione in Lega Calcio era molto grave, ma tutti erano responsabili. Gli arbitri erano troppo esposti alla situazione della Lega Calcio e sono stati anche vittime. Tutti hanno contribuito a crearla e trovare chi è stato il più o meno colpevole è difficile”.

 

Onestopoli. Il famoso “regalo” di Moratti a Bergamo…  14/04/2010

 

Un «regalino» da parte del presidente dell’Inter, Massimo Moratti, per l’ex designatore arbitrale Paolo Bergamo, probabilmente in virtù del periodo natalizio. È la prima di altre tre telefonate trascritte dai difensori di Luciano Moggi di cui è stata chiesta proprio oggi l’acquisizione da parte del Tribunale di Napoli dove si sta celebrando l’udienza del processo a Calciopoli. L’intercettazione è del 23 dicembre 2004 e Bergamo chiama l’ex dirigente nerazzurro Giacinto Facchetti.
facchetti-miniFacchetti: Se tu chiami Moratti… son stato anche ieri da lui …abbiamo parlato.
Bergamo: Io non ho più il suo numero, se tu me lo dai… infatti ricordi… ne avevamo parlato.
Facchetti: dai perchè voleva…se passi di qui un giorno…
Bergamo: Ma dov’è è a Forte?
Facchetti: In ufficio, no no a Milano se ti capita di venire giù perchè aveva un regalino da darti
Bergamo: Volevo sentirlo anche così anzi avevo piacere anche di incontrarlo, di incontrarvi, insomma per fare così qualche riflessione insieme
Facchetti: E va bene
Bergamo: È una situazione che vorrei proprio anch’io aiutarvi a raddrizzare…perchè insomma la squadra non merita la posizione che ha…
Facchetti: Sono stati dodici pareggi incredibili…

Calciopoli. Cronaca dell’udienza del 13 aprile (by Enzo Ricchiuti)

http://www.uccellinodidelpiero.com/calciopoli-udienza-in-diretta-in-continuo-aggiornamento/

 

CORRIERE DELLA SERA.it   05 / 04 /2010

La registrazione delle 170 mila chiamate finora non utilizzate

«Fai un discorsetto a quell'arbitro  o gli tagliamo la testa»

Bergamo a Galliani: mi faccia sentire il suo calore

NAPOLI — Parlano tutti. Moratti e Bergamo, Bergamo e Galliani, Foti e Bergamo, Cellino e Bergamo. Dirigenti di società grandi e piccole contattano il designatore arbitrale e i carabinieri intercettano e registrano. C’è anche chi (Meani, Milan) non chiama il designatore ma un arbitro (Collina), e pure in questo caso i carabinieri ascoltano e registrano. È l'indagine che sfocerà nel processo Calciopoli contro Luciano Moggi. Non tutte le telefonate intercettate vengono ritenute interessanti sotto il profilo penale. Quelle che pubblichiamo qui di seguito non sono oggetto di contestazioni da parte della procura di Napoli. Rappresentano, però, la controffensiva del collegio di avvocati che assistono l'ex direttore generale della Juventus. I loro consulenti stanno ascoltando le registrazioni di oltre 170 mila telefonate, alla ricerca di quelle che possano essere utili alla difesa, pronta a sferrare l'attacco già dalla prossima udienza, il 13 aprile. Ecco con quali armi.

LO CHIAMAVAN BRONTOLO
Fine febbraio 2005, Leandro Meani, ex arbitro e poi dirigente del Milan delegato ai rapporti con il mondo arbitrale, chiama il suo ex collega, rimasto amico, Pierluigi Collina, all'epoca ancora in attività. Non fanno nomi, ma secondo l'interpretazione filo-moggiana parlano dei più alti dirigenti milanisti.

Meani: «Ti prometto che quando diventerai designatore non ti chiamo più...» Collina: «Dai ah ah ah» Meani: «Mi ricorderò sempre che quando avevamo posto il veto a Pisacreta l'unico che mi ha chiamato per dirmi che sbagliavamo è stato lui, Brontolo...»

Collina: «Va buono dai, ho provato a chiamarlo ma da una parte è staccato, il cellulare è staccato, all'altra probabilmente la segretaria non c'è...»

Meani: «Il massimo sai cos'è? Che lui va a San Siro assieme all'altro, il peggiore con cui trattare è lui, no perché a lui non va bene niente, fuori qui, su, giù, chi sono questi, chi è quest'altro...sono tutti i casini che fa, poi è cattivo come l'aglio... gli allenatori fan casino e lui li manda via...è micidiale capito?»

Collina: «No ti dicevo ho chiamato il capo...» Meani: «Sì, il grande capo» Collina: «Ma il cellulare era staccato, segreteria, invece quello dell'ufficio diretto ti passava il centralino, io tramite il centralino preferivo evitare per cui...»

BERGAMO CHIEDE CONFORTO
Aprile 2005, uno dei due designatori arbitrali dell'epoca, Paolo Bergamo, telefona a Galliani alla vigilia di Milan-Juve.

Galliani
: «Questi signori han perso la testa mi creda, perché ci sono comportamenti nei confronti dell'universo, in Lega in Federazione...»

Bergamo: «Glielo voglio dire perché si sappia, tra me e lei naturalmente...»

Galliani: «Non si preoccupi tale rimane...»

Bergamo: «Io posso sbagliare magari una griglia, penso che un arbitro sia in forma e magari non è in forma, oppure l'arbitro è in forma e sbaglia, però a priori voler sbagliare è tutta un'altra cosa, mi taglierei le mani mi creda... Ecco questo filo che ho con lei vorrei tenerlo fino a giugno dottore...»

Galliani: «No no no ma poi si vedrà...adesso vediamo la fine del campionato...con i giusti equilibri...»

Bergamo: «Mi faccia sentire un po’ il suo calore in questo momento perché...» Galliani: «Assolutamente...» Bergamo: «Sono solo, non solo, meno che solo...»

Galliani: « Ma no no ci sono io...»

CELLINO VS COLLINA

Il 22 febbraio 2005 il presidente del Cagliari Massimo Cellino parla al telefono con Paolo Bergamo.

Cellino: «Sono contrario a dare un anno di proroga a Collina... è una persona che non mi fa impazzire, e anche come arbitro ha culo, ma non mi fa impazzire, è uno molto fortunato ma non mi fa impazzire (...) Vuole la proroga? E vada in Inghilterra, vada in Giappone...Ma vai dove c... vuoi...Paparesta è arbitro di livello, Collina gli pulisce le scarpe...»

Bergamo: «Vedo che capisce»

GRIGLIE SEMPRE GRIGLIE

Ancora aprile 2005, si sta per giocare Fiorentina-Milan e si avvicina Milan-Juventus, sfida scudetto. I designatori debbono preparare le griglie per la scelta degli arbitri, e Bergamo ne parla con Meani.

Meani: «Te chi mi mandi a Firenze?» Bergamo: «Come griglia? Te dici come griglia di arbitri? L'abbiamo fatta a 3 ma mi fai dire una cosa che con Gigi (Pierluigi Pairetto, l'altro designatore, ndr) non abbiamo ancora concordato... Ho in mente di metterne tre perché non voglio preclusioni e gli arbitri sono Messina, Farina e Rodomonti per me, poi sentiamo Gigi perché poi immaginerai quelli che sono i tre che voglio mettere la domenica successiva»

Meani: «Ho capito, tu vuoi mettere Paparesta» Bergamo: «Sì» Meani: «Collina» Bergamo: «Sì» Meani: «Trefoloni» Bergamo: «Sissignore, e mi ci gioco la testa»

Meani: «Però a Trefoloni gli fai un bel discorsetto...»

Bergamo: «Stai tranquillo, stai tranquillo...»

Meani: «Perché se no gli tagliamo la testa noi» Bergamo: «Stai tranquillo» Meani: «Se no chiamalo e parlagli»

L'ARBITRO CONCORDATO

Nel novembre 2004, alla vigilia di Parma-Reggina, Bergamo mette il presidente dei calabresi Lillo Foti al corrente delle decisioni che lui e Pairetto prenderanno nella scelta dell'arbitro.

Bergamo: «Domani c'è il sorteggio a Roma, lo fa Gigi. Abbiamo pensato a Parma-Reggina da seconda fascia perché in prima fascia non ci va, e in seconda fascia c'è un po' di esperti, anche un giovane che sta facendo bene, vediamo un po' che cosa vi tocca...»

Foti: «Ti raccomando che è troppo importante...»

Bergamo: Ti dico: c'è un esperto, De Santis, c'è Morganti, che è un altro esperto, Saccani ha fatto una quarantina di gare in serie A e poi il giovane è Tagliavento che vogliamo lanciarlo... a meno che domani mattina si cambi qualche idea, ti do quello che avevamo concordato...»

Fulvio Bufi

Calciopoli: trovate le telefonate fra Bergamo, Moratti e Facchetti

La notizia arriva dagli avvocati  della difesa. Nel frattempo, il teste Auricchio continua nella sua specialità: «Non ricordo»

NAPOLI
Colpo di scena al processo di Calciopoli: sarebbero state trovate le telefonate tra Paolo Bergamo, ex designatore, e i dirigenti interisti (Massimo Moratti, Giacinto Facchetti). Nella penultima udienza, erano state citate alcune telefonate tra Bergamo e Maria Grazia Fazi, sua assistente personale ed ex segretaria dell’Aia (Associazione Italiana Arbitri), in cui si parlava di una cena con Facchetti, all’epoca presidente dell’Inter, che doveva avvenire la sera del 5 gennaio 2005, e di alcune telefonate preparatorie dell'evento, «consumato» proprio alla vigilia di Livorno - Inter 0-2.

Il tenente colonnello Attilio Auricchio, teste chiave di tutto l’impianto accusatorio, e il pm Narducci avevano confessato di non essere al corrente dei motivi per cui proprio «quelle» telefonate non fossero nelle informative e che, probabilmente, qualcosa poteva essere sfuggita. Oggi, la svolta. Gli avvocati della difesa avrebbero rinvenuto, tra le tante, le telefonate partite dal cellulare di Bergamo verso quello di Moratti e le altre intercorse con Facchetti, che non chiamava mai, secondo Bergamo, meno di due volte la settimana. Non solo: figurerebbero anche molti contatti fra Adriano Galliani, l’allora presidente della Lega (nonché vice presidente del Milan) e Pierluigi Pairetto, ex designatore con Bergamo. I colloqui non sarebbero stati ancora ascoltati. Dalle pieghe dell’indagine, è emerso anche il numero delle intercettazioni di cui sarebbe stato «bersaglio» l’ex designatore: 51 mila!. I cacciatori di verità non vedono l’ora di sentire i nastri. Erano proteste, o giochi di «griglie» arbitrali come quella, famosa e famigerata, tra Luciano Moggi e Bergamo, nella quale l’ex direttore generale della Juventus faceva a gara «a chi aveva studiato di più»? Erano scambi di idee o richieste di favori? Il processo sta vivendo giorni decisivi. Attilio «Non ricordo» Auricchio è stato nel frattempo tartassato dagli avvocati di Massimo De Santis (ex arbitro), Paolo Bergamo (ex designatore), Andrea e Diego Della Valle e Sandro Mencucci (proprietari e dirigenti della Fiorentina) e Mariano Fabiani (ex direttore sportivo del Messina).

Incredibile il tenore delle risposte: talmente evasivo da accentuare i dubbi sul «senso (quasi) unico» dell’indagine: la Juventus comunque e poi quello che viene, viene. Esempio: se pensi che i Della Valle stiano trattando con Bergamo per salvarsi (stagione 2004-2005), e se vieni a sapere di un vertice in un albergo fiorentino, non puoi, a maggior ragione, accontentarti della notizia e non piazzare cimici fra i tavoli, per portare alla luce eventuali patti scellerati. Persino il giudice Teresa Casoria ha perso la pazienza: e non è la prima volta. Il 13 aprile, prossimo round. In attesa di conoscere i pissi pissi fra Bergamo, Moratti e Facchetti, fra Galliani e Pairetto.

 

23/02/2010

Ostellino: il giornalismo italiano corre in soccorso dei vincitori

 

Ecco gli audio in cui Bergamo parla degli interisti

  

Tra i passaggi più interessanti dell'udienza di ieri al processo di Napoli, c'è quello in cui l'avvocato Prioreschi chiede conto al responsabile dell'indagine Offside di colloqui e contatti con dirigenti interisti citati in telefonate intercorse fra gli imputati Paolo Bergamo e Maria Grazia Fazi. A rigor di logica, dato che i telefoni dei due erano sotto controllo, qualche  intercettazione con i dirigenti interisti avrebbe dovuto esserci, ma agli atti così non è.
Nella prima telefonata che vi proponiamo, risalente al 5 gennaio 2005, l'allora designatore arbitrale Bergamo racconta alla segretaria della CAN di un colloquio che ha appena avuto col patron interista. Dunque, anche Moratti con i designatori ci parlava. Inoltre, dal racconto di Bergamo sembra proprio che i rapporti fossero ottimi e che Moratti esprimesse gradimento nei suoi confronti: parla di "sei anni di rapporti di grande correttezza" e considera un vero e proprio "cruccio" il fatto che l'Inter dell'era Moratti, fino a quel momento, non avesse ancora vinto nulla.
E a un certo punto l'ex designatore racconta di aver parlato al presidente interista della designazione dell'arbitro per il successivo derby della Madunina...
Certo che sarebbe stato proprio interessante ascoltare il dialogo che riporta Bergamo. Ma intercettazioni come questa, per uno strano caso della vita, al quale lo stesso Colonnello Auricchio non ha saputo dare una spiegazione, non possiamo ascoltarle. Intanto, però ascoltiamo bene questa:

Clicca sulla foto per vedere il video


Nella seconda telefonata, del 29 marzo 2005, ascoltiamo Bergamo e Fazi organizzare un incontro con un alto dirigente interista, molto probabilmente l'ex presidente Giacinto Facchetti. Ricordiamo che uno dei cardini dell'accusa a Moggi e associati consiste nel fatto che, nell'arco della stagione 2004-05, avessero talvolta organizzato delle cene. Nel brano che potete ascoltare qui sotto, noterete che la Fazi accenna a problemi tra l'allora allenatore dell'Inter e certi arbitri. Inoltre, sembra aver appena raccolto degli sfoghi contro la Juve da parte del Milan. Come potrete ascoltare qua sotto, per la preoccupazione che la "Zarina" esprime nel consigliare Bergamo sul modo di approcciare il suo commensale interista, sembra quasi che dovrà andare a sostenere una sorta di esame d'accusa.

 

Clicca sulla foto per vedere il video




Introvabili le telefonate di Moratti a Bergamo

 

NAPOLI, 24 marzo - Dal controesame di Attilio Auricchio, co­sì come dal dibattito vivace tra difesa e pm che obiettano, s’op­pongono, parlottano col teste durante le pause dell’udienza, al­cune perle significative. Come questa che fa chiarezza, anzi no su una delle domande ricorrenti di Moggie Bergamosui con­tatti con Facchetti del designatore, amico del presidente in­terista scomparso. Quelle telefonate di cui si parla nell’infor­mativa dei carabinieri del 19 aprile 2005 non si trovano da nessuna parte. Ne parlano tra loro i plurintercettati Berga­mo e Maria Grazia Fazi, ma non si trova trascrizioni e sonoro.

Avv. Prioreschi (difesa Moggi): «Colonnello Auricchio, le ci­to un’intercettazione del 5 gennaio 2005, ore 14.30, tra Maria Grazia Fazi e Bergamo, dove il designatore riferisce telefona­te di Moratti e di una cena che aveva organizzato con Facchet­ti perché si lamentavano degli arbitri quelli dell’Inter, poi di un’altra telefonata del 29 marzo 2005 in cui Bergamo riferi­sce di colloqui con Moratti. Ora, noi abbiamo cercato queste interlocuzioni tra Bergamo e Moratti, ma non le abbiamo tro­vate. Lei, tenente colonnello Auricchio, sa spiegare perché que­ste telefonate non ci sono, visto che i telefoni di Bergamo era­no intercettati?»

Ten. Col. Auricchio: «Non so dare spiegazioni».

Pm Narducci: «E’ l’avvocato che lo dice, ma non può dimo­strare nulla».

Avv. Prioreschi: «Dottor Narducci, lei ha messo sotto inter­cettazione tutti i telefoni di Bergamo».

Pm Narducci: «Qualcosa sarà sfuggita, magari non tutti i te­lefoni erano sotto controllo».

Auricchio: «Tutte le telefonate intercettate sono state ripor­tate, e quelle che non sono state riportate sono state compen­diate. Facchetti avrà chiamato su altro numero».

Giudice Casoria: «Va bene, avvocato, non lo sa spiegare».

Avv. Trofino (difesa Moggi): «Perché ci interessa? Beh do­po tutto quello che è venuto fuori al processo Telecom...»

Avv. Prioreschi: «Magari il pm può appellarsi al Segreto di Stato...».Alvaro Moretti

Inter e Bergamo, giallo sulle chiamate

Auricchio, il pm di Calciopoli: «Ci  potrebbe essere sfuggito qualcosa»                                       Mercoledi 24/03/2010
MARCO ANSALDO
TORINO
C’è un dubbio che trapela dalla deposizione resa dal colonnello dei carabinieri Aurelio Auricchio che condusse le indagini su Calciopoli e che è stato ascoltato ieri come testimone nell’udienza davanti alla nona sezione del Tribunale di Napoli: il dubbio è che l’enorme lavoro di intercettazioni fatto in quei mesi sia stato diretto nei confronti della Juventus di Moggi e Giraudo, tralasciando o almeno non approfondendo le tracce che potevano portare ad altre società, tra cui l’Inter.

Auricchio ha naturalmente difeso il proprio operato. «Tutte le telefonate intercettate sono state riportate e quelle che non sono state riportate sono state compendiate», ha replicato l’ufficiale alle domande dell’avvocato Prioreschi, uno dei difensori di Moggi. Tuttavia non ha saputo spiegare il fatto che non ci sia traccia di una conversazione tra l’ex designatore Paolo Bergamo e la segretaria Fazi a proposito delle telefonate di Moratti e di una cena che aveva organizzato con Facchetti perché all’Inter si lamentavano degli arbitri. Nè di un’altra telefonata in cui Bergamo riferisce di colloqui con Moratti. Eppure, ha osservato Prioreschi, l’utenza dell’ex designatore era sotto controllo. «Non so dare spiegazioni, Facchetti avrà chiamato su un altro numero», ha detto Auricchio e il pm ha ammesso che «forse qualcosa sarà anche sfuggito». A giudicare dalle contestazioni dei legali di Moggi non sarebbe una falla di poco conto visto che l’Inter fu poi la maggiore beneficiata dalle sentenze di Calciopoli.

Auricchio ha poi spiegato che l’investigazione si limitava a esaminare quanto emergeva dalle intercettazioni, quindi non c’era una valutazione delle decisioni arbitrali, cioè se erano corrette, e si confrontavano semplicemente gli indizi raccolti dalle telefonate con i tabellini e le cronache delle partite sospette. Infine l’ufficiale ha parlato dell’amicizia con Franco Baldini, l’ex dirigente della Roma e collaboratore di Capello alla Nazionale inglese. Auricchio ha negato di aver mai parlato con Baldini dell’inchiesta che coinvolgeva la dirigenza juventina. Secondo Preioreschi invece lo avrebbe fatto al punto che Baldini nell’ottobre 2004 avrebbe chiamato il suo amico Antonelli, procuratore e ex amministratore delegato del Torino, per dirgli che «un maggiore dei carabinieri di nome Auricchio stava indagando nel calcio». In seguito Antonelli avrebbe incontrato Auricchio per un caffè.

Le trascrizioni di tutte le udienze, compresa l'ultima, sul sito:

http://www.ju29ro.com/


Scardina: "La macchina 'regalata' è costata 14 mila euro!"
http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DrSIOcVE-pRk&h=6fdd21a11681b37c32f853acaa31af01

Pairetto: "Sono state dette falsità"
http://www.youtube.com/watch?v=0_jhO2JAvSM

Moggi: "favori pro Juve?"
http://www.youtube.com/watch?v=AgmLckiYBpQ

È online anche la sintesi dell'intervista fatta da Chiambretti a Platini
http://www.youtube.com/watch?v=ftq_YDoN0Dw
Moggi su Offside e Calciopoli

AUDIO: Ascolta la testimonianza di Rosario Coppola  news

 

Coppola: Facchetti entrò nello spogliatoio

 

newsVENERDI' 04.12.2009 
ANCORA COPPOLA SU FACCHETTI - Sempre nel corso della sua deposizione, l'ex guardalinee Coppola, che ricordiamo è uno dei testimoni dell'accusa, ha dichiarato che durante quell'Inter-Venezia 2-1 del 16 settembre 2001, Facchetti entrò nello spogliatoio della terna tra il primo e il secondo tempo.
Nel corso del controesame, inoltre, Trofino ad un certo punto si è fortemente alterato, chiedendo ad alta voce di far emergere il modo vergognoso con cui è stata condotta l'indagine. La Casoria gli avrebbe prontamente risposto: "Avvocato...ogni cosa a suo tempo!".
DAL PROCESSO DI NAPOLI - Oggi in aula il guardalinee Coppola ha dichiarato che dopo un Inter-Venezia del 16 settembre 2001, in cui fu espulso Cordoba per un pugno a Bettarini, fu chiamato dal designatore Mazzei che gli chiese di cambiare referto e di modificare il pugno con una strattonata, specificando che l'ordine veniva dall'alto.
Coppola ha dichiarato che, però, si rifiutò di cambiare il referto e che per questo motivo non fu più designato per partite di Serie A.
Coppola, interpellato ancora sulla questione, ha detto che, nel corso degli interrogatori sostenuti con i Carabinieri Auricchio e Di Laroni, il discorso scivolò anche sull'Inter, ma gli risposero: "L'Inter non ci interessa".
Maurilio Pioreschi, uno degli avvocati di Luciano Moggi,dopo le dichiarazioni di Coppola, secondo quanto riporta Tuttosport, è rimasto di sasso ed ha dichiarato: "E’ vergognoso vedere che degli ufficiali dei Carabinieri omettano di verbalizzare un circostanza del genere. E con la deposizione di Coppola abbiamo avuto l’ulteriore dimostrazione che era già emersa da altre testimonianze, che in questa indagine e poi nel processo c’era un solo obiettivo quello di colpire la Juventus e Moggi".

Moggi, Giraudo e Bettega assolti



MARTEDI' 24.11.2009 -

ASSOLTI - Luciano Moggi, Antonio Giraudo, Roberto Bettega, e la stessa società Juventus, sono stati assolti oggi, "perchè il fatto non sussiste", al processo celebrato a Torino per i conti della vecchia gestione della Juventus. Ricordiamo che il tutto era partito da una denuncia della Juve contro ignoti. Il processo, celebrato con il rito abbreviato, è nato dall'inchiesta sulle plusvalenze sulla compravendita di calciatori. La richiesta dei pm, Antonio Pacileo e Marco Gianoglio, era di tre anni per Moggi e Giraudo, e due anni per Bettega. Segnaliamo il comportamento della Juventus: aveva proposto di patteggiare una pena pecuniaria ma il giudice, Dante Cibinel, come informa l'Ansa, non solo non ha accolto la proposta ma ha assolto la società. In aula erano presenti Giraudo e Bettega, che hanno lasciato il Palazzo di Giustizia senza commentare. Ha parlato, invece, uno degli avvocati difensori, Andrea Galasso: "È il trionfo della giustizia sulle considerazioni metagiuridiche che hanno animato questa dolorosa vicenda giudiziaria". Nel mondo del calcio, dove diverse società hanno fatto ricorso a tutte le pratiche finanziarie possibili ed immaginabili, che sia finita sul banco degli imputati proprio la Triade, che non aveva mai fatto ricorso a vendite del marchio, spalma-debiti, e quant'altro, ed era portata ad esempio di sana gestione, era già singolare. Il giudice ha rimesso le cose a posto.

Avv. D'Onofrio: "Come ti riprendo gli scudetti"

donofrioAvvocato D'Onofrio, in questi giorni il Presidente Blanc ha dichiarato che per lui gli scudetti della Juventus sono 29 e che il prossimo sarà il trentesimo. Secondo Lei è solo un proclama per accreditarsi presso i tifosi oppure anche in Corso Galfer hanno deciso finalmente di monitorare eventuali sviluppi provenienti dai processi ordinari?
"Non ho modo di accertare se si tratti di un mero proclama o di una reale e fattiva intenzione da parte della Società, poiché in questi anni sono giunti molti segnali contraddittori sul punto. Mi auguro, tuttavia, che l'attuale dirigenza voglia attivarsi, qualora ne ricorrano i presupposti, per riottenere un parziale ristoro delle ingiuste ed ingiustificatamente eccessive sanzioni del 2006. Peraltro, aggiungo, in caso di conquista dello scudetto, nulla impedirebbe di fregiarsi del simbolo della terza stella, trattandosi di una convenzione, non disciplinata in alcun modo dalla FIGC"

Potrebbe spiegare in maniera definitiva e dettagliata in cosa consiste l'articolo 39 del CGS e quali sono i presupposti per la sua applicazione?
"Si tratta di un meccanismo molto semplice e lineare che consente di riaprire un processo sportivo celebrato già in tutti i suoi gradi di giudizio (sentenza definitiva) in ragione di un fatto nuovo e sopravvenuto, idoneo a modificare i presupposti della precedentemente resa sentenza sportiva precedentemente resa. In sintesi, se dal processo penale di Napoli emergesse in sentenza l'infondatezza dell'impostazione accusatoria di Calciopoli nel 2006, allora sarebbe doveroso riaprire il processo sportivo e celebrarlo in ragione delle prove accertate dal Giudice penale, omesse e non utilizzate nell'ambito del processo federale".

La sentenza per Antonio Giraudo, che ha scelto il rito abbreviato, è attesa entro fine anno. Se fosse favorevole, basterebbe da sola a sostenere la richiesta di applicazione dell'art. 39?

"Si, assolutamente, almeno per la parte di sanzione relativa alla revoca dei due scudetti, trattandosi di condanna ulteriore comminata proprio in ragione della presunta colpevolezza di Giraudo, allora Amministratore Delegato della Juventus".

Per sentenza favorevole si intende una sentenza di assoluzione completa, o anche semplicemente una condanna per fatti minori come nel caso del Processo Gea?

"Bisognerebbe leggere con attenzione il testo della sentenza, ma ritengo che anche solo l'insussistenza della presunta associazione a delinquere sarebbe sufficiente a far riconsiderare l'estremo rigore sanzionatorio da parte dei giudici sportivi."

In questo caso bisognerebbe attendere gli altri gradi di giudizio?
"No, nel caso Guardiola, infatti, non è stato necessario. Vale il principio di uguaglianza in ambito federale".

Facciamo chiarezza su un punto per i nostri lettori. Chi è il soggetto che ha titolo giuridico per chiedere l'applicazione del articolo 39 del CGS, e di conseguenza la restituzione dei due scudetti sottratti nel 2006?

"Ad oggi, cioè allo stato della normativa vigente e della giurisprudenza federale ed ordinaria, l'unico soggetto legittimato è la stessa società Juventus. Tuttavia, credo che una battaglia di civiltà giuridica dovrebbe portare al riconoscimento di un interesse diffuso e collettivo sul punto, riconoscendo legittimazione ad agire anche ad associazioni di tifosi, magari piccoli azionisti, in via surrogatoria".

Il Caso Guardiola ha scritto un importante precedente nell'ambito della Giustizia Sportiva. L'allenatore del Barcellona ha ottenuto che gli fosse cancellata la squalifica benché già scontata. E' possibile eventualmente cancellare anche la Serie B dagli Almanacchi pur avendola già disputata?
"Si certo, non il fatto storico ma quello sportivo".

Quando si parla di "annullamento degli effetti reversibili" delle sentenze sportive si fa riferimento anche alla possibilità di chiedere un risarcimento economico?
"Assolutamente sì. Del resto, la FIGC avrebbe potuto assumere un atteggiamento prudente. Avendo, invece, abbandonato ogni prudenza, si è esposta ad un'eventuale richiesta di risarcimento del danno in caso di assoluzione in sede penale dei soggetti condannati in sede sportiva".

Avvocato, se la Juventus Le offrisse un incarico per studiare la possibilità di adire l'articolo 39 del C.G.S., Lei accetterebbe?
"Ho creduto sin da subito nell'ingiustizia sostanziale e processuale di Calciopoli e, dunque, mi metterei senza dubbio a disposizione per cercare di ristabilire verità e dignità, come ho già fatto, con un parziale ed insperato successo, assumendo la difesa di Luciano Moggi."

Moggi in aula: «Colpo di tosse durante i sorteggi?

Allora indagate i giornalisti»

L'ex dirigente della Juve: «Se quel segnale era diretto a un cronista, questi era parte della combine»

 

NAPOLI - Interviene in aula per la prima volta. Luciano Moggi, uno degli imputati al processo Calciopoli, si presenta di fronte al collegio A della nona sezione penale del tribunale di Napoli e rilascia una dichiarazione spontanea. L'ex dirigente della Juventus risponde alle affermazioni rese in aula la scorsa udienza dal teste Manfredi Martino. L'ex segretario Can aveva affermato che «durante il sorteggio per la scelta dell'arbitro di Juve-Milan del 2004-2005 qualcosa non andò secondo il verso giusto perché ci fu uno strano colpo di tosse del designatore Bergamo quando il giornalista incaricato dall'Ussi scelse la pallina gialla degli arbitri». «Se quel colpo di tosse era diretto al giornalista - risponde Moggi - allora questi era parte della combine. Non lo so. Allora tutti i giornalisti e i notai che hanno partecipato ai sorteggi arbitrali dovrebbero essere interrogati, indagati».

LAZIO E FIORENTINA - «Sono stato anche accusato di aver fatto retrocedere il Bologna - aggiunge Moggi - quando poi si va a leggere un'intercettazione dell'allora presidente federale Franco Carraro nella quale dice al designatore Paolo Bergamo che bisogna aiutare Lazio e Fiorentina ad evitare la retrocessione. Guarda caso retrocedono Bologna e Brescia e si salvano Lazio e Fiorentina. L'intercettazione del presidente della Figc passa inosservata». «Detto questo - prosegue Moggi - vorrei chiedere cosa c'entra il sottoscritto, quando l'interesse era quello di dirigere la propria società, essendo all'oscuro delle iniziative del presidente federale nell'occasione sopra esposta».

 

 

Finalmente il primo pentito al processo di Napoli: la Gazzetta

  Mario Incandenza sabato 07 novembre 2009 00:18 Dossier - CantaNapoli - Il processo

 

Ci aveva molto preoccupato, nei mesi scorsi, il silenzio delle grandi e illustri testate giornalistiche italiane riguardo alle deposizioni dei testimoni che erano sfilati nell'aula di Napoli, al processo Calciopoli. In effetti, le testimonianze dei vari Carbone, Paparesta jr. & sr., Dal Cin, Gazzoni Frascara, Nucini, Aliberti, Canovi, Galati, Pirrone e compagnia bella, benché chiamati dall'accusa, avevano sostanzialmente ridicolizzato le balle che ci erano state propinate nell'estate 2006.
Ma ecco che, dopo la giornata di ieri, siamo costretti a cospargerci il capo di cenere e chiedere scusa. D'altronde, siamo juventini, gente ormai abituata al peccato e alla conseguente espiazione.

Tanto per dirne due, Repubblica e Gazzetta dello Sport si sono svegliate, alleluia. Ci hanno raccontato l'udienza di ieri quasi in tempo reale, con gran risalto. Oddio, il vero risalto è per solo uno dei testimoni, il primo, dopo dieci e più, che finalmente dice qualcosa di apparentemente utile all'accusa. Manfredi Martino, segretario alla CAN ai tempi di Pairetto e Bergamo, che racconta le sue sensazioni. Vien da dire: "Cosa? Sensazioni?". Vabbè, non facciamo i sofistici. Le sensazioni di uno che stava alla CAN saranno pure interessanti, almeno giornalisticamente, no?

E infatti, ecco che sparano il titolone. "Martino: 'Palline sorteggio arbitri riconoscibili'", così per 'La Repubblica'. Andiamo a leggere e troviamo il racconto di una sensazione di Martino relativa al sorteggio degli arbitri prima del big-match Milan-Juve, quello che nel maggio 2005 assegnò lo scudetto ai Bianconeri. Per il teste quel sorteggio fu probabilmente truccato, "perché ci fu uno strano colpo di tosse del designatore Bergamo quando il giornalista incaricato dall'Ussi scelse la pallina gialla degli arbitri". Caspiterina, chissà che significato poteva avere quella gola intasata, quel sommovimento di mucose. Analizziamo. Forse Bergamo si era accorto che il giornalista incaricato dall'Ussi si era sbagliato e voleva segnalargli che la pallina giusta era un'altra? Quindi il giornalista era complice della cupola? Oppure era un segnale per indirizzarlo verso la pallina giusta, e allora complice della cupola, oltre al giornalista, era anche Collina, attuale designatore del nuovo calcio pulito, in quanto arbitro che poi venne effettivamente designato per il big-match? Tra l'altro, in quella gara la Juve non ebbe alcun favore arbitrale, l'unico dubbio fu una possibile espulsione di Nesta, che effettivamente venne risparmiato. Ma allora la Juve, più che cupola, era una vittima?

Questo invece il titolo della Gazzetta web: "Calciocaos, nuove rivelazioni: 'Palline truccate per i sorteggi'". L'articolo è piuttosto lungo e articolato, altro che gli scarni trafiletti delle altre udienze. E all'interno, un passaggio davvero notevole: "'ma restano chiare le parole pronunciate: 'Bergamo e Pairetto in due occasioni mi dissero esplicitamente di mettere il nome di quelle partite e il nome di quegli arbitri nelle sfere del sorteggio che erano facilmente riconoscibili'". Un macigno vero e proprio e un punto pesante segnato dall’accusa." Viene da immaginarlo, mentre digita la parola "macigno", intento a una specie di orgasmo mentale, il buon Maurizio Galdi. Speriamo che non si sia macchiato i pantaloni.

Va benissimo, per carità, poi viviamo in un'epoca in cui ogni opzione del variegato mondo del piacere ha diritto alla sua visibilità, mica siam bigotti. Oddio, stando a quanto ci aveva raccontato ultimamente Ruggiero Palombo, eravamo convinti che i forcaioli gazzettari non fossero poi così presi dal processo napoletano, dato che, a suo dire, anche in caso di sentenza di assoluzione, le sentenze sportive non si cancellano, la giustizia sportiva è una cosa e quella ordinaria è bla, bla e ancora bla.

Ma dato che noi non solo non la pensiamo così, ma oltretutto questo procedimento ci interessa molto e possiamo dire di essere abbastanza ferrati, a questo punto, se dovessimo seguire il ragionamento dell'ipotesi accusatoria che pur continuiamo a trovare fasulla, non possiamo fare a meno di far presente che, se dovesse essere dimostrato che il sorteggio era taroccato, ci sono alcune controindicazione che forse i gazzettari, nella fregola di correre in aiuto mediatico all'accusa, non hanno ancor avuto modo di valutare.

Ma noi siamo qui per questo, per accorrere in loro soccorso, e non sarebbe etico esimersi: siccome, in quei sorteggi, a scegliere la pallina erano in due, è ovvio che per la buona riuscita del trucco c'era bisogno della collaborazione di entrambi i sorteggiatori. Uno dei due, e cioè il designatore, è per l'appunto sotto accusa per associazione a delinquere. Viceversa l'altro, un giornalista indicato di volta in volta dall'Ussi, Unione Stampa Sportiva Italiana, a quanto risulta per ora no.
Riassumendo, i casi sono due: o il teorema del sorteggio truccato è l'ennesima bufala di questa storia, e quindi all'Ussi possono dormire sonni tranquilli, oppure è roba seria, e allora farebbero bene a preoccuparsi. Aggiungiamo un dettaglio: ai tempi, il giornalista che doveva fare l'estrazione veniva scelto all'ultimo momento, il suo nome non si conosceva prima, bisogna quindi presumere che, per il buon funzionamento della cupola, un po' tutti i giornalisti fossero corrotti.

E mo come la mettiamo?
Che facciamo, cara Gazzetta dello Sport, una bella autodenuncia? Forza, affrettatevi, l'indirizzo della procura di Napoli sta su PagineBianche.it. Sarebbe un momento di grande impegno civile ed etico, tutti gli sportivi italiani non potrebbero che esservi riconoscenti per questo vostro ennesimo atto, per quanto doloroso, di dedizione alla causa del calcio pulito.


Nel video sottostante si può ascoltare il chiaro e circostanziato racconto di Bergamo su come avveniva il sorteggio. Il giornalista pescava il nome dell'arbitro solo dopo che Pairetto aveva sorteggiato la partita.

 

Processo calciopoli ricusato presidente

Chiesta la ricusazione del presidente della nona sezione del tribunale: "Ha fornito anticipazioni sulla sentenza". Il dibattimento adesso rischia di ripartire da zero
di FULVIO BIANCHI e CORRADO ZUNINO                21 ottobre 2009

Processo calciopoli ricusato presidente
ROMA- Clamoroso al processo di Calciopoli, in corso di svolgimento a Napoli (ieri si è tenuta un'udienza, il 26 ottobre programmata la prossima): il procuratore capo Giandomenico Lepore e i due pm, Narducci e Capuano (ha sostituito Beatrice, trasferito a Roma), hanno chiesto la ricusazione del presidente della nona sezione del tribunale, Teresa Casoria. Ora deciderà la Corte d'appello se accoglierlo o rigettarlo. Già le parti civili avevano tentato la via della ricusazione. Parti civili che erano state estromesse dal processo a Moggi, Lanese, Bergamo, Pairetto e poi riammesse da una sentenza della Corte Suprema della Cassazione. Sentenza che aveva anche rilievi pesantisissimi nei confronti della Casoria e degli altri due giudici, tanto che era stata anche aperta un'azione disciplinare da parte della procura generale della Cassazione.

Ma adesso ecco la mossa a sorpresa della ricusazione: secondo il procuratore e i due pm, la Casoria avrebbe fornito anticipazioni sul giudizio (come quella frase, "abbiamo cose più serie da fare"). Se l'istanza fosse accolta, c'è il rischio che il processo debba ripartire da zero (o quasi), o quantomeno si possano perdere mesi per sostituire la Casoria, che potrebbe anche astenersi, ma salvando, in questo caso, l'attività sinora svolta. Tenendo conto che nel 2012 va in prescrizione il reato di frode sportiva (quello di associazione per delinquere solo nel 2017), ecco che la decisione dei due pm rischia di creare grossi problemi. Le parti civili (Figc, Bologna, Brescia, eccetera) erano state definitivamente riammesse nell'udienza di ieri: tanto che adesso Juventus, Fiorentina e Lazio rischiavano di pagare somme ingenti (la richiesta complessiva era di 400 milioni di euro) come risarcimento danni nell'ipotesi di condanna di Moggi e c. E la posizione della stessa Juventus sarebbe cambiata: in passato aveva "scaricato"- e non si è mai capito con chiarezza i motivi- Moggi e Giraudo, ma forse adesso non gli conveniva più. I destini di Moggi e della Juventus erano di nuovo legati.

I  giudici avevano già stabilito il calendario delle udienze da qui sino a giugno del prossimo anno (ben 22...), sperando di arrivare così a sentenza nel 2010. Che succederà adesso non si sa ancora? Entro dicembre è prevista anche la sentenza per chi ha scelto la strada del rito abbreviato: fra questi Antonio Giraudo (chiesti 5 anni di condanna) e l'arbitro internazionale Rocchi. Per quanto riguarda Massimo De Santis il gup, dopo la discussione, ha rinviato, anche per la mole della documentazione difensiva prodotta dall'avvocato Paolo Gallinelli, al 5 novembre la decisione se emettere sentenza di non luogo a procedere oppure decreto che dispone il giudizio.

Ora le cose si complicano a Napoli: ci sono ancora da sentire 50 testi (dei 500 richiesti in un primo tempo), fra cui personaggi importanti come Tavaroli e i notai della Figc. Il 26 ottobre a Napoli avrebbe deposto il maresciallo dei carabinieri che aveva fatto le intercettazioni di Calciopoli. Secondo l'avvocato del Brescia, Bruno Catalanotti, "La istanza di ricusazione ha una valenza "rivoluzionaria", che, peraltro, non risiede solo nella novità della iniziativa, già in sé oltremodo significativa. Ritengo che nel caso di Calciopoli abbia il sapore di un atto di rivolta dell'Ufficio titolare dell'azione penale nei riguardi del Tribunale che, al di là delle ragioni, tra quelle previste dalla legge, evocate nella richiesta di ricusazione, denuncia un gravissimo disagio per la gestione del processo". Con quale serenità si potrà tornare in aula?

Moggi boccia Melo e Diego poi tuona contro la Juventus: "Andrò all'assemblea degli azionisti a chiedere spiegazioni"

 

Ciao Luciano, siamo stati sommersi di messaggi. L'affetto del popolo juventino nei tuoi confronti è sempre immenso?
"Li ingrazio, ringrazio tutti quanti".

Oggi è circolata un'indiscrezione secondo la quale tu potresti essere presente all'assemblea degli azionisti della Juventus in programma il 27 ottobre prossimo. E' vero?
"E' vero, è vero. Ci sarò. Sì, perchè voglio rendermi conto di tutto quello che è stato detto, voglio che lo dicano apertamente".

Quindi sarai presente! Lo dai per certo?
"Sicuro".

Continua a circolare questa leggenda metropolitana che tutti gli infortuni subiti dai giocatori della Juventus negli ultimi anni siano dovuti ai campi di Vinovo. Che lo stesso Capello, tre anni fa, pare avesse detto di non voler far allenare la squadra lì. Mi confermi che questa è effettivamente una leggenda metropolitana?
"Questa non è neppure una leggenda. Non è assolutamente vero. Mai detto cose del genere. Neppure Fabio Capello. A parte il fatto che poi non ce li siamo neanche potuti godere, perchè prima abbiamo fatto questi bellissimi impianti e dopo ci hanno liquidati. Quindi, non c'era neppure il tempo di dire una cosa del genere".

A proposito di liquidazione. In settimana hai detto che la Juventus, pur di liberarsi di voi, ha accettato di suicidarsi. Secondo te, dunque, calciopoli è nata sostanzialmente perchè volevano far fuori voi?
"Mah, più che liberarsi di me, volevano liberarsi di Andrea Agnelli".

Calciopoli è nata quindi per far fuori Andrea Agnelli?
"Non è proprio così, ma c'era bisogno di far fuori lui e di sputtanare chi lavorava in quel momento alla Juventus. E ci sono riusciti in pieno. Faccio loro i complimenti, perchè hanno studiato bene tutto, nei particolari".

Secondo te è più colpevole la Juventus che non si è difesa, o quelli che odiavano la Juventus perchè era la squadra che vinceva senza spendere?
"Non voglio cercare colpevoli. Voglio solo dire che in qualsiasi processo, quando uno ammazza una persona, c'è sempre l'avvocato difensore che sostiene la non colpevolezza. La Juventus, invece, si è dichiarata colpevole. E voglio proprio sentire quali sono i criteri che hanno usato per dichiararsi colpevoli e per non difendersi".

Quindi tu andrai all'assemblea degli azionisti con questo scopo?
"Io voglio sentire, sono un azionista, anzi sono uno degli azionisti maggiori. Voglio sapere dalla loro viva voce cos'è successo. Perchè la Juventus non si è difesa e ricordo che l'avvocato Zaccone disse persino che la Juve poteva andare in Serie C. Probabilmente non ha letto le pagine che gli erano state date".

L'avvocato Zaccone ha detto questo solo all'assemblea di novembre. A luglio, infatti, scrisse personalmente una mail a me (Stefano Discreti, ndr), assicurando che non avrebbe accettato pena differente da quella inflitta a Lazio, Fiorentina e Milan.
"Allora c'è stata una confusione di idee. Una volta chiedono 29 scudetti, un'altra volta.....Insomma, chiamiamoli pareri mutevoli, che però hanno rovinato delle persone".

Nei mesi precedenti lo scoppio di calciopoli, lei ha avuto qualche sentore di quello che stava per accadere? Si è reso conto di qualcosa?
"No, avevo sentito solo delle chiacchiere che poi si sono rivelate veritiere, di qualcuno che sapeva queste cose qua, ma non abitava a Torino".

In futuro, se cambiassero gli attuali vertici della Juventus, potrebbe tornare a far qualcosa per la nostra squadra?
"Io alla Juventus sono affezionato, quindi, perchè no? Sono molto affezionato anche per via di queste persone che hanno creato tutte queste dicerie".

Sempre su calciopoli: nell'ultimo periodo Bergamo ha rincarato la dose, dicendo di essere stato intercettato per conto dell'Inter, mentre De Santis ha fatto un passo indietro, scusandosi con la famiglia Facchetti...
"Facchetti è morto, sicchè ovviamente non può più parlare. E forse è una cosa buona non tirarlo in ballo. Ma d'altra parte sono successe delle cose per le quali è impossibile non tirarlo in ballo".

L'Inter ha minacciato di querelare Bergamo...
"Io non lo so. So soltanto che ho letto le deposizioni che ha fatto Tavaroli. Sono sufficienti quelle per dimostrare ciò che è successo e come è stato proposto tutto quanto".

Una domanda provocatoria da parte di un ascoltatore, relativa alla sua gestione: perchè si era tanto innamorato di Athirson al punto da scatenare una guerra col Flamengo?
"Perchè all'epoca Athirson era uno dei migliori giovani del Sudamerica, poi come spesso accade ai sudamericani si è perso e lo abbiamo rimandato indietro. A questo signore che scrive basta dire che poi sono arrivati Ibrahimovic, Emerson, Buffon, Thuram, Viera...ecc.. Quindi è difficile criticarci per quanto attiene la formazione delle squadre. Non a caso la Fifa ha dichiarato la Juventus allenata da Lippi, la più forte di tutti i tempi. Non solo come squadra, ma anche come società".

Nessuno può contestare la vostra gestione....
"Certo. Attenzione, io non sono infallibile. Ma in quel momento Athirson non costava niente, è venuto a parametro zero e aveva tutte le credenziali per diventare un gran giocatore. Gli mancava solo il carattere e questo purtroppo l'abbiamo scoperto solo dopo".

Abbiamo visto come l'avvento di Berlusconi nel calcio abbia innalzato il potere d'acquisto, i prezzi, gli ingaggi, i valori dei giocatori. Poi è arrivato Moratti con i suoi fantamiliardi. E adesso, a parte Florentino Perez, si stanno tutti ridimensionando. Secondo lei, tra dieci anni, potrebbe esserci un ritorno ciclico al calcio dei fantamiliardi o ci sarà una tendenza sempre più morigerata?
"Prima di tutto, cominciamo col dire che noi siamo stati puniti dal fatto che facevamo le squadre senza spendere soldi. Gli altri che spendevano i soldi non ci vedevano certamente bene. A questo dobbiamo aggiungere le morti dell'Avvocato Agnelli e del Dottore Umberto. E praticamente siamo rimasti orfani di padre e di madre. Il che ha fatto scatenare la guerra di successione, tant'è che Andrea Agnelli, uno che capisce di calcio come pochi, non è stato neppure inserito nel Consiglio di Amministrazione, nostante gli sforzi miei e di Giraudo. Questo è già un fatto indicativo, che la dice lunga. Le squadre di calcio si possono fare anche senza spendere tanti soldi. Basta girare e conoscere giocatori. I club che invece hanno questi signori che mettono soldi in quantità, riescono anche a perdere, questo perchè i giocatori non sono presi con il criterio di metterli in un telaio di squadra che possa essere congeniale per loro. Quello che si è spesso verificato fino adesso. Il Real Madrid che compra solo attaccanti è bello, ma resterà sempre una seconda squadra. La prima squadra sarà sempre il Barcellona, che ora con Ibrahimovic si è completato. Le squadre bisogna saperle fare. E chi sa fare le squadre, spesso, spende meno. Chi investe 95-100 milioni molte volte vince meno rispetto a chi ci mette fantasia. Se poi tra dieci anni ci saranno ancora quelli come Moratti e come il Real Madrid che mettono ancora tanti quattrini sul mercato, sarà un bene per il calcio, perchè ci saranno sempre più furbi pronti ad approfittarne. Io con Moratti ho fatto lo scambio Carini-Cannavaro, che non era molto attinente alla realtà dei valori. Però l'ho fatto. Magari continuassero ad esserci questi presidenti, perchè quelli che s'intendono più di calcio, i più furbi, possono anche fare la squadra a loro spese".

Come vedrebbe un trio Diego-Amauri-Lavezzi?
"Non lo vedrei per niente perchè c'è un conflitto. Fermo restando l'attaccante di peso, il resto è tutto da vedere. Intanto a me non piacciono quelli che stanno dietro le punte. Sono giocatori che hanno piedi buoni, come il Baggio che avevamo noi, ma quando hanno il pallone cercano sempre il gol e gli attaccanti stanno a guardare. Si spostano, fanno movimento, ma non ricevono mai la palla. E magari la mezza punta può fare anche dei gol importanti perchè ha piedi buoni. Baggio, infatti, quando è andato al Brescia ha fatto dei grandi campionati perchè veniva utilizzato da prima punta e tutti giocavano per lui. Si tratta di giocatori buoni, ma anche pericolosi, perchè troppo spesso non passano il pallone agli attaccanti di ruolo. Lavezzi direi che non è proprio un giocatore da Juventus".

Quindi, lei, Diego non l'avrebbe preso?
"Su Diego ho delle perplessità. Intanto deve far vedere di essere un grande campione, anche se su questo credo di non aver dubbi, trattandosi di un giocatore tecnicamente molto dotato. Ma io lo utilizzerei in maniera diversa, come centrocampista puro, come in effetti mi è sembrato che fosse in certi momenti delle partite, perchè l'ho visto spesso giocare sulla linea mediana. Ma se gioca davanti, può diventare un problema perchè è uno che tira troppo spesso in porta e non si cura delle punte che potrebbero far gol. E' un giocatore da studiare: potrebbe essere meno attaccante e più centrocampista. Oppure il contrario. Per adesso ha dimostrato pochissimo in Italia. E siccome il gioco italiano è molto diverso da quello tedesco, bisogna aspettare che Diego faccia vedere quello che vale".

Venticinque milioni per Felipe Melo: il prezzo è giusto?
"Non scherziamo. Se Melo fosse stato italiano sarebbe costato cinque o sei milioni. La Fiorentina poteva pagare Mutu 40 milioni, invece l'ha pagato solo 7 milioni e mezzo".

Corvino ha comprato Cristiano Zanetti a 2,5 milioni, Marchionni a 4 milioni e poi ha venduto Felipe Melo a 25. Tre operazione distinte. Ma la Juve non poteva fare un'operazione unica e cercare uno sconto?
"Questo bisogna domandarlo ai dirigenti della Juventus. Io non ho seguito e non posso criticare. Resta il fatto che le cifre non sono reali. O meglio, sono cifre non confacenti con la realtà tecnica di giocatori come Melo".

Ora si parla tanto di questo modulo che potrebbe utilizzare Ferrara, il 4-2-3-1. Lei è convinto di questa barriera che il tecnico vuole formare davanti alla difesa con Melo e Sissoko? E poi chi toglierebbe tra i tre davanti? Marchisio? Che è uno dei giovani migliori e che in prospettiva potrebbe diventare uno dei più grandi centrocampisti d'Europa?
"No, io Marchisio non lo toglierei mai, perchè oltre ad essere tecnicamente bravo, ad avere visione di gioco e ad essere un centrocampista vero, è un giovane molto interessante che può contribuire ad aprire un ciclo nella Juventus. Di sicuro non avrei preso Melo. Anche se ritengo che Melo possa giovare a Sissoko. il brasiliano infatto è da considerare più un centrocampista difensivo e potrebbe favorire le frequenti scorribande del maliano, garantendogli un'adeguata protezione. Però ribadisco, Melo non l'avrei preso. E se l'avessi preso, non certo a quelle cifre".

Lei dunque avrebbe tenuto un giocatore importante come Zanetti....
"Senza dubbio, piuttosto che pagare venticinque milioni mi sarei tenuto Zanetti. E nel momento in cui fosse mancato lui, avrei fatto giocare in quella posizione Marchisio".

Le leggiamo un sms: "Ci manchi comandante, ti ringrazio per tutte le volte che ci hai fatto godere, ti siamo vicini, sarai per sempre uno di noi"
"Io ringrazio tutti quanti. Mi fa piacere questa frase e soprattutto questa parola che è stata detta, "comandante", perchè era quella che mi diceva sempre il Dottor Agnelli. E mi fa proprio ricordare il Dottore".

A proposito del fatto che lei non avrebbe preso Melo. Alcuni tifosi dicono che lei stia gufando la nuova Juventus, che stia sperando che non vinca niente per dire che Luciano Moggi è sempre il migliore...
"Non è assolutamente vero. Io sono lontano da questi pensieri. Io se vincesse la Juventus sarei sempre contento, anche perchè batterebbe l'Inter. Perchè ormai le uniche due squadre che possono competere per il titolo sono proprio Inter e Juventus. E voi certamente sapete che io non amo l'Inter. Tra le due, preferisco sempre che vinca la Juve. Penso non ci sia il minimo dubbio. Purtroppo però, credo che attualmente la squadra di Mourinho sia ancora più completa, anche se i bianconeri hanno fatto un salto in avanti. E' dimostrato, tuttavia, che con la partenza di Ibrahimovic l'Inter può essere sottomessa. I nerazzurri hanno comprato due campiono come Eto'o e Milito, ma entrambi hanno bisogno di un gioco di squadra. Di una squadra che si sbilancia in avanti per supportarli. Quando c'era Ibra, invece, la squadra era più compatta, bastava mandare il pallone in avanti che pensava a tutto lui. La differenza è sostanziale. E purtroppo Ibrahimovic è stato dato via dalla Juventus. Se effettivamente stavano pensando ad una Juventus che dovesse essere ancora competiva in futuro, Il giocatore non doveva essere ceduto, perlomeno non all'Inter. Perchè è inutile spendere 25 milioni per Amauri, che costa quanto Ibrahimovic. Tanto valeva tenersi Ibra e darlo un anno in prestito. Non capisco la situazione. Se invece la Juventus è partita con l'idea di tornare in serie A e di fare solo qualche colpo di mercato, senza però ambire a fare quello che ha fatto la Juve di Ibrahimovic, allora va bene così, per carità. La polvere negli occhi si può buttare tranquillamente, ma i risultati sono più difficili da perseguire".

Dove non ci sono tanti soldi, ci vuole competenza e fantasia. Forse quest'estate la Juventus, prima di prendere Felipe Melo, avrebbe dovuto prendere Pantaleo Corvino, che è l'unico personaggio che per competenza potesse sostituire Moggi...
"Sarebbe stata una scelta buona. Io Pantaleo Corvino lo stimo..."

Eppure si diceva che tra voi non corresse buon sangue...
"Non è vero, erano solo dicerie. Ci siamo presi di petto solo quando avevamo tre giocatori in comproprietà, ovvero Chiellini, Maresca e Miccoli. Poi dopo sono riuscito a farle in una certa maniera, e siamo rimasti contenti sia noi che la Fiorentina".

Corvino è l'unico che potesse sostituirla?
"Può darsi. Però, vedete, le società di calcio sono fatte in una certa maniera. E' difficile stabilire chi può essere sostituito e come. Adesso il problema è che una società di calcio va gestita come un'azienda e quindi servono persone che conoscano il calcio e sappiano amministrare il personale. Io non so se Corvino sappia amministrare il personale, ma come conoscitore di calcio è uno dei migliori".

Appunto perchè sono delle aziende, non ci vorrebbe una persona che capisca di calcio ed una che amministri il personale?
"Ma il direttore generale deve capire di calcio e amministrare il personale".

Ci può confermare che se non ci fosse stato lo scandalo di Calciopoli, la Juve avrebbe avuto tra le mani Cristiano Ronaldo?
"Cristiano Ronaldo l'avevamo preso. Era venuto a Torino a fare le visite mediche, ma Salas, che doveva andare in cambio allo Sporting Lisbona, ha bloccato tutto. Inizialmente voleva andare, ma all'improvviso ha rifiutato il trasferimento. E a quel punto abbiamo perso Cristiano Ronaldo. E' entrato poi il Manchester United che ha offerto 33 miliardi e noi non potevamo competere. Noi avevamo preso Ronaldo quando aveva 17 anni e 33 miliardi all'epoca sembravano una pazzia per un giocatore di quell'età. A prescindere dal fatto che non disponevamo di quelle cifre. Noi infatti non abbiamo mai chiesto soldi e facevamo con quello che avevamo".

Lei ha mai pensato che se non fosse arrivata calciopoli, la Juve avrebbe vinto la terza stella nell'anno del centenario dell'Inter?
"Non ci sono dubbi, su questo potete stare tranquilli. Avremmo vinto per altri quattro-cinque anni di seguito".

Molti sostengono che gli imputati di calciopoli stiano puntando alla prescrizione. Ci puoi confermare che tu non hai alcuna intenzione di accettare la prescrizione?
"Da parte mia è l'esatto contrario. Hanno voluto il processo e lo devono fare".

Adesso ci saranno nuove prove, nuove intercettazioni, vero?
"Il processo si farà nell' aula del tribunale"

Comunque tu non accetterai la prescrizione...
"No, non l'accetterò. Mai".

Moggi: "Ecco perché la Juventus è stata punita..."

L´ex dirigente della Juventus Luciano Moggi, ospite della trasmissione "Tutti pazzi per la Juve" su Radioerre2 ha spiegato i motivi che secondo lui hanno portato il club bianconero a non essere ben visto dalle altre società.
"Prima di tutto, cominciamo col dire che noi siamo stati puniti dal fatto che facevamo le squadre senza spendere soldi. Gli altri che spendevano i soldi non ci vedevano certamente bene. A questo dobbiamo aggiungere le morti dell´Avvocato Agnelli e del Dottore Umberto. E praticamente siamo rimasti orfani di padre e di madre. Il che ha fatto scatenare la guerra di successione, tant´è che Andrea Agnelli, uno che capisce di calcio come pochi, non è stato neppure inserito nel Consiglio di Amministrazione, nonostante gli sforzi miei e di Giraudo. Questo è già un fatto indicativo, che la dice lunga. Le squadre di calcio si possono fare anche senza spendere tanti soldi. Basta girare e conoscere giocatori- ha detto Moggi - I club che invece hanno questi signori che mettono soldi in quantità, riescono anche a perdere, questo perché i giocatori non sono presi con il criterio di metterli in un telaio di squadra che possa essere congeniale per loro. Quello che si è spesso verificato fino adesso. Il Real Madrid che compra solo attaccanti è bello, ma resterà sempre una seconda squadra. La prima squadra sarà sempre il Barcellona, che ora con Ibrahimovic si è completato. Le squadre bisogna saperle fare. E chi sa fare le squadre, spesso, spende meno. Chi investe 95-100 milioni molte volte vince meno rispetto a chi ci mette fantasia. Se poi tra dieci anni ci saranno ancora quelli come Moratti e come il Real Madrid che mettono ancora tanti quattrini sul mercato, sarà un bene per il calcio, perché ci saranno sempre più furbi pronti ad approfittarne. Io con Moratti ho fatto lo scambio Carini-Cannavaro, che non era molto attinente alla realtà dei valori. Però l´ho fatto. Magari continuassero ad esserci questi presidenti, perché quelli che s´intendono più di calcio, i più furbi, possono anche fare la squadra a loro spese"
(Mediagol.it) (Redazione)/i>
17/10/2009 23.46
TUTTO MOGGI     http://www.youtube.com/watch?v=MkB9YuQ0tTE&feature=player_embedded#t=106

Paparesta reintegrato: oggi le visite mediche

L'arbitro di Bari riammesso nel gruppo dei direttori di gara dopo un ricorso al Tar

ROMA, 23 settembre -
Gianluca Paparesta, l'arbitro di Bari reintegrato nel gruppo dei direttori di gara dopo un ricorso al Tar, sta svolgendo le visite mediche di idoneità all'Istituto di Medicina dello Sport dell'Acqua Acetosa, a Roma. Le visite mediche, assieme ai test attitudinali e atletici, sono il primo passo verso l'effettivo ritorno come arbitro nei ruoli della Can di Serie A e B. L'8 settembre, il comitato nazionale dell'Associazione Italiana Arbitri (Aia), oltre a deliberare che Paparesta fosse sottoposto alle visite mediche di idoneità, aveva comunque deciso di impugnare davanti al Consiglio di Stato l'ordinanza cautelare del mese scorso del Tar del Lazio che giudicava illegittima la sospensione, nel luglio 2007, dell'arbitro internazionale in seguito ai fatti di Calciopoli.

Dietro Calciopoli un disegno preciso: impedire la presidenza della Juventus ad Andrea Agnelli


Pubblicato il giorno: 04/09/09  Libero-news.it

Mi pare che...

A nessuno sarà sfuggita la combinazione di alleanze che ha dato vita alla scuola di alta formazione per manager, inaugurata nei giorni scorsi a Torino.

Tra le aziende partner si ritrovano la Fondazione Agnelli, quale capofila, e per essa John Elkann, e la Fondazione Pirelli, ovvero il suo presidente Marco Tronchetti Provera, protagonista di una lotta accesa, senza esclusione di colpi, quando Tronchetti Provera significava anche Telecom, intercettazioni, Polis d’istinto.

Dulcis in fundo, direttore della Scuola Gustavo Bracco, Capo del personale di Telecom di allora con poteri di acquisire le prestazioni di Cipriani. Sorpresa serale, infine al TG1, ripresa della conferenza di presentazione: appare John Elkann e, accanto a Franzo Grande Stevens sedeva, udite udite, Marco Tronchetti Provera.

vecchia conoscenzaSì, dicono quelli di Ju29ro, proprio quel signore che candidamente confermò al Giudice Napoleone come, nell’epoca in cui dirigeva Telecom Italia, Tavaroli avesse messo in moto una “macchina spropositata” contro la “squadra di Moggi”. La squadra, si dà il caso, non era di Moggi ma della Exor (all’epoca Ifil), ovvero degli Agnelli. Nulla di meglio di questo servizio, infatti, ha reso chiaro come tra gli Elkann e Tronchetti Provera vi sia un bel patto di amicizia.

Se cosi non fosse, John chieda a Tronchetti perché Tavaroli, suo dipendente, pose in opera una “macchina spropositata” contro una società del suo gruppo. Lo deve a tutti i tifosi della Juve e a tutti i suoi piccoli azionisti. Credo che la risposta la si possa trovare in maniera esaustiva nel libro mai pubblicato di Gigi Moncalvo, del quale molti capitoli sono stati ripresi da questo giornale. E il capitolo interessato (titolo “Giraudo e Moggi, un pericolo per John”) spiega il “metodo” ad ampio raggio che, secondo l’autore, sarebbe stato attuato per far fuori Giraudo e il sottoscritto, passaggio centrale per raggiungere il vero obiettivo: impedire ad Andrea Agnelli, figlio di Umberto, di giungere alla presidenza della Juve, o ad altri più importanti incarichi nel gruppo. Moncalvo narra della morte di Umberto Agnelli e delle prime mosse di Giraudo per preparare il terreno all’ingresso del figlio Andrea nella Juve. L’ad sapeva che l’idea sarebbe stata avversata da altri, ma non immaginava fin dove si sarebbe spinta l’azione diretta ad impedirla. «In rampa di lancio - scrive Moncalvo - è solo John, nulla deve ostacolare questo disegno, qualunque intralcio, grande o piccolo, diretto o indiretto, deve essere abbattuto con la massima decisione.

Un’eventuale entrata in scena di Andrea, per di più col vantaggio indiscutibile di chiamarsi Agnelli, contrariamente al cugino, crea notevoli disturbi a tutta l’operazione, anche se si tratta “solo” della Juve. Bisogna impedire che la popolarità che in un paio d’anni Andrea sicuramente avrebbe raggiunto grazie al calcio lo proietti anche verso altri incarichi, facendolo diventare un potenziale “concorrente” di John, un ostacolo sul cammino della sua ascesa al potere.

Ecco, quindi, che per bloccare l’ascesa di Andrea o anche solo la sua discesa in campo, occorre azzoppare ed eliminare - scrive Moncalvo - i due uomini che hanno pensato a lui, Giraudo e Moggi. Occorre trovare il modo per farli fuori, anche a costo di far del male per qualche tempo anche alla stessa Juventus. Un “danno collaterale” inevitabile, un effetto del “fuoco amico”, un male necessario e calcolato del quale non si può fare a meno. L’origine della storia di Calciopoli, da questo punto di vista, assume una nuova luce».

Moncalvo si sofferma sulle intercettazioni trasmesse dal pm Guariniello alla Figc affinché verificasse se da quelle carte, nelle quali non era emerso nulla di penalmente rilevante, risultassero violazioni ai regolamenti sportivi. Il presidente Figc, Franco Carraro, le tiene chiuse a lungo nel cassetto, poi all’improvviso le tira fuori.

«Perché e su sollecitazione di chi? - si chiede Moncalvo - Da quel momento si forma la palla di neve che in breve diventerà una valanga. Accade di tutto. La regia giornalistica e il distillato quotidiano delle notizie. I processi sportivi. L’incredibile richiesta del legale della Juventus di condannare la squadra alla serie B. La rinuncia della stessa società a fare ricorso al Tar senza “contrattare” migliori condizioni (come l’annullamento della retrocessione, accettando una forte penalizzazione, come Milan e Fiorentina). La vendita di alcuni pezzi pregiati (Ibrahimovic e Vieira) a una diretta concorrente come l’Inter a un prezzo irrisorio, accompagnato dai ringraziamenti dei dirigenti juventini.

 

Operazione Spionaggio ! due scudetti tolti a tavolino, uno dei quali assegnato all’Inter proprio da un suo ex consigliere d’amministrazione (Guido Rossi). L’assunzione dello stesso Rossi nel gruppo Fiat con una consulenza di molti milioni di euro. Il mancato coinvolgimento legale nella vicenda di Franzo Grande Stevens, che era il presidente di quella Juventus “chiacchierata”. La scoperta di molte manipolazioni nelle intercettazioni. La “fama” di chi le aveva eseguite e messe a disposizione che figura indagato in importanti inchieste penali. L’operazione-spionaggio che faceva capo a un altro dirigente proprio dell’Inter. Il “patteggiamento” della Juventus anche se la giustizia sportiva non ha scoperto alcun “reato”. Con un punto fermo: la Juve è la maggior danneggiata, Giraudo e Moggi vengono fatti fuori». Su tutto quello che scrive Moncalvo ciascun lettore potrà fare le sue considerazioni. I vecchi juventini so bene cosa pensano. Moncalvo ha avuto il coraggio di scriverlo, ma in tanti conoscono già da tempo la vera storia di Calciopoli.

Capobianco: c'erano regali, ma non per gli arbitri

 

TheXFactor martedì 11 agosto 2009 22:08 Dossier - CantaNapoli - Il processo
  

Una delle deposizioni più attese al processo di Napoli, da almeno due anni a questa parte, era quella di Maurizio Capobianco, un ex dipendente della Juventus che nel settembre 2005 se ne andò col dente avvelenato, tanto da intentare causa davanti al Tribunale del Lavoro di Torino. Molto scalpore, nella primavera del 2007, destò un'intervista nella quale si diceva in grado di svelare, finalmente, importanti retroscena sui fantomatici metodi moggiani di corruzione arbitrale, fino ad allora mai provati nonostante la "macchina spropositata" delle intercettazioni. Il 30 giugno scorso, in un'aula di Napoli, per Capobianco è giunto il momento della verità.

“Così Moggi pagava gli arbitri”. O forse no.

"Così Moggi pagava gli arbitri" è il titolo di un articolo pubblicato da La Repubblica in data 11 maggio 2007 a firma di Marco Mensurati che riportava un’intervista al teste, responsabile del Back Office della Juventus F.C. dal 1999 al 2005. Chi si ricorda di quell'intervista avrà sicuramente presente il passaggio in cui Capobianco si riservava di fare in un secondo tempo il nome degli arbitri a cui erano destinati dei beni di ingente valore.
Finalmente arriva il momento di spiegarlo nella sede deputata: il tribunale. E come ormai d'abitudine in questa storia, quando si viene al dunque la montagna partorisce il topolino.
Infatti, le rivelazioni di Capobianco si sono limitate alla descrizione del contenuto di una busta che, nei primi mesi del 2005, la signora Gastaldo, all’epoca dirigente amministrativo della società bianconera, gli avrebbe consegnato con la richiesta di tenerla fuori dall’azienda. Il teste ha raccontato di aver custodito la busta presso la sua abitazione, anche perché non gli fu mai chiesto di renderla. All’interno della busta avrebbe rinvenuto un elenco di assegnatari di sconti fino al 50% per autovetture Fiat, tra i quali figurerebbero le mogli di Pairetto e di Trentalange, che avrebbero acquistato un'autovettura nel '95. Curioso: si tratta, in entrambi i casi, di fischietti torinesi, che in quanto tali, ricordiamo, erano preclusi dalla possibilità di dirigere partite della Juve (e ovviamente del Toro). Incalzato dall’avvocato Trofino, il teste è stato costretto a riconoscere che tale sconto veniva applicato a numerose persone che gravitavano nell'orbita Juve, ammettendo di averne usufruito lui stesso in almeno due occasioni nelle quali ha acquistato un’autovettura scontata per poi rivenderla immediatamente e trarne profitto.
Quanto al discorso dei beni di valore dati in dono agli arbitri, che è poi l'ipotesi per la quale erano state preannunciate rivelazioni clamorose, Capobianco ha raccontato di aver rinvenuto, sempre all’interno della medesima busta, un elenco di orologi acquistati e destinati ai giocatori, staff tecnico dirigenti, alcuni giornalisti ed alcuni procuratori. Questo è quanto, di arbitri non vi sarebbe nemmeno l'ombra. Quali siano i beni destinati agli arbitri, e quali siano gli arbitri beneficiari degli stessi, nemmeno in quest’aula di tribunale si è potuto sapere. A questo punto, si aspetta con ansia un articolo di Repubblica per chiarire ai suoi lettori i dettagli anticipati con tanta enfasi due anni fa.

Ancora con la storia della GEA

"La Gea e la Juve sono la stessa cosa", così Capobianco, in barba alle sentenze di un tribunale della Repubblica, ha poi voluto definire il rapporto che intercorreva tra la società di procuratori e la società bianconera. Volete sapere in base a quali fatti ha fatto tale affermazione? Semplice, per aver a volte visto Moggi senior in compagnia del figlio. Incalzato dai legali della difesa, ha poi precisato di averlo visto, Moggi senior, anche in compagnia di altri procuratori, non necessariamente della GEA. D'altronde, è normale che un dirigente calcistico abbia a che fare con procuratori di giocatori, o no? Significativo il commento di Teresa Casoria: “Il figlio stava spesso dove stava il padre ed è pacifico che fossero due entità diverse”. Il presidente del tribunale anche in questa circostanza ha dato l’impressione di avere compreso che questo processo è basato sulle ”chiacchiere”. La Morescanti (difesa Fabiani) ha poi ricordato che il tribunale di Messina, in seguito ad una deposizione di Capobianco, nella quale aveva riferito di un regalo di autovettura a un parente di Fabiani, si è pronunciato decretando l'archiviazione del relativo procedimento.

Insomma, nemmeno con la deposizione di Capobianco i tifosi bianconeri sono riusciti a comprendere il motivo delle sentenze di tre anni fa. Ultimamente Oliviero Beha, mai tenero in passato con la Triade, ha invitato i suoi colleghi a raccontare ciò che sta emergendo realmente in questo processo, mentre Alessandro Gilioli de L’Espresso ha pubblicato un articolo nel quale se la prende coi giudici rei di non essere in sintonia con l'atmosfera colpevolista del 2006. Chi può aver timore che tra qualche mese il diavolo del calcio italiano possa uscire pulito anche da quest’aula di tribunale? Qualche sospetto ce l’ho…


Moggi: «Le sim? Il titolare in aula dice che anche quelli dell'Inter frequentavano il suo negozio»

NAPOLI, 30 giugno -
Per la prima volta dall'inizio del processo di Calciopoli l'ex dg della Juve, Luciano Moggi, si è presentato nell'aula della nona sezione del Tribunale di Napoli dove sono in corso gli interrogatori dei testimoni. Moggi si è trattenuto brevemente con i giornalisti all'uscita dall'aula. «Al posto dei campi di calcio ora frequento le aule di Tribunale», ha ironizzato.

«ERAVAMO PEDINATI» - E ha aggiunto, a proposito del processo sulle intercettazioni illecite in corso a Milano, Moggi: «Eravamo pedinati, al processo Telecom di Milano sta venendo fuori: ci seguivano». Soffermandosi sulla questione delle schede sim estere che secondo l'accusa avrebbe fornito ad arbitri e designatori, ha detto: «Pensate che se un arbitro fosse un mio associato ci sarebbe bisogno di telefonargli cinque volte? Andrei negli spogliatoi e gli darei una pacca sulle spalle».

SE L'INTER... - Moggi ha poi risposto alle domande dei giornalisti relative ad un passaggio della deposizione di Teodosio De Cillis, titolare del negozio di Chiasso, in Svizzera, dove sarebbero state vendute le schede estere contestate a Moggi. De Cillis aveva affermato, tra l'altro, che nel suo negozio si rifornivano per acquisti di telefonini e altro materiale elettronico come videocamere anche diversi giocatori e dirigenti di società di calcio ed ha citato il nome di Marco Branca, direttore tecnico dell'Inter. «Se l'Inter si serviva di quel negozio - ha commentato Moggi - ed a Tavaroli (ex responsabile sicurezza Telecom, n.d.r.) sono state sequestrate due schede svizzere: se uno più uno fa due vediamo poi se fa tre...».

LA CERTEZZA - Al massimo farà «il consulente» inibito. Alle 18 infatti è atteso a Bologna e Luciano Moggi si appresta forse davvero a tornare nel calcio dopo la bufera di Calciopoli. Lui stesso ha commentato le voci che lo vorrebbero l'anno prossimo vicino al Bologna: «Mi sono semplicemente dato da fare - ha detto Moggi all'agenzia Italpress - un paio di mesi fa, per aiutare la presidenza Menarini a trovare nuovi soci per il Bologna. Per quello che mi riguarda non ho un interesse diretto all'acquisto di azioni della società rossoblù, ma è evidente che, nel caso di ingresso dei nuovi soci da me segnalati, rivestirei opportunamente il ruolo di consulente».

IL PARERE DI ABETE - Opportunamente o no, visto che l'ex direttore generale della Juventus è stato inibito per cinque anni dalla Corte federale della Figc. Sull'argomento è intervenuto anche il presidente Giancarlo Abete: «Come presidente della Figc non posso che ricordare che tutti coloro che operano nel sistema sportivo si devono riconoscere in quelle che sono le decisioni degli organi di giustizia sportiva, che tracciano in qualche modo il confine tra le persone che possono svolgere ruoli all'interno del mondo del calcio e altri che sono inibiti e non lo possono svolgere. Non parliamo adesso per ipotesi, parliamo di situazioni concrete. Mi riconosco nelle regole e nel funzionamento della giustizia sportiva - ha concluso Abete - che hanno dato valutazioni su determinate vicende e hanno dato delle sanzioni a riguardo».

Giudice di pace assolve Moggi: Non c’è stato illecito sportivo

Moggi 

Undici abbonati del Lecce hanno chiesto i danni per le gare con Fiorentina e Juve, ma per l’avvocato Rochira non esistono prove oggettive

ROMA, 10 giugno - Un rivolo di Calciopoli, lontanissimo dai riflettori del tribunale di Napoli. Eppure davanti al Giudice di Pace di Lecce, avvocato Cosimo Rochira, c’era un pezzetto non indifferente della storia pro­cessuale che ha sconvolto il calcio nel 2006: undici abbo­nati del Lecce chiedevano 165,78 euro di danni a Mog­gi e De Santis per le dome­niche trascorse al Via del Mare a guardare due gare molto presenti nei faldoni napoletani, Lecce-Fiorentina e Lecce-Juventus e sanzio­nate dal giudizio sportivo. Chiamata in giudizio con i due presunti cupolari, la Ju­ventus. Ecco che il 14 maggio (proprio l’anniversario di Perugia- Juventus?) il giudice di pace leccese ha respinto la ri­chiesta formulata il 30 otto­bre 2006. Interessante la motivazione resa pubblica in queste ore con la quale Rochira spiega la sua decisione, che è - in assoluto - la prima sentenza di un tribunale del­lo Stato sulle vicende di Cal­ciopoli intese come illeciti sportivi. Il giudice Rochira non ritiene che il comportamento pro­cessuale della Juventus «che non si presentava a rendere interrogatorio formale, non può far ritenere come am­messi i fatti dedotti, poiché i fatti di cui al procedimento sono riferibili ad altra gestio­ne ». Insomma: che la nuova Juve non abbia partecipato al processo di Lecce non è stato ritenuto rilevante. Il problema per chi accusava Moggi e De Santis è che «non è stato in alcun modo prova­to il fatto descritto», ovvero niente combine tra Moggi e De Santis, niente cupola per due dei cupolari di spicco del processo di Napoli (anche se De Santis per un vizio di for­ma dovrà attendere una nuova udienza preliminare). Eppoi «il Giudicante non ri­tiene inoltre pienamente uti­lizzabili le sentenze rese da­gli organi di giustizia sporti­va essendo quest’ultimo giu­dizio strutturalmente diver­so rispetto al giudizio ordina­rio. Né si ritiene - ecco il bello - che le intercettazioni telefo­niche richiamate nel corso del giudizio (ma non ce ne so­no proprio per Lecce-Juventus, mentre per Lecce-Fiorentina favorirebbero la Fio­rentina e non la Juve, ndr) possano avere valenza pro­batoria, non essendo utiliz­zabili in un procedimento di­verso da quello nel quale es­se sono disposte». Traduzio­ne: niente prova di un patto Moggi-De Santis, considera­to il braccio armato dell’ex dg dai pm di Napoli; inutilizza­bilità delle intercettazioni in altri procedimenti che non sia quello penale di Napoli. Ma questa era stata una del­le eccezioni principali respin­te senza tema da Caf, Corte Federale, Arbitrato Coni e perfino Tar. «Il processo spor­tivo s’è basato tutto su inter­cettazioni inutilizzabili in al­tri procedimenti se non in quello di Napoli»,- dice l’av­vocato Silvia Morescanti, le­gale dell’ex arbitro. Ecco poi Paco D’Onofrio, del collegio legale di Moggi: «E’ la prima sentenza che esclude un pat­to illecito tra Moggi e De Santis: non c’è la prova og­gettiva ed effettiva di quell’illecito consumato che ha portato alle condanne sporti­ve pesanti per i tesserati e la Juventus: cade anche il pre­supposto dell’utilizzabilità delle uniche prove su cui si sono basati i giudici per mandare quasi in C la Juve!»

ARBITRATO CONI - Intanto il 16 giugno Alessandro Moggi, Franco Zavaglia e Pasquale Gallo discuteranno il loro arbitrato di fronte al Tribunale dell’arbitrato Coni contro le pesanti squalifiche comminate dalla Figc.  --------   Alvaro Moretti

Maggio 2009

 

QUELLO CHE I GIORNALI NON SCRIVONO: LA TESTIMONIANZA DI NUCINI AL PROCESSO DI NAPOLI E I SUOI RAPPORTI CON FACCHETTI

 

Danilo Nucini, ex fischietto bergamasco attivo in serie A e B dalla seconda metà degli anni ’90 alla stagione 2004-05, si è presentato in aula, l’altro ieri (26 maggio), per raccontare l'ostracismo a lui riservato dall'intero mondo arbitrale, tanto da privarlo dalla possibilità di fare carriera ad alti livelli. Si è ripetutamente definito uno spirito libero, un uomo senza padroni, ma la storia che ha raccontato ha molte falle, e nel raccontarla è incorso in numerose imprecisioni e contraddizioni, reagendo con spocchia e nervosismo a chi glielo faceva notare.
Molta specie ha fatto il racconto della sua assidua frequentazione, mentre era un arbitro in attività, con un massimo dirigente dell’Inter, il compianto Giacinto Facchetti, che ha descritto come un punto di riferimento costante a cui si rivolgeva per trarre conforto dai suoi problemi di carriera.
Senza contare le numerose inesattezze e bizzarrie che costellano la storia degli incontri con Fabiani e Moggi e la faccenda della SIM italiana con relativa omessa denuncia. Ma andiamo per ordine.

L'OSTRACISMO DEL MONDO ARBITRALE

Nucini accusa la Commissione Arbitrale Nazionale di aver sempre gestito con logiche clientelari le carriere, senza criteri meritocratici, ripetutamente dichiarandosi vittima del sistema.
Significativa però l’ammissione di aver avuto problemi con tutti i commissari che si sono succeduti alla guida della CAN, nessuno escluso, da Casarin, a Baldas/Mattei, a Pairetto e Bergamo. Nucini racconta candidamente di aver litigato con tutti. Inoltre, ammette di non aver mai legato nemmeno con i colleghi, di essersi sempre tenuto isolato dagli altri. A suo dire, il problema non era lui, ma di certo chiunque avesse attorno non andava bene. Insomma, il classico piantagrane. Tranne il primo anno, con la CAN commissariata, momento di emergenza che portò alla cooptazione di molti arbitri dalle serie inferiori, permettendogli di accedere al livello più alto, arbitrare in serie A e B, traguardo che in caso contrario difficilmente avrebbe potuto raggiungere.
Per cercare di dare sostanza alle sue accuse contro il mondo arbitrale, cita la vecchia storia del giornalista Di Tommaso di Tuttosport, che nella famigerata stagione 1997-98, secondo un’inchiesta dalla concorrente (!) Gazzetta, venne accusato di aver tenuto rapporti inopportuni con alcuni arbitri, i quali però, una volta sottoposti a procedimento disciplinare, vennero scagionati. Non sarà questa l’unica volta in cui Nucini userà argomentazioni legate non tanto a fatti, ma a campagne di stampa e a opinioni vicine alle ragioni dell’Inter (l'affare Di Tommaso scoppiò in corrispondenza delle polemiche sul famigerato rigore di Ronaldo e conseguenti piagnistei).

JUVENTUS BOLOGNA 1-0 del 14/01/01

Nucini racconta di essere stato ostracizzato dai designatori Bergamo e Pairetto dopo aver concesso un rigore contro la Juve, nel match interno contro il Bologna del 14 gennaio 2001. Attribuisce a quell'episodio una sospensione di 40 giorni che subì. Poi però ammette di aver anche risposto male a Pairetto il quale, al successivo raduno settimanale a Coverciano, gli aveva fatto notare l’errore. Ma il rigore c’era? Prima Nucini parla di un'intervista nella quale, secondo un racconto telefonico della moglie immediatamente successivo alla partita, Iuliano, l'autore del fallo, gli avrebbe dato ragione; poi è costretto ad ammettere di aver subito unanimi critiche da tutti gli organi di stampa, e non solo per il rigore; un arbitraggio disastroso, a parere di tutti.
Invito il lettore a leggere
L'articolo del Corriere su quella partita, eloquente fin dal sottotitolo: “L'arbitro Nucini il peggiore in campo”. Ma leggetelo tutto, ne vale la pena. I cronisti Padovan e Franchetti dedicano due terzi dello spazio che hanno a disposizione al commento degli errori dell’arbitro, cosa più unica che rara, tale da oscurare la prestazione dei giocatori. Per altro, la sua direzione viene definita sfacciatamente pro-Juve fino a pochi minuti dalla fine (ha la nomea di arbitro casalingo), allorché Nucini assegna un rigore molto dubbio al Bologna, sotto per 1-0 (rigore poi sbagliato da Cruz).
Siamo sicuri che i designatori lo criticarono solo per quel rigore? Addirittura, Nucini racconta di aver fatto resistenza all’invito di Bergamo a chiedere scusa a Pairetto per la reazione a Coverciano. Dunque, Nucini arbitrava male e rispondeva male ai rilievi dei designatori. Di più: lamenta la mancata solidarietà dei colleghi, a suo avviso troppo competitivi con le nuove leve.
Gli si chiede se dopo la partita i dirigenti bianconeri andarono a protestare, ma la risposta è no. Per dare una parvenza di sostanza alle sue “sensazioni”, si attacca a un gadget post-partita, di quelli che i club ospitanti danno sempre agli arbitri e che, nel caso della Juve, era costituito da uno zainetto contenente una maglia e la videocassetta del match: in quel caso, Nucini vi trovò una casacca bianconera con un quadrato nero invece del nome del giocatore. In pratica, descrive l'episodio come si trattasse una ritorsione da thriller, manca solo il sangue.
Dunque, da quella gara, da quel rigore contro la Juve, a suo dire l’avrebbero ostracizzato. Peggio: dall’anno successivo gli avrebbero fatto arbitrare solo partite di serie B. Vero? No, falso. Basta controllare: Verona - Fiorentina 25° giornata 3 marzo 2002 e Lecce - Parma 18° giornata 14 gennaio 2002 (e altre 3 nel 2002-03). In realtà Nucini arbitrò partite di serie A fino all’ultimo anno di carriera, il 2004-05, quando ad esempio diresse un contestatissimo Fiorentina –Messina.
Insomma, su questo Nucini mente.
Non solo, sempre nel 2000-01, dopo quel Juve-Bologna diresse altre 4 gare di serie A, di cui una della Juve stessa (Juve-Reggina, vittoria della Juve) e, quando gli avvocati difensori glielo fanno notare, si rifugia nell'evocazione di una fantomatica strategia dei designatori per dismetterlo senza destare sospetti. Delirante.
Ma quale fu la prima partita di A che diresse dopo quel Juve-Bologna?

INTER – UDINESE 2-1 del 25/02/01

Questo è il vero momento chiave, molto più del rigore dato contro la Juve. Infatti, in seguito a una mancata ammonizione all’interista Di Biagio, Nucini viene redarguito negli spogliatoi dal commissario arbitrale, e poi telefonicamente da Bergamo. Come negli altri casi, l’arbitro non accetta la critica, ribatte a muso duro al commissario, e Facchetti, che assiste alla scena, il giorno dopo lo chiama.
Un dirigente interista che telefona a un arbitro, per altro dopo un errore arbitrale in suo favore. Gli avvocati vanno a nozze: “E’ normale questo? Era consentito dal regolamento?” No, ammette,
ma Bergamo è una città piccola e la conoscenza con Facchetti risaliva già al '98, no, al '99, no, al '97. Ci si incontrava, si beveva un caffè (come Baldini e Auricchio a Roma?). Gli chiedono perché non ha segnalato all’Ufficio Indagini la telefonata del dirigente interista, tanto più che in precedenza Nucini aveva detto di aver segnalato ai designatori la presenza di Moggi negli spogliatoio dopo un Napoli-Ancona arbitrato da lui (che lo aveva semplicemente, e cortesemente, salutato, ammette), senza che la sua “denuncia” avesse seguito; “eh, ma per la telefonata dipende dal contenuto”; “eh, ma Moggi a Napoli non doveva starci”. Gli si fa notare che all’inizio si era lamentato del comportamento di arbitri accusati (poi assolti) di aver frequentato un giornalista, che dunque predica bene e razzola male. E’ costretto a convenire.
Poi il dossier. Nucini parla di un
dossier, compilato da lui, sugli errori arbitrali pro-Juve (diretti e indiretti), relativo alla stagione del 5 maggio, il 2001-2002, e su come i designatori, a suo avviso, li valutassero in ottica filo-juve. L'idea sarebbe nata dall’indignazione per un rigore concesso da Bolognino in un Juve-Chievo del 15 settembre 2001. Il documento viene acquisito agli atti. Nel dossier c'è un Parma-Juve, perché a dire di Nucini ci fu un rigore non concesso ai padroni di casa da Racalbuto; il difensore dell'arbitro gli fa notare che quella partita fu vinta dal Parma e che anche la Juve reclamò per la mancata espulsione di Almeyda. Risposta. "Io scrivevo quello che interessava a me". Il legale di Racalbuto va oltre: "Sa qual è la sospensione più lunga comminata a un arbitro? 8 mesi, che vennero inflitti a Racalbuto per un rigore dubbio concesso alla Juve contro la Roma". Nucini abbozza.
Gli si chiede se con Facchetti si cominciarono a vedere dopo quell’episodio, ma lui ammette che si frequentavano già prima, al bar, anche nell’ufficio di Facchetti a Bergamo, dove faceva l’assicuratore. Parlavano di “impressioni verbali, sensazioni, episodi e poi l'elenco delle partite”. Con che frequenza si vedevano? Frequentemente, anche settimanalmente.
Poi la questione Fabiani, e il racconto di Nucini si trasforma in una spy-story.

IL MIO NOME E' BOND, DANILO BOND

Fu Facchetti, secondo il racconto dell’ex arbitro, ad avere l’idea. Nucini, dopo il "tragico" 5 maggio, aveva presentato al suo amico il dossier sulla Juve, a suo dire convincendolo a fatica (in effetti mai gli interisti avevano recriminato prima di allora…) del presunto marcio nel calcio (durante il controesame dei difensori Nucini ammette ripetutamente che si trattava solo di sue “sensazioni” non suffragate da prove). Facchetti gli avrebbe consigliato di diventare “amico” degli arbitri, in particolare di De Santis (dossierato Telecom). E a una cena di Natale (2002?), sempre Facchetti gli avrebbe poi detto: “Informati su chi è Fabiani” (singolare: anche lui dossierato Telecom).
Durante una cena, Nucini avrebbe così chiesto ai colleghi chi fosse Fabiani, recependo del nervosismo (?) da parte di Racalbuto. E il giorno dopo, De Santis, col pretesto di uno strappo sull'auto di Nucini al campo di allenamento di Linate, gli avrebbe chiesto perché fosse interessato al soggetto, confidandogli di conoscerlo per essergli stato collega presso un carcere minorile, prima di nuovamente rimproverarlo per il rigore dato contro la Juve ormai più di un anno prima (remember l’articolo del Corriere "Nucini il peggiore in campo"!).
In seguito, dopo un Cosenza - Triestina (di cui Fabiani era DS) arbitrata il 16 marzo 2003 da Nucini, in aeroporto sarebbe avvenuto il primo incontro, durante il quale il ds gli avrebbe dato i suoi numeri di telefono. L’avvocato di Fabiani, nel controesame, ha contestato la presenza di Fabiani quel giorno in aeroporto, producendo i documenti di viaggio predisposti dalla Triestina per quella trasferta, che non prevedevano il volo di ritorno per Fabiani. Inoltre, davanti al pm Nucini racconta di un Fabiani che promette di fargli avere un buon voto dal commissario arbitrale, ma al controesame dell’avvocato innesta la retromarcia, in realtà si sarebbe trattato solo un breve e amichevole saluto.
Dopo quell'episodio, Nucini sarebbe stato chiamato da Fabiani che lo avrebbe invitato al bar dell’hotel Cristallo a Bergamo, dove l’avrebbe rassicurato che ci avrebbe pensato lui a fargli tornare ad arbitrare la serie A. Tramite "il suo uomo". Peccato che, come già detto, nel 2002-03 Nucini la serie A l'aveva già fatta: Piacenza – Empoli del 26 ottobre 2002, Piacenza – Como del 2 marzo 2003 (quindi solo 14 giorni prima della partita di Cosenza) e Como – Perugia del 12 aprile.
L’"uomo di Fabiani", ovviamente, sarebbe Moggi, che in quell’occasione Fabiani avrebbe chiamato al cellulare, per poi passarglielo. Davanti al pm, Nucini racconta di un ambiguo invito di Moggi: “Fai quello che dice lui” (ma poi al controesame, al solito, parzialmente ritratta, parlando di uno semplice scambio di frasi di cortesia), e di uno show di Fabiani che si sarebbe vantato di poter designare gli arbitri. Così il pm gli chiede cosa accadde dopo quell’incontro, Nucini risponde che in effetti andò finalmente a fare una partita di A. Peccato che in aula citi proprio quel Piacenza – Como, una gara che si era svolta due settimane prima di Cosenza – Triestina, e cioè ben prima del primo incontro al bar. Si arriva alla stagione 2003-2004. Nucini si aspetta di partire dalla A, ma lo mandano in B per Palermo – Cagliari. La sua direzione viene contestata dall’osservatore Ingargiola, ma Fabiani, a suo dire, l’avrebbe chiamato per rassicurarlo: “Non preoccuparti, non fare casini, ci penso io”. Nucini esegue, a Coverciano non fa casini, ma viene punito comunque: quindi Fabiani è un cazzaro? E poi perché non designarlo per la A?
A quel punto, finalmente, Fabiani si sarebbe deciso a presentargli il “suo uomo”. Appuntamento a Greggio, sulla MI-TO, dove Fabiani l’avrebbe caricato in macchina e portato in un paesino per fare un bancomat e comprare una ricarica telefonica da un tabaccaio (strampalato e confuso il racconto). Poi di nuovo alle rispettive macchine: a questo punto Fabiani l’avrebbe guidato a Torino, all’hotel Concord, dove in una stanza li avrebbe raggiunti Moggi, che dopo i convenevoli avrebbe fatto un paio di chiamate dimostrative a entrambi i designatori, trattandoli male, perorando la causa di Nucini e invitandoli a valorizzarlo; inoltre, avrebbe ingiunto a Pairetto di non designare Dondarini per la Juve. E dove andò il Donda a fare danni quella domenica? Ovvio, a Udine, a punire l’Inter, la grande vittima dei soprusi moggiani.
Quando Moggi si dilegua, Fabiani avrebbe consegnato a Nucini una SIM italiana.
Dunque, non straniera? No, italiana. Bah.
Esilarante, infine, la ricostruzione delle istruzioni che gli avrebbe impartito Fabiani: "Mi spiegava che le cellule si dividono... le cellule di qui... le cellule di là...". Forse voleva dire "celle", comunque è un capolavoro di nonsense.

LA SIM MAI USATA, ANZI SI’; MAI DENUNCIATA, ANZI SI’; ANZI, NO; NON VOGLIO DIRLO

Dunque, la Sim di Fabiani. Italiana. Qua tutto si fa ancora più confuso e grottesco. 
Nucini racconta di aver subito chiamato Facchetti in autostrada, di ritorno dall'incontro all'Hotel Concord, per raccontargli della Sim. Tempo dopo, a casa di Facchetti, ci sarebbe stato un colloquio più dettagliato. “Ecco, è questo il problema”, avrebbe concluso l’ex arbitro (dovremmo essere ormai verso la fine del 2003; sarebbe interessante verificare quando iniziarono le attività di Tavaroli per l'Inter).
Ma la Sim? Nucini la usò? No. Anzi, sì. Forse un paio di volte. Il teste continua a contraddirsi. D’altronde, come gli fanno poi notare gli avvocati, agli inquirenti aveva raccontato di essersi segnato il numero (comunicato solo a Facchetti) e di averla buttata subito. No, ora ricorda meglio, non subito, prima ci sarebbero state un paio di chiamate di Fabiani.
Ma Facchetti e Nucini non decisero di sporgere denuncia? A quel punto avrebbero in mano una bella bomba (la sim). Qualcuno vicino all’Inter consiglia di mandarlo dalla Boccassini, alla procura di Milano. Lui ci va, ma la sim l’aveva già buttata. Perché? Non poteva tenerla e dire alla Bocassini di intercettare quel numero? Ma allora che disse al pm milanese? Mistero. Nucini non vuole parlarne. “Parlammo di calcio”. Insomma, un "qui studio a voi stadio" con uno spruzzo di "un giorno in pretura". 
E l’ufficio indagini della Figc? Era lì apposta. Macché, lui, Nucini, l'uomo senza briglie, non si fidava di nessuno.
Di nessuno. Anzi, di uno si, di Facchetti. “L'ho detto a Giacinto Facchetti, perché era l'unico l'unico, che poteva smontare tutto! Se io mi fossi rivolto all'ufficio indagini, a chiunque, nessuno mi avrebbe ascoltato, ma mi avrebbero buttato fuori!”.
Gli chiedono se è vero, come riportato da alcuni giornali, che voleva lavorare per l’Inter, magari fare l’addetto agli arbitri. Nucini prima nega decisamente qualsiasi ipotesi di tal genere, poi deve ammettere che Facchetti gli aveva offerto un posto di lavoro. Tiene a specificare che lui avrebbe rifiutato sdegnoso.
Gli avvocati lo incalzano: “Negli incontri con Moggi e Fabiani, non le è venuto in mente di portare un registratore?". Risposta. “Il registratore non è elegante. E poi non faccio l’investigatore.”
E per finire questo prolisso resoconto, una piccola chicca: infervorato, sotto i colpi del controesame dei legali che gli contestano le discrepanze tra la testimonianza resa in aula e quelle registrate nel 2006 e 2007 dagli inquirenti, Danilo Bond si lascia andare: “Sa cos'è? Per venire qua mi sono letto un file di 250 pagine che ho archiviato e allora non l'avevo fatto!”.
I legali si scatenano: “Ah sì? E dove le ha prese queste informazioni? E quando le avrebbe raccolte? Ce l'aveva anche nel 2007 dai Carabinieri, allora? Prima di venire qua in questi giorni ha parlato con qualcuno di questo processo? Si è consultato con qualcuno?".
Un avvocato fa rilevare strane uguaglianze testuali tra due sue precedenti deposizioni agli inquirenti, come se la seconda fosse frutto di copiaincolla della prima. Il giudice cerca di calmare gli animi. Danilo Bond non accetta le insinuazioni su eventuali "suggeritori" nell'ombra:
No, no, non mi son consultato con nessuno, stia tranquillo, avvocato! Non ho mai avuto nessun padrone, avvocato”.

 

(dal sito dello Ju29ro)

 

25 Aprile 2009
Teresa Casoria, presidente della giuria
,
ha escluso la Juventus dal processo di Calciopoli: essendo un procedimento soltanto penale, il dibattimento riguarderà esclusivamente le responsabilità individuali dei singoli soggetti coinvolti e non quella oggettiva attribuibile al club bianconero. La Juventus esce così di scena: non ci potrà essere nei suoi riguardi alcuna delle richieste risarcitorie avanzate da club, associazioni di consumatori o privati cittadini.

L’avvocato Paco D’Onofrio (docente di Diritto sportivo all'Università di Bologna), contattato dal quotidiano sportivo torinese 'Tuttosport', ha dato il suo parere su questa vicenda. L'avvocato si dice convinto che la Juve possa chiedere la riassegnazione degli scudetti.

"E' dato recente che i giudici sulla base di un’ampiezza di prove indubbiamente inesistente nel momento in cui si è celebrato Calciopoli davanti agli organi della Figc, ha deciso di estromettere dal processo la Juventus - scrive l'avvocato D'Onofrio su 'Tuttosport' - sollevandola da eventuali responsabilità risarcitorie ed asseverando la nota e ricorrente tesi difensiva della società che, nella rinnovata gestione, si è sempre dichiarata e professata quasi 'vittima' del presunto travalicamento di mansioni che il suo ex Direttore Generale, Luciano Moggi, avrebbe perpetrato nel tempo. Gli scudetti revocati alla Juventus andrebbero riassegnati, quale effetto reversibile ( ormai la retrocessione in serie B è stata effetti­vamente espiata) di una pronuncia della giustizia sportiva che si è fondata su un erroneo presupposto di fatto. Si ricorderà, infatti, che l’accanimento sanzio­natorio della Figc nei confronti della società bianco­nera si spinse oltre la sem­plice attribuzione di punti di squalifica ( come per le altre tre squadre coinvol­te), ma si decise di retrocedere la squadra appena divenuta Campione d’Italia, revocandole anche lo scudetto conquistato nel corso di un campionato non sot­toposto ad procedimento disciplinare!".

Calciopoli, avv. di Moggi: "Dove sono le telefonate di Moratti?"

cantanapoli
Quella di ieri al tribunale di Napoli è stata un'udienza apparentemente interlocutoria, dato che si dovevano discutere questioni procedurali, e cioè la richiesta di annullamento dell'ordinanza che aveva escluso le parti civili e i cosiddetti "mezzi di prova", e cioè l'elenco, da parte di Pubblico Ministero e avvocati difensori, di tutti gli elementi (testimonianze, intercettazioni, tabulati, documenti ufficiali, perizie ecc.) che intendono portare nel dibattimento per dimostrare, a seconda dei punti di vista, che gli imputati sono colpevoli o innocenti. E così è stato per la stampa ufficiale, come ad esempio Repubblica, che ha prodotto trafiletti insipidi.
Però, per noi, probabilmente tra i pochi in Italia ancora interessati al punto di vista della difesa, non è stata una giornata così insignificante, tutt'altro.
Diciamo subito che le parti civili si sono viste confermare definitivamente l'esclusione dal processo, e questo ovviamente non è stato scritto da nessuno.
Ma, soprattutto, è passato del tutto sotto silenzio l'intervento dell'avvocato Prioreschi, che chiamato a indicare i "mezzi di prova" di cui intende avvalersi per difendere il mostro Luciano Moggi, ha detto cose che riteniamo molto interessanti, e che siamo convinti interessino molto a chi frequenta il nostro sito.
Prima di tutto, nel sollevare eccezioni sull'utilizzabilità delle intercettazioni, ha fatto notare che per i tabulati delle Sim svizzere mancano le rogatorie internazionali (questione che va al di là dell'aspetto puramente formale, ne abbiamo già parlato qui).
Inoltre, Prioreschi ha parlato di un elenco di tutte le intercettazioni contenute nel DVD della procura. Questo elenco, corredato di numero di telefono, data, durata e progressivo, consterebbe di ben 2.600 pagine, e riguarderebbe circa 171.000 telefonate. L'avvocato ne ha richiesto la trascrizione completa. E scorrendo l'elenco ha notato alcune curiose "anomalie". Riportiamo la parte più significativa del suo intervento:
Dall’esame della trascrizione integrale delle telefonate emergono delle anomalie: per alcuni numeri ci sono dei periodi, anche lunghi, una settimana, 10 giorni, 20 giorni, in cui sembrerebbe che questo telefono non abbia mai telefonato. Faccio uno dei tanti esempi: a pag. 1131, in relazione ad un certo numero, dal 5 al 26 novembre 2004 questo telefono non avrebbe mai effettuato chiamate, il che francamente a noi sembra strano. Un altro buco c’è a pagina 1160, un altro alla pagina 2194. Noi chiediamo che il Tribunale chieda al gestore di telefonia, Tim, Omnitel, Wind che sia, il tabulato di questi numeri di cui risultano mancanti le telefonate. Sa perché le dico questo, presidente? Perché noi abbiamo chiesto la trascrizione di alcune telefonate che Paolo Bergamo fa alla signora Fazi. In queste telefonate, Bergamo, sotto intercettazione da tempo, riferisce di alcune chiamate che avrebbe ricevuto da parte del presidente dell’Inter Moratti. Ci torneremo quando vedrete la trascrizione, lui dice ‘mi ha chiamato Moratti, mi ha parlato degli arbitri, delle designazioni’ e quant’altro. Ora, esaminando tutte le telefonate che abbiamo agli atti, noi ad esempio non troviamo queste telefonate di Moratti, e fanno riferimento anche ad alcune telefonate di Facchetti, che obiettivamente sono rilevanti per la difesa, perché sono comportamenti esattamente speculari a quelli di Moggi. Così come si informava Moratti delle designazioni arbitrali, si informava Moggi. Per Moggi è frode sportiva, associazione a delinquere, per Moratti, beato lui, non è nulla. Noi vorremmo capire come mai queste telefonate non sono negli atti. E questa vicenda, presidente, si collega ad un’altra che è capitolata nella lista testi e che ci sta particolarmente a cuore, e riguarda i testimoni dal 279 al 286, e cioè Marco Tronchetti Provera, Massimo Moratti, Giuliano Tavaroli, Emanuele Cipriani, Carlo Buora, Fabio Ghioni, Alfredo Melloni e Roberto Preatoni. Tra loro abbiamo componenti del famoso Tiger Team della Telecom, quelli che avrebbero fatto – non mi riferisco, per carità, a Tronchetti Provera e Moratti - le intercettazioni abusive Telecom, per le quali dopodomani a Milano comincia l’udienza preliminare e Luciano Moggi è indicato come parte lesa. Questo perché, dagli atti di Milano che noi abbiamo già esaminato, emerge che su incarico dell’Inter, di cui Tronchetti Provera, proprietario della Telecom, era sponsor e vicepresidente, Luciano Moggi è stato pedinato, seguito, sono stati redatti dei dossier, e da quegli atti emerge un’ulteriore circostanza che è rilevante e interessante per la difesa e mi auguro anche per il tribunale, che quando Tavaroli, Cipriani, Ghioni e company, cioè gli spioni Telecom, seguivano Moggi in tutti i suoi spostamenti, sa con che tipo di SIM comunicavano tra di loro? Con delle SIM svizzere. Quello stesso gestore di SIM che si addebita a Luciano Moggi. Siccome, come vedrete, dietro l’attribuzione di queste SIM ci sono calcoli complicatissimi sul fatto che agganciano le celle di Torino dove stava Luciano Moggi, noi vorremmo capire, siccome è una questione di calcoli molto complessi, se le SIM che agganciavano le celle di Torino non erano quelle di Moggi, ma magari quelle di cui erano in possesso i suoi pedinatori.
Insomma, ora i processi da seguire diventano due, uno a Napoli e uno a Milano.
Prioreschi ha poi fatto un'altra significativa richiesta: Chiedo inoltre di accertare se Romeo Paparesta è stato mai iscritto nel registro degli indagati della procura di Napoli con riferimento a questo processo e di esaminare le motivazioni dell’archiviazione di Gianluca Paparesta, perché le motivazioni interessano a tutti noi per capire come si ragiona su certe posizioni e come su altre posizioni.
Quanto al pm Narducci, ha elencato i "mezzi di prova" dell'accusa, che comprendono le intercettazioni del campionato 2004-05, quelle dell'inchiesta che era stata archiviata a Torino, i tabulati delle famose SIM svizzere e slovene, sostenendo di poter dimostrare con certezza che appartenessero e fossero usate dagli imputati. Interessante il fatto che ha definito le utenze straniere "utili per integrare elementi" che non è stato possibile individuare nelle telefonate ascoltabili", ammettendo implicitamente che le sole intercettazioni diffuse nell'estate di Farsopoli e che tanto erano state pompate dai media non provavano un bel nulla. Porterà inoltre elementi che, a suo dire, proverebbero il sorteggio truccato (la famose palline e un testimone); altre intercettazioni (o meglio, files di telefonate contenuti in un cellulare) che riguardano la vicenda del dossier anti-Della Valle; fotografie e video di pedinamenti di imputati; atti della Figc sulle vicende Mozart-Reggina e Boudianski-Zeytulaev; allegati dell'informativa del novembre 2005 relative a griglie, sorteggi e designazioni arbitrali; relazioni degli osservatori arbitrali; atti della Figc seguiti a dichiarazioni di Cellino dopo un Cagliari - Juve; i verbali delle assemblee Figc e Lega del campionato 2004-05; le famose polizze INA-Assitalia stipulate dalla Juve. E per finire, ovviamente, gli atti della giustizia sportiva relativi ai processi di Farsopoli.

Per le difese, oltre a Prioreschi, sono intervenuti, anche se più brevemente, gli avvocati di Ambrosino, Bergamo, Bertini, Ceniccola, Dattilo, Della Valle, Fabiani, Fazi, Foti, Gemignani, Lotito, Mazzini, Meani, Pairetto, Puglisi, Racalbuto, Scardina, Titomanlio. Interessanti le eccezioni sollevate dall'avvocato di Meani, che ha fatto notare che, quando venne intercettato, l'ex addetto agli arbitri milanista non era nemmeno ufficialmente indagato, dato che la sua iscrizione fra gli indagati è avvenuta solo l'11 maggio 2006, allo scoppiare di Farsopoli.

La prossima udienza era prevista per il 28 aprile, ma siccome gli avvocati difensori hanno chiesto copia dei tabulati integrali forniti dai gestori di telefonia alla Procura, protestando il poco tempo per esaminarli, è stata rinviata al 5 maggio.
Dobbiamo dire che quella data la preferiamo anche noi.

TUTTOSPORT

D'Onofrio: «Svolta a Napoli: alla Juve vanno ridati gli scudetti»

 
L’esperto in Diritto sportivo su Calciopoli: «Ora i due scudetti vanno restituiti: il club è stato escluso dal processo, la sua responsabilità per l’operato di Moggi è al massimo oggettiva, da punti di penalizzazione: ridargli i titoli compenserebbe la B»
TORINO, 27 marzo - Martedi scorso Teresa Casoria, presidente della giuria, ha escluso la Juventus dal processo di Calciopoli: essendo un procedimento soltanto penale, il dibattimento riguarderà esclusivamente le responsabilità individuali dei singoli soggetti coinvolti e non quella oggettiva attribuibile al club bianconero. La Juventus esce così di scena: non ci potrà essere nei suoi riguardi alcuna delle richieste risarcitorie avanzate da club, associazioni di consumatori o privati cittadini.

L’avvocato Paco D’onofrio ci ha mandato il suo parere su questa vicenda.
 
«Come ho avuto occasione di anticipare nel corso di al­cuni interventi pubblici re­si all’indomani dell’inizio del processo di Napoli, le questioni lasciate irrisolte dalla frettolosa giustizia sportiva dell’estate del 2006 sarebbero riemerse presto, ben prima dell’ulti­mo grado di giudizio pena­le».

«In effetti, è dato recente che i giudici ( statali, a differen­za di quelli sportivi che non appartengono all’ordina­mento giudiziario), sulla base di un’ampiezza di pro­ve indubbiamente inesi­stente nel momento in cui si è celebrato Calciopoli da­vanti agli organi della Figc, ha deciso di estromettere dal processo la Juventus, sollevandola da eventuali responsabilità risarcitorie ed asseverando la nota e ri­corrente tesi difensiva del­la società che, nella rinno­vata gestione, si è sempre dichiarata e professata quasi “ vittima” del presun­to travalicamento di man­sioni che il suo ex Direttore Generale, Luciano Moggi, avrebbe perpetrato nel tempo. Tralasciando ogni questio­ne sul punto, anche nel ri­spetto del processo che si sta celebrando, non può tuttavia non sottolinearsi che al momento, sulla base di quanto deciso dal colle­gio partenopeo, non è dato rinvenire alcun profilo di responsabilità del club bianconero, che, quindi, esce dall’agone processua­le. Gli scudetti revocati alla Juventus andrebbero rias­segnati, quale effetto rever­sibile ( ormai la retrocessio­ne in serie B è stata effetti­vamente espiata) di una pronuncia della giustizia sportiva che si è fondata su un erroneo presupposto di fatto. Si ricorderà, infatti, che l’accanimento sanzio­natorio della Figc nei con­fronti della società bianco­nera si spinse oltre la sem­plice attribuzione di punti di squalifica ( come per le altre tre squadre coinvol­te), ma si decise di retroce­dere la squadra appena di­venuta Campione d’Italia, revocandole anche lo scu­detto conquistato nel corso di un campionato non sot­toposto ad procedimento di­sciplinare!»

«La non convincente gestio­ne del processo sportivo in termini di garanzie costitu­zionali e diritti della difesa, nonché l’applicazione delle massime sanzioni possibili, trovarono giustificazione nell’argomento federale se­condo cui la Juventus an­dasse punita con severità esemplare perché aveva be­neficiato ed avallato un si­stema di corruzione arbi­trale. Non è così, a meno che non si consideri più attendibile un giudice sportivo rispetto ad un Tribunale della Re­pubblica. Ferma restando la mia as­soluta convinzione dell’in­nocenza di Luciano Moggi, in ogni caso, per il solo pri­mo esito processuale napo­letano, la Juventus sarebbe legittimata a chiedere la revisione del processo spor­tivo, chiedendo la rassegna­zione degli scudetti illegit­timamente revocati (effetto ancora reversibile), quale atto moralmente doveroso nei confronti dei tifosi che ancora si interrogano sulla rinuncia al ricorso al Tar e giuridicamente doveroso nei confronti dei piccoli azionisti che hanno sofferto l’andamento al ribasso del titolo, per le note vicende».
SPORT - 24 ore

CALCIO, PAPARESTA: MOGGI NON MI RINCHIUSE NELLO SPOGLIATOIO

Gianluca Paparesta, l'ex arbitro pugliese coinvolto nello scandalo di Calciopoli, durante un'intervista alla trasmissione de La7 'Niente di personale', condotta da Antonello Piroso, che andrà in onda questa sera alle 21, ha raccontato la sua verità sull'episodio dello spogliatoio in cui sarebbe stato chiuso da Moggi. "Finalmente posso dire l'unica verità su quel 6 novembre 2004: non sono mai stato chiuso in uno spogliatoio da Moggi. Moggi e Giraudo entrarono agitati e si lamentarono del mio operato - ha spiegato Paparesta riferendosi a quanto accadde al termine di Reggina-Juventus, conclusasi con la vittoria per 2-1 dei calabresi - Nessuno però mi ha chiuso dentro lo spogliatoio. Si sono solo lamentati in maniera decisa perchè non avevo concesso loro un rigore e avevo annullato il gol del pareggio proprio un attimo prima del finale, cosa che per altro dimostra che non soffrivo certo di sudditanza. Poi se ne sono andati via e io ho solo sbagliato a non inserire nel referto di gara l'episodio". "Questa non è la mia versione ma la realtà - ha aggiunto l'ex arbitro - non ero solo, con me c'erano assistenti, quarto uomo e un osservatore. Se fosse accaduto qualcosa, qualcuno l'avrebbe segnalato". (30/01/2009) (Spr)
 

GUP MILANO: MOGGI ASSOLTO, NON DIFFAMO' L'INTER

Luciano Moggi, ex dg della Juventus, è stato assolto dall'accusa di diffamazione nei confronti dell'Inter. Lo ha deciso oggi il Gup di Milano, Marco Maria Alma che non ha ritenuto diffamatorie le dichiarazioni che l'ex dirigente juventino rilasciò al quotidiano Libero nel luglio 2006. Ad una domanda fatta da un giornalista sulle squadre che non erano state punite come invece era accaduto a lui e alla Juventus, Moggi rispose parlando del falso passaporto di Alvaro Recoba, affermando che, in quell'occasione, la squadra presieduta da Moratti aveva patteggiato senza ulteriori conseguenze.
Per queste dichiarazioni l'Inter querelò Moggi per diffamazione ricordando che Lele Oriali, ex dirigente nerazzurro e Recoba avevano patteggiato la pena presso il tribunale di Udine. Ma il gup di Milano ha ritenuto che le parole di Moggi fossero solo espressione del diritto di critica, al massimo imprecise, ma non penalmente rilevanti.
(21/01/2009)
8 gennaio 2009

Processo Gea : nessuna associazione per delinquere.

ROMA, 8 gennaio - 1 anno e 6 mesi per Luciano Moggi, 1 anno e 2 mesi ad Alessandro Moggi per violenza privata. Assolti tutti gli altri imputati. Caduta l'accusa di associazione a delinquere. Questa la sentenza del processo per la presunta concorrenza illecita che sarebbe stata esercitata dalla Gea World, la società che ha gestito le procure di numerosi calciatori di serie A e B, nel quale sono imputati per associazione a delinquere finalizzata all'illecita concorrenza, con minacce e violenza, Luciano e Alessandro Moggi, Franco Zavaglia (presenti in aula), Francesco Ceravolo, Pasquale Gallo e Davide Lippi. I giudici della decima sezione penale del tribunale della capitale, presieduta da Luigi Fiasconaro, sono entrati da poco in camera di consiglio e dovranno decidere in particolare sulle richieste di condanna formulate dal pm Luca Palamara che usò parole pesanti per definire il meccanismo attuato dalla Gea: un'associazione per delinquere - disse durante la requisitoria - che mirava "al controllo del mondo del calcio".

LE MOTIVAZIONI - Decaduta l'accusa di associazione a delinquere, Luciano Moggi viene condannato per violenza privata per le pressioni esercitate sugli ex juventini Nicola Amoruso ed Emanuele Blasi. Per Moggi Jr l'addebito che porta alla condanna in primo grado a 1 anno e 2 mesi deriva dalle circostanze e dalle pressioni esercitate sui due giocatori Victor Budiansky e Ilia Zetulayev. Assolti gli altri imputati Franco Zavaglia, Francesco Ceravolo, Pasquale Gallo e Davide Lippi.

MOGGI JR - «Non so se pago per tutti, ma è stata assolta la Gea e io condannato», ha commentato Alessandro Moggi.

LA SENTENZA - Luciano e Alessandro Moggi erano in aula. Seduti nelle prime file hanno ascoltato la prima sentenza del processo Gea: condannati. Un anno e sei mesi per Luciano, un anno e due mesi per Alessandro. Ma niente associazione a delinquere, "solo" violenza privata e minacce. Assolti invece gli altri imputati: Franco Zavaglia, Francesco Ceravolo, Davide Lippi e Pasquale Gallo. Stravolte le richieste dell'accusa, che voleva 6 anni per Luciano Moggi e 5 per il figlio Alessandro, 3 anni e 6 mesi per Franco Zavaglia, 2 anni e 4 mesi per Francesco Ceravolo, un anno e 4 mesi per Davide Lippi e 8 mesi per Pasquale Gallo. Ma il collegio della decima sezione penale del tribunale di Roma, presieduto da Luigi Fiasconaro, dopo appena un paio di ore di Camera di consiglio, ha preso la sua decisione, facendo decadere l'accusa di associazione a delinquere. Dopo la lettura della sentenza, Luciano Moggi ha lasciato subito il tribunale. Mentre il suo avvocato, Marcello Melandri, ha fatto sapere che «tutto sommato è un processo vinto. Sono rimasti due episodi, con due condanne banali. Era il processo alla Gea, mentre alla fine è venuto fuori che la Gea non c'entrava nulla. Solo Luciano e Alessandro avrebbero commesso due piccoli reati. Ora vedremo cosa dirà la Corte di appello».

RICHIESTE DI ASSOLUZIONE - Oggi i difensori di Davide Lippi, l'avvocato Franco Coppi, e di Alessandro Moggi, l'avvocato Giulia Bongiorno, nelle rispettive arringhe che hanno concluso l'istruttoria dibattimentale, avevano chiesto l'assoluzione per i loro assistiti escludendo pressioni ed intimidazioni dietro l'acquisizione delle procure dei calciatori. «Quello che si è celebrato - ha detto Bongiorno - è stata una sorta di processo di appello per i Moggi. Infatti loro sono già stati condannati dopo un processo mediatico».  «Da questo processo è venuto fuori che gli imputati non sono altro che delle vittime- ha aggiunto- Vittime di tutti questi procuratori che hanno covato rancore per anni nei confronti dei Moggi, padre e figlio. La parola Moggi abbiamo ormai scoperto che è considerata un insulto. Ora stanno tutti sulla riva del fiume a lanciare sassi, come Caliendo, del quale abbiamo scoperto che la boutique era in fallimento. O come Baldini e Antonelli, che hanno un atteggiamento palesemente ostile e che non sanno prendersi le loro responsabilità quando vengono a testimoniare in aula. Il cognome di Alessandro sta pesando molto sulla sua vita visto che ci sono episodi dove, pur non essendo lui il protagonista, viene imputato, mentre i veri protagonisti, e parlo di Calleri, Gaucci e Geronzi, ne sono i reali responsabili. Eppure sono usciti tutti da questo processo... Alessandro Moggi- ha concluso la Bongiorno- non solo va assolto, ma ha subito un processo ingiusto». Richieste di assoluzione sono state fatte anche da parte di tutti gli altri avvocati difensori, «perchè il fatto non sussiste».

LE RICHIESTE DELL'ACCUSA - Nell’udienza dello scorso 11 novembre l'accusa ha  richiesto per i sei imputati le seguenti pene: 6 anni Luciano Moggi; 5 anni per Alessandro Moggi, 3 anni e mezzo per Zavaglia, 2 anni e quattro mesi per Ceravolo, 16 mesi per  Davide Lippi, 8 mesi per Gallo.

I CAPI DI IMPUTAZIONE - I capi di imputazione variano dall’associazione a delinquere, violenza privata e tentata violenza per i due Moggi alla “sola” violenza privata finalizzata all’illecita concorrenza per Lippi jr. e Gallo. Il 20 gennaio, poi, a Napoli prenderà il via il processo di Calciopoli per Luciano Moggi e altri 24 imputati: ieri chiuse le liste per la presentazione dei testi. Ancora a Roma il 12 ci sarà la Corte dei Conti per le richieste di risarcimento per il danno erariale a Bergamo, Pairetto, Mazzini, Lanese, Mazzei, Fazi, De Santis, Babini e Puglisi. Il 9 febbraio infine, i riti abbreviati per 11 imputati del processo di Napoli, tra cui Antonio Giraudo.
  5/1/2009   

MOGGI e il processo GEA:


carte in tavolaNell’ambito del processo Gea, non credo «all’associazione a delinquere finalizzata all’illecita concorrenza con minacce e violenza» che Luciano Moggi avrebbe organizzato per schiavizzare il calcio italiano. O mi sono perso qualche passaggio o gli undici anni chiesti per la famiglia Moggi (sei al padre, cinque al figlio Alessandro) non stanno in piedi. Lo scrivo prima del verdetto di primo grado, atteso a Roma per giovedì 8 gennaio 2009. Lo scrivo perché le munizioni e le raffiche del pm Luca Palamara, presidente ad arringhe alterne dell’Associazione nazionale magistrati, hanno trasformato Moggi in un personaggio che, se davvero esistesse, e se davvero avesse fatto tutto quello che gli è stato attribuito, andrebbe deportato in Siberia. E noi giornalisti con lui, per omesso controllo. Molti si ostinano a parlare di Moggiopoli. Fa comodo. Ripeto: o mi sono distratto o dipingere la Gea come l’ultima Spectre non sta né in cielo né in terra. Certo, in assenza di norme che, all’epoca regolassero il traffico, le parentele e gli ingorghi fra procuratori, i Moggi l’hanno usata e ne hanno abusato, e proprio per questo avrebbe dovuto occuparsene la giustizia sportiva che, viceversa, la sfiorò senza trovarvi nulla di torbido. Il problema è etico, non penale. E non riguarda soltanto i burattinai, tocca anche i burattini. Tanto per rendere l’idea, alle Fiere sponsorizzate dalla Gea andavano i presidenti dell’Anti-trust (Catricalà) e fior di opinionisti: il tutto, sotto l’egida del Coni, il cui presidente, Petrucci, appena poteva volava da Roma a Milano, della Federazione e della Lega calcio. Nel corso dell’ultimo derby fra Everton e Liverpool, trasmesso in diretta da Sky, Massimo Marianella ricordava come Rafa Benitez, allenatore dei Reds, avesse deciso di privarsi in estate di Jermaine Pennant, e dal momento che costui non voleva saperne di togliere il disturbo, lo avesse «minacciato»: se resti, ti sbatto in panchina. Una roba così. Minacciare, minacciato. Ecco il punto. Dottor Palamara, cosa facciamo di Benitez? Nessun dubbio che la Gea avesse una posizione dominante, e che il capofamiglia spendesse a cuor leggero il nome Juventus. Non solo: le amnesie di Antonio Giraudo e Fabio Capello fanno sghignazzare, così come il «pezzo di m.» che Lucianone ha rivolto a Franco Baldini, vedi alla voce Oriali & passaporto di Recoba, è stato giustamente censurato. Ciò premesso, per arrivare a sei anni ci vuole molto di più. Infinitamente di più. Nel caso specifico, ci sono stati testi dell’accusa che hanno «giocato» in difesa e per la difesa. E un giocatore, Marco Cassetti, oggi alla Roma, ha confessato che l’Inter gli avrebbe garantito un signor contratto qualora si fosse smarcato dal suo agente, casualmente Alessandro Moggi. Si deve parlare di minacce tout court oppure, trattandosi della castissima Inter, conviene usare le virgolette («minacce»)?

La Gea è saltata per aria ed è stata soppiantata da nuovi consorzi, come insegna la legge della giungla. Moggi è tutt’altro che un santo o un martire, ma neppure quel mostro spietato che la pubblica accusa ha tratteggiato. In una guerra per bande, come è da anni il calcio mercato, sono molti i mezzi che giustificano il fine, a maggior ragione se corredati da soffiate ai giornalisti amici. Nessuno meglio di noi, quando viene titillato, sa creare l’atmosfera. Aver costruito una Juventus fortissima è un’aggravante e non un’attenuante, soprattutto in relazione al modo in cui l’ex direttore generale ha gestito i rapporti con i designatori e gli arbitri, fermo restando che San Dulli, con le sue sentenze a capocchia, ha scavato un fosso troppo profondo tra la Juventus e le altre, tra Moggi e gli altri. Pesa Arbitropoli, non Geapoli, le cui sanzioni - per le testimonianze rese e le prove emerse - avrebbero dovuto essere esclusivamente sportive.
La parola alla difesa... di Moggi
01/12/2008 di Francesco Magi 
Fonte: www.ju29ro.com

L'avvocato Paco D'Onofrio è docente di Diritto Sportivo presso l'Università di Bologna, titolare dell'omonimo studio legale ed autore di numerose pubblicazioni sulla materia, tra cui si segnalano il "Manuale operativo di diritto sportivo" Maggioli 2007, "Sport e giustizia", Maggioli 2005, nonchè la voce "Sport e diritto" in Enciclopedia dello sport, Treccani, 2003.

Attualmente è il difensore di Luciano Moggi nei processi sportivi, autore del ricorso che ha portato alla revoca della squalifica per Calciopoli-bis per l'ex direttore della Juve e del più recente ricorso perchè sia statuita l'improcedibilità anche per Calciopoli 1. Fa parte del collegio difensivo che si occupa della difesa di Luciano Moggi nei processi penali di Roma e Napoli.

L'avvocato D'Onofrio ci ha gentilmente concesso questa intervista.

I PROCESSI SPORTIVI.



1. Avvocato, due anni e passa per riconoscere un elementare principio di diritto come l'ingiudicabilità di un soggetto non più tesserato per la FIGC e quindi al di fuori dell'ordinamento sportivo. La sentenza d'appello per calciopoli-bis finalmente rende giustizia. Ma com'è stato possibile ignorare un'obiezione tanto semplice e motivata per tutto questo tempo?

Nel sistema della giustizia sportiva ci sono norme volutamente lacunose, nonostante le tante riforme annunciate come risolutive. Talvolta si registrano vere e proprie violazioni dei più elementari principi di rango costituzionale, come nel caso di Moggi: si voleva giudicare e condannare a prescindere dalla presenza dei presupposti per poter agire.

2. Calciopoli-bis: la prima sentenza, invece, quella della pena in continuità per Moggi. Ci può raccontare di "quel pomeriggio di un giorno da cani" in cui le difese degli imputati abbandonarono in massa l'aula. Cosa successe?

Dopo avere discusso in aula e dopo aver illustrato, nel disinteresse totale dei giudici (uno mentre argomentavo rideva e quando gli ho formulato l'invito a cessare quel comportamento mi ha risposto che rideva per altri motivi!), i miei argomenti difensivi, la Commissione Nazionale Disciplinare si è chiusa in camera di consiglio per 4 ore, lasciando noi avvocati per strada con 35° gradi senza sapere quando saremmo potuti rientrare, mentre tutti i rappresentanti della Procura Federale si accomodavano nei loro freschi uffici, dove sarebbero rimasti fino a un minuto prima (veggenti?) di tornare in aula. Tuttavia, durante quelle ore, un impiegato della Procura, violando la segretezza della camera di consiglio, è entrato con un foglio in mano e dopo qualche minuto ne è uscito senza. Al ritorno in aula ho chiesto al Presidente di spiegare il gravissimo episodio e mi è stato risposto che la domanda era irrituale e che non mi avrebbe fornito alcuna spiegazione. Era davvero troppo, poiché in gioco c'era la dignità professionale degli avvocati e quella personale dei deferiti. Ho abbandonato l'aula per protesta seguito da tutti gli altri colleghi e dai deferiti presenti. Hanno continuato l'udienza in una situazione paradossale.

3. La questione delle doppie cariche all'interno della giustizia sportiva e degli organi giurisdizionalmente preposti a revisionarne le sentenze, come Tar del Lazio e Consiglio di Stato. C'è un collegamento con il fatto che i ricorsi alle decisioni FIGC hanno una media di successi spaventosamente inferiore a qualsiasi altro ambito?

Voglio sperare che non sia così. Certo non capisco come mai si sia impedito ai giudici civili e penali di ricoprire cariche federali, mentre resti consentito a quelli amministrativi che poi saranno deputati a decidere sugli eventuali ricorsi amministrativi avverso le decisioni sportive alle quali hanno partecipato. Qual è la logica?

4. Quando è prevista la discussione del ricorso al Consiglio di Stato e quante possibilità ci sono, fatte queste premesse, che venga accolto? Quali saranno i futuri passi nel caso venga rigettato?

Stiamo in attesa della fissazione, ma nutriamo poche speranze. Stiamo valutando di ricorrere alla Corte di Giustizia Europea.

5. Il ricorso al Consiglio di Stato verterà solamente sull'improcedibilità o ci sarà dell'altro? Ad esempio, nella sua opinione, Guido Rossi aveva davvero il "potere" di cassare un grado di giudizio, cioè la Disciplinare?

Dovrebbe vertere su tutto, ma i giudici amministrativi considerano quegli aspetti come "merito amministrativo" e dunque insindacabile!

6. Sempre Guido Rossi: come valuta la decisione (imputata da lui ai "saggi") di assegnare lo scudetto scucito dalle nostre maglie all'Inter dal punto di vista legale e dei regolamenti? E come, dal punto di vista etico ed estetico, invece, il comportamento di Moratti che questo scudetto ha accettato?

Nessuna norma prevede e prevedeva questa eventualità ed è stato un atto che non ha alcun fondamento giuridico, anche perchè non c'erano addebiti ascritti per quella stagione sportiva, cioè calciopoli, processualmente, si fermava all'anno precedente. Lascio a voi ogni considerazione etico-morale.

7. Il nuovo Codice di Giustizia Sportiva: davvero un baluardo efficace contro gli illeciti? O invece si dovrebbe procedere con più severità in materia di illeciti amministrativi?

Le norme ora sono più rigorose e le sanzioni più gravi. Ma adesso, non quando si è celebrato calciopoli; l'assurdo è stato che prima si è condannato un comportamento e poi è stata redatta la norma incriminatrice. Solo oggi è illecito parlare con un designatore, all'epoca non era previsto come illecito ed infatti per motivi leciti tutti conversavano, ma a pagare sono stati solo Moggi e la Juventus.

8. A proposito di illeciti amministrativi, il prof. Tito Boeri, con riferimento ai bilanci delle società di calcio, ha parlato nella propria ricerca di "illeciti tollerati" da parte del sistema. Conferma che sull'argomento bilanci l'atteggiamento della giustizia sportiva sia così tollerante? Quale la motivazione?

Sì lo confermo e credo che sia un atteggiamento salvifico del sistema, altrimenti i campionati vedrebbero competere solo 5 o 6 squadre. Però occorre uniformità, non sempre dimostrata, come quando si è fatto passare per mero errore contabile quanto emerso a carico dell'Inter e non si è appurato che forse non si sarebbe potuta iscrivere al campionato poi assegnatole a tavolino.

9. La stampa ha riportato l'irritazione di Abete per il vuoto legislativo che ha impedito l'ulteriore condanna di Moggi. Il presidente ignora completamente le basi del diritto o che altro? Non le sembra davvero il colmo?

E' la prova che il Palazzo ha logiche ed interessi diversi dall'applicazione giusta e corretta delle norme vigenti.

JUVENTUS

10. Abbiamo avuto modo di ascoltare le sue perplessità sul comportamento difensivo della Juventus. Dal principio: se lei fosse stato al posto di Zaccone quale difensore della Juventus durante il processo sportivo, che strategia difensiva avrebbe adottato?

Certo che rimettersi passivamente al "buon cuore" dei giudici sportivi non mi sembra una strategia difensiva molto efficace, tuttavia, temo che le indicazioni della Juventus (rinuncia ad una difesa oppositiva) siano state in tal senso, purtroppo.

11. Mettiamo un attimo da parte Luciano Moggi. Anche ammettendo le responsabilità ascritte ai dirigenti deferiti, il Codice di Giustizia Sportiva allora vigente è stato applicato in maniera corretta? Cioè, la molteplicità di sanzioni inflitte alla Juventus era possibile pur in presenza di quei fatti?

Tecnicamente sì, ma quel rigore sanzionatorio senza prove certe non era mai stato il criterio seguito dalla FIGC. Nel famoso caso Recoba, si chiese un parere all'allora Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Caianiello, il quale suggerì un atteggiamento moderato verso il calciatore e la società, perchè se poi in sede penale le responsabilità non fossero state dimostrate, allora la FIGC si sarebbe esposta ad un'azione risarcitoria.

12. Il famoso ricorso al TAR ritirato: aveva buone probabilità di essere accettato o il Tar del Lazio è un muro di gomma?

Non buone, ma certe! La sospensiva sarebbe stata certamente accolta e il campionato di calcio non avrebbe potuto avere inizio. Invece di difendere la storia sportiva della società e la dignità di milioni di tifosi, la nuova dirigenza ha preferito non recare danno alla Federazione!

13. Cosa ne pensa della decisione della FIGC di utilizzare il pugno duro con la Juventus nello scandalo di Calciopoli, prima di una sentenza della giustizia ordinaria, quando la linea guida da passaportopoli a bilanciopoli, è sempre stata quella di attendere tali sentenze, in questo modo graziando Inter, Lazio, Roma?

Come ho già detto nei casi citati, non c'è stata coerenza ed uniformità. Ecco perchè vogliamo che le Istituzioni europee si esprimano su quanto accaduto.

14. Quale opinione si è fatto della linea adottata dalla proprietà juventina durante il primo processo sportivo, dove ha praticamente patteggiato la pena senza neppure provare a difendersi, scaricando di fatto i due ex dirigenti, e nel processo penale odierno, dove di fatto non si è costituita parte civile? Contraddittoria o machiavellica?

Temo che non ci sia stata superficialità o contraddittorietà, ma che quelle decisioni derivino da scelte ben precise. Difendersi avrebbe significato, in fondo, difendere anche Moggi e Giraudo.

GEA E DINTORNI.

15. Dall'inizio delle udienze, la stampa ha riportato ripetutamente la notizia di testimoni verso i quali il pm, vedendo smentita l'ipotesi accusatoria, ha ventilato l'incriminazione per reticenza o calunnia. Ad oggi, tale ipotesi ha davvero avuto un seguito nei fatti o si è trattato solo di speculazione giornalistica?

No, stanno procedendo, ma non credo che arrivino a nulla. Sono atti dovuti, al momento.

16. Anche Franco Baldini è sembrato cadere in palese contraddizione, quando ha dapprima sostenuto di non conoscere Auricchio: non vige l'obbligatorietà dell'azione penale in questo caso?

Si certo, ha ragione. Diranno, tuttavia, che si è trattato di un errore, di una svista, di una incolpevole dimenticanza.

17. A leggere i titoli dei giornali Moggi è un criminale alla sbarra, a leggere le deposizioni dei testimoni il tutto sembra più una grande bolla di sapone. Ci dica la verità, avvocato, ma qualche giornalista è mai venuto a cercarla per sapere come la pensava la difesa?

Nessuno, mai. Ho sempre, io, cercato di far capire l'esatta consistenza di quanto emergeva e, sinceramente, i giornalisti che hanno avuto la pazienza di ascoltarmi, ora mi chiamano per pubblicare le notizie vere e certe, facendo giornalismo utile. Pochi, purtroppo!

18. Nei salotti televisivi, per qualsiasi caso di cronaca, si dipinge il grande scontro tra innocentisti e colpevolisti: commedia delle parti, ma la difesa c'è sempre. Abbiamo conosciuto a fondo gli avvocati difensori della Franzoni, mentre lei non si è mai visto. Come disse Enzo Biagi, Luciano Moggi è il cattivo da dare in pasto al popolino. Per quale ragione?

Ovvio, le sentenze mediatiche, quelle cioè decise nelle redazioni, sono state scritte nell'estate del 2006, dopo la vittoria del mondiale e con un Governo nuovo, insediatosi tra mille difficoltà. La gente non ha avuto tempo e voglia di capire, ha accettato acriticamente i titoli di certi giornali e così il caso si è chiuso per tutti. Ora, che le verità lentamente stanno emergendo, ci rispondono che nessuno ha più interesse, la verità vera su Moggi e sulla Juventus non fa più audience! Se si permettesse di spiegare alle persone cosa effettivamente sia successo, forse molti, troppi, tremerebbero.

19. Sui principali quotidiani nazionali appaiono spesso articoli apertamente diffamatori nei confronti di Moggi e della Juve del periodo Triade. Avete mai querelato?

Sì, certo, ma le sentenze arriveranno tra anni. E poi crede davvero che se i giudici accerteranno il carattere diffamatorio di certe espressioni, qualcuno pubblicherà la notizia?

NAPOLI.

20. Lei è a conoscenza dell'indagine conoscitiva sul fenomeno delle intercettazioni svolta dalla Commissione Giustizia il 14 Settembre 2006 con la presenza dei parlamentari Casson, Manzione, D'Ambrosio e l'allora Capo Ufficio Indagini FIGC Borrelli? Che idea si è fatto delle divergenze di comportamenti tra Procure allora interessate e cosa altro l'ha colpita?

In assenza di una legge che disciplini con esattezza modalità di acquisizione e di impiego processuale delle intercettazioni, ci saranno sempre interpretazioni e quindi scelte difformi. Mi chiedo solo come mai nel caso di Moggi, dinanzi a scelte alternative, si opti sempre e comunque per quella più rigorosa.

21. Lei ha parlato di intercettazioni illecitamente acquisite, come è arrivato a questa conclusione?

Irregolari direi, cioè abbiamo molte perplessità su alcuni decreti che le hanno autorizzate, in quanto manchevoli di alcuni requisiti formali.

22. Sarà possibile, in fase dibattimentale, contestare la bontà delle intercettazioni o chiederne perizie?

Sì certo, alcuni colleghi hanno svolto un lavoro egregio e ci aspettiamo che i giudici possano condividerlo.

23. Con l'archiviazione per Carraro e Ghirelli, la Cupola tratteggiata dagli inquirenti perde la sua raison d'etre, o soltanto un tassello?

Mi sono sempre chiesto: ma visto che da ultimo, l'unico responsabile resta sempre e solo Moggi, ma allora con chi parlava ed ordiva trame minacciose per il Paese? Mah!

24. I pm Beatrice e Narducci hanno arditamente paragonato la presunta struttura associativa a quella della P2 e della mafia. Hanno travalicato il buon senso o il proprio ruolo?

Direi entrambi, sia per l'inopportunità dell'affermazione che per la sua infondatezza tecnica.

25. Il secondo giro di intercettazioni su Moggi. Nessun reato, nè ipotesi di reato trovata. L'autorizzazione a intercettare ottenuta grazie alla deposizione di Armando Carbone. Le è venuto il dubbio che si volesse dimostrare un'improbabile reiterazione del presunto reato, per ottenere la custodia cautelare?

Sì, ho avuto quel dubbio come molti altri, ma per ora non dobbiamo commettere l'errore di farci attrarre dalle possibili intenzioni e lavorare sulle prove (poche e scarse) prodotte a carico di Moggi.

26. Il primo giro di intercettazioni nasce invece dalle deposizioni di Dal Cin, per altro screditato dallo stesso Carbone e da successive indagini giudiziarie. Il testimone stesso le definisce un resoconto di voci che circolano nell'ambiente. E' abbastanza per mettere in moto intercettazioni a tappeto, per altro chiaramente in carenza di competenza territoriale?

Tecnicamente no, è ovvio, ma probabilmente si cercava solo un mero appiglio per procedere.

27. In caso di assoluzione di Luciano Moggi e Antonio Giraudo in sede di giustizia ordinaria, la Juventus potrebbe richiedere la revisione delle pene inflitte nell'ambito del processo sportivo finanche la restituzione degli scudetti revocati?

La Juventus potrebbe procedere, ne avrebbe gli strumenti giuridici, ma temo che resterà pervicacemente coerente con la propria decisione: la nuova Juventus nasce dalle ceneri di calciopoli e, dunque, ciò che è stato resti tale. Dovremo arrenderci a questa triste conclusione, anche perchè come legale di Moggi non posso certo sostituirmi alla società, anche se quotidianamente ricevo richieste in tal senso da tifosi o semplici cittadini che amano la giustizia ed il rispetto per la verità.

28. Ribaltiamo i termini della questione: riguardo al rapporto che intercorre tra le accuse mosse a Moggi e le disgrazie juventine, è giuridicamente sensato sostenere la tesi secondo cui un Moggi riconosciuto colpevole a Napoli non implica necessariamente la certificazione dell'esistenza di frodi sportive pro-Juve nel campionato 2004-05? Insomma, Moggi colpevole e Juve "sul campo" innocente può avere senso?

Sì, certo! Ovviamente ragioniamo per assurdo, nel senso che Moggi è assolutamente innocente oppure è colpevole come Facchetti, Galliani ecc.. poichè tutti parlavano con i designatori e non c'è nemmeno un'intercettazione nella quale si chiede un favore alla Juventus! La Juventus, comunque, rinuncerebbe a difendersi.

29. Calciopoli, Vallettopoli, scalate bancarie varie: come giudica questo susseguirsi di scandali propagatisi tramite intercettazioni telefoniche e che finora non hanno portato ad alcuna condanna definitiva ma hanno escluso dal proprio mondo i protagonisti delle vicende?

Sono fenomeni sociali e giudiziari diversi per natura, origine ed ambito. Io non conosco processualmente gli altri, considero solo che alcune decisioni per ora solo parziali (come la giustizia sportiva) hanno intanto, e frettolosamente, stravolto la vita di molte persone.

30. Il prossimo gennaio inizia il processo di Napoli. Sa se è stata richiesta l'autorizzazione per la ripresa televisiva o la trasmissione radiofonica delle udienze? Fosse per lei, l'accorderebbe?

Sì, perchè i cittadini, che con le loro tasse pagano gli stipendi di quei magistrati e le fatture delle società che hanno eseguito le intercettazioni, hanno il diritto-dovere di conoscere direttamente, senza il tramite dei giornalisti, come effettivamente siano andate le cose.

L'ANNULLAMENTO DI CALCIOPOLI

31. Lo scorso 25 novembre Luciano Moggi ha presentato ricorso alla Corte di Giustizia Federale chiedendo l'annullamento della sentenza dell'estate 2006. Riguardo al modo in cui la stampa ha trattato oggi la notizia, ritiene di aver qualcosa da aggiungere o rettificare?

Sì, nel senso che non è un modo truffaldino, un "cavillo" per rientrare nel calcio da parte di Luciano Moggi, quanto semplicemente la richiesta di applicare con coerenza principi di rango costituzionale.

32. Perché è stato possibile un ulteriore ricorso su Calciopoli 1? L'iter sportivo non era concluso?

No, già in Calciopoli 1 Moggi non doveva essere giudicato, perché si era dimesso ed, invece, la FIGC e Palazzi hanno deciso, consapevolmente, di continuare a violare le leggi pur di sanzionare Moggi.

33. Dal momento che la Corte, per Calciopoli 2, si è espressa già favorevolmente all'improcedibilità, non dovrebbe poter cambiare giudizio. O ci sbagliamo? Insomma, pensa che il ricorso possa davvero "far tremare" il palazzo del calcio, o è solo parte di una strategia per ottenere risultati più a lungo termine, in altri tribunali?

Il principio non ammette deroghe e deve essere applicato. Certo che chi, in FIGC, voleva Moggi al patibolo oggi non vivrà giorni sereni.

34. Se questo ulteriore ricorso andasse a buon fine, per rientrare nell'ordinamento Moggi dovrà essere sottoposto di nuovo a giudizio. Ma con quale codice sarà giudicato e con quali garanzie?

Non abbiamo ancora individuato una strategia successiva, per ora mi sono concentrato sulla questione imminente: a Moggi devono annullare tutte le squalifiche perchè illegittime. 

Calciopoli o Farsopoli? Una ricostruzione

Questa è una ricostruzione della vicenda che, anziché attingere dalla versione propinata in tutte le salse dagli organi di informazione di regime (capitanati dalla Gazzetta dello Sport), prende forma da quello che è il materiale che ho selezionato insieme ad appassionati amici negli ultimi mesi.
Un materiale che non necessariamente è cartaceo ma che spesso è frutto di confidenze, sfoghi, rivelazioni riservate di personaggi vicini a dirigenti attuali e del passato; ma anche degli umori della gente, dei tifosi più veri, quelli che hanno pagato con la moneta più pesante, e cioè la loro passione. Una continua ricerca di indizi, conferme, segnali, che ha caratterizzato a volte anche in maniera ossessionante gli ultimi mesi della vita del nostro staff.
Forse quella che abbiamo ricostruito non sarà la verità perfetta, ma gli si avvicina. E’ certamente più attendibile della menzogna con la quale hanno esiliato la Juventus in serie B. Abbiamo provato a ricostruire la vicenda perché ci siamo accorti che molti, moltissimi tifosi della Vecchia Signora, che per vari motivi non hanno potuto accedere a tali informazioni, hanno formato la loro opinione solo sulla base di un giornalismo becero ed antijuventino.

PROLOGO
C’era una volta la FIAT….. o meglio c’è la FIAT. Nel senso che attualmente la nostra gloriosa industria automobilistica sta vivendo nuovamente un periodo brillante, frutto di una decisa sterzata in termini di politica commerciale e di management.
Questa rinascita sa quasi di miracolo perché fino a pochi mesi fa la FIAT era una azienda talmente in crisi che si parlava chiaramente nella migliore delle ipotesi di vendita se non addirittura di portare i libri in tribunale.
Le Banche, spinte dal governo Berlusconi, erano state costrette a sostenere ancora una volta i conti del Lingotto con una operazione di finanziamento particolare chiamata prestito convertendo; in pratica, giunto alla scadenza nell’autunno del 2005 , questo prestito avrebbe, di fatto, consegnato la FIAT nelle mani delle banche, estromettendo gli Agnelli, capitanati da John Elkann e riducendoli a soci di minoranza.
Le stesse banche avrebbero poi provveduto a liquidare le attività rivenienti attraverso un bello spezzatino. Nello spezzatino, si noti bene, era compresa anche la Juventus. Non direttamente, in quanto controllata da IFIL, ma coinvolta comunque, in quanto, successivamente ad una ipotetica uscita di scena degli Agnelli dalla Fiat, sarebbero stati messi a dura prova i delicati equilibri che ancora oggi uniscono i vari rami della discendenza per il controllo dell’Impero Fiat.
In vista di questa possibilità si paventava l’ipotesi che Giraudo, su preciso input di Andrea Agnelli stesse organizzando una cordata per rilevare la Juventus, acquistando le quote di proprietà IFIL con la collaborazione di alcuni importanti partner sia sportivi che finanziari. Ovviamente Andrea sarebbe stato il Presidente, Moggi il Direttore Generale.
Allo studio c’era un faraonico piano industriale che probabilmente avrebbe fatto della Juventus la squadra numero uno al mondo per molti anni.
Lo stesso scenario viene ampiamente descritto da Antonio Giraudo in una illuminante intervista concessa a Repubblica il primo aprile 2006, circa un mese prima dello scoppio di Calciopoli, e che riportiamo qui di seguito per far capire fino in fondo il progetto che aveva in mente quest’uomo per la Juventus.
TORINO - Giraudo parla, e intanto scrive. E mentre scrive disegna. Traccia mappe, sviluppa diagrammi, incrocia segni e parole su un grande bloc-notes quadrettato. Più che altro cerchia e sottolinea. Il futuro, forse.
Dottor Giraudo, lei resterà davvero alla Juventus?
«È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari».
Il suo contratto scadrà il 30 ottobre: a parole, la famiglia Agnelli l'ha già confermata. Però i matrimoni si fanno in due.
«Vorrei chiarire una cosa importante. In questi mesi si è scritto, letto e detto di tutto, per esempio che vorrei fare dei mestieri diversi. È chiaro che quando esistono scadenze contrattuali, dall'esterno c'è sempre chi può offrire grandi opportunità, è una legge di mercato. Ma il mio sogno è restare ancora molti anni alla Juventus, sulla base dei ragionamenti iniziati dodici anni fa con l'avvocato Agnelli e col dottor Umberto»
Cosa prevedevano quei ragionamenti?
«Che la Juventus diventasse la prima società-azienda del mondo. Cominciammo a parlarne durante le vacanze di Natale del 1993. Dall'Avvocato e dal dottor Umberto traspariva sempre una grande passione per il calcio e per la Juventus, di cui erano tifosissimi»
Ritiene che i vari passaggi siano stati compiuti?
«Due su tre. Ora manca l'ultimo, il più importante, su cui vorrei continuare a lavorare»
Parliamo dei primi due
«All'inizio cominciammo con l'intervento su costi e conti, di pari passo con l'obiettivo sportivo. Poi ci siamo mossi per consolidare la societàJuventus, attraverso operazioni che ci hanno portato alla quotazione in Borsa e allo stadio di proprietà oltre alla realizzazione di un centro sportivo d’avanguardia che inaugureremo presto. I lavori per lo stadio-gioiello cominceranno alla fine del campionato. Queste sono iniziative che resteranno, in grado di produrre anche ricavi diversi da quelli tipici delle squadre di calcio»
Arriviamo alla terza fase: quella, pare di capire, dalla quale dipende anche la sua permanenza alla Juventus
«Bisogna prepararla velocemente. Io lo chiamo il “modello Ferrari”, perché è quello cui ci ispiriamo. Ovvero una grande industria che produce utili per una parte sportiva di assoluta eccellenza. La stessa cosa dovrebbe accadere alla Juventus. Era, lo ripeto, il pensiero di Giovanni e Umberto Agnelli»
La Juventus, oggi, rispetto a quel modello cos’è?
«Esiste solo la seconda parte, quella sportiva. Manca la prima, industriale. Cioè la componente che porterebbe ricavi aggiuntivi attraverso investimenti mirati»
Se abbiamo capito bene, una Juventus che agisce e produce anche fuori dal calcio?
«Una Juventus che possa operare in settori come l'intrattenimento, oppure l'alberghiero mediante l'acquisto di una catena di hotel. O magari nel campo immobiliare, o in quello dei media attraverso un gruppo editoriale. Qualcosa di simile al gruppo "L'Espresso", visto che ne sto parlando con "la Repubblica". Perché no?»
Cosa chiede l'amministratore delegato agli azionisti?
«Chiedo di investire risorse importanti per creare una società più forte, strutturalmente solida a livello patrimoniale ed economico»
Dopo l'ultimo Consiglio d'amministrazione, il dottor Gabetti che è presidente dell'Ifil, cioè la finanziaria della famiglia Agnelli che controlla la Juventus, ha annunciato che il piano industriale sarà ambizioso ma non faraonico. Non le pare già una risposta parzialmente negativa alle sue richieste?
«Penso che la portata del piano e degli investimenti sia conseguente al risultato che si vuole ottenere. Non chiediamo soldi per coprire perdite o per acquistare qualche altro giocatore, ma per creare un modello formidabile che nel calcio non esiste, e che ci permetterebbe di colmare il gap attuale tra una società come la nostra e altre grandi realtà europee, come ad esempio il Chelsea e il Real Madrid»
Quali le ricadute dal punto di vista sportivo?
«Vogliamo creare risorse permanenti che permettano alla Juventus non solo di finanziarsi al suo interno nel tempo, grazie al formidabile marchio commerciale che rappresenta, ma di avere una squadra sempre più forte e di livello mondiale»
Ritiene che questo sarebbe sufficiente per essere i più competitivi al mondo, e com'è ovvio in Italia?
«No, penso che non basterebbe. Perché quando si è risolto il problema patrimoniale ed economico, occorre acquisire più peso politico a livello di media. Per la Juventus, oggi non è così. Alcuni tra i nostri avversari dispongono di emittenti televisive e gruppi editoriali, e questo conta molto»
Crede che i proprietari di questi gruppi editoriali diano indicazioni precise ai loro dipendenti per favorire le loro squadre?
«Non penso che si arrivi a tanto. Ma non escludo che alcuni servi sciocchi si spingano oltre, più realisti del re. Può succedere, anzi succede»
Dottor Giraudo, e se fossero altri dirigenti a concludere il suo progetto, o comunque a godere i frutti del lavoro già svolto?
«L'interesse della Juventus e dei suoi tifosi viene prima di tutto. Certo, il nostro sogno non può che essere quello di vedere realizzate le cose che abbiamo progettato, e gestirle in prima persona. Mi spiacerebbe molto non proseguire la terza fase del programma»
Crede che i giovani della famiglia Agnelli abbiano la stessa passione dell'Avvocato e del dottor Umberto? Convinceranno la famiglia a investire nuove risorse nella Juventus?
«Me lo auguro, anzi ne sono sicuro. Spero che ci sia in loro lo stesso amore. La presenza fisica dell'ingegner John Elkann e di Andrea Agnelli all'ultimo Consiglio di amministrazione è stata significativa, così come quella del dottor Gabetti. Allo stesso modo è da interpretare la cooptazione in Consiglio del dottor Sant'Albano, nuovo amministratore delegato Ifil: un segnale importante»
Ma il tifo dei giovani Agnelli?
«Tifo e passione saranno da verificare nel tempo, però sono la premessa per tutto il resto»
Quando e come preparerete questo famoso progetto industriale?
«Dovremo vederci a scadenza almeno settimanale. Sottolineo che si tratta di un piano da far nascere insieme, Ifil e management bianconero, condiviso dalla famiglia Agnelli, per identificare le tipologie di investimenti da condividere»
La proprietà della Juventus non mette in dubbio che lei, Moggi e Bettega possiate restare al comando. Ottimismo eccessivo?
«La fiducia fa molto piacere. Voglio esprimere gratitudine per le tante opportunità che mi sono state offerte in questi anni, il resto lo vedremo»
Davvero Silvio Berlusconi le ha offerto un incarico importante?
«Con il dottor Berlusconi ho da sempre ottimi rapporti, e lui non ha mai mancato di mostrare apprezzamenti verso il nostro lavoro. Fu estremamente sportivo quando ci prestò Abbiati. Anche se lui ha sempre pensato che avrei continuato a lavorare per la Juventus, ha voluto incontrarmi e dirmi, in sostanza: “La stimo, sono sicuro che resterà a Torino ma qualora cambiassero le condizioni, sappia che noi possiamo far nascere insieme delle opportunità”»
E lei cos'ha risposto?
«Beh, in questi casi si ringrazia e si vede quel che succede»
Esiste la concreta possibilità che lei si occupi dei nuovi stadi per l'Europeo 2012?
«Il mio sogno è continuare a lavorare a tempo pieno per la Juventus»
Lo stadio rifatto porterà finalmente i torinesi alla partita?
«Senz'altro sì. Non mi sento di incolpare i tifosi per le gradinate semivuote: oltre metà del pubblico arriva da fuori, per lo più dalla Lombardia, e la Torino-Milano è impraticabile; le nuove norme per la sicurezza hanno creato restrizioni che possono scoraggiare; molte gare della Juve si disputano in notturna, ed è un sacrificio se la mattina dopo si va a lavorare. Inoltre, le statistiche dimostrano che gli italiani spendono il 5,5% in meno per spettacoli e divertimenti. Noi abbiamo cercato di premiare gli abbonati: mi spiace che si sia tanto parlato delle curve a 50 euro contro Inter e Milan, e pochissimo degli abbonamenti a un euro per le donne e i bambini»
C'è il rischio che la Juve perda Capello?
«Non esiste. Il progetto è che rimanga con noi fino al 2009
Campionato quasi vinto, Coppa quasi persa
«Al tempo. A Londra abbiamo creato i presupposti per una grande impresa a Torino. Voglio elogiare questo gruppo, probabilmente il migliore dei nostri dodici anni: grandi campioni e ragazzi di carattere. Hanno fatto non bene ma benissimo, sono in testa da settanta partite, questo spiega chi è il più forte»
La Coppa, invece, continua a essere una sofferenza: perché?
«Si tratta di un torneo dove i rischi sono maggiori. L'anno scorso ha vinto il Liverpool, quest'anno va forte l'Arsenal che in campionato ha 28 punti in meno del Chelsea già eliminato»
A quanto ammontano i mancati ricavi per chi esce nei quarti?
«Se vinci la Coppa, incassi circa 15 milioni di euro che diventano 10 per il secondo posto. La semifinale vale circa 5 milioni di euro»
Nel prossimo mercato venderete qualche pezzo pregiato?
«Non esistono esigenze di bilancio in tal senso. Ogni scelta servirà solo a rafforzare la Juventus. La proprietà ci ha dato indicazione di muoverci come se il progetto industriale esistesse già, ed è pronto un primo intervento finanziario. Le mosse iniziali sono state gli ingaggi di Marchionni e Cristiano Zanetti»
Dunque lavorate come se foste sicuri di rimanere
«Per altri dodici anni, come ha detto il dottor Gabetti. La Triade e Capello per la Juve più forte del mondo. Speriamo»
Cosa chiedete al nuovo governo?
«La priorità sono gli stadi, oggi totalmente inadeguati. Servono mutui agevolati per le ristrutturazioni, non necessariamente private, com'è accaduto in Inghilterra, in Portogallo per gli Europei 2004 e in Germania per i mondiali 2006. L'Europeo 2012. È l'occasione giusta per creare tanti posti di lavoro, una grande opera di economia diretta e indiretta»
Uno juventino di ieri, Michel Platini, se l'è presa con il G 14 di cui fate parte sulla questione degli indennizzi per i nazionali. Ha qualcosa da rispondere?
«Intanto, oggi la convocazione in nazionale conviene solo al giocatore e non al club. In caso di infortuni, le assicurazioni non coprono il pagamento degli stipendi, tuttavia non bisogna fare muro contro muro, non bisogna essere troppo rigidi. Da parte dei club serve forse più intelligenza, ma all'amico Michel suggerisco di essere meno demagogico e meno populista»
Questo era lo scenario. Ma ecco il colpo di scena. Gli Elkann sempre a quanto riportato dai giornali dell’epoca, riescono a neutralizzare il golpe orchestrato dalle banche attraverso una ardita operazione finanziaria, chiamata Equity swap, che di fatto consentirà loro di mantenere il controllo della FIAT. A questo punto partono i regolamenti di conti tra cui anche quello sulla Juventus.
Ma non doveva finire così. I patti non erano questi. Quando alla fine del 1993 l’avv.Gianni Agnelli accettò l’aiuto di Mediobanca e di Cuccia per risollevare le sorti della FIAT, piombata in una delle crisi più gravi della sua storia, dovette accettare un compromesso che pochi conoscono. Per far fronte alla pesante situazione finanziaria dell’Azienda fu varato un maxi aumento di capitale e fu imposto l’ingresso nel capitale di nuovi soci “importanti” tra cui Deutsche Bank e Generali. Ma non solo. Il vero prezzo che l’Avvocato dovette pagare fu la promessa di non lasciare la Presidenza del gruppo al fratello Umberto, e quindi di rimanere in sella insieme a Romiti. Questo passaggio di consegne era già stato stabilito all’interno della famiglia, ma il veto imposto da Cuccia, che non era mai stato in buoni rapporti con Umberto, costrinsero L’Avvocato ed il Dottore a un compromesso che prevedeva per quest’ultimo “solamente” il ponte di comando della IFIL, la società che di fatto è la cassaforte dell’Impero FIAT.
A margine di questo accordo, che segnò una “svolta epocale” nei rapporti tra i due fratelli, l’Avvocato accettò, come parziale risarcimento per Umberto, che quest’ultimo prendesse anche le redini della Juventus, che a quel tempo viveva il crepuscolo della gestione bonipertiana. Di fatto i due fratelli stabilirono che tutte le decisioni inerenti la gestione del giocattolo di famiglia fossero prese in maniera indipendente dal dottor Umberto.
Erano altri tempi. I due fratelli avevano una stoffa diversa dagli avventurieri della finanza moderna. Bastava la parola per definire un’intesa. E così fu. Il primo passo del Dottore, come tutti sappiamo, fu quello di trasformare la squadra che viveva ancora nel romanticismo post-Platiniano, in una Azienda modello, dove ogni cosa fosse pianificata ed organizzata per grandi obiettivi. Arrivano così Giraudo per l’area amministrativa, Moggi per quella sportiva e Bettega alla vicepresidenza. Per 12 anni questa struttura rimane immutata e costituisce probabilmente il team di dirigenti più preparati del calcio moderno.
Nelle migliori famiglie, è risaputo, ci possono essere però diversità di vedute e disaccordi. Anche Gianni e Umberto pur rispettandosi, come fratellanza impone, ogni tanto erano in disaccordo. Gianni era affezionato al business dell’auto, Umberto invece preferiva la diversificazione in altri settori. Morti i due patriarchi le fazioni si sarebbero schierate nel modo seguente: da un lato i fratelli Elkann, Montezemolo e i tutori Gabetti e Grande Stevens; dall’altra gli Umbertiani con a capo Allegra ,vedova di Umberto con il figlio Andrea Agnelli e ovviamente Giraudo che era uno dei manager più vicini ad Umberto.
In questo scenario verrà più volte segnalata dalle nostre fonti l’assoluta antipatia di Montezemolo per Giraudo il quale, pur con tutti i suoi difetti caratteriali e il classico musone da piemontese, era ed è un manager con i fiocchi, uno dei migliori della scuderia Agnelli. Anche Lapo Elkann più volte aveva rivolto giudizi abbastanza pepati sulla Triade, accusandola di sorridere poco e inaugurando di fatto l’era della “simpatia” che avrà poi in Cobolli Gigli il più accanito sostenitore ed interprete.

LA GENESI DI CALCIOPOLI
Nonostante lo sventato golpe delle Banche, il piano di Andrea Agnelli e Giraudo va avanti lo stesso. Il titolo Juventus in Borsa comincia a salire senza motivazioni. Qualcuno rastrella le azioni sul mercato. La transazione, in gergo finanziario definita Management Buyout, si dovrebbe a questo punto fare lo stesso ma con abiti ovviamente un po’ più ostili. Essa consiste in un passaggio delle quote di controllo dagli azionisti di maggioranza ai manager stessi dell’azienda. Ovviamente sulla base di un corrispettivo economico tale da invogliare i vecchi azionisti a cedere le proprie quote. Siamo a inizio 2006, la squadra è in testa al campionato e senza rivali.
Nel corso di un Consiglio di Amministrazione quantomeno anomalo, Moggi e Giraudo vengono confermati, ma solo a parole. Giraudo presenta il suo mega piano industriale che prevede ingenti investimenti e di cui si parla nell’intervista sopra esposta. Gabetti lo stoppa subito negando che ci saranno grossi investimenti da parte dell’azionista di riferimento. È il segnale che qualcosa si è rotto e che il pentolone bolle. Nessuno si immagina però cosa sta per succedere.
I due dirigenti non possono essere allontanati così facilmente per due motivi. Primo: sarebbe difficile da giustificare alla piazza e ai tifosi. Secondo: i due andrebbero altrove a remare contro e per come sono bravi e furbi sarebbe deleterio. Occorre qualcosa di traumatico in grado di eliminarli definitivamente dalla scena, senza peraltro creare rimpianti nei tifosi e allo stesso tempo giustificare la ridefinizione del famoso patto tra Gianni ed Umberto per la gestione della Juventus, che, come ricordiamo, era di pertinenza degli Umbertiani..
L’eliminazione dalla scena di Moggi e Giraudo però è da tempo l’obiettivo anche di qualcun altro e non a Torino. A Milano infatti i dirigenti dell’Inter sono da tempo convinti che le loro continue delusioni sportive non siano solo frutto di errori di gestione, ma anche di probabili illeciti dei dirigenti della Juventus.
Ne sono talmente convinti che arrivano addirittura a sbandierare in tv il fatto che stanno preparando un dossier circostanziato sull’argomento. Si scoprirà poi che Moratti, approfittando del rapporto privilegiato con i vertici Telecom e Pirelli, da sempre sponsor e munifici azionisti della squadra, ha incaricato alcuni personaggi che frequentano la sottile zona d’ombra tra le due aziende e i servizi segreti di effettuare indagini illegali sul mondo del calcio, arrivando persino a fatturare regolarmente le parcelle a queste agenzie investigative.
Ad ogni buon conto che qualcosa a Milano sapessero lo si era capito in realtà già a Marzo del 2006 quando in diretta tv Mancini “rivelò” a Moggi che presto avrebbe dovuto rispondere a qualcun altro in un aula di Tribunale. Alcuni addirittura riferiscono di dichiarazioni simili fatte nello spogliatoio della Pinetina, dove agli stralunati giocatori il tecnico e Facchetti avrebbero detto di stare tranquilli perché lo scudetto lo avrebbero vinto loro e che qualcosa stava per accadere.
In questo torbido scenario la Procura di Torino, nell’ambito del fantomatico processo per abuso di farmaci aveva commissionato e successivamente archiviato una serie di intercettazioni telefoniche a carico dei dirigenti della Juventus che contenevano alcune conversazioni con personaggi della Federcalcio che vennero ritenute non significative per la giustizia ordinaria e addirittura scagionanti per quella sportiva.
Qualche nemico però, la Juventus lo aveva anche a Roma, nelle segrete stanze del potere capitolino, lo stesso potere che aveva consentito nel 1999 l’accordo tra le famose sette sorelle (Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio, Parma, Fiorentina) le quali, tutte con ambizioni da scudetto decisero, nel corso di una cena estiva a casa di Carraro, di costituire un cartello e di nominare il famoso doppio designatore arbitrale, nelle persone di Bergamo e Pairetto. L’accordo in questione fu favorito anche dall’approvazione della famosa legge per la contrattazione individuale dei diritti televisivi, ad opera del governo di centrosinistra, il quale avallò senza battere ciglio un sistema che lo stesso governo, otto anni dopo, sta cercando in tutti i modi di cancellare, riportando nel calcio la contrattazione collettiva. L’equilibrio che scaturì da quegli eventi, favoriti da chi in quel momento governava Coni e Federcalcio e dai loro referenti politici e finanziari, è stato mantenuto fino al maggio del 2006 quando, come si vede, una triplice convergenza di interessi (Famiglia Elkann/Montezemolo – Inter/Moratti – Settori politicizzati della FIGC) ha determinato l’uscita di scena da veri capri espiatori di Luciano Moggi ed Antonio Giraudo, che a quel sistema si erano per così dire adeguati, ma al quale anche le altre sei sorelle costantemente si “abbeveravano”.
Il primo segnale che qualcosa stava alterando gli equilibri raggiunti nel 1999 fu una misteriosa interpellanza parlamentare effettuata dal senatore Gigi Malabarba, membro del Comitato di Controllo Parlamentare sui Servizi Segreti (Co.Pa.Co) in data 7 marzo 2006 atto 4-10255 seduta nr. 964 della XV Legislatura. Il senatore in questione chiede spiegazioni in Parlamento circa l’origine di alcuni bonifici di poche migliaia di euro che vengono rintracciati sui conti di alcuni impiegati della FIGC.
L’indagine della Magistratura sul mondo del calcio tuttavia aveva preso il via già da qualche mese e non solo dalla Procura di Torino, ma da varie Procure in tutta Italia. In particolare quella di Napoli imbeccata da Franco Dal Cin, vecchio dirigente dell’Udinese, il quale aveva raccontato ai pm dell’esistenza di una combriccola romana della quale avrebbero fatto parte parecchi arbitri, tra cui Massimo De Santis.
In seguito a queste indagini e a queste (presunte) rivelazioni vengono disposte centinaia di migliaia di intercettazioni telefoniche a carico di vari personaggi del mondo del calcio, tra cui Moggi e Giraudo. Le intercettazioni, come noto, vengono eseguite utilizzando strutture e tecnologie della Telecom. A questo punto interviene qualcuno o qualcosa.
L’attività di intercettazione probabilmente non dà i frutti sperati; pur tuttavia c’è l’esigenza di portare a termine un “lavoretto” per alcuni amici che hanno chiesto di incastrare alcune persone……. Entrano in scena due personaggi particolari, Giovanni Arcangioli ed Attilio Auricchio, due vecchie conoscenze dei servizi segreti, attualmente ufficiali dei Carabinieri addetti alle intercettazioni, ma già in passato accusati di aver manipolato alcune telefonate.
I due fanno un piccolo capolavoro. Confezionano due informative per la procura di Napoli dove, insieme alla trascrizione di 40 telefonate (su 100.000 intercettazioni) degli accusati, costruiscono un castello di deduzioni e teoremi che sembrano discorsi da bar sport. Difficile non immaginare nella impaginazione di quelle informative la sapiente mano di qualche giornalista sportivo o di qualche dirigente di squadra di calcio.
Alcune dichiarazioni di persone accusate e di altre non coinvolte nel procedimento fanno addirittura pensare che siano state filtrate solo le telefonate “adatte allo scopo da raggiungere”. Altre indiscrezioni parlano di mancati incroci tra telefonate fatte e ricevute dalle singole utenze. Insomma qualcosa di anomalo sta accadendo. Parallelamente una manina fa arrivare i testi di queste intercettazioni alla Gazzetta dello Sport.

EPILOGO
Siamo ormai a maggio del 2006. La Juve vince il suo ventinovesimo scudetto sul campo mentre sui giornali scoppia la bufera. Juventus, Milan, Lazio, Fiorentina ed altre squadre minori vengono accusate di aver creato un sistema di condizionamento del sistema arbitrale mentre addirittura alcuni protagonisti, specialmente Moggi e Giraudo, vengono accusati di “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”.
I magistrati si fidano ciecamente di quanto trascritto dai carabinieri di Roma nelle loro informative ed emettono pesanti accuse. Più tardi gli stessi magistrati, leggendo con attenzione la documentazione si accorgono probabilmente di essere stati strumentalizzati per un disegno ben preciso. Si accorgono che quelle informative cosi come sono state confezionate sono assolutamente insufficienti per sostenere le accuse che avevano già colpevolmente emesso nei confronti delle persone coinvolte. Saranno costretti a chiudersi nel più stretto riserbo ed avviare un processo interminabile di riascolto di tutte le telefonate intercettate che, si scoprirà in seguito, contengono molte sorprese.
Ma torniamo alla fine del campionato, maggio 2006. Il prode John Elkann rilascia una dichiarazione che per noi tifosi rimbomba ancora sinistra: «Siamo vicini alla squadra e all’allenatore. Sono state fatte cose riprovevoli. Ripartiremo dai giovani». Moggi a questo punto si dimette e con lui è costretto a fare lo stesso anche Giraudo, insieme a tutto il cda. È curioso far notare che i giornali che più di tutti si accaniscono contro la Juventus e i suoi dirigenti sono proprio quelli della scuderia Rcs in cui gli Agnelli sono soci, ovvero La Gazzetta dello Sport e Il Corriere della Sera e, ovviamente, La Stampa di cui sono addirittura proprietari.
In questo modo inizia il processo mediatico, svolto in maggior parte sui giornali. Un processo che parte non dall’accusa ma dalla sentenza: Juve colpevole. In verità, leggendo le intercettazioni pubblicate non si ricava la benché minima prova di eventuali illeciti. Si percepisce piuttosto un mondo sicuramente malato dove ognuno cerca di tirare l’acqua al proprio mulino, spesso senza riuscirci, e soprattutto una generale atmosfera di goliardie e millanterie che lascia trasparire un’inopportuna confidenza tra settori della Federcalcio, dirigenti di squadre di calcio e alcuni arbitri. Ma nessun illecito.
È il via all’estate più incredibile che si potesse immaginare. I tempi purtroppo sono strettissimi: c’è di mezzo il Mondiale e bisogna fare presto. A capo della Figc, ovviamente commissariata, viene chiamato un personaggio che pochi conoscono ma che gli addetti ai lavori ricordano come ex-consigliere di Amministrazione dell’Inter, Guido Rossi.
La sua chiamata a Commissario straordinario della Federcalcio avviene attraverso un atto che non verrà mai reso pubblico poiché le modalità con cui viene eletto probabilmente non gli consentirebbero alcune delle decisioni da lui prese successivamente, rendendole illegittime, come ad esempio la riduzione dei gradi di giudizio, la sostituzione dei giudici ed altre norme stabilite ad hoc per la farsa che si va organizzando.
Il personaggio è ingombrante, presuntuoso ed odia quanto basta la Juventus per avallare fin da subito le sentenze emesse dai giornali. Innanzitutto si circonda di suoi fedelissimi collaboratori tra cui Nicoletti, già braccio destro di Moratti alla Saras e, successivamente, riduce i gradi di giudizio del processo sportivo da tre a due. Di fatto sostituisce la gran parte del Collegio giudicante mettendo a capo dello stesso un vecchio giudice in pensione di nome Ruperto. Infine “istruisce” i giudici affinché venga fatta giustizia in maniera dura, esemplare e spietata
“Dimentica” però di sostituire i giudici che pronunceranno le sentenze di secondo grado che come vedremo saranno completamente capovolte, tranne che per la Juventus. In realtà non si dimentica affatto ma gli viene impedito dal primo rigurgito di quel sistema che stava cercando di spazzare via. Negli stessi giorni, frattanto, Oriali e l’Inter patteggiavano vergognosamente la condanna penale per la vicenda dei passaporti falsi, accompagnati dal silenzio complice dei mass-media.
In questa tempesta, la Juventus e la sua proprietà sembrano immobili. Qualcuno ipotizza che nei primi giorni dello scandalo i vertici juventini siano stati rassicurati circa la permanenza della squadra in serie A, circostanza che, come si vedrà, sarà completamente disattesa dagli atti compiuti dal Commissario Guido Rossi. Dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione la reggenza viene affidata a Carlo Sant’Albano, amministratore delegato di Ifil. La dirigenza di fatto non esiste più. In questo scenario viene nominato, in qualità di legale difensore. l’avv. Cesare Zaccone.
Arrivati a questo punto, però, la fuga di notizie e l’attacco frontale effettuato dai mass-media hanno reso la situazione di fatto irrecuperabile. Tutta l’Italia calcistica, fomentata dal suddetto attacco mediatico, ha ormai a furor di popolo condannato le persone che, ad onor del vero, erano ancora solamente indagate, sia per la giustizia sportiva che per quella ordinaria. La Juventus in serie B, il sogno proibito di milioni di tifosi, si materializzava come per incanto. Finalmente anni ed anni di frustrazioni venivano ripagate con una gogna fino a poche settimane prima inimmaginabile.
Fonti attendibili riportano in questa fase di un patto tra Grande Stevens e Guido Rossi, durante il quale quest’ultimo viene rassicurato sul fatto che la Juventus avrebbe accettato la serie B, a condizione che anche le altre imputate avessero avuto la stessa pena.
Questa circostanza è avvalorata dal fatto che alcuni dei campioni in forza ai bianconeri erano già stati venduti prima delle sentenze sportive. Comunque sia, Guido Rossi accetta l’accordo (o finge di accettarlo?). Ma, come vedremo, le cose vanno diversamente da come erano state apparecchiate. A fine giugno viene insediato il nuovo Cda, capitanato da tale Giovanni Cobolli Gigli, un manager ricordato soprattutto per le sue imprese da liquidatore di altri asset di casa Agnelli. In quei giorni serviva qualcuno che mettesse la faccia come Presidente del periodo più brutto della storia della Juventus. E, da informazioni assunte al riguardo, pare che nessuno abbia voluto gravarsi dell’ingrato compito, costringendo la proprietà ad accontentarsi di una soluzione di estremo ripiego. Nei prossimi anni Cobolli Gigli sarà ricordato soprattutto per le sue memorabili dichiarazioni che inducono l’interlocutore a sospettare che sappia veramente poco di calcio e che sia capitato per caso sulla scena del delitto.
Invece il processo, istruito da Francesco Saverio Borrelli, ex magistrato di Mani Pulite, sarà ricordato nei secoli come una farsa senza eguali, grazie al suo surreale e brevissimo svolgimento dove si è riuscito a calpestare le più elementari regole di garanzia per gli imputati, a cominciare dal diritto alla difesa.
Per accelerare la farsa e renderla “credibile” Guido Rossi manda Borrelli a Napoli dove, previa una telefonata di Nicoletti con cui viene fatta illecita pressione sui Pm della procura, riesce a farsi consegnare le informative dei Carabinieri, che in questa fase dovrebbero essere materiale altamente riservato ma che invece appaiono in stralci su giornali e mass-media. Molti magistrati e giudici avranno successivamente modo di dichiarare che si è trattato di un vero e proprio “aborto giuridico”. Il Procuratore federale Palazzi, imbeccato da Borrelli, chiede pene durissime per tutti, ed in particolare per la Juventus, per la quale si parla di retrocessione in C1.
Zaccone, nel corso del brevissimo e farsesco dibattimento, incalzato da Ruperto, dichiara maldestramente che la pena congrua consisterebbe nella B con penalizzazione, cosa che prontamente viene fatta mettere a verbale. La dichiarazione di Zaccone, che suscita stupore e indignazione nei tifosi, figlia diretta degli accordi Rossi-Grande Stevens e viene pronunciata proprio per cercare di rimanere ancorato al carro delle altre imputate per le quali era stata chiesta la B con penalizzazione.
La molle difesa di Zaccone viene strumentalizzata dai giornali di regime che, con titoli a tutta pagina,, la fanno passare per un’ ammissione di colpevolezza. La sentenza di primo grado che giunge di lì a poco è delirante nelle motivazioni, riuscendo a trasformare in illeciti conclamati e reiterati (art.6) una somma di episodi di slealtà (art.1) e inventando di sana pianta il reato di “illecito strutturale”. Addirittura devastante la pena comminata che consiste in una serie B con trenta punti di penalizzazione, la revoca di due scudetti ed altre sanzioni accessorie. Cobolli Gigli appare indignato. Nell’ombra probabilmente qualcuno invece è soddisfatto della piega presa dagli eventi.
Intanto, in Germania la nostra nazionale diventa Campione del Mondo in una finale con la Francia addirittura surreale. In campo ci sono otto giocatori che militano nella Juventus più altri cinque che vi hanno militato recentemente. In panchina e nello staff tecnico figurano altri quattro juventini di lungo corso tra cui Marcello Lippi. In totale 17 protagonisti dal Dna juventino.
La Juventus di Moggi trova così la sua apoteosi nella vittoria del Mondiale, con uno dei principali artefici del successo ormai fuori dal Calcio. In breve tempo la fortissima Juventus allestita da Luciano Moggi viene rapidamente smembrata dal liquidatore Cobolli, il quale ha l’incarico di procedere alla riduzione dei costi a prescindere dal campionato in cui si giocherà, assecondando i desiderio di John Elkann di puntare sui giovani.
Ecco quindi che ben otto giocatori vengono venduti in un crescendo rossiniano di menzogne e inganni culminati con la cessione all’Inter di due giocatori del valore di Ibrahimovic e Vieira.
La sentenza di secondo grado, emessa da un tribunale espressione diretta dell’ex presidente Carraro, e quindi organico al vecchio sistema, ribalta la sentenza di primo istanza, attenuando notevolmente le pene di Milan, Fiorentina e Lazio, alle quali viene restituita la serie A con penalizzazione. Incredibilmente i rossoneri ritrovano anche la partecipazione alla Champions League. La Juventus, invece, rimane relegata in serie B con 17 punti di penalizzazione.
Leggendo il delirante dispositivo di sentenza si apprende stranamente che “è concettualmente ammissibile l’ottenimento di un vantaggio in classifica pur prescindendo dall’alterazione di una singola gara”. Che cosa e’ successo? Semplicemente è accaduto che la Juventus è stata punita nuovamente dal Tribunale di secondo grado, espressione diretta di Carraro e Berlusconi, proprio per aver fin da subito effettuato la scelta collaborazionista con il nuovo sistema guidato dall’Inter e dalla Roma. Insomma, come si suol dire “cornuti e mazziati”. È chiaro ormai che l’accordo Grande Stevens – Rossi è definitivamente saltato.
Nel frattempo gli “onesti” di Moratti, grazie alla compiacenza dell’ultrà Guido Rossi, si vedono assegnare uno scudetto, quello 2005-2006, che non è mai stato oggetto di indagine e che la Juventus ha vinto sul campo con il siderale distacco di 15 punti. Gli Elkann capiscono di essere stati raggirati. In giro l’umore dei tifosi e soprattutto degli azionisti di minoranza, riunitisi nel frattempo in diversi Comitati, è assolutamente nero e con insistenza questi ultimi premono sulla proprietà affinché reagisca a questo scempio.
John Elkann, mosso dall’orgoglio, ordina a Cobolli di fare la voce grossa nel corso della Conciliazione al Coni, non ottenendo ovviamente esito positivo. Successivamente, decide di preparare un ricorso al Tar del Lazio che, carte alla mano, definire un “capolavoro giuridico” è riduttivo. Preciso, circostanziato, e soprattutto nelle cifre, spietato. Tutto sembra deciso, si va al Tar.
Qualcuno a Roma comincia a spaventarsi e a credere che davvero i due fratellini possano andare fino in fondo. Sarebbe una circostanza senza precedenti per il calcio italiano: in caso di accoglimento del ricorso, molto probabile a giudicare dalle dichiarazioni di illustri avvocati amministrativisti, i campionati devono essere sospesi e i processi rifatti. Il governo ed il primo ministro in persona si muovono direttamente con Montezemolo e lo pregano di mettere un freno alla situazione. Non si vuole il caos, il ritardo dei calendari, il malumore delle piazze coinvolte, la delusione della stragrande maggioranza degli italiani convinti che tutto il male sia la Juventus. Ed il primo ministro ha buon gioco nel convincerlo. Sa che lui non può mettersi contro l’establishment perché lui, e ciò che rappresenta, sono parti importanti dello stesso.
Nel frattempo Cobolli Gigli passa le sue giornate al telefono circondato da molti avvoltoi che svolazzano sulla carcassa della Juventus in attesa del momento buono per spolparla. Indimenticabile, per ammissione dello stesso Cobolli Gigli, e' "l'opera di convincimento a bere l'amaro calice della B" da parte del direttore del Corriere dello Sport, Vocalelli, che assume contorni grotteschi degni dei racconti di Collodi.
Siamo a fine agosto. A Torino si svolge un vertice tra Montezemolo, J, Elkann e Gabetti. I due anziani convincono il giovane di famiglia a deporre le armi. Questo ciò che gli viene detto: “Sappiamo che siamo stati sottoposti ad un giudizio di piazza senza garanzie, però ormai la gente si è formata un opinione e noi non la possiamo cambiare. Pensa a cosa avrebbe fatto tuo nonno in questo caso, non si sarebbe mai mischiato coni vari Gaucci e Preziosi ma avrebbe bevuto fino in fondo l’amaro calice, in osservanza alla sua storia, alla fedeltà all’ordine costituito e a tutto ciò che la Fiat è stata, ha rappresentato e vuole ancora rappresentare. Anche da un punto di vista economico, dopo le cessioni, la riduzione del monte ingaggi, la conferma degli sponsor, la rinuncia alla Champions League non c’è grande differenza tra i due scenari. Perciò, per le responsabilità che abbiamo e per le aziende che rappresentiamo dobbiamo ingoiare il boccone e scendere a patti con le autorità sportive”. Il giorno stesso viene istruito di conseguenza il povero Cobolli Gigli.
È il 31 agosto 2006. La Juventus, la sua centenaria storia di successi e la passione dei suoi tifosi vengono calpestati senza pietà, in cambio della riduzione di qualche punto di penalizzazione in serie B (sancito nel successivo Arbitrato) e, probabilmente, di un provvedimento sulla rottamazione auto nella Finanziaria 2006.
Gli stessi giocatori e l’allenatore Deschamps rimangono sbigottiti dal comportamento del Cda che, in un Consiglio dalla durata biblica, stabilisce la definitiva rinuncia al Tar. È un dato di fatto, questo, che fa ritenere attendibile la circostanza che i giocatori e il tecnico fossero stati rassicurati sul fatto che sarebbero state percorse, purtroppo tardivamente, tutte le strade per cercare di riottenere la serie A.
Lo strappo del 31 agosto tra squadra e società è una ferita che ancora oggi nelle dichiarazioni dei giocatori si percepisce quanto sia stata dolorosa, soprattutto per quelli che avevano accettato di rimanere a Torino. A questo punto non è più possibile tornare indietro. La squadra è costretta a subire la gogna dei campi della serie B e i tifosi invece sono costretti a subire le farneticanti dichiarazioni di Cobolli Gigli sulla scia della cosiddetta operazione simpatia.
È tutto finito? Quanti e quali capitoli potranno essere ancora scritti su questa dolorosa vicenda? La sensazione che si percepisce tra le stesse fonti che ci hanno permesso di elaborare questa ricostruzione è che qualcosa bolle ancora in pentola. Qualcuno, nel frattempo, aspetta sulla sponda del fiume…

Tar Lazio: Telefonare ai designatori ?, In assenza di norme è illegittimo sanzionare !!!  
ROMA, 3 novembre - La sezione terza ter del Tar del Lazio, presieduta da Italo Riggio, ha annullato l'ammenda di 80.000 euro che era stata inflitta dalla Corte federale della Figc all'ex presidente della Figc, Franco Carraro, per lo scandalo Calciopoli. La sanzione era rimasta anche dopo il ricorso di Carraro alla Cca del Coni: l'arbitrato nel novembre 2006 aveva infatti stabilito di annullare l'altra sanzione a Carraro, la diffida, dichiarandosi incompetente sull'ammenda. L'ex presidente della Figc pochi giorni dopo aveva presentato un'altra istanza, che la Cca aveva dichiarato inammissibile per assenza di un'ulteriore controversia. Adesso il Tar ha stabilito che tutta la sanzione, costituente un unicum, era da annullare.

IL GIUDIZIO - Nel giudizio davanti al Tar si è costituita la Federcalcio, ma non il Coni nè la Cca del Coni. Innanzitutto il Tar si è dichiarato competente anche per motivi costituzionali, perché sarebbe lesivo dei diritti costituzionali non dare a Carraro la possibilità di ricorerre, anche «in considerazione della rilevanza esterna della sanzione inflitta al dottor Carraro (basti pensare al discredito di cui potrebbe soffrire nell'ambito del Cio, di cui è componente, per aver subito una sanzione disciplinare, qualunque essa sia)». Secondo il Tar la Corte federale sbagliò nel ritenere che Carraro, telefonando all'allora designatore arbitrale Paolo Bergamo per raccomandargli la massima attenzione nella designazione per Lazio - Brescia, avesse tenuto comportamenti «posti in essere attraverso un canale informale e non trasparente presso uno solo dei designatori piuttosto che per il doveroso tramite dei competenti organi federali preposti ad una ufficiale valutazione tecnica dell'operatore arbitrale e suscettibile di in-generare la convinzione (che di fatto sembra essere maturata) in Bergamo che alla telefonata del presidente federale occorresse dare un qualche seguito effettuale di irrobustimento della posizione della Lazio nella considerazione arbitrale».
LA CONTRADDIZIONE - Secondo il Tar invece c'è contraddizione nel fatto che la stessa Corte federale riconobbe a Carraro di non aver cercato di influire in modo fraudolento sulla partita, ma anzi di aver voluto «assicurare una conduzione tecnicamente ottimale della partita in questione, e cioè per pervenire ad un risultato che ben rientrava nei doveri della carica ricoperta». «Ma se ciò è vero, afferma il Tar, - e la mancanza di prove contrarie deve necessariamente far concludere in tal senso (e ciò anche a prescindere dalla completa assoluzione da parte del Gup di Napoli dei fatti ascritti al dottor Carraro) -
è illegittimo, in assenza di norme interne alla Federazione che disciplinino la fattispecie, sanzionare il presidente della federazione solo perché si è assicurato, telefonando al designatore arbitrale, che l'arbitro già designato prestasse massima attenzione per evitare di commettere errori in una partita particolarmente delicata quale era Lazio - Brescia». Inoltre, se Carraro non avesse usato il telefono, sarebbe stato peggio: «L'uso del telefono rispondeva ad intuibili ragioni di riservatezza atteso che qualsiasi altro mezzo di comunicazione, ad esempio un comunicato scritto inevitabilmente destinato ad essere divulgato anche se segretato, avrebbe offerto l'occasione per maliziose ed interessate interpretazioni dell'intervento presidenziale, cioè come implicito atto di accusa nei confronti della classe arbitrale e di riconoscimento della fondatezza delle doglianze della soc. Lazio, con il risultato di inasprire una situazione di conflittualità che il ricorrente, nella sua qualità, aveva invece il dovere di neutralizzare».
LE CONCLUSIONI - «Di qui la conclusione, dettata anche dal comune buon senso, che l'uso del telefono - una volta ricostruita nei suoi esatti contenuti la conversazione svolta a mezzo di esso - non solo non era sanzionabile ma costituiva scelta ragionevole e responsabile del ricorrente". Carraro in primo grado, davanti alla Caf, era stato inibito per cinque anni con proposta di radiazione, sanzione tramutata in 80.000 euro con diffida dalla Corte federale; adesso è arrivata la cancellazione di ogni addebito, a meno che la Federcalcio ricorra al Consiglio di Stato».
tuttosport.it 04/11/08

Ricordiamo la telefonata:

Alla vigilia del turno infrasettimanale in cui si giocava Lazio-Brescia, Carraro racconta all'allora designatore Paolo Bergamo le lamentele del presidente della Lazio Claudio Lotito per l'arbitraggio di Massimo Saccani nella precedente partita contro la Reggina. "...Loro (i laziali, ndr) stanno nervosissimi, perché dice che domenica questo arbitro (Saccani, ndr)à Foti è stato dieci minuti da lui nell'intervallo", erano state le parole di Carraro secondo l'informativa dei Carabinieri. In seguito, Carraro avrebbe chiesto a Bergamo di avvisare l'arbitro di Lazio-Brescia (Daniele Tombolini): "Domani per carità, se il Brescia deve vincere che è più forte, però che non ci siano.. c'è un ambiente qui che è molto teso, capito?". Un'ora dopo, Bergamo chiamò Tombolini, raccomandandosi così con l'allora fischietto anconetano: "E' una partita molto delicata domani, Daniele, perché trovi un ambiente, credimi Mettiti sulla lunghezza d'onda giusta".
  Calciopoli o Farsopoli? Una ricostruzione
Questa è una ricostruzione della vicenda che, anziché attingere dalla versione propinata in tutte le salse dagli organi di informazione di regime (capitanati dalla Gazzetta dello Sport), prende forma da quello che è il materiale che ho selezionato insieme ad appassionati amici negli ultimi mesi.
 Un materiale che non necessariamente è cartaceo ma che spesso è frutto di confidenze, sfoghi, rivelazioni riservate di personaggi vicini a dirigenti attuali e del passato; ma anche degli umori della gente, dei tifosi più veri, quelli che hanno pagato con la moneta più pesante, e cioè la loro passione. Una continua ricerca di indizi, conferme, segnali, che ha caratterizzato a volte anche in maniera ossessionante gli ultimi mesi della vita del nostro staff.
Forse quella che abbiamo ricostruito non sarà la verità perfetta, ma gli si avvicina. E’ certamente più attendibile della menzogna con la quale hanno esiliato la Juventus in serie B. Abbiamo provato a ricostruire la vicenda perché ci siamo accorti che molti, moltissimi tifosi della Vecchia Signora, che per vari motivi non hanno potuto accedere a tali informazioni, hanno formato la loro opinione solo sulla base di un giornalismo becero ed antijuventino.

PROLOGO
C’era una volta la FIAT….. o meglio c’è la FIAT. Nel senso che attualmente la nostra gloriosa industria automobilistica sta vivendo nuovamente un periodo brillante, frutto di una decisa sterzata in termini di politica commerciale e di management.
Questa rinascita sa quasi di miracolo perché fino a pochi mesi fa la FIAT era una azienda talmente in crisi che si parlava chiaramente nella migliore delle ipotesi di vendita se non addirittura di portare i libri in tribunale.
Le Banche, spinte dal governo Berlusconi, erano state costrette a sostenere ancora una volta i conti del Lingotto con una operazione di finanziamento particolare chiamata prestito convertendo; in pratica, giunto alla scadenza nell’autunno del 2005 , questo prestito avrebbe, di fatto, consegnato la FIAT nelle mani delle banche, estromettendo gli Agnelli, capitanati da John Elkann e riducendoli a soci di minoranza.
Le stesse banche avrebbero poi provveduto a liquidare le attività rivenienti attraverso un bello spezzatino. Nello spezzatino, si noti bene, era compresa anche la Juventus. Non direttamente, in quanto controllata da IFIL, ma coinvolta comunque, in quanto, successivamente ad una ipotetica uscita di scena degli Agnelli dalla Fiat, sarebbero stati messi a dura prova i delicati equilibri che ancora oggi uniscono i vari rami della discendenza per il controllo dell’Impero Fiat.
In vista di questa possibilità si paventava l’ipotesi che Giraudo, su preciso input di Andrea Agnelli stesse organizzando una cordata per rilevare la Juventus, acquistando le quote di proprietà IFIL con la collaborazione di alcuni importanti partner sia sportivi che finanziari. Ovviamente Andrea sarebbe stato il Presidente, Moggi il Direttore Generale.
Allo studio c’era un faraonico piano industriale che probabilmente avrebbe fatto della Juventus la squadra numero uno al mondo per molti anni.
Lo stesso scenario viene ampiamente descritto da Antonio Giraudo in una illuminante intervista concessa a Repubblica il primo aprile 2006, circa un mese prima dello scoppio di Calciopoli, e che riportiamo qui di seguito per far capire fino in fondo il progetto che aveva in mente quest’uomo per la Juventus.
TORINO - Giraudo parla, e intanto scrive. E mentre scrive disegna. Traccia mappe, sviluppa diagrammi, incrocia segni e parole su un grande bloc-notes quadrettato. Più che altro cerchia e sottolinea. Il futuro, forse.
Dottor Giraudo, lei resterà davvero alla Juventus?
«È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari».
Il suo contratto scadrà il 30 ottobre: a parole, la famiglia Agnelli l'ha già confermata. Però i matrimoni si fanno in due.
«Vorrei chiarire una cosa importante. In questi mesi si è scritto, letto e detto di tutto, per esempio che vorrei fare dei mestieri diversi. È chiaro che quando esistono scadenze contrattuali, dall'esterno c'è sempre chi può offrire grandi opportunità, è una legge di mercato. Ma il mio sogno è restare ancora molti anni alla Juventus, sulla base dei ragionamenti iniziati dodici anni fa con l'avvocato Agnelli e col dottor Umberto»
Cosa prevedevano quei ragionamenti?
«Che la Juventus diventasse la prima società-azienda del mondo. Cominciammo a parlarne durante le vacanze di Natale del 1993. Dall'Avvocato e dal dottor Umberto traspariva sempre una grande passione per il calcio e per la Juventus, di cui erano tifosissimi»
Ritiene che i vari passaggi siano stati compiuti?
«Due su tre. Ora manca l'ultimo, il più importante, su cui vorrei continuare a lavorare»
Parliamo dei primi due
«All'inizio cominciammo con l'intervento su costi e conti, di pari passo con l'obiettivo sportivo. Poi ci siamo mossi per consolidare la societàJuventus, attraverso operazioni che ci hanno portato alla quotazione in Borsa e allo stadio di proprietà oltre alla realizzazione di un centro sportivo d’avanguardia che inaugureremo presto. I lavori per lo stadio-gioiello cominceranno alla fine del campionato. Queste sono iniziative che resteranno, in grado di produrre anche ricavi diversi da quelli tipici delle squadre di calcio»
Arriviamo alla terza fase: quella, pare di capire, dalla quale dipende anche la sua permanenza alla Juventus
«Bisogna prepararla velocemente. Io lo chiamo il “modello Ferrari”, perché è quello cui ci ispiriamo. Ovvero una grande industria che produce utili per una parte sportiva di assoluta eccellenza. La stessa cosa dovrebbe accadere alla Juventus. Era, lo ripeto, il pensiero di Giovanni e Umberto Agnelli»
La Juventus, oggi, rispetto a quel modello cos’è?
«Esiste solo la seconda parte, quella sportiva. Manca la prima, industriale. Cioè la componente che porterebbe ricavi aggiuntivi attraverso investimenti mirati»
Se abbiamo capito bene, una Juventus che agisce e produce anche fuori dal calcio?
«Una Juventus che possa operare in settori come l'intrattenimento, oppure l'alberghiero mediante l'acquisto di una catena di hotel. O magari nel campo immobiliare, o in quello dei media attraverso un gruppo editoriale. Qualcosa di simile al gruppo "L'Espresso", visto che ne sto parlando con "la Repubblica". Perché no?»
Cosa chiede l'amministratore delegato agli azionisti?
«Chiedo di investire risorse importanti per creare una società più forte, strutturalmente solida a livello patrimoniale ed economico»
Dopo l'ultimo Consiglio d'amministrazione, il dottor Gabetti che è presidente dell'Ifil, cioè la finanziaria della famiglia Agnelli che controlla la Juventus, ha annunciato che il piano industriale sarà ambizioso ma non faraonico. Non le pare già una risposta parzialmente negativa alle sue richieste?
«Penso che la portata del piano e degli investimenti sia conseguente al risultato che si vuole ottenere. Non chiediamo soldi per coprire perdite o per acquistare qualche altro giocatore, ma per creare un modello formidabile che nel calcio non esiste, e che ci permetterebbe di colmare il gap attuale tra una società come la nostra e altre grandi realtà europee, come ad esempio il Chelsea e il Real Madrid»
Quali le ricadute dal punto di vista sportivo?
«Vogliamo creare risorse permanenti che permettano alla Juventus non solo di finanziarsi al suo interno nel tempo, grazie al formidabile marchio commerciale che rappresenta, ma di avere una squadra sempre più forte e di livello mondiale»
Ritiene che questo sarebbe sufficiente per essere i più competitivi al mondo, e com'è ovvio in Italia?
«No, penso che non basterebbe. Perché quando si è risolto il problema patrimoniale ed economico, occorre acquisire più peso politico a livello di media. Per la Juventus, oggi non è così. Alcuni tra i nostri avversari dispongono di emittenti televisive e gruppi editoriali, e questo conta molto»
Crede che i proprietari di questi gruppi editoriali diano indicazioni precise ai loro dipendenti per favorire le loro squadre?
«Non penso che si arrivi a tanto. Ma non escludo che alcuni servi sciocchi si spingano oltre, più realisti del re. Può succedere, anzi succede»
Dottor Giraudo, e se fossero altri dirigenti a concludere il suo progetto, o comunque a godere i frutti del lavoro già svolto?
«L'interesse della Juventus e dei suoi tifosi viene prima di tutto. Certo, il nostro sogno non può che essere quello di vedere realizzate le cose che abbiamo progettato, e gestirle in prima persona. Mi spiacerebbe molto non proseguire la terza fase del programma»
Crede che i giovani della famiglia Agnelli abbiano la stessa passione dell'Avvocato e del dottor Umberto? Convinceranno la famiglia a investire nuove risorse nella Juventus?
«Me lo auguro, anzi ne sono sicuro. Spero che ci sia in loro lo stesso amore. La presenza fisica dell'ingegner John Elkann e di Andrea Agnelli all'ultimo Consiglio di amministrazione è stata significativa, così come quella del dottor Gabetti. Allo stesso modo è da interpretare la cooptazione in Consiglio del dottor Sant'Albano, nuovo amministratore delegato Ifil: un segnale importante»
Ma il tifo dei giovani Agnelli?
«Tifo e passione saranno da verificare nel tempo, però sono la premessa per tutto il resto»
Quando e come preparerete questo famoso progetto industriale?
«Dovremo vederci a scadenza almeno settimanale. Sottolineo che si tratta di un piano da far nascere insieme, Ifil e management bianconero, condiviso dalla famiglia Agnelli, per identificare le tipologie di investimenti da condividere»
La proprietà della Juventus non mette in dubbio che lei, Moggi e Bettega possiate restare al comando. Ottimismo eccessivo?
«La fiducia fa molto piacere. Voglio esprimere gratitudine per le tante opportunità che mi sono state offerte in questi anni, il resto lo vedremo»
Davvero Silvio Berlusconi le ha offerto un incarico importante?
«Con il dottor Berlusconi ho da sempre ottimi rapporti, e lui non ha mai mancato di mostrare apprezzamenti verso il nostro lavoro. Fu estremamente sportivo quando ci prestò Abbiati. Anche se lui ha sempre pensato che avrei continuato a lavorare per la Juventus, ha voluto incontrarmi e dirmi, in sostanza: “La stimo, sono sicuro che resterà a Torino ma qualora cambiassero le condizioni, sappia che noi possiamo far nascere insieme delle opportunità”»
E lei cos'ha risposto?
«Beh, in questi casi si ringrazia e si vede quel che succede»
Esiste la concreta possibilità che lei si occupi dei nuovi stadi per l'Europeo 2012?
«Il mio sogno è continuare a lavorare a tempo pieno per la Juventus»
Lo stadio rifatto porterà finalmente i torinesi alla partita?
«Senz'altro sì. Non mi sento di incolpare i tifosi per le gradinate semivuote: oltre metà del pubblico arriva da fuori, per lo più dalla Lombardia, e la Torino-Milano è impraticabile; le nuove norme per la sicurezza hanno creato restrizioni che possono scoraggiare; molte gare della Juve si disputano in notturna, ed è un sacrificio se la mattina dopo si va a lavorare. Inoltre, le statistiche dimostrano che gli italiani spendono il 5,5% in meno per spettacoli e divertimenti. Noi abbiamo cercato di premiare gli abbonati: mi spiace che si sia tanto parlato delle curve a 50 euro contro Inter e Milan, e pochissimo degli abbonamenti a un euro per le donne e i bambini»
C'è il rischio che la Juve perda Capello?
«Non esiste. Il progetto è che rimanga con noi fino al 2009
Campionato quasi vinto, Coppa quasi persa
«Al tempo. A Londra abbiamo creato i presupposti per una grande impresa a Torino. Voglio elogiare questo gruppo, probabilmente il migliore dei nostri dodici anni: grandi campioni e ragazzi di carattere. Hanno fatto non bene ma benissimo, sono in testa da settanta partite, questo spiega chi è il più forte»
La Coppa, invece, continua a essere una sofferenza: perché?
«Si tratta di un torneo dove i rischi sono maggiori. L'anno scorso ha vinto il Liverpool, quest'anno va forte l'Arsenal che in campionato ha 28 punti in meno del Chelsea già eliminato»
A quanto ammontano i mancati ricavi per chi esce nei quarti?
«Se vinci la Coppa, incassi circa 15 milioni di euro che diventano 10 per il secondo posto. La semifinale vale circa 5 milioni di euro»
Nel prossimo mercato venderete qualche pezzo pregiato?
«Non esistono esigenze di bilancio in tal senso. Ogni scelta servirà solo a rafforzare la Juventus. La proprietà ci ha dato indicazione di muoverci come se il progetto industriale esistesse già, ed è pronto un primo intervento finanziario. Le mosse iniziali sono state gli ingaggi di Marchionni e Cristiano Zanetti»
Dunque lavorate come se foste sicuri di rimanere
«Per altri dodici anni, come ha detto il dottor Gabetti. La Triade e Capello per la Juve più forte del mondo. Speriamo»
Cosa chiedete al nuovo governo?
«La priorità sono gli stadi, oggi totalmente inadeguati. Servono mutui agevolati per le ristrutturazioni, non necessariamente private, com'è accaduto in Inghilterra, in Portogallo per gli Europei 2004 e in Germania per i mondiali 2006. L'Europeo 2012. È l'occasione giusta per creare tanti posti di lavoro, una grande opera di economia diretta e indiretta»
Uno juventino di ieri, Michel Platini, se l'è presa con il G 14 di cui fate parte sulla questione degli indennizzi per i nazionali. Ha qualcosa da rispondere?
«Intanto, oggi la convocazione in nazionale conviene solo al giocatore e non al club. In caso di infortuni, le assicurazioni non coprono il pagamento degli stipendi, tuttavia non bisogna fare muro contro muro, non bisogna essere troppo rigidi. Da parte dei club serve forse più intelligenza, ma all'amico Michel suggerisco di essere meno demagogico e meno populista»
Questo era lo scenario. Ma ecco il colpo di scena. Gli Elkann sempre a quanto riportato dai giornali dell’epoca, riescono a neutralizzare il golpe orchestrato dalle banche attraverso una ardita operazione finanziaria, chiamata Equity swap, che di fatto consentirà loro di mantenere il controllo della FIAT. A questo punto partono i regolamenti di conti tra cui anche quello sulla Juventus.
Ma non doveva finire così. I patti non erano questi. Quando alla fine del 1993 l’avv.Gianni Agnelli accettò l’aiuto di Mediobanca e di Cuccia per risollevare le sorti della FIAT, piombata in una delle crisi più gravi della sua storia, dovette accettare un compromesso che pochi conoscono. Per far fronte alla pesante situazione finanziaria dell’Azienda fu varato un maxi aumento di capitale e fu imposto l’ingresso nel capitale di nuovi soci “importanti” tra cui Deutsche Bank e Generali. Ma non solo. Il vero prezzo che l’Avvocato dovette pagare fu la promessa di non lasciare la Presidenza del gruppo al fratello Umberto, e quindi di rimanere in sella insieme a Romiti. Questo passaggio di consegne era già stato stabilito all’interno della famiglia, ma il veto imposto da Cuccia, che non era mai stato in buoni rapporti con Umberto, costrinsero L’Avvocato ed il Dottore a un compromesso che prevedeva per quest’ultimo “solamente” il ponte di comando della IFIL, la società che di fatto è la cassaforte dell’Impero FIAT.
A margine di questo accordo, che segnò una “svolta epocale” nei rapporti tra i due fratelli, l’Avvocato accettò, come parziale risarcimento per Umberto, che quest’ultimo prendesse anche le redini della Juventus, che a quel tempo viveva il crepuscolo della gestione bonipertiana. Di fatto i due fratelli stabilirono che tutte le decisioni inerenti la gestione del giocattolo di famiglia fossero prese in maniera indipendente dal dottor Umberto.
Erano altri tempi. I due fratelli avevano una stoffa diversa dagli avventurieri della finanza moderna. Bastava la parola per definire un’intesa. E così fu. Il primo passo del Dottore, come tutti sappiamo, fu quello di trasformare la squadra che viveva ancora nel romanticismo post-Platiniano, in una Azienda modello, dove ogni cosa fosse pianificata ed organizzata per grandi obiettivi. Arrivano così Giraudo per l’area amministrativa, Moggi per quella sportiva e Bettega alla vicepresidenza. Per 12 anni questa struttura rimane immutata e costituisce probabilmente il team di dirigenti più preparati del calcio moderno.
Nelle migliori famiglie, è risaputo, ci possono essere però diversità di vedute e disaccordi. Anche Gianni e Umberto pur rispettandosi, come fratellanza impone, ogni tanto erano in disaccordo. Gianni era affezionato al business dell’auto, Umberto invece preferiva la diversificazione in altri settori. Morti i due patriarchi le fazioni si sarebbero schierate nel modo seguente: da un lato i fratelli Elkann, Montezemolo e i tutori Gabetti e Grande Stevens; dall’altra gli Umbertiani con a capo Allegra ,vedova di Umberto con il figlio Andrea Agnelli e ovviamente Giraudo che era uno dei manager più vicini ad Umberto.
In questo scenario verrà più volte segnalata dalle nostre fonti l’assoluta antipatia di Montezemolo per Giraudo il quale, pur con tutti i suoi difetti caratteriali e il classico musone da piemontese, era ed è un manager con i fiocchi, uno dei migliori della scuderia Agnelli. Anche Lapo Elkann più volte aveva rivolto giudizi abbastanza pepati sulla Triade, accusandola di sorridere poco e inaugurando di fatto l’era della “simpatia” che avrà poi in Cobolli Gigli il più accanito sostenitore ed interprete.


LA GENESI DI CALCIOPOLI

Nonostante lo sventato golpe delle Banche, il piano di Andrea Agnelli e Giraudo va avanti lo stesso. Il titolo Juventus in Borsa comincia a salire senza motivazioni. Qualcuno rastrella le azioni sul mercato. La transazione, in gergo finanziario definita Management Buyout, si dovrebbe a questo punto fare lo stesso ma con abiti ovviamente un po’ più ostili. Essa consiste in un passaggio delle quote di controllo dagli azionisti di maggioranza ai manager stessi dell’azienda. Ovviamente sulla base di un corrispettivo economico tale da invogliare i vecchi azionisti a cedere le proprie quote. Siamo a inizio 2006, la squadra è in testa al campionato e senza rivali.
Nel corso di un Consiglio di Amministrazione quantomeno anomalo, Moggi e Giraudo vengono confermati, ma solo a parole. Giraudo presenta il suo mega piano industriale che prevede ingenti investimenti e di cui si parla nell’intervista sopra esposta. Gabetti lo stoppa subito negando che ci saranno grossi investimenti da parte dell’azionista di riferimento. È il segnale che qualcosa si è rotto e che il pentolone bolle. Nessuno si immagina però cosa sta per succedere.
I due dirigenti non possono essere allontanati così facilmente per due motivi. Primo: sarebbe difficile da giustificare alla piazza e ai tifosi. Secondo: i due andrebbero altrove a remare contro e per come sono bravi e furbi sarebbe deleterio. Occorre qualcosa di traumatico in grado di eliminarli definitivamente dalla scena, senza peraltro creare rimpianti nei tifosi e allo stesso tempo giustificare la ridefinizione del famoso patto tra Gianni ed Umberto per la gestione della Juventus, che, come ricordiamo, era di pertinenza degli Umbertiani..
L’eliminazione dalla scena di Moggi e Giraudo però è da tempo l’obiettivo anche di qualcun altro e non a Torino. A Milano infatti i dirigenti dell’Inter sono da tempo convinti che le loro continue delusioni sportive non siano solo frutto di errori di gestione, ma anche di probabili illeciti dei dirigenti della Juventus.
Ne sono talmente convinti che arrivano addirittura a sbandierare in tv il fatto che stanno preparando un dossier circostanziato sull’argomento. Si scoprirà poi che Moratti, approfittando del rapporto privilegiato con i vertici Telecom e Pirelli, da sempre sponsor e munifici azionisti della squadra, ha incaricato alcuni personaggi che frequentano la sottile zona d’ombra tra le due aziende e i servizi segreti di effettuare indagini illegali sul mondo del calcio, arrivando persino a fatturare regolarmente le parcelle a queste agenzie investigative.
Ad ogni buon conto che qualcosa a Milano sapessero lo si era capito in realtà già a Marzo del 2006 quando in diretta tv Mancini “rivelò” a Moggi che presto avrebbe dovuto rispondere a qualcun altro in un aula di Tribunale. Alcuni addirittura riferiscono di dichiarazioni simili fatte nello spogliatoio della Pinetina, dove agli stralunati giocatori il tecnico e Facchetti avrebbero detto di stare tranquilli perché lo scudetto lo avrebbero vinto loro e che qualcosa stava per accadere.
In questo torbido scenario la Procura di Torino, nell’ambito del fantomatico processo per abuso di farmaci aveva commissionato e successivamente archiviato una serie di intercettazioni telefoniche a carico dei dirigenti della Juventus che contenevano alcune conversazioni con personaggi della Federcalcio che vennero ritenute non significative per la giustizia ordinaria e addirittura scagionanti per quella sportiva.
Qualche nemico però, la Juventus lo aveva anche a Roma, nelle segrete stanze del potere capitolino, lo stesso potere che aveva consentito nel 1999 l’accordo tra le famose sette sorelle (Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio, Parma, Fiorentina) le quali, tutte con ambizioni da scudetto decisero, nel corso di una cena estiva a casa di Carraro, di costituire un cartello e di nominare il famoso doppio designatore arbitrale, nelle persone di Bergamo e Pairetto. L’accordo in questione fu favorito anche dall’approvazione della famosa legge per la contrattazione individuale dei diritti televisivi, ad opera del governo di centrosinistra, il quale avallò senza battere ciglio un sistema che lo stesso governo, otto anni dopo, sta cercando in tutti i modi di cancellare, riportando nel calcio la contrattazione collettiva. L’equilibrio che scaturì da quegli eventi, favoriti da chi in quel momento governava Coni e Federcalcio e dai loro referenti politici e finanziari, è stato mantenuto fino al maggio del 2006 quando, come si vede, una triplice convergenza di interessi (Famiglia Elkann/Montezemolo – Inter/Moratti – Settori politicizzati della FIGC) ha determinato l’uscita di scena da veri capri espiatori di Luciano Moggi ed Antonio Giraudo, che a quel sistema si erano per così dire adeguati, ma al quale anche le altre sei sorelle costantemente si “abbeveravano”.
Il primo segnale che qualcosa stava alterando gli equilibri raggiunti nel 1999 fu una misteriosa interpellanza parlamentare effettuata dal senatore Gigi Malabarba, membro del Comitato di Controllo Parlamentare sui Servizi Segreti (Co.Pa.Co) in data 7 marzo 2006 atto 4-10255 seduta nr. 964 della XV Legislatura. Il senatore in questione chiede spiegazioni in Parlamento circa l’origine di alcuni bonifici di poche migliaia di euro che vengono rintracciati sui conti di alcuni impiegati della FIGC.
L’indagine della Magistratura sul mondo del calcio tuttavia aveva preso il via già da qualche mese e non solo dalla Procura di Torino, ma da varie Procure in tutta Italia. In particolare quella di Napoli imbeccata da Franco Dal Cin, vecchio dirigente dell’Udinese, il quale aveva raccontato ai pm dell’esistenza di una combriccola romana della quale avrebbero fatto parte parecchi arbitri, tra cui Massimo De Santis.
In seguito a queste indagini e a queste (presunte) rivelazioni vengono disposte centinaia di migliaia di intercettazioni telefoniche a carico di vari personaggi del mondo del calcio, tra cui Moggi e Giraudo. Le intercettazioni, come noto, vengono eseguite utilizzando strutture e tecnologie della Telecom. A questo punto interviene qualcuno o qualcosa.
L’attività di intercettazione probabilmente non dà i frutti sperati; pur tuttavia c’è l’esigenza di portare a termine un “lavoretto” per alcuni amici che hanno chiesto di incastrare alcune persone……. Entrano in scena due personaggi particolari, Giovanni Arcangioli ed Attilio Auricchio, due vecchie conoscenze dei servizi segreti, attualmente ufficiali dei Carabinieri addetti alle intercettazioni, ma già in passato accusati di aver manipolato alcune telefonate.
I due fanno un piccolo capolavoro. Confezionano due informative per la procura di Napoli dove, insieme alla trascrizione di 40 telefonate (su 100.000 intercettazioni) degli accusati, costruiscono un castello di deduzioni e teoremi che sembrano discorsi da bar sport. Difficile non immaginare nella impaginazione di quelle informative la sapiente mano di qualche giornalista sportivo o di qualche dirigente di squadra di calcio.
Alcune dichiarazioni di persone accusate e di altre non coinvolte nel procedimento fanno addirittura pensare che siano state filtrate solo le telefonate “adatte allo scopo da raggiungere”. Altre indiscrezioni parlano di mancati incroci tra telefonate fatte e ricevute dalle singole utenze. Insomma qualcosa di anomalo sta accadendo. Parallelamente una manina fa arrivare i testi di queste intercettazioni alla Gazzetta dello Sport
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EPILOGO
Siamo ormai a maggio del 2006. La Juve vince il suo ventinovesimo scudetto sul campo mentre sui giornali scoppia la bufera. Juventus, Milan, Lazio, Fiorentina ed altre squadre minori vengono accusate di aver creato un sistema di condizionamento del sistema arbitrale mentre addirittura alcuni protagonisti, specialmente Moggi e Giraudo, vengono accusati di “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”.
I magistrati si fidano ciecamente di quanto trascritto dai carabinieri di Roma nelle loro informative ed emettono pesanti accuse. Più tardi gli stessi magistrati, leggendo con attenzione la documentazione si accorgono probabilmente di essere stati strumentalizzati per un disegno ben preciso. Si accorgono che quelle informative cosi come sono state confezionate sono assolutamente insufficienti per sostenere le accuse che avevano già colpevolmente emesso nei confronti delle persone coinvolte. Saranno costretti a chiudersi nel più stretto riserbo ed avviare un processo interminabile di riascolto di tutte le telefonate intercettate che, si scoprirà in seguito, contengono molte sorprese.
Ma torniamo alla fine del campionato, maggio 2006. Il prode John Elkann rilascia una dichiarazione che per noi tifosi rimbomba ancora sinistra: «Siamo vicini alla squadra e all’allenatore. Sono state fatte cose riprovevoli. Ripartiremo dai giovani». Moggi a questo punto si dimette e con lui è costretto a fare lo stesso anche Giraudo, insieme a tutto il cda. È curioso far notare che i giornali che più di tutti si accaniscono contro la Juventus e i suoi dirigenti sono proprio quelli della scuderia Rcs in cui gli Agnelli sono soci, ovvero La Gazzetta dello Sport e Il Corriere della Sera e, ovviamente, La Stampa di cui sono addirittura proprietari.
In questo modo inizia il processo mediatico, svolto in maggior parte sui giornali. Un processo che parte non dall’accusa ma dalla sentenza: Juve colpevole. In verità, leggendo le intercettazioni pubblicate non si ricava la benché minima prova di eventuali illeciti. Si percepisce piuttosto un mondo sicuramente malato dove ognuno cerca di tirare l’acqua al proprio mulino, spesso senza riuscirci, e soprattutto una generale atmosfera di goliardie e millanterie che lascia trasparire un’inopportuna confidenza tra settori della Federcalcio, dirigenti di squadre di calcio e alcuni arbitri. Ma nessun illecito.
È il via all’estate più incredibile che si potesse immaginare. I tempi purtroppo sono strettissimi: c’è di mezzo il Mondiale e bisogna fare presto. A capo della Figc, ovviamente commissariata, viene chiamato un personaggio che pochi conoscono ma che gli addetti ai lavori ricordano come ex-consigliere di Amministrazione dell’Inter, Guido Rossi.
La sua chiamata a Commissario straordinario della Federcalcio avviene attraverso un atto che non verrà mai reso pubblico poiché le modalità con cui viene eletto probabilmente non gli consentirebbero alcune delle decisioni da lui prese successivamente, rendendole illegittime, come ad esempio la riduzione dei gradi di giudizio, la sostituzione dei giudici ed altre norme stabilite ad hoc per la farsa che si va organizzando.
Il personaggio è ingombrante, presuntuoso ed odia quanto basta la Juventus per avallare fin da subito le sentenze emesse dai giornali. Innanzitutto si circonda di suoi fedelissimi collaboratori tra cui Nicoletti, già braccio destro di Moratti alla Saras e, successivamente, riduce i gradi di giudizio del processo sportivo da tre a due. Di fatto sostituisce la gran parte del Collegio giudicante mettendo a capo dello stesso un vecchio giudice in pensione di nome Ruperto. Infine “istruisce” i giudici affinché venga fatta giustizia in maniera dura, esemplare e spietata
“Dimentica” però di sostituire i giudici che pronunceranno le sentenze di secondo grado che come vedremo saranno completamente capovolte, tranne che per la Juventus. In realtà non si dimentica affatto ma gli viene impedito dal primo rigurgito di quel sistema che stava cercando di spazzare via. Negli stessi giorni, frattanto, Oriali e l’Inter patteggiavano vergognosamente la condanna penale per la vicenda dei passaporti falsi, accompagnati dal silenzio complice dei mass-media.
In questa tempesta, la Juventus e la sua proprietà sembrano immobili. Qualcuno ipotizza che nei primi giorni dello scandalo i vertici juventini siano stati rassicurati circa la permanenza della squadra in serie A, circostanza che, come si vedrà, sarà completamente disattesa dagli atti compiuti dal Commissario Guido Rossi. Dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione la reggenza viene affidata a Carlo Sant’Albano, amministratore delegato di Ifil. La dirigenza di fatto non esiste più. In questo scenario viene nominato, in qualità di legale difensore. l’avv. Cesare Zaccone.
Arrivati a questo punto, però, la fuga di notizie e l’attacco frontale effettuato dai mass-media hanno reso la situazione di fatto irrecuperabile. Tutta l’Italia calcistica, fomentata dal suddetto attacco mediatico, ha ormai a furor di popolo condannato le persone che, ad onor del vero, erano ancora solamente indagate, sia per la giustizia sportiva che per quella ordinaria. La Juventus in serie B, il sogno proibito di milioni di tifosi, si materializzava come per incanto. Finalmente anni ed anni di frustrazioni venivano ripagate con una gogna fino a poche settimane prima inimmaginabile.
Fonti attendibili riportano in questa fase di un patto tra Grande Stevens e Guido Rossi, durante il quale quest’ultimo viene rassicurato sul fatto che la Juventus avrebbe accettato la serie B, a condizione che anche le altre imputate avessero avuto la stessa pena.
Questa circostanza è avvalorata dal fatto che alcuni dei campioni in forza ai bianconeri erano già stati venduti prima delle sentenze sportive. Comunque sia, Guido Rossi accetta l’accordo (o finge di accettarlo?). Ma, come vedremo, le cose vanno diversamente da come erano state apparecchiate. A fine giugno viene insediato il nuovo Cda, capitanato da tale Giovanni Cobolli Gigli, un manager ricordato soprattutto per le sue imprese da liquidatore di altri asset di casa Agnelli. In quei giorni serviva qualcuno che mettesse la faccia come Presidente del periodo più brutto della storia della Juventus. E, da informazioni assunte al riguardo, pare che nessuno abbia voluto gravarsi dell’ingrato compito, costringendo la proprietà ad accontentarsi di una soluzione di estremo ripiego. Nei prossimi anni Cobolli Gigli sarà ricordato soprattutto per le sue memorabili dichiarazioni che inducono l’interlocutore a sospettare che sappia veramente poco di calcio e che sia capitato per caso sulla scena del delitto.
Invece il processo, istruito da Francesco Saverio Borrelli, ex magistrato di Mani Pulite, sarà ricordato nei secoli come una farsa senza eguali, grazie al suo surreale e brevissimo svolgimento dove si è riuscito a calpestare le più elementari regole di garanzia per gli imputati, a cominciare dal diritto alla difesa.
Per accelerare la farsa e renderla “credibile” Guido Rossi manda Borrelli a Napoli dove, previa una telefonata di Nicoletti con cui viene fatta illecita pressione sui Pm della procura, riesce a farsi consegnare le informative dei Carabinieri, che in questa fase dovrebbero essere materiale altamente riservato ma che invece appaiono in stralci su giornali e mass-media. Molti magistrati e giudici avranno successivamente modo di dichiarare che si è trattato di un vero e proprio “aborto giuridico”. Il Procuratore federale Palazzi, imbeccato da Borrelli, chiede pene durissime per tutti, ed in particolare per la Juventus, per la quale si parla di retrocessione in C1.
Zaccone, nel corso del brevissimo e farsesco dibattimento, incalzato da Ruperto, dichiara maldestramente che la pena congrua consisterebbe nella B con penalizzazione, cosa che prontamente viene fatta mettere a verbale. La dichiarazione di Zaccone, che suscita stupore e indignazione nei tifosi, figlia diretta degli accordi Rossi-Grande Stevens e viene pronunciata proprio per cercare di rimanere ancorato al carro delle altre imputate per le quali era stata chiesta la B con penalizzazione.
La molle difesa di Zaccone viene strumentalizzata dai giornali di regime che, con titoli a tutta pagina,, la fanno passare per un’ ammissione di colpevolezza. La sentenza di primo grado che giunge di lì a poco è delirante nelle motivazioni, riuscendo a trasformare in illeciti conclamati e reiterati (art.6) una somma di episodi di slealtà (art.1) e inventando di sana pianta il reato di “illecito strutturale”. Addirittura devastante la pena comminata che consiste in una serie B con trenta punti di penalizzazione, la revoca di due scudetti ed altre sanzioni accessorie. Cobolli Gigli appare indignato. Nell’ombra probabilmente qualcuno invece è soddisfatto della piega presa dagli eventi.
Intanto, in Germania la nostra nazionale diventa Campione del Mondo in una finale con la Francia addirittura surreale. In campo ci sono otto giocatori che militano nella Juventus più altri cinque che vi hanno militato recentemente. In panchina e nello staff tecnico figurano altri quattro juventini di lungo corso tra cui Marcello Lippi. In totale 17 protagonisti dal Dna juventino.
La Juventus di Moggi trova così la sua apoteosi nella vittoria del Mondiale, con uno dei principali artefici del successo ormai fuori dal Calcio. In breve tempo la fortissima Juventus allestita da Luciano Moggi viene rapidamente smembrata dal liquidatore Cobolli, il quale ha l’incarico di procedere alla riduzione dei costi a prescindere dal campionato in cui si giocherà, assecondando i desiderio di John Elkann di puntare sui giovani.
Ecco quindi che ben otto giocatori vengono venduti in un crescendo rossiniano di menzogne e inganni culminati con la cessione all’Inter di due giocatori del valore di Ibrahimovic e Vieira.
La sentenza di secondo grado, emessa da un tribunale espressione diretta dell’ex presidente Carraro, e quindi organico al vecchio sistema, ribalta la sentenza di primo istanza, attenuando notevolmente le pene di Milan, Fiorentina e Lazio, alle quali viene restituita la serie A con penalizzazione. Incredibilmente i rossoneri ritrovano anche la partecipazione alla Champions League. La Juventus, invece, rimane relegata in serie B con 17 punti di penalizzazione.
Leggendo il delirante dispositivo di sentenza si apprende stranamente che “è concettualmente ammissibile l’ottenimento di un vantaggio in classifica pur prescindendo dall’alterazione di una singola gara”. Che cosa e’ successo? Semplicemente è accaduto che la Juventus è stata punita nuovamente dal Tribunale di secondo grado, espressione diretta di Carraro e Berlusconi, proprio per aver fin da subito effettuato la scelta collaborazionista con il nuovo sistema guidato dall’Inter e dalla Roma. Insomma, come si suol dire “cornuti e mazziati”. È chiaro ormai che l’accordo Grande Stevens – Rossi è definitivamente saltato.
Nel frattempo gli “onesti” di Moratti, grazie alla compiacenza dell’ultrà Guido Rossi, si vedono assegnare uno scudetto, quello 2005-2006, che non è mai stato oggetto di indagine e che la Juventus ha vinto sul campo con il siderale distacco di 15 punti. Gli Elkann capiscono di essere stati raggirati. In giro l’umore dei tifosi e soprattutto degli azionisti di minoranza, riunitisi nel frattempo in diversi Comitati, è assolutamente nero e con insistenza questi ultimi premono sulla proprietà affinché reagisca a questo scempio.
John Elkann, mosso dall’orgoglio, ordina a Cobolli di fare la voce grossa nel corso della Conciliazione al Coni, non ottenendo ovviamente esito positivo. Successivamente, decide di preparare un ricorso al Tar del Lazio che, carte alla mano, definire un “capolavoro giuridico” è riduttivo. Preciso, circostanziato, e soprattutto nelle cifre, spietato. Tutto sembra deciso, si va al Tar.
Qualcuno a Roma comincia a spaventarsi e a credere che davvero i due fratellini possano andare fino in fondo. Sarebbe una circostanza senza precedenti per il calcio italiano: in caso di accoglimento del ricorso, molto probabile a giudicare dalle dichiarazioni di illustri avvocati amministrativisti, i campionati devono essere sospesi e i processi rifatti. Il governo ed il primo ministro in persona si muovono direttamente con Montezemolo e lo pregano di mettere un freno alla situazione. Non si vuole il caos, il ritardo dei calendari, il malumore delle piazze coinvolte, la delusione della stragrande maggioranza degli italiani convinti che tutto il male sia la Juventus. Ed il primo ministro ha buon gioco nel convincerlo. Sa che lui non può mettersi contro l’establishment perché lui, e ciò che rappresenta, sono parti importanti dello stesso.
Nel frattempo Cobolli Gigli passa le sue giornate al telefono circondato da molti avvoltoi che svolazzano sulla carcassa della Juventus in attesa del momento buono per spolparla. Indimenticabile, per ammissione dello stesso Cobolli Gigli, e' "l'opera di convincimento a bere l'amaro calice della B" da parte del direttore del Corriere dello Sport, Vocalelli, che assume contorni grotteschi degni dei racconti di Collodi.

Siamo a fine agosto. A Torino si svolge un vertice tra Montezemolo, J, Elkann e Gabetti. I due anziani convincono il giovane di famiglia a deporre le armi. Questo ciò che gli viene detto: “Sappiamo che siamo stati sottoposti ad un giudizio di piazza senza garanzie, però ormai la gente si è formata un opinione e noi non la possiamo cambiare. Pensa a cosa avrebbe fatto tuo nonno in questo caso, non si sarebbe mai mischiato coni vari Gaucci e Preziosi ma avrebbe bevuto fino in fondo l’amaro calice, in osservanza alla sua storia, alla fedeltà all’ordine costituito e a tutto ciò che la Fiat è stata, ha rappresentato e vuole ancora rappresentare. Anche da un punto di vista economico, dopo le cessioni, la riduzione del monte ingaggi, la conferma degli sponsor, la rinuncia alla Champions League non c’è grande differenza tra i due scenari. Perciò, per le responsabilità che abbiamo e per le aziende che rappresentiamo dobbiamo ingoiare il boccone e scendere a patti con le autorità sportive”. Il giorno stesso viene istruito di conseguenza il povero Cobolli Gigli.
È il 31 agosto 2006. La Juventus, la sua centenaria storia di successi e la passione dei suoi tifosi vengono calpestati senza pietà, in cambio della riduzione di qualche punto di penalizzazione in serie B (sancito nel successivo Arbitrato) e, probabilmente, di un provvedimento sulla rottamazione auto nella Finanziaria 2006.
Gli stessi giocatori e l’allenatore Deschamps rimangono sbigottiti dal comportamento del Cda che, in un Consiglio dalla durata biblica, stabilisce la definitiva rinuncia al Tar. È un dato di fatto, questo, che fa ritenere attendibile la circostanza che i giocatori e il tecnico fossero stati rassicurati sul fatto che sarebbero state percorse, purtroppo tardivamente, tutte le strade per cercare di riottenere la serie A.

Lo strappo del 31 agosto tra squadra e società è una ferita che ancora oggi nelle dichiarazioni dei giocatori si percepisce quanto sia stata dolorosa, soprattutto per quelli che avevano accettato di rimanere a Torino. A questo punto non è più possibile tornare indietro. La squadra è costretta a subire la gogna dei campi della serie B e i tifosi invece sono costretti a subire le farneticanti dichiarazioni di Cobolli Gigli sulla scia della cosiddetta operazione simpatia.
È tutto finito? Quanti e quali capitoli potranno essere ancora scritti su questa dolorosa vicenda? La sensazione che si percepisce tra le stesse fonti che ci hanno permesso di elaborare questa ricostruzione è che qualcosa bolle ancora in pentola. Qualcuno, nel frattempo, aspetta sulla sponda del fiume…
DEDICATO A CHI, COME ME, NON CI STA - di UGOTOZZINI    Pubblicato il 09.07.2008  
CORRADO DE BIASE, nato a Firenze 83 anni or sono, magistrato, è stato Presidente del Tribunale di Prato e Procuratore Federale della Figc per oltre 20 anni. E’ conosciuto dal grande pubblico come il Procuratore federale che ha condotto l’inchiesta sul calcio-scommesse nel 1980, conclusasi con la retrocessione del Milan e il “riposo forzato” per Paolo Rossi, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Ricky Albertosi.
La sua voce è dunque LA PIU’ AUTOREVOLE POSSIBILE, masticando pallone e giustizia sportiva da una vita. Partecipando a una trasmissione dell’emittente fiorentina Rete 37, ha rilasciato testualmente le seguenti dichiarazioni.

"Non posso sapere perché la proprietà della Juventus si sia mossa in un certo modo, ma mi sento di dire, al 99%, che la vicenda è stata abilmente pilotata dai vertici della squadra torinese, a cominciare dalla richiesta di Zaccone, che ha lasciato tutti di stucco. Zaccone non è un incompetente, come molti credono, ma è stato solo un attore di questa vicenda. Bisogna avere, innanzitutto, il coraggio di affermare una realtà: il procedimento di quest’estate ha partorito un autentico ABORTO GIURIDICO.
Quando parlo di “aborto giuridico” mi prendo la piena responsabilità di quello che dico. Quando si vuole espletare in due settimane un procedimento che richiederebbe almeno sei mesi per un corretto iter investigativo, non può che venir fuori un aborto giuridico. Quando si cassa, per motivi di tempo, un grado di giudizio, quando s’impedisce agli imputati di portare testimoni, dossier e filmati in loro discolpa, ma gli si concede solo 15 minuti per un’arringa difensiva, non si può che parlare di aborto giuridico.
Quando non si concedono agli avvocati difensori degli imputati i testi integrali delle intercettazioni, ad-ducendo che non sono pertinenti, si può solo parlare di aborto giuridico.
Quando, infine, si disassegna un titolo a una squadra, la Juventus, per assegnarlo a un’altra, l’Internazionale, prima che si sia pronunciato il verdetto del primo iter istruttorio, allora siamo ben oltre l’aborto giuridico.
Non è un problema di giustizia ordinaria o sportiva: in ogni Paese che si definisce civile eventuali pene e sanzioni devono essere applicate dopo che sia stato verbalizzato un verdetto di colpevolezza, mai prima. E non venitemi a parlare di normative UEFA o di liste da dare alla stessa per le coppe europee: i diritti degli imputati, tra cui quello di potersi difendere con i mezzi che l’ordinamento mette loro a disposizione, vengono prima di una partita di calcio.
Il punto che mi fa pensare che Zaccone abbia agito su input della proprietà è un altro, e cioè il modo in cui si sono mossi i vertici dirigenziali della Juventus, con quel finto ricorso al TAR.
Come, mi chiedo, tu allontani i dirigenti, praticamente dichiarandoti colpevole, poi assisti inerte e impassibile a uno scempio mediatico e giudiziario ai danni della tua squadra e poi minacci di ricorrere al TAR? E’ il concetto di chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti, se ci pensate bene. Prima ti fai massacrare senza muovere un dito, ti fai disassegnare il titolo, fai stilare i calendari per i campionati e le coppe europee e poi e poi minacci di andare al TAR, strombazzando il tutto sui giornali?
Sa tanto di mossa politica per placare l’ira dei tifosi, mi pare. Se Zaccone, che è uomo di valore ed esperienza, avesse avuto il mandato di evitare il disastro si sarebbe mosso in maniera diversa, nel senso che avrebbe fatto notare queste “anomalie” nel tempo intercorso tra la fine del dibattimento e l’annuncio dei verdetti. Quello, infatti, era il momento buono per minacciare di ricorrere al TAR, quando le sentenze non erano ancora state scritte, ma andava fatto in camera caritatis, chiedendo un incontro con Ruperto, Sandulli e Palazzi. E non di fronte ai giornalisti della Gazzetta.
Vi prego di notare che non sto discettando di alta strategia dell’arte forense, ma dei principi basici, dell’ABC della professione, di cose che si insegnano ai ragazzi che vengono in studio a fare praticantato: se tu, avvocato difensore, ritieni di avere delle armi da giocare, chiedi un incontro col giudice e il PM, nel periodo che intercorre tra il processo e il verdetto, e gli fai notare che, se il responso sarà giudicato troppo severo, le userai.
E qua di armi ce n’erano in quantità industriale. Poi, di fronte al fatto compiuto, chi si prende la respon-sabilità di fermare una macchina che macina miliardi di euro, tanto da essere la sesta industria del Paese?
Io, per conto mio, posso solo ribadire il concetto già espresso: una penalizzazione di 8-10 punti, una multa e la squalifica di Moggi e Giraudo per 10-12 mesi, questa era la pena congrua, a mio parere.
Ogni parallelo con la vicenda del 1980 è improponibile: qua non ci sono tracce di illecito, né denaro o assegni. L’illecito ambientale non è un reato contemplato da nessun codice, a meno che non si parli d’inquinamento atmosferico…"
Moggi:"Calciopoli non è finita, comandano sempre loro"  Moggi
11/06/2008 di Valerio Fregoni - Direttore del sito -
Fonte: Il Tempo

Sa darsi una spiegazione per il crollo degli Azzurri nella sfida d'esordio contro l'Olanda?

«È stato un incidente di percorso grave, ma andrei piano, non darei per morta questa squadra. Siamo pur sempre i campioni del mondo in carica. Tuttavia sono stati fatti errori di valutazione: sono stati sopravvalutati alcuni giocatori e sottovalutati altri. In questo momento Gattuso non è un giocatore proponibile, non è da nazionale: è fuori condizione, sbaglia i tempi d'entrata, non riesce a rilanciare la manovra. Tenere in panchina De Rossi vuol dire rinunciare a un incontrista e allo stesso tempo a una fonte di gioco. Donadoni ha lasciato fuori il giocatore che più di tutti serviva a questa nazionale. Ma la sconfitta non è soltanto racchiusa nelle scelte del tecnico. Servono anche gli stimoli dei calciatori: al Mondiale c'era la spinta arrivata da Calciopoli, tutti volevano dimostrare il proprio valore. Qui abbiamo fatto il contrario, ci siamo presentati in campo per dimostrare a tutti che siamo i campioni del mondo. Questo c'ha tolto gli stimoli. Siamo stati travolti per novanta minuti dagli olandesi che non hanno una formazione superiore alla nostra, anche se hanno elementi molto validi come Van der Vart».

Quale formazione manderebbe in campo contro la Romania?

«Toglierei Barzagli e Materazzi cambiando quasi tutta la difesa: i due centrali che abbiamo visto contro l'Olanda in questo momento sono improponibili. Meglio Panucci e Chiellini. Inserirei De Rossi e farei giocare Del Piero al posto di Di Natale».

L'Italia sta pagando l'assenza di Totti?

«Totti pur essendo un talento non ha mai fatto grandi prestazioni con la nazionale: al mondiale tedesco abbiamo giocato con dieci uomini e mezzo».

L'intero Paese è contro il ct Donadoni: lo confermerebbe?

«Ha sbagliato formazione, ma bisogna solo aspettare. E' come le pere, quando sono mature cadono da sole...».

Chi vincerà il prossimo Europeo?

«Il Portogallo. É una squadra molto forte, ha un gioco simile a quello della Roma ma ha il vantaggio di avere giocatori di maggiore qualità e non parlo soltanto di Cristiano Ronaldo, ma ci sono anche Deco, Moutinho, Nani. Mi piace molto anche la Germania: avrei potuto prendere Podolski con meno di un milione di euro quando non lo conosceva nessuno. Non ha accettato di venire in Italia».

In Italia ha vinto l'Inter: è stato uno scudetto meritato?

«No, assolutamente. Meritava di vincere la Roma, la squadra di Moratti ha avuto tantissimi aiuti da parte degli arbitri. Con i vantaggi arbitrali che ha avuto l'Inter nell'ultimo anno, si vincono cinque scudetti di fila...».

Non ha grande considerazione dell'operato degli arbitri italiani.

«Gli arbitri si comprano da soli, se fai una buona direzione con le grandi hai la strada spianata. Gli arbitri hanno un gettone di presenza che cambia: conviene arbitrare in serie A piuttosto che in serie B. Il primo anno di Collina a capo del settore è stato un disastro».

Ancora Collina, non sarà per via della famosa partita di Perugia in cui la Juventus perse lo scudetto?

«Quando Zambrotta venne espulso in quell'acquitrino, capiì che non avremmo mai potuto ottenere un risultato positivo: ce l'avessero detto prima, non avremmo sporcato di fango la divisa da gioco».

Perchè dopo un'ora di attesa, la Juventus non salì sul pullman per tornare a Torino?

«Perchè siamo educati (e si mette a ridere...). La Juventus era vista come una società arrogante, ma ci mettevano i piedi in testa. Ed eravamo considerati una società ricca anche quando non avevamo una lira».

Ma quella di Perugia era una Juventus cotta, due settimane prima aveva perso contro il Verona già retrocesso.
«Noi eravamo cotti, ma tra essere cotti e farsi cuocere c'è una bella differenza».

Veniamo a un argomento molto attuale: cosa pensa delle intercettazioni?

«Io sono favorevole alle intercettazioni... Sono stato una vittima delle intercettazioni, manderei in galera chi le utilizza. Sarei favorevole soltanto per le cose serie, quando si parla di mafia o terrorismo, ma non per mandare i magistrati a fare passerella in tv. Mettere in piazza colloqui privati che non hanno niente a che vedere con fatti penali è una cosa vergognosa: ha ragione Berlusconi a chiedere la detenzione per chi utilizza questi mezzi. Le intercettazioni sono inaccettabili, soprattutto quando tirano in ballo aspetti personali che non hanno nulla a che vedere con le indagini. Sono cose che si possono capire soltanto quando si è tirati in ballo in prima persona. Quando ho avuto le prime avvisaglie non mi rendevo conto, poi ho vissuto un mese della mia vita terribile: per andare avanti mi sono aggrappato alla fede. La seconda serie di intercettazioni non ha motivo d'essere: io sono un libero cittadino, pago le tasse e parlo con chi voglio. Mi chiedo quanto costino allo Stato italiano queste intercettazioni: c'è qualcuno che dovrebbe vergognarsi, nessuno si vergogna, eppure sono cose che hanno fatto».

Ha mai pensato di entrare in politica?

«Qualcuno me lo ha chiesto, ma sono del parere che ognuno debba fare ciò che è capace di fare».

Ci può dire quale partito avrebbe voluto candidarla?

«Non me lo ricordo... Ho vissuto un momento di celebrità politica, come quando andai a trovare Berlusconi a Palazzo Grazioli».

Qualcuno ha sostenuto che da quell'incontro iniziarono i problemi di Moggi.

«Non ne sono sicuro, ma certamente non è stato per colpa di Berlusconi. La cosa strana è che dopo un po' è venuto fuori un bel pasticcio. C'ho riflettuto su, ma son pensieri che tengo per me. Al momento opportuno li tirerò fuori. Intanto mi sono messo dall'altra parte, provo a fare il critico: è più divertente e certamente più facile».

Se potesse tornare indietro, rifarebbe tutto ciò che ha fatto?

«Penalmente non c'è niente, non ho nulla da rimproverarmi. Tutti siamo pronti a dire più del normale, a farsi più grandi del normale. Ho fatto il "gigione" in questo senso, ma altre cose non ne ho fatte. Ho curato gli interessi della mia società, sono stato attento alla gestione, nonostante non avessimo soldi abbiamo sempre vinto, nonostante non ci desse nulla la società, la gestione è sempre stata positiva. Di più non si poteva fare. Io ho soltanto creato i presupposti per una difesa. Avevo capito, chiaro chiaro, che contro la Juventus c'era qualcosa che non funzionava. Le intercettazioni successive mi hanno dato ragione: avevo percepito certe cose, stavo appresso a delle persone per capir bene l'idea loro. Alla luce di questi fatti non avevo sbagliato».

Cosa è cambiato dopo Calciopoli?

«Niente. Lo ha detto anche Guido Rossi prima di andare via. Chi comandava prima continua a comandare anche oggi».

Quali sono i personaggi che comandano nel calcio italiano?

«Franco Carraro e Gianni Petrucci».

Quindi le banche e la politica.

«Questo lo state dicendo voi...».

Si sente il capro espiatorio di Calciopoli?

«La verità è che le intercettazioni bisogna leggerle tutte: così facendo ci si rende conto che Moggi, Giraudo e compagni erano soltanto sulla difensiva per quello che facevano altri».

A un certo punto si è addirittura iniziato a parlare di Moggiopoli. Come ha vissuto quei momenti?

«É stato un piacere perchè ho querelato tutti quelli che hanno usato questa terminologia presentando una richiesta per danni».

E quando dicevano che Moggi era il padrone del calcio?

«All'inizio godevo, successivamente mi son chiesto alcune cose, poi ho inziato a preoccuparmi: sono quelli che ti dicono bravo e ti danno le pacche sulle spalle che poi ti fanno lo sgambetto».

L'ha delusa l'atteggiamento della Juventus?

«Voi avete mai visto una persona che uccide una persona e si dichiara colpevole? La Juve si è presentata al processo chiedendo la serie B con penalizzazione. Poi ha fatto il ricorso al Tar cambiando totalmente la versione. Poi ha ritirato il ricorso al Tar. C'è un deferimento che lascia il tempo che trova: io non sono più giudicabile (dopo le dimissioni dalla Juve non è più un tesserato) e la società sembra intenzionata a percorrere la strada del patteggiamento. Patteggiamento di cosa? Non lo so. Questa è un'altra pietra miliare che si aggiunge al primo processo in cui era stata chiesta la penalizzazione. Noi, nel frattempo, siamo rimasti soli mentre il presidente della Juventus continua a dire in giro di aver vinto 29 scudetti: non si capisce bene se bisogna prendere per buona la prima o la seconda versione. la verità è che gran parte di quei trofei che stanno in bacheca sono frutto del nostro lavoro. Così come il parco giocatori che ha conquistato il terzo posto è per gran parte quello che avevamo portato noi. Non parliamo degli acquisti perchè è meglio non parlarne...».

Quindi non è Lei che fa il mercato della Juve.

«Questa la potrei considerare un'offesa. Con i soldi che la società sta mettendo a disposizione potrei vincere scudetto e Champions League per due anni di fila. Con 50-60 milioni di euro si può fare un gran mercato».

Eppure, non sempre chi vince ha ragione. Come si spiega il divorzio tra Moratti e Mancini?

«Quando un uomo che non è il presidente diventa un punto di riferimento per i media, l'azionista di riferimento si può anche innervosire e avere attacchi di gelosia. La realtà è che tra Moratti e Mancini è finito un amore. Ma i tifosi della Roma dovrebbero come minimo essere nervosi per come è andato questo campionato: andatevi a vedere Inter-Parma, Inter-Palermo, Inter-Empoli e Catania-Inter. Poi ne riparliamo».

Che idea si è fatto dell'interessamento di Soros per rilevare la Roma?

«Bisogna vedere come sta la famiglia Sensi economicamente. Secondo me, sarà difficile togliere la Roma a Sensi. Ero nella Roma, con Mezzaroma, quando Sensi iniziò quest'avventura. Mi disse: questo sarà il mio giocattolo della vecchiaia. Il presidente Sensi ha dato la vita per questo giocattolo, ha dato anche troppo. Difficilmente la Roma potrà ritrovare un presidente come Sensi».

Se domani dovesse tornare nel mondo del calcio, quale allenatore sceglierebbe?

«Uno tra Lippi, Capello e Ancelotti: sono i più bravi in circolazione. Ma vedrei anche i giocatori a disposizione e capire la dimensione della squadra che si ha in mano».

Ma in una squadra di calcio, è più importante il presidente o l'allenatore?

«Il presidente, senza dubbio».

Gli imprenditori che entrano nel mondo del calcio, ci guadagnano?

«Un presidente di calcio ci rimette, sempre. Alcuni hanno dei benefici indiretti, gli altri inevitabilmente ci perdono».

La sua figura non è amata in una città come Roma.

«Dopo Calciopoli il consenso è aumentato. Prima l'ostilità per la Juve la faceva da padrone. Appena è andato via Baldini i rapporti si sono normalizzati. Questo signore ha detto qualcosa di troppo anche in sedi non sportive: nel processo Gea ha parlato più del normale. Poi ne pagherà le conseguenze. Parlare per sentito dire come fa lui credo che sia una cosa improduttiva. Dispetti alla Roma? Ero un dirigente della Juve, facevo gli interessi della Juve».

Le polemiche di mercato non sono mai mancate: neppure con l'Inter per l'acquisto di Cannavaro.

«Era l'Inter che voleva cedere il giocatore: Carini aveva un legamento crociato malandato, eppure hanno voluto chiudere comunque la trattativa prendendo un calciatore che all'epoca non era integro. In questo modo si spiegano le mancate vittorie dell'Inter in campionato».

Ma l'Inter ha iniziato a vincere. Le dispiace?

«No. E' la conferma della bontà del mio lavoro. I loro uomini chiave sono Vieira e Ibrahimovic. E quando non hanno avuto questi due giocatori, hanno rischiato di perdere lo scudetto. Ibrahimovic è il calciatore più forte del mondo. Se la Roma avesse Ibrahimovic, o Toni, vincerebbe lo scudetto per cinque anni consecutivi. Alla Roma basterebbe uno dei due per fare il salto di qualità».

Nel suo ultimo giorno da dirigente disse che qualcuno le aveva rubato l'anima: ha focalizzato il volto di chi lo ha fatto?

«I loro volti li ho ben impressi in mente, ve l'ho già detto a voi. Prima non era facile mettere a fuoco la situazione, ora ce l'ho ben chiara».

Il calcio sta progettando stadi nuovi.

«In Italia siamo indietro, servono impianti nuovi. Ma bisogna abituare le persone a frequentare gli stadi anche nei giorni feriali. Oltre ai giocatori alla Juve abbiamo lasciato in eredità anche Mondo Juve».

Qual è stato l'affare della vita?

«Sicuramente Zidane: il Real Madrid ha sborsato 150 miliardi».

E il miglior giocatore che ha avuto alle sue dipendenze?

«Maradona resta inarrivabile».

Il giocatore che voleva acquistare ma che non è riuscito a tesserare?

«Non ce ne sono».

Kakà non lo avrebbe mai acquistato per via del nome.

«Quella era semplicemente una battuta: quando ero a Roma ci massacravano perchè avevamo comprato Pellegrini, figuratevi cosa sarebbe potuto accadere se il brasiliano fosse stato un flop...».

Alla Juve lasciò andare il francese Henry che si è rivelato un campione.

«Quando arrivò da noi era un bambino, il tecnico non lo vedeva, aveva bisogno di avere 30 metri davanti a sè per esprimersi al meglio. L'ho comprato per 20 miliardi, ho trovato chi me ne ha dati dieci in più. E con quei soldi ho comprato dall'Atalanta un certo Pippo Inzaghi...».

Ci dica un colpo che non è andato a segno.

«Avevo messo gli occhi su De Rossi e Aquilani nella trattativa che avrebbe dovuto portare Davids alla Roma. Ho chiesto 15 miliardi e i due giovani ragazzi della Primavera. Se avessi chiesto 5 miliardi in meno a quest'ora i due nazionali sarebbero due giocatori della Juventus. Quella volta ho esagerato nelle richieste».

Che ne pensa dello svincolo unilaterale consentito dall'articolo 17 della Fifa?

«É una possibilità in più per i giocatori. É una strada che percorrerei. Io ad esempio ho preso Mutu quando non lo voleva nessuno. Lo stesso Cannavaro, se non lo avessi preso io, avrebbe vissuto una seconda parte di carriera meno esaltante. nella vita bisogna anche rischiare: se fossi rimasto alla Juve, il primo giocatore che avrei preso sarebbe stato Cassano».

Chi comanda oggi nel calciomercato?

«Continuano a dettar legge quelli che comandavano anche prima: ci sono procuratori padri e procuratori figli da tutte le parti. In Italia servirebbero regole uguali per tutti. invece è uguale per alcuni e un po' meno per altri».

Chi è l'uomo più potente del calcio mondiale?
«Blatter».

Il club più blasonato del pianeta?

«E' il Real Madrid. Ma come qualità e organizzazione è il Manchester United che ha meno visibilità ma più sostanza».

Quante verità sono emerse con Calciopoli?

«La vera storia di Calciopoli è da riscrivere: almeno per il 60%».

La sentenza della corte di appello  
«IL SORTEGGIO arbitrale non era truccato».
LA CORTE D´APPELLO HA SCARDINATO TUTTE LE FONDAMENTA DI CALCIOPOLI.Questa è la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sulla designazione dell'arbitro Borriello da parte di Ber gamo e Pairetto. E' una sentenza clamorosa (che conferma quella precedente del Tribunale di Roma), curiosamente ignorata dai media e dal Palazzo del calcio.
mercoledì 9 gennaio 2008
Ho deciso di postare una notizia un pò vecchia a dire il vero, ma bisogna immortalarla a futura memoria, sopratutto per le indossatrici di scudetti altrui che pensano di avere le verità su porcopoli in tasca.
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tratto da calcioblog.it
E’ arrivata la prima sentenza di un Tribunale non sportivo sulla vicenda di Calciopoli e l’esito ribalta sorprendentemente una delle “grandi verità” date per acquisite dall’opinione pubblica e dai mezzi d’informazione dopo l’inchiesta dei Pm di Napoli Beatrice e Narducci.
Chiunque scriva o dica che il sorteggio arbitrale, al quale era affidata la designazione finale dei Direttori di Gara nell’era Bergamo-Pairetto, era truccato è passibile di una condanna per diffamazione. Proprio così. Secondo la Corte d’Appello del Tribunale di Roma sostenere che il sorteggio fosse truccato “offende la reputazione e l’onorabilità” di Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto.
Per questo motivo Gianfranco Teotino, che all’epoca lanciò proprio queste accuse sul settimanale Rigore e sul quotidiano La Stampa, è stato condannato al pagamento di mille euro di multa più le spese processuali a seguito della denuncia dei due ex Designatori.

ille euro di multa più le spese processuali a seguito della denuncia dei due ex Designatori.
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Si avete letto bene, un tribunale non sportivo ha deliberato che il sorteggio arbitrale non era truccato, pensate un pò cosa sarebbe successo se la proprietà e la dirigenza invece di correre a licenziare la triade avessero fatto ricorso al Tar? Nonostante questo ci dobbiamo prendere i cori "sapete solo rubare" da chi è stato pescato con le valigette piene di euro, oppure da chi ha taroccato bilanci e passaporti...

La Prealpina 29-05-2007, cronaca di Busto Arsizio

Farsopoli

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