La Juve darà le telefonate già trascritte
alla Figc
Il presidente Agnelli: «Se sarà dimostrata la correttezza della
società chiederemo gli scudetti indietro». Intanto il club
bianconero sta meditando di depositare in Federazione un
documento con i testi (probabilmente sbobinati da un perito)
delle intercettazioni più significative. E ne spunta un’altra in
cui Facchetti raccomanda un amico a Lanese
TORINO, 28 agosto -
La Federazione non riesce a farsi dare le
telefonate dal Tribunale di Napoli? La Juventus è pronta ad
andare in soccorso del procuratore Stefano Palazzi, fornendogli
una compilation di intercettazioni già sbobinate e pronte
all’uso. Si tratta di una serie di intercettazioni, molte delle
quali già rese pubbliche dai media a partire da aprile, che
fanno parte del corpus di 171.000 raccolte durante le indagini
del 2004/05, ma mai prese in considerazione sia in sede di
Giustizia sportiva che penale. Le telefonate sono state, come è
noto,“scoperte” dai legali di Luciano Moggi e hanno gettato
nuova luce sulle vicende di Calciopoli, dimostrando che non
erano solo i dirigenti juventini ad avere contatti con i
designatori arbitrali e con gli arbitri stessi. Le cosiddette
“nuove intercettazioni” hanno spinto la Federazione ad aprire
un fascicolo. L’ha fatto Palazzi, richiedendo alla procura di
Napoli il corpus integrale delle intercettazioni. La richiesta,
però, non ha ancora avuto seguito per problemi burocratici. E,
così, l’indagine non è ancora partita.
LA MOSSA - Ecco perché alla Juventus stanno meditando di
depositare in Federazione un documento con i testi
(probabilmente sbobinati da un perito) delle intercettazioni
più significative. Una mossa a effetto che, dopo l’esposto di
maggio per chiedere la revocazione dello scudetto interista del
2006, tende a stimolare le indagini di Palazzi. Magari su
telefonate come quella del 10 febbraio 2005 ed emersa nelle
ultime ore, nella quale Giacinto Facchetti chiama Tullio
Lanese, presidente degli arbitri e gli raccomanda un amico
(Ambrogio Sfondrini) per un ruolo «ad alto livello» in
seno all’Aia. Dice l’allora presidente dell’Inter: «Senti,
no, poi ieri mi son dimenticato di dirti, siccome io vedo
spesso quell’Ambrogio Sfondrini, sai come...». Lanese:
«Sì, sì, ma ora cominciamo, sì, sì, in commissione ora
incominciamo a...». Facchetti: «No, guarda... sappi
che...». Lanese: «No, no, non me lo dimentico, ma io no
me lo dimentico, tranquillo». Facchetti: «Sappi che è una
persona che puoi utilizzarla veramente ad alti livelli, perché
lui è stato Direttore Generale della Popolare di Lodi. Eh, va
bene, volevo ricordartelo». Lanese: «Tranquillo».
L'INTERVISTA - Il presidente Agnelli ha chiarito il
pensiero della Juve, in un'intervista a Sky Sport: «L’esposto
che abbiamo presentato è molto dettagliato e a nostro giudizio
fondato. Quindi non chiede parità di trattamento ma è un esposto
molto preciso sulla revoca di uno scudetto. Da questo punto di
vista noi ci aspettiamo, poichè crediamo che sia fondato, una
risposta sicuramente entro breve, in breve tempo, e siamo
fiduciosi, vista la motivazione che abbiamo portato avanti, di
avere un risultato positivo». Dunque punta a riavere i due
scudetti o uno dei due scudetti? «Diciamo che questa è una
storia un po’ più complessa, un po’ più complicata. Dovremmo
valutare i vari aspetti ma se giuridicamente sarà dimostrata la
correttezza della società nei vari procedimenti che sono ancora
aperti, sicuramente valuteremo l’azione revocatoria e la
riassegnazione dei titoli».
Guido Vaciago
Moggi, Juventus, arbitri: spiati già dal 2002
TORINO, 6 giugno - Spiati dal 2002. La Juventus, Luciano Moggi
e una serie di arbitri (fra cui De Santis) venivano tenuto sotto
controllo dalla security della Telecom. Lo ha rivelato Giuliano
Tavaroli, ex responsabile della security Telecom, in
un’intervista a la Repubblica pubblicata ieri. La famigerata
“Operazione Ladroni”, com’era stata battezzata in codice
l’indagine privata condotta dagli 007 di Tavaroli sul mondo del
calcio, era insomma iniziata anche prima di quanto si sapesse
finora. «La pratica ladroni riguarda le indagini sui rapporti
fra la Juventus e gli arbitri. Risale al 2002, quando un arbitro
bergamasco ( Nucini, ndr) e amico di Giacinto Facchetti un giorno
scoppia e racconta i retroscena di quella che diventerà
Calciopoli. All’Inter vanno in fibrillazione e così Tronchetti
Provera consiglia a Moratti di chiamarmi». Così Tavaroli parla a
la Repubblica, stabilendo una data d’inizio all’indagine, per altro
già nota. Nella lunga intervista, Tavaroli usa toni molto duri nei
confronti del suo ex datore di lavoro, che ha sempre negato di
avergli ordinato indagini sulla Juventus e sul mondo arbitrale,
lasciando capire che quelle furono iniziative degli uomini della
security. Uomini che Tronchetti ammette solo di aver messo in
contatto con Massimo Moratti e Giacinto Facchetti (dopo che Nucini
aveva allertato l’amico Facchetti sui rapporti fra Moggi e un
nutrito gruppo di arbitri di serie A).
IL PUZZLE - Un altro tassello sulla genesi di calciopoli
trova, insomma, una collocazione nel complesso mosaico del quale
mancano ancora molte tessere. Quelle che potrebbe mettere lo
stesso Tavaroli, insieme con Emanuele Cipriani, titolare
dell’agenzia investigativa Polis d’Istinto alla quale Tavaroli si
appoggiava: entrambi, infatti, saranno sentiti come testimoni a
Napoli (probabilmente dopo la pausa estiva), chiamati dalla difesa
di Moggi a spiegare frangenti e particolari delle loro indagini su
Juventus e sull’ex dg. Non bisognerà, quindi, aspettare molto per
conoscere le verità di Tavaroli sul calcio, quelle mai pienamente
esplorate dagli inquirenti del processo Telecom. «Sul calcio mi
è stato chiesto pochissimo», ha spiegato lo stesso Tavaroli
intervenendo a TeleLombardia venerdì sera. Del calcio gli
chiederanno il 18 o il 22 giugno, quando comparirà davanti al
giudice Casoria nell’aula 216 del tribunale di Napoli.
LE DOMANDE - Facile che gli venga chiesto chi e perché aveva
ordinato quelle indagini. Facile che lui risponda che Tronchetti
Provera lo aveva messo in contatto con Moratti e Facchetti
(circostanza, per altro, confermata da tutti i protagonisti della
vicenda). Ma, per esempio, sarà interessante capire quali
informazioni emersero dalle indagini partite, stando a quanto dice
il Tavaroli, dal 2002. Per esempio: la Juventus e Moggi venivano
spiati anche per quello che potremmo definire spionaggio
industriale? In questo senso è interessante rileggere quanto
detto in aula (processo Telecom) da Fabio Ghioni, responsabile
tecnico della sicurezza Telecom e, quindi, stretto collaboratore di
Tavaroli. Ghioni parla di «competizione industriale» riferendosi
alle acquisizioni di tabulati inerenti al mondo del calcio: «Una
squadra di calcio era un’azienda e faceva parte del Gruppo. Quindi,
qualunque informazione la security poteva trarre su persone
esterne all’azienda aveva quella valenza ». Un ragionamento
che in qualche modo riecheggia in certe spiegazioni Moggi. L’ex dg
bianconero ha sempre sostenuto di essere vittima di una sorta di
“spionaggio industriale” da parte delle dirette concorrenti, le
quali - sempre secondo Moggi - riuscivano ad avere informazioni
sulle sue operazioni di mercato, rendendole più difficili o
soffiandogli i giocatori all’ultimo momento. In questo senso vale la
pena ricordare che fra le utenze telefoniche di cui la security
Telecom acquisisce i tabulati ci sono quelle della Gea World e della
Football Management, due grandi società di procuratori di cui faceva
parte il figlio di Luciano Moggi, Alessandro. LA TESI D’altra
parte, Moggi ha sempre sostenuto che l’utilizzo delle “inintercettabili”
schede svizzere, secondo l’accusa la prova più concreta
dell’esistenza di una cupola sotto controllo dello stesso Moggi,
era dovuto proprio al timore di essere “spiato” e dall’esigenza di
poter condurre le sue trattative di mercato al sicuro da orecchie
indiscrete e non per tenere contatti con gli arbitri e i
designatori, come sostiene invece l’accusa. A questo punto avere
dei particolari in più su quelle indagini condotte dalla security
Telecom a partire dal 2002 potrebbe essere importante per chiarire
questo aspetto cruciale sia per la difesa sia per l’accusa di
Moggi.
Guido Vaciago
Dossier illegali, parla Tavaroli "Io e Tronchetti, ecco la
verità" (05
giugno 2010)
L'ex capo della security: "Il presidente Telecom sapeva tutto. Su
suo ordine ho protetto Montezemolo e indagato su Afef, Moggi e De
Benedetti.
E' un codardo, non si è assunto le responsabilità per ciò
che chiedeva"
MILANO - Un Giuliano Tavaroli un po'
appesantito, ma muscoloso, con l'occhio limpido e la voce ferma,
rompe il silenzio dopo il patteggiamento a quattro anni e due
mesi: "Sì, ho letto ovviamente i nuovi verbali di Tronchetti
Provera". Scuote la testa: "E l'ho anche visto in tv in
un'intervista sdraiata di Fabio Fazio, a prendere le distanze da
me, a dire che quasi manco mi conosceva".
Ma, scusi, Tavaroli, si è sentito offeso? "A livello personale non m'importa, qua c'è un'offesa
professionale. E posso consentire ai giornalisti e ai magistrati
di scherzare, al mio datore di lavoro no. Tronchetti sa bene che
mentre lavoravo per lui ho fatto conferenze alla Nato, e anche
in decine di università, perché la nostra Security aziendale era
un modello. Adesso, tentano di farci passare, attraverso i loro
avvocati, come un'accozzaglia di manigoldi. E lui? Fa finta di
niente".
Ma lei e il dottore che rapporti avevate? "Lui sembra voler interpretare il ruolo del gran
signore che ha avuto un maggiordomo un po' infingardo, faccia
pure, Tronchetti. Perché in effetti mi sono occupato anche di
questioni personali e familiari... "
E cioè? "Bah, gli esempi sono tanti. Un Natale mi chiama perché
le figlie, di ritorno da Saint Moritz, sono state controllate e
fermate in frontiera, e io a mia volta chiamo e corro. A Pasqua,
un'altra emergenza. Bisognava aiutare il figlio di un amico, un
ragazzo con seri problemi, che doveva finire in comunità, ma
andava in giro. Tronchetti e il padre avevano paura che potesse
commettere delle stupidaggini, eccoci qua, siamo noi che ci
attiviamo per farlo sorvegliare ventiquattr'ore su 24, meglio di
una mamma. Cose normali, sacrosante, per carità, ma... ".
Ma nell'udienza preliminare, il dottore sostiene che vi
vedevate poco, lo stretto indispensabile. "Non ci vedevamo certo tutti i giorni, ma certo che ci
sentivamo e, quando serviva, viaggiavamo anche insieme. E nei
casi di emergenza era Tronchetti, o la sua segretaria personale,
che mi chiamavano. Bastava chiedere alla mitica signora
Longaretti come stavano le cose".
Anche con i tabulati telefonici si sarebbe potuto
ricostruire la dinamica dei rapporti. È stato fatto? "Non mi risulta, sarebbe stato davvero utile
analizzarli per dimostrare quanto la Security vivesse "dentro"
l'azienda e per l'azienda lavorava. Come investigatore, mi
chiedo come mai in Procura non siano state passate in rassegna
nemmeno le mie mail, che raccontano giorno per giorno che cosa
fosse, nella realtà e non nella fantasia, la sicurezza di
Pirelli e Telecom, la nostra vera storia. Sin dall'inizio ho
chiesto che fossero esaminati i nostri computer, erano la
cartina di tornasole più chiara".
Anche questo non sarà stato fatto dai sostituti
procuratori... "Esatto, non mi risulta".
Ma si troveranno questi vostri computer che erano stati
sequestrati? "Spero di sì, specie se qualcuno vuole capire".
Ci aiuti a capire lei come funzionava. Per esempio, il
dottore l'ha chiamata per proteggere qualche persona importante
in difficoltà? "Più d'una volta. Mi chiamò per il suo amico Luca
Cordero di Montezemolo, quando dovevano eleggerlo presidente di
Confindustria. Vado da Tronchetti e vedo uscire Cesare Romiti.
Il quale, mi dicono, non voleva che Montezemolo si presentasse,
e parlava di un verbale giudiziario degli anni Ottanta, una
vecchia inchiesta di Torino".
Lei è sicuro di quello che sta dicendo? "Per appurare la questione, mi muovo con il mio
collaboratore Sasinini, operiamo sul pm di Biella o di Asti,
comunque un magistrato vicino al procuratore Giancarlo Caselli.
Sasinini chiama il pm e organizziamo a casa di Tronchetti un
pranzo con Caselli".
C'è stato questo pranzo? "Che c'è stato è sicuro, ma io non ho partecipato".
Risulta un'indagine vostra sull'ingegner Carlo De
Benedetti. È sempre Tronchetti a ordinarle il report sulle
utenze, soprattutto elettriche, delle case dell'ingegnere, per
sapere quanto tempo passa all'estero? "Eh, si sa che in vari momenti tra i due non correva
buon sangue".
È proprio vero che stavate aiutando l'Inter di Moratti
contro Luciano Moggi? "La pratica Ladroni, come la chiamavamo noi, riguarda
le indagini sui rapporti tra la Juventus e gli arbitri. Volete
sapere a quando risale? Al 2002... Succede che un arbitro
bergamasco, ammiratore e amico di Giacinto Facchetti, anche lui
bergamasco, un giorno scoppia e gli racconta i retroscena di
quella che sarà Calciopoli. All'Inter vanno in fibrillazione, si
spiegano alcune espulsioni, alcuni rigori assurdi e così
Tronchetti consiglia a Moratti di chiamarmi".
Siete andati dalla magistratura? "Era quello che volevo, ma la situazione è complessa e
do a Moratti l'unico suggerimento possibile, e cioè portare
Facchetti, come fonte confidenziale, dai carabinieri. Può
parlare, resterà anonimo, l'indagine comincerà".
All'Inter che dicono? "Tentennano, preferiscono non esporre Facchetti, forse
hanno paura, io non posso intervenire più di tanto. Moratti mi
dice che ha capito come stanno le cose e ne soffre, è
preoccupatissimo, ma non vuole distruggere il calcio italiano.
Allora che cosa possiamo fare? Si prepara un documento, che
finisce sui tavoli dei sostituti procuratori Francesco Greco e
Ilda Boccassini. E l'arbitro, convocato, va in procura, ma non è
così facile come sembra... Fa scena muta. L'inchiesta Calciopoli
non parte quindi da Milano, com'era possibile, ma partirà
qualche anno dopo, a Napoli".
Davanti al gup Mariolina Panasiti s'è molto parlato dei
dossier sull'ex sindaco di Telecom Rosalba Casiraghi. "In una riunione con Carlo Buora, Tronchetti e Rocco di
Torre Padula si fa il punto su come la stampa parla
dell'azienda. Non bene, ci sentiamo sotto tiro e c'è il sospetto
che sia la Casiraghi a soffiare le informazioni ai giornalisti.
Nasce così la decisione di capire meglio".
Glielo consegnate fisicamente il dossier? "A lui bastava quello che riferivo io. Un solo dossier
legge di sicuro, quello relativo alla cognata, la signora
Soriani, la seconda moglie del fratello, della quale durante
l'interrogatorio davanti alla Panasiti, dice di non ricordarsi
nemmeno il cognome... ".
Lei adesso è uscito dal processo Telecom e ha
patteggiato la condanna per truffa e associazione per
delinquere. Si sente uno sconfitto? "No, e nemmeno un capro espiatorio. Mi sento di avere
pagato i miei debiti e i miei errori, altri non l'hanno fatto.
Io e la mia famiglia sì, e a caro prezzo. Ieri a scuola, mia
figlia, di sette anni, si sente dire da un amichetto: "Tuo papà
ha fatto delle cose brutte". Ma questo è inaccettabile, perché
non ho fatto nulla di brutto, se non proteggere un'azienda, le
sue strutture, i suoi uomini. Sono finito in un'inchiesta che
non è arrivata alla verità e mi sa che il marasma non è ancora
finito, perché comincia il processo per rito ordinario, quello
che vede Emanuele Cipriani, il titolare dell'agenzia di
investigazioni accusata dei dossieraggi illegali, come
principale imputato. Immagino che lui mi chiamerà a testimoniare
in aula, a settembre. E, come testimone, ho l'obbligo di dire la
verità, e non posso nemmeno avvalermi della facoltà di non
rispondere".
Lei, dunque, spera di ricevere finalmente le domande
giuste? Sia il gip Gennari che il gup Panasiti, rimandando gli
atti alla procura, hanno chiesto di indagare di più... "Se lo dicono loro... Io sono stato un maresciallo dei
carabinieri, sezione antiterrorismo, e la mia carriera
successiva nasce dalla strada, non dalle raccomandazioni della
politica. Quando mi sono congedato, sono stato chiamato da un
cacciatore di teste a lavorare per Italtel e quando entro in
Pirelli, il primo aprile del 1996, Cipriani è già lì. Lavorava
sotto il manager Sola. Io, Cipriani e Marco Mancini non siamo
dunque "tre amici al bar" che cercano di creare una combriccola
a danno di Pirelli. Non ho portato via un euro, se molti credono
che taccio perché ho un tesoretto all'estero, sbagliano.
Tronchetti non mi ha coperto d'oro per non parlare e non sono
stato zitto, è stato lo stesso gip Gennari a dire che ho
collaborato. Non ho nulla di più dei miei stipendi. Ho il mio
lavoro, un curriculum di tutto rispetto che hanno provato a
infangare per salvare il presidente".
Il quale si è costituito parte civile contro di lei. "Sì, lui e Afef. Ma siamo seri, che cosa volete che me
ne importasse di indagare sui familiari di Afef? Tronchetti è un
codardo, non ha avuto il coraggio di prendersi le sue
responsabilità sui report che ci chiedeva, ha preferito
offendere la dignità dei professionisti al suo servizio".
Ma lei e Cipriani siete amici o no? "Sono amico di Mancini e ho un rapporto di conoscenza
con Cipriani, punto e basta. Quando stavo in Italtel non mi sono
mai servito dell'agenzia di Cipriani. Lo rincontro a Firenze tra
il 78 e il 79. Lui faceva il funzionario di banca, ma fremeva
per fare l'investigatore. Il suo idolo era Mancini, che lavorava
per i servizi. Cipriani fa domanda per entrare nel Sisde, ma non
ce la fa. Apre allora un'agenzia di investigazioni. Le nostre
frequentazioni sono diverse. Per intenderci, io l'oratorio e gli
scout, lui i figli di papà... ".
Ora siete grandi e, all'apice delle carriere, siete
incappati nella legge. "Già e quando scoppia l'inchiesta, passano sei mesi in
cui non succede nulla. Io lavoro in Romania, poi a gennaio mi
chiama Tronchetti Provera, che preme per riavermi in azienda in
Italia. Facciamo una riunione con il capo del personale Gustavo
Bracco e il capo del legale Francesco Chiappetta e lo stesso
Tronchetti. Pensano di ripristinare, sempre con me a capo, un
servizio più limitato di Security. Sempre a gennaio, c'è un
altro incontro con Tronchetti, ed è presente anche il
funzionario Valente. Il presidente si mostra preoccupato perché,
mi dice, Cipriani ha consegnato alla Procura la password del
dvd, e cioè la chiave del "forziere" che conteneva tutti i
dossier della Polis d'Istinto. E là esistono anche due o tre
pratiche che fanno paura a Tronchetti Provera, e lui stesso mi
cita alcuni file sui politici, Fassino e D'Alema, che sono
citati in Oak Fund, e Aldo Brancher".
E che cosa pensate di fare? "Le ipotesi sono tante, ma in realtà l'azienda si
paralizza. Si muove solo dopo la procura, e quando sa di non
poter agire diversamente. E a me cambiano le carte sul tavolo. A
giugno 2006 vengo licenziato, mi buttano a mare, prendono le
distanze. Da gennaio a settembre 2006 mi cucinano e a settembre
vado in galera. Un anno, di cui otto mesi e 13 giorni in
isolamento. Del resto Tronchetti Provera conosce bene il metodo
per far fuori qualcuno, quando arriva in Pirelli mandato da
Mediobanca. Riesce a dare l'ultima spallata a Leopoldo Pirelli,
ai tempi di Tangentopoli, quando lui e i manager vanno in
procura. Indicativo sarà il discorso che Alberto Pirelli fa alla
commemorazione del padre".
Ma, secondo lei, l'inchiesta milanese ha mai puntato a
Tronchetti? "Forse all'inizio, ma non so... Tronchetti mese dopo
mese contava sempre di meno sullo scacchiere degli affari. Anzi,
mentre Tronchetti tratta l'uscita di scena con il banchiere
Giovanni Bazoli e la vendita di Telecom è ormai considerata cosa
fatta, l'inchiesta finisce, puf".
Ma Tronchetti perché avrebbe avuto bisogno di lei per
contattare chicchessia? "Sì, so che dice così, ma è falso. Ovvio che poteva
avere contatti con chiunque, ma è anche vero che c'era gente
come D'Alema e Tremonti che non ci tenevano a vederlo".
E lei che cosa fa? "Sono io che gli ho fatto fare la pace con D'Alema, per
il tramite di Lucia Annunziata, e lo stesso con Tremonti,
attraverso l'ex ufficiale della finanza Marco Milanese, che io
conoscevo e che lavora con lui, ora è onorevole. Tronchetti
confonde i contatti formali con quelli sostanziali. Per quelli
formali c'era Perissich e Rocco di Torre Padula. Per gli altri,
serviva il fido Tavaroli, ora rinnegato".
Lei dà del falso a Tronchetti, che invece fa l'anima
bella, perché ha mentito in altre occasioni? "Per esempio quando dice che le indagini su Oak Fund
sono del 2005, invece sono nate nel 2001, dopo l'acquisto di
Telecom dalla cordata di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno.
Voleva sapere a chi erano andati parte dei soldi versati per
l'acquisto di Telecom. Si pensava a una parte politica, la
sinistra, a cui Tronchetti dava fastidio".
Fastidio? "Sì, era entrato con i piedi nel piatto in Telecom,
appetito da tanti. Voleva fare l'imprenditore indipendente e
questo può comportare dei rischi. Ora infatti è sceso a patti
con la politica, è nei ranghi, è diventato manovrabile come
tanti, tanti altri. Forse è quello che volevano, farlo tornare a
più miti consigli. Era una minaccia al potere, non era il
potere. Ma di mezzo ci sono finito io, con la mia famiglia".
(05
giugno 2010)
Calciopoli, smontati i sorteggi truccati
Ieri in udienza a Napoli, hanno parlato i testimoni di
Pairetto. Il notaio e un giornalista spesso presente a
Coverciano: «Mai notate anomalie».
Gli arbitri Farina e Trentalange negano pressioni per favorire
la Juve: «Non ci istruiva nessuno»
NAPOLI, 2 giugno - Bastava chiedere, in fondo. Chiedere ai
notai dei sorteggi attesi come taroccati, chiedergli notizie e
certificazioni anche postume della presa delle palline da parte
di 38 giornalisti 38, chiedere come facessero i prestidigitatori
Bergamoe Pairetto a darla a bere a tutti a via Tevere e
Coverciano. Bastava chiedere alla Lega Calcio il documento
prodotto ieri in udienza da Massimo De Santis: mica il quarto
segreto di Fatima, una circolare del 5 agosto 2004, alba dei
giorni di Calciopoli, in cui si dettava il vademecum del
perfetto rapporto arbitrodirigente e i limiti e le
caratteristiche dei mitici “addetti agli arbitri”. E invece
abbiamo dovuto attendere oltre quattro anni per farci un’idea
magari diversa da quella delle informative dei carabinieri.
Ebbene, il giorno è però arrivato: ieri udienza a Napoli parla
il notaio Ioli, seguiranno una teoria di arbitri e assistenti
ora quasi tutti dirigenti apicali dell’Aia ma allora sui campi
da protagonisti nella stagione dei veleni: manca Collina, per
l’8 giugno dovrà produrre convincente motivazione o
presentarsi.
ATTO NOTARILE - Parte il giornalista Pesciaroli, grande
esperto di statistiche arbitrali. «Ho preso parte a quasi
tutti i sorteggi avvenuti all’Aia e qualcuno avvenuto a Firenze:
speravo, una volta almeno, di portare a casa lo scoop di un
sorteggio truccato. E invece niente: non ce n’erano motivi, la
presenza del notaio lì vicino mi tranquillizzava. Non ho mai
avuto sospetti, se avessi visto qualcosa di irregolare l’avrei
scritta sul Corriere dello Sport. Le griglie? Era statistica,
qualche volta ci azzeccavo, altre no. Come mi attivavo per
capire se c’erano trucchi? Guardavo tutto con attenzione, ero
lì. E pur avendo fatto anche l’estrazione di anomalie, non ho
registrato al tatto alcuna anomalia nelle palline. Quando si
aprivano, venivano richiuse e rimescolate». Passa e chiude,
testimone al notaio Antonio Ioli. «I verbali da me redatti
sono agli atti, quando la pallina e sarà capitato qualche volta
nelle centinaia di estrazioni si apriva, provvedevo a farla
richiudere: non era possibile leggere il foglietto all’interno
perché ripiegato in quattro (da Manfredi Martino, ndr): il nome
di arbitro o partita non si poteva leggere. Io non ho mai avuto
sospetti di irregolarità di quelle estrazioni che io
certificavo: non avevo bisogno di refertare sulla qualità
delle palline, ero nel controllo della situazione».
Narducci chiede se non avesse sentito il dovere di chiedere alla
Figc palline nuove. «Dottore, mi parli del contenuto dei
miei atti: io non consideravo anomale queste circostanze. Mai
avuto il sentore di anomalie nella procedura».
FISCHIETTI E BANDIERE - Tocca a Trentalange: «Pairetto e
Bergamo, che pure non mi trattava benissimo, non mi hanno mai
chiesto favoritismi o fatto pressioni. Conosco da una vita anche
il padre di Pierluigi Pairetto, Antonio che era un amico di
Moggi di antica data. Se sono mai stato fermato? E’ toccato
anche a me: 4 mesi senza serie A per aver espulso Capello. Ma
allora allenava la Roma» Poi la giudice a latere Pandolfi
ricorda la deposizione dell’ex dipendente Juve, Capobianco.
«Ha avuto un’auto da Giraudo?» «Giraudo? No, ho comprato
un’auto dalla Fiat con lo sconto che si faceva, non ricordo che
auto, era nel 1995». Alvaro Moretti
Ravezzani "ci fu un complotto ai danni della Juventus"
Calciopoli 2, Aigner: “Noi non abbiamo deciso
di dare il titolo all’Inter” 15/04/2010
Le intercettazioni proposte dai legali di Luciano
Moggi hanno scatenato una nuova indignazione negli sportivi e
sopratutto in chi all’epoca della prima inchiesta si è trovato a
prender decisioni importanti per il futuro del calcio italiano.
Sembra che Palazzi sia a lavoro per trovare un espediente in grado
di evitare la prescrizione e riaprire il fascicolo di indagini.
Ma anche Gerhard Aigner, ex segretario genarale
dell’Uefa e capo della Commissione dei tre saggi che nel 2006
collaborarono con l’allora Commissario straordinario Guido Rossi
nell’assegnazione dello scudetto 2005-06, ci vede qualcosa di poco
chiaro.
Aigner intervistato durante la trasmissione
Qui studio a Voi stadio su Telelombardia, confessa che il nome
dell’Inter non sono stati loro a farlo e in quel clima dove era
difficile definire chi era colpevole da chi non lo era sarebbe stato
meglio non assegnarlo:
“Il nome dell’Inter – ha detto – non ci era
stato proposto. Dovevamo per forza fare una classifica di quel
campionato per via delle Coppe europee, ma non era necessario dare
il titolo a qualche squadra. Per me sembrava normale non
assegnare il titolo in quelle circostanze perché c’erano dubbi sulla
regolarità del campionato”.C’era un malessere generale in
quel campionato, c’erano molte componenti implicate. Non sono
sorpreso da ciò che è uscito in questi giorni. Allora la situazione
in Lega Calcio era molto grave, ma tutti erano responsabili. Gli
arbitri erano troppo esposti alla situazione della Lega Calcio e
sono stati anche vittime. Tutti hanno contribuito a crearla e
trovare chi è stato il più o meno colpevole è difficile”.
Onestopoli.
Il
famoso
“regalo”
di
Moratti
a
Bergamo… 14/04/2010
Un
«regalino»
da
parte
del
presidente
dell’Inter,
Massimo
Moratti,
per
l’ex
designatore
arbitrale
Paolo
Bergamo,
probabilmente
in
virtù
del
periodo
natalizio.
È
la
prima
di
altre
tre
telefonate
trascritte
dai
difensori
di
Luciano
Moggi
di
cui
è
stata
chiesta
proprio
oggi
l’acquisizione
da
parte
del
Tribunale
di
Napoli
dove
si
sta
celebrando
l’udienza
del
processo
a
Calciopoli.
L’intercettazione
è
del
23
dicembre
2004
e
Bergamo
chiama
l’ex
dirigente
nerazzurro
Giacinto
Facchetti.
Facchetti:
Se
tu
chiami
Moratti…
son
stato
là
anche
ieri
da
lui
…abbiamo
parlato. Bergamo:
Io
non
ho
più
il
suo
numero,
se
tu
me
lo
dai…
infatti
ricordi…
ne
avevamo
parlato. Facchetti:
Sì
dai
perchè
voleva…se
passi
di
qui
un
giorno… Bergamo:
Ma
dov’è
è
a
Forte? Facchetti:
In
ufficio,
no
no
a
Milano
se
ti
capita
di
venire
giù
perchè
aveva
là
un
regalino
da
darti Bergamo:
Volevo
sentirlo
anche
così
anzi
avevo
piacere
anche
di
incontrarlo,
di
incontrarvi,
insomma
per
fare
così
qualche
riflessione
insieme Facchetti:
E
va
bene Bergamo:
È
una
situazione
che
vorrei
proprio
anch’io
aiutarvi
a
raddrizzare…perchè
insomma
la
squadra
non
merita
la
posizione
che
ha… Facchetti:
Sono
stati
dodici
pareggi
incredibili…
Calciopoli. Cronaca dell’udienza del 13 aprile (by Enzo
Ricchiuti)
La registrazione delle 170 mila chiamate finora non
utilizzate
«Fai un discorsetto a quell'arbitro o gli tagliamo la
testa»
Bergamo a Galliani: mi faccia sentire il suo calore
NAPOLI — Parlano tutti. Moratti e Bergamo,
Bergamo e Galliani, Foti e Bergamo, Cellino e Bergamo. Dirigenti
di società grandi e piccole contattano il designatore arbitrale
e i carabinieri intercettano e registrano. C’è anche chi (Meani,
Milan) non chiama il designatore ma un arbitro (Collina), e pure
in questo caso i carabinieri ascoltano e registrano. È
l'indagine che sfocerà nel processo Calciopoli contro Luciano
Moggi. Non tutte le telefonate intercettate vengono ritenute
interessanti sotto il profilo penale. Quelle che pubblichiamo
qui di seguito non sono oggetto di contestazioni da parte della
procura di Napoli. Rappresentano, però, la controffensiva del
collegio di avvocati che assistono l'ex direttore generale della
Juventus. I loro consulenti stanno ascoltando le registrazioni
di oltre 170 mila telefonate, alla ricerca di quelle che possano
essere utili alla difesa, pronta a sferrare l'attacco già dalla
prossima udienza, il 13 aprile. Ecco con quali armi.
LO CHIAMAVAN BRONTOLO Fine febbraio 2005, Leandro Meani, ex arbitro e poi dirigente
del Milan delegato ai rapporti con il mondo arbitrale, chiama il
suo ex collega, rimasto amico, Pierluigi Collina, all'epoca
ancora in attività. Non fanno nomi, ma secondo l'interpretazione
filo-moggiana parlano dei più alti dirigenti milanisti.
Meani: «Ti prometto che quando diventerai designatore non
ti chiamo più...» Collina: «Dai ah ah ah» Meani: «Mi ricorderò
sempre che quando avevamo posto il veto a Pisacreta l'unico che
mi ha chiamato per dirmi che sbagliavamo è stato lui,
Brontolo...»
Collina: «Va buono dai, ho provato a chiamarlo ma da una
parte è staccato, il cellulare è staccato, all'altra
probabilmente la segretaria non c'è...»
Meani: «Il massimo sai cos'è? Che lui va a San Siro
assieme all'altro, il peggiore con cui trattare è lui, no perché
a lui non va bene niente, fuori qui, su, giù, chi sono questi,
chi è quest'altro...sono tutti i casini che fa, poi è cattivo
come l'aglio... gli allenatori fan casino e lui li manda via...è
micidiale capito?»
Collina: «No ti dicevo ho chiamato il capo...» Meani:
«Sì, il grande capo» Collina: «Ma il cellulare era staccato,
segreteria, invece quello dell'ufficio diretto ti passava il
centralino, io tramite il centralino preferivo evitare per
cui...»
BERGAMO CHIEDE CONFORTO Aprile 2005, uno dei due designatori arbitrali dell'epoca,
Paolo Bergamo, telefona a Galliani alla vigilia di Milan-Juve.
Galliani: «Questi signori han perso la testa mi creda,
perché ci sono comportamenti nei confronti dell'universo, in
Lega in Federazione...»
Bergamo: «Glielo voglio dire perché si sappia, tra me e
lei naturalmente...»
Galliani: «Non si preoccupi tale rimane...»
Bergamo: «Io posso sbagliare magari una griglia, penso
che un arbitro sia in forma e magari non è in forma, oppure
l'arbitro è in forma e sbaglia, però a priori voler sbagliare è
tutta un'altra cosa, mi taglierei le mani mi creda... Ecco
questo filo che ho con lei vorrei tenerlo fino a giugno
dottore...»
Galliani: «No no no ma poi si vedrà...adesso vediamo la
fine del campionato...con i giusti equilibri...»
Bergamo: «Mi faccia sentire un po’ il suo calore in
questo momento perché...» Galliani: «Assolutamente...» Bergamo:
«Sono solo, non solo, meno che solo...»
Galliani: « Ma no no ci sono io...»
CELLINO VS COLLINA
Il 22 febbraio 2005 il presidente del Cagliari Massimo
Cellino parla al telefono con Paolo Bergamo.
Cellino: «Sono contrario a dare un anno di proroga a
Collina... è una persona che non mi fa impazzire, e anche come
arbitro ha culo, ma non mi fa impazzire, è uno molto fortunato
ma non mi fa impazzire (...) Vuole la proroga? E vada in
Inghilterra, vada in Giappone...Ma vai dove c... vuoi...Paparesta
è arbitro di livello, Collina gli pulisce le scarpe...»
Bergamo: «Vedo che capisce»
GRIGLIE SEMPRE GRIGLIE
Ancora aprile 2005, si sta per giocare Fiorentina-Milan e si
avvicina Milan-Juventus, sfida scudetto. I designatori debbono
preparare le griglie per la scelta degli arbitri, e Bergamo ne
parla con Meani.
Meani: «Te chi mi mandi a Firenze?» Bergamo: «Come
griglia? Te dici come griglia di arbitri? L'abbiamo fatta a 3 ma
mi fai dire una cosa che con Gigi (Pierluigi Pairetto, l'altro
designatore, ndr) non abbiamo ancora concordato... Ho in mente
di metterne tre perché non voglio preclusioni e gli arbitri sono
Messina, Farina e Rodomonti per me, poi sentiamo Gigi perché poi
immaginerai quelli che sono i tre che voglio mettere la domenica
successiva»
Meani: «Ho capito, tu vuoi mettere Paparesta» Bergamo:
«Sì» Meani: «Collina» Bergamo: «Sì» Meani: «Trefoloni»
Bergamo: «Sissignore, e mi ci gioco la testa»
Meani: «Però a Trefoloni gli fai un bel discorsetto...»
Bergamo: «Stai tranquillo, stai tranquillo...»
Meani: «Perché se no gli tagliamo la testa noi» Bergamo:
«Stai tranquillo» Meani: «Se no chiamalo e parlagli»
L'ARBITRO CONCORDATO
Nel novembre 2004, alla vigilia di Parma-Reggina, Bergamo
mette il presidente dei calabresi Lillo Foti al corrente delle
decisioni che lui e Pairetto prenderanno nella scelta
dell'arbitro.
Bergamo: «Domani c'è il sorteggio a Roma, lo fa Gigi.
Abbiamo pensato a Parma-Reggina da seconda fascia perché in
prima fascia non ci va, e in seconda fascia c'è un po' di
esperti, anche un giovane che sta facendo bene, vediamo un po'
che cosa vi tocca...»
Foti: «Ti raccomando che è troppo importante...»
Bergamo: Ti dico: c'è un esperto, De Santis, c'è Morganti,
che è un altro esperto, Saccani ha fatto una quarantina di gare
in serie A e poi il giovane è Tagliavento che vogliamo
lanciarlo... a meno che domani mattina si cambi qualche idea, ti
do quello che avevamo concordato...»
Fulvio Bufi
Calciopoli: trovate le telefonate fra Bergamo, Moratti e
Facchetti
La notizia arriva dagli avvocati della difesa. Nel
frattempo, il teste Auricchio continua nella sua specialità:
«Non ricordo»
NAPOLI
Colpo di scena al processo di Calciopoli: sarebbero state
trovate le telefonate tra Paolo Bergamo, ex designatore, e i
dirigenti interisti (Massimo Moratti, Giacinto Facchetti).
Nella penultima udienza, erano state citate alcune
telefonate tra Bergamo e Maria Grazia Fazi, sua assistente
personale ed ex segretaria dell’Aia (Associazione Italiana
Arbitri), in cui si parlava di una cena con Facchetti,
all’epoca presidente dell’Inter, che doveva avvenire la sera
del 5 gennaio 2005, e di alcune telefonate preparatorie
dell'evento, «consumato» proprio alla vigilia di Livorno -
Inter 0-2.
Il tenente colonnello Attilio Auricchio, teste chiave di
tutto l’impianto accusatorio, e il pm Narducci avevano
confessato di non essere al corrente dei motivi per cui
proprio «quelle» telefonate non fossero nelle informative e
che, probabilmente, qualcosa poteva essere sfuggita. Oggi,
la svolta. Gli avvocati della difesa avrebbero rinvenuto,
tra le tante, le telefonate partite dal cellulare di Bergamo
verso quello di Moratti e le altre intercorse con Facchetti,
che non chiamava mai, secondo Bergamo, meno di due volte la
settimana. Non solo: figurerebbero anche molti contatti fra
Adriano Galliani, l’allora presidente della Lega (nonché
vice presidente del Milan) e Pierluigi Pairetto, ex
designatore con Bergamo. I colloqui non sarebbero stati
ancora ascoltati. Dalle pieghe dell’indagine, è emerso anche
il numero delle intercettazioni di cui sarebbe stato
«bersaglio» l’ex designatore: 51 mila!. I cacciatori di
verità non vedono l’ora di sentire i nastri. Erano proteste,
o giochi di «griglie» arbitrali come quella, famosa e
famigerata, tra Luciano Moggi e Bergamo, nella quale l’ex
direttore generale della Juventus faceva a gara «a chi aveva
studiato di più»? Erano scambi di idee o richieste di
favori? Il processo sta vivendo giorni decisivi. Attilio
«Non ricordo» Auricchio è stato nel frattempo tartassato
dagli avvocati di Massimo De Santis (ex arbitro), Paolo
Bergamo (ex designatore), Andrea e Diego Della Valle e
Sandro Mencucci (proprietari e dirigenti della Fiorentina) e
Mariano Fabiani (ex direttore sportivo del Messina).
Incredibile il tenore delle risposte: talmente evasivo da
accentuare i dubbi sul «senso (quasi) unico» dell’indagine:
la Juventus comunque e poi quello che viene, viene. Esempio:
se pensi che i Della Valle stiano trattando con Bergamo per
salvarsi (stagione 2004-2005), e se vieni a sapere di un
vertice in un albergo fiorentino, non puoi, a maggior
ragione, accontentarti della notizia e non piazzare cimici
fra i tavoli, per portare alla luce eventuali patti
scellerati. Persino il giudice Teresa Casoria ha perso la
pazienza: e non è la prima volta. Il 13 aprile, prossimo
round. In attesa di conoscere i pissi pissi fra Bergamo,
Moratti e Facchetti, fra Galliani e Pairetto.
23/02/2010
Ostellino: il giornalismo italiano corre in soccorso dei
vincitori
Ecco gli audio in cui Bergamo
parla degli interisti
Redazione Mercoledì 24 Marzo 2010 14:17
Tra i passaggi più interessanti dell'udienza di ieri al processo
di Napoli, c'è quello in cui l'avvocato Prioreschi chiede conto
al responsabile dell'indagine Offside di colloqui e contatti con
dirigenti interisti citati in telefonate intercorse fra gli
imputati Paolo Bergamo e Maria Grazia Fazi. A rigor di logica,
dato che i telefoni dei due erano sotto controllo, qualche
intercettazione con i dirigenti interisti avrebbe dovuto
esserci, ma agli atti così non è.
Nella prima telefonata che vi proponiamo, risalente al 5 gennaio
2005, l'allora designatore arbitrale Bergamo racconta alla
segretaria della CAN di un colloquio che ha appena avuto col
patron interista. Dunque, anche Moratti con i designatori ci
parlava. Inoltre, dal racconto di Bergamo sembra proprio che i
rapporti fossero ottimi e che Moratti esprimesse gradimento nei
suoi confronti: parla di "sei anni di rapporti di grande
correttezza" e considera un vero e proprio "cruccio" il fatto
che l'Inter dell'era Moratti, fino a quel momento, non avesse
ancora vinto nulla.
E a un certo punto l'ex designatore racconta di aver parlato al
presidente interista della designazione dell'arbitro per il
successivo derby della Madunina...
Certo che sarebbe stato proprio interessante ascoltare il
dialogo che riporta Bergamo. Ma intercettazioni come questa, per
uno strano caso della vita, al quale lo stesso Colonnello
Auricchio non ha saputo dare una spiegazione, non possiamo
ascoltarle. Intanto, però ascoltiamo bene questa:
Clicca sulla foto per vedere il video
Nella seconda telefonata, del 29 marzo 2005, ascoltiamo
Bergamo e Fazi organizzare un incontro con un alto dirigente
interista, molto probabilmente l'ex presidente Giacinto
Facchetti. Ricordiamo che uno dei cardini dell'accusa a Moggi e
associati consiste nel fatto che, nell'arco della stagione
2004-05, avessero talvolta organizzato delle cene. Nel brano che
potete ascoltare qui sotto, noterete che la Fazi accenna a
problemi tra l'allora allenatore dell'Inter e certi arbitri.
Inoltre, sembra aver appena raccolto degli sfoghi contro la Juve
da parte del Milan. Come potrete ascoltare qua sotto, per la
preoccupazione che la "Zarina" esprime nel consigliare Bergamo
sul modo di approcciare il suo commensale interista, sembra
quasi che dovrà andare a sostenere una sorta di esame d'accusa.
Clicca sulla foto per vedere il video
Introvabili le telefonate di Moratti a
Bergamo
NAPOLI, 24 marzo - Dal controesame di
Attilio Auricchio, così come dal dibattito vivace tra difesa e pm
che obiettano, s’oppongono, parlottano col teste durante le pause
dell’udienza, alcune perle significative. Come questa che fa
chiarezza, anzi no su una delle domande ricorrenti di Moggie
Bergamosui contatti con Facchetti del designatore, amico del
presidente interista scomparso. Quelle telefonate di cui si parla
nell’informativa dei carabinieri del 19 aprile 2005 non si trovano
da nessuna parte. Ne parlano tra loro i plurintercettati Bergamo e
Maria Grazia Fazi, ma non si trova trascrizioni e sonoro.
Avv. Prioreschi (difesa Moggi): «Colonnello Auricchio, le cito
un’intercettazione del 5 gennaio 2005, ore 14.30, tra Maria Grazia
Fazi e Bergamo, dove il designatore riferisce telefonate di Moratti
e di una cena che aveva organizzato con Facchetti perché si
lamentavano degli arbitri quelli dell’Inter, poi di un’altra
telefonata del 29 marzo 2005 in cui Bergamo riferisce di colloqui
con Moratti. Ora, noi abbiamo cercato queste interlocuzioni tra
Bergamo e Moratti, ma non le abbiamo trovate. Lei, tenente
colonnello Auricchio, sa spiegare perché queste telefonate non ci
sono, visto che i telefoni di Bergamo erano intercettati?»
Ten. Col. Auricchio: «Non so dare spiegazioni».
Pm Narducci: «E’ l’avvocato che lo dice, ma non può dimostrare
nulla».
Avv. Prioreschi: «Dottor Narducci, lei ha messo sotto
intercettazione tutti i telefoni di Bergamo».
Pm Narducci: «Qualcosa sarà sfuggita, magari non tutti i
telefoni erano sotto controllo».
Auricchio: «Tutte le telefonate intercettate sono state
riportate, e quelle che non sono state riportate sono state
compendiate. Facchetti avrà chiamato su altro numero».
Giudice Casoria: «Va bene, avvocato, non lo sa spiegare».
Avv. Trofino (difesa Moggi): «Perché ci interessa? Beh dopo
tutto quello che è venuto fuori al processo Telecom...»
Avv. Prioreschi: «Magari il pm può appellarsi al Segreto di Stato...».Alvaro
Moretti
Inter e Bergamo, giallo sulle chiamate
Auricchio, il pm di Calciopoli: «Ci potrebbe essere
sfuggito qualcosa»
Mercoledi 24/03/2010
MARCO ANSALDO
TORINO
C’è un dubbio che trapela dalla deposizione resa dal colonnello
dei carabinieri Aurelio Auricchio che condusse le indagini su
Calciopoli e che è stato ascoltato ieri come testimone
nell’udienza davanti alla nona sezione del Tribunale di Napoli:
il dubbio è che l’enorme lavoro di intercettazioni fatto in quei
mesi sia stato diretto nei confronti della Juventus di Moggi e
Giraudo, tralasciando o almeno non approfondendo le tracce che
potevano portare ad altre società, tra cui l’Inter.
Auricchio ha naturalmente difeso il proprio operato. «Tutte le
telefonate intercettate sono state riportate e quelle che non
sono state riportate sono state compendiate», ha replicato
l’ufficiale alle domande dell’avvocato Prioreschi, uno dei
difensori di Moggi. Tuttavia non ha saputo spiegare il fatto che
non ci sia traccia di una conversazione tra l’ex designatore
Paolo Bergamo e la segretaria Fazi a proposito delle telefonate
di Moratti e di una cena che aveva organizzato con Facchetti
perché all’Inter si lamentavano degli arbitri. Nè di un’altra
telefonata in cui Bergamo riferisce di colloqui con Moratti.
Eppure, ha osservato Prioreschi, l’utenza dell’ex designatore
era sotto controllo. «Non so dare spiegazioni, Facchetti avrà
chiamato su un altro numero», ha detto Auricchio e il pm ha
ammesso che «forse qualcosa sarà anche sfuggito». A giudicare
dalle contestazioni dei legali di Moggi non sarebbe una falla di
poco conto visto che l’Inter fu poi la maggiore beneficiata
dalle sentenze di Calciopoli.
Auricchio ha poi spiegato che l’investigazione si limitava a
esaminare quanto emergeva dalle intercettazioni, quindi non
c’era una valutazione delle decisioni arbitrali, cioè se erano
corrette, e si confrontavano semplicemente gli indizi raccolti
dalle telefonate con i tabellini e le cronache delle partite
sospette. Infine l’ufficiale ha parlato dell’amicizia con Franco
Baldini, l’ex dirigente della Roma e collaboratore di Capello
alla Nazionale inglese. Auricchio ha negato di aver mai parlato
con Baldini dell’inchiesta che coinvolgeva la dirigenza
juventina. Secondo Preioreschi invece lo avrebbe fatto al punto
che Baldini nell’ottobre 2004 avrebbe chiamato il suo amico
Antonelli, procuratore e ex amministratore delegato del Torino,
per dirgli che «un maggiore dei carabinieri di nome Auricchio
stava indagando nel calcio». In seguito Antonelli avrebbe
incontrato Auricchio per un caffè.
Le trascrizioni di
tutte le udienze, compresa l'ultima, sul sito:
VENERDI'
04.12.2009 ANCORA COPPOLA SU FACCHETTI - Sempre nel
corso della sua deposizione, l'ex guardalinee Coppola, che
ricordiamo è uno dei testimoni dell'accusa, ha dichiarato
che durante quell'Inter-Venezia 2-1 del 16
settembre 2001, Facchetti entrò nello spogliatoio della
terna tra il primo e il secondo tempo.
Nel corso del controesame, inoltre, Trofino ad un certo
punto si è fortemente alterato, chiedendo ad alta voce di
far emergere il modo vergognoso con cui è stata condotta
l'indagine. La Casoria gli avrebbe prontamente risposto:
"Avvocato...ogni cosa a suo tempo!". DAL PROCESSO DI NAPOLI - Oggi in aula il
guardalinee Coppola ha dichiarato che dopo un Inter-Venezia
del 16 settembre 2001, in cui fu espulso Cordoba per un
pugno a Bettarini, fu chiamato dal designatore Mazzei che
gli chiese di cambiare referto e di modificare il pugno con
una strattonata, specificando che l'ordine veniva dall'alto.
Coppola ha dichiarato che, però, si rifiutò di cambiare il
referto e che per questo motivo non fu più designato per
partite di Serie A.
Coppola, interpellato ancora sulla questione, ha detto che,
nel corso degli interrogatori sostenuti con i Carabinieri
Auricchio e Di Laroni, il discorso scivolò
anche sull'Inter, ma gli risposero: "L'Inter non ci
interessa".
Maurilio Pioreschi, uno degli avvocati di Luciano Moggi,dopo
le dichiarazioni di Coppola, secondo quanto riporta
Tuttosport, è rimasto di sasso ed ha dichiarato: "E’
vergognoso vedere che degli ufficiali dei Carabinieri
omettano di verbalizzare un circostanza del genere. E con la
deposizione di Coppola abbiamo avuto l’ulteriore
dimostrazione che era già emersa da altre testimonianze, che
in questa indagine e poi nel processo c’era un solo
obiettivo quello di colpire la Juventus e Moggi".
Moggi,
Giraudo e Bettega assolti
MARTEDI' 24.11.2009 - ASSOLTI - Luciano Moggi, Antonio Giraudo, Roberto
Bettega, e la stessa società Juventus, sono stati assolti oggi,
"perchè il fatto non sussiste", al processo
celebrato a Torino per i conti della vecchia gestione della
Juventus. Ricordiamo che il tutto era partito da una denuncia della
Juve contro ignoti. Il processo, celebrato con il rito abbreviato, è
nato dall'inchiesta sulle plusvalenze sulla compravendita di
calciatori. La richiesta dei pm, Antonio Pacileo e Marco Gianoglio,
era di tre anni per Moggi e Giraudo, e due anni per Bettega.
Segnaliamo il comportamento della Juventus: aveva proposto di
patteggiare una pena pecuniaria ma il giudice, Dante Cibinel, come
informa l'Ansa, non solo non ha accolto la proposta ma ha assolto la
società. In aula erano presenti Giraudo e Bettega, che hanno
lasciato il Palazzo di Giustizia senza commentare. Ha parlato,
invece, uno degli avvocati difensori, Andrea Galasso: "È il
trionfo della giustizia sulle considerazioni metagiuridiche che
hanno animato questa dolorosa vicenda giudiziaria". Nel mondo
del calcio, dove diverse società hanno fatto ricorso a tutte le
pratiche finanziarie possibili ed immaginabili, che sia finita sul
banco degli imputati proprio la Triade, che non aveva mai fatto
ricorso a vendite del marchio, spalma-debiti, e quant'altro, ed era
portata ad esempio di sana gestione, era già singolare. Il giudice
ha rimesso le cose a posto.
Avv. D'Onofrio: "Come ti riprendo gli
scudetti"
Giovedì 19 Novembre 2009
00:26
Avvocato
D'Onofrio, in questi giorni il Presidente Blanc ha dichiarato
che per lui gli scudetti della Juventus sono 29 e che il
prossimo sarà il trentesimo. Secondo Lei è solo un proclama per
accreditarsi presso i tifosi oppure anche in Corso Galfer hanno
deciso finalmente di monitorare eventuali sviluppi provenienti
dai processi ordinari?
"Non ho modo di accertare se si tratti di un mero proclama o di
una reale e fattiva intenzione da parte della Società, poiché in
questi anni sono giunti molti segnali contraddittori sul punto.
Mi auguro, tuttavia, che l'attuale dirigenza voglia attivarsi,
qualora ne ricorrano i presupposti, per riottenere un parziale
ristoro delle ingiuste ed ingiustificatamente eccessive sanzioni
del 2006. Peraltro, aggiungo, in caso di conquista dello
scudetto, nulla impedirebbe di fregiarsi del simbolo della terza
stella, trattandosi di una convenzione, non disciplinata in
alcun modo dalla FIGC"
Potrebbe spiegare in maniera definitiva e dettagliata in
cosa consiste l'articolo 39 del CGS e quali sono i presupposti
per la sua applicazione?
"Si tratta di un meccanismo molto semplice e lineare che
consente di riaprire un processo sportivo celebrato già in tutti
i suoi gradi di giudizio (sentenza definitiva) in ragione di un
fatto nuovo e sopravvenuto, idoneo a modificare i presupposti
della precedentemente resa sentenza sportiva precedentemente
resa. In sintesi, se dal processo penale di Napoli emergesse in
sentenza l'infondatezza dell'impostazione accusatoria di
Calciopoli nel 2006, allora sarebbe doveroso riaprire il
processo sportivo e celebrarlo in ragione delle prove accertate
dal Giudice penale, omesse e non utilizzate nell'ambito del
processo federale".
La sentenza per Antonio Giraudo, che ha scelto il rito
abbreviato, è attesa entro fine anno. Se fosse favorevole,
basterebbe da sola a sostenere la richiesta di applicazione
dell'art. 39?
"Si, assolutamente, almeno per la parte di sanzione relativa
alla revoca dei due scudetti, trattandosi di condanna ulteriore
comminata proprio in ragione della presunta colpevolezza di
Giraudo, allora Amministratore Delegato della Juventus".
Per sentenza favorevole si intende una sentenza di assoluzione
completa, o anche semplicemente una condanna per fatti minori
come nel caso del Processo Gea?
"Bisognerebbe leggere con attenzione il testo della sentenza, ma
ritengo che anche solo l'insussistenza della presunta
associazione a delinquere sarebbe sufficiente a far
riconsiderare l'estremo rigore sanzionatorio da parte dei
giudici sportivi."
In questo caso bisognerebbe attendere gli altri gradi di
giudizio?
"No, nel caso Guardiola, infatti, non è stato necessario. Vale
il principio di uguaglianza in ambito federale".
Facciamo chiarezza su un punto per i nostri lettori. Chi è il
soggetto che ha titolo giuridico per chiedere l'applicazione del
articolo 39 del CGS, e di conseguenza la restituzione dei due
scudetti sottratti nel 2006?
"Ad oggi, cioè allo stato della normativa vigente e della
giurisprudenza federale ed ordinaria, l'unico soggetto
legittimato è la stessa società Juventus. Tuttavia, credo che
una battaglia di civiltà giuridica dovrebbe portare al
riconoscimento di un interesse diffuso e collettivo sul punto,
riconoscendo legittimazione ad agire anche ad associazioni di
tifosi, magari piccoli azionisti, in via surrogatoria".
Il Caso Guardiola ha scritto un importante precedente
nell'ambito della Giustizia Sportiva. L'allenatore del
Barcellona ha ottenuto che gli fosse cancellata la squalifica
benché già scontata. E' possibile eventualmente cancellare anche
la Serie B dagli Almanacchi pur avendola già disputata?
"Si certo, non il fatto storico ma quello sportivo".
Quando si parla di "annullamento degli effetti
reversibili" delle sentenze sportive si fa riferimento anche
alla possibilità di chiedere un risarcimento economico?
"Assolutamente sì. Del resto, la FIGC avrebbe potuto assumere un
atteggiamento prudente. Avendo, invece, abbandonato ogni
prudenza, si è esposta ad un'eventuale richiesta di risarcimento
del danno in caso di assoluzione in sede penale dei soggetti
condannati in sede sportiva".
Avvocato, se la Juventus Le offrisse un incarico per
studiare la possibilità di adire l'articolo 39 del C.G.S., Lei
accetterebbe?
"Ho creduto sin da subito nell'ingiustizia sostanziale e
processuale di Calciopoli e, dunque, mi metterei senza dubbio a
disposizione per cercare di ristabilire verità e dignità, come
ho già fatto, con un parziale ed insperato successo, assumendo
la difesa di Luciano Moggi."
Moggi in aula: «Colpo di tosse durante i sorteggi?
Allora indagate i giornalisti»
L'ex dirigente della Juve: «Se quel segnale era
diretto a un cronista, questi era parte della combine»
NAPOLI - Interviene in aula per la
prima volta. Luciano Moggi, uno degli imputati al processo
Calciopoli, si presenta di fronte al collegio A della nona sezione
penale del tribunale di Napoli e rilascia una dichiarazione
spontanea. L'ex dirigente della Juventus risponde alle affermazioni
rese in aula la scorsa udienza dal teste Manfredi Martino. L'ex
segretario Can aveva affermato che «durante il sorteggio per la
scelta dell'arbitro di Juve-Milan del 2004-2005 qualcosa non andò
secondo il verso giusto perché ci fu uno strano colpo di tosse del
designatore Bergamo quando il giornalista incaricato dall'Ussi
scelse la pallina gialla degli arbitri». «Se quel colpo di tosse era
diretto al giornalista - risponde Moggi - allora questi era parte
della combine. Non lo so. Allora tutti i giornalisti e i notai che
hanno partecipato ai sorteggi arbitrali dovrebbero essere
interrogati, indagati».
LAZIO E FIORENTINA - «Sono stato anche accusato di aver fatto
retrocedere il Bologna - aggiunge Moggi - quando poi si va a leggere
un'intercettazione dell'allora
presidente federale Franco Carraro nella quale dice al designatore
Paolo Bergamo che bisogna aiutare Lazio e Fiorentina ad evitare la
retrocessione. Guarda caso retrocedono Bologna e
Brescia e si salvano Lazio e Fiorentina. L'intercettazione del
presidente della Figc passa inosservata». «Detto questo - prosegue
Moggi - vorrei chiedere cosa c'entra il sottoscritto, quando
l'interesse era quello di dirigere la propria società, essendo
all'oscuro delle iniziative del presidente federale nell'occasione
sopra esposta».
Finalmente il primo pentito al processo
di Napoli: la Gazzetta
Mario Incandenza
sabato 07 novembre 2009 00:18Dossier - CantaNapoli -
Il processo
Ci aveva molto preoccupato, nei mesi
scorsi, il silenzio delle grandi e illustri testate
giornalistiche italiane riguardo alle deposizioni dei
testimoni che erano sfilati nell'aula di Napoli, al processo
Calciopoli. In effetti, le testimonianze dei vari Carbone,
Paparesta jr. & sr., Dal Cin, Gazzoni Frascara, Nucini,
Aliberti, Canovi, Galati, Pirrone e compagnia bella, benché
chiamati dall'accusa, avevano sostanzialmente ridicolizzato
le balle che ci erano state propinate nell'estate 2006.
Ma ecco che, dopo la giornata di ieri, siamo costretti a
cospargerci il capo di cenere e chiedere scusa. D'altronde,
siamo juventini, gente ormai abituata al peccato e alla
conseguente espiazione.
Tanto per dirne due, Repubblica e Gazzetta dello Sport si
sono svegliate, alleluia. Ci hanno raccontato l'udienza di
ieri quasi in tempo reale, con gran risalto. Oddio, il vero
risalto è per solo uno dei testimoni, il primo, dopo dieci e
più, che finalmente dice qualcosa di apparentemente utile
all'accusa. Manfredi Martino, segretario alla CAN ai tempi
di Pairetto e Bergamo, che racconta le sue sensazioni. Vien
da dire: "Cosa? Sensazioni?". Vabbè, non facciamo i
sofistici. Le sensazioni di uno che stava alla CAN saranno
pure interessanti, almeno giornalisticamente, no?
E infatti, ecco che sparano il titolone. "Martino:
'Palline sorteggio arbitri riconoscibili'", così per
'La Repubblica'. Andiamo a leggere e troviamo il racconto di
una sensazione di Martino relativa al sorteggio degli
arbitri prima del big-match Milan-Juve, quello che nel
maggio 2005 assegnò lo scudetto ai Bianconeri. Per il teste
quel sorteggio fu probabilmente truccato, "perché ci fu
uno strano colpo di tosse del designatore Bergamo quando il
giornalista incaricato dall'Ussi scelse la pallina gialla
degli arbitri". Caspiterina, chissà che significato
poteva avere quella gola intasata, quel sommovimento di
mucose. Analizziamo. Forse Bergamo si era accorto che il
giornalista incaricato dall'Ussi si era sbagliato e voleva
segnalargli che la pallina giusta era un'altra? Quindi il
giornalista era complice della cupola? Oppure era un segnale
per indirizzarlo verso la pallina giusta, e allora complice
della cupola, oltre al giornalista, era anche Collina,
attuale designatore del nuovo calcio pulito, in quanto
arbitro che poi venne effettivamente designato per il
big-match? Tra l'altro, in quella gara la Juve non ebbe
alcun favore arbitrale, l'unico dubbio fu una possibile
espulsione di Nesta, che effettivamente venne risparmiato.
Ma allora la Juve, più che cupola, era una vittima?
Questo invece il titolo della Gazzetta web: "Calciocaos,
nuove rivelazioni: 'Palline truccate per i sorteggi'".
L'articolo è piuttosto lungo e articolato, altro che gli
scarni trafiletti delle altre udienze. E all'interno, un
passaggio davvero notevole: "'ma restano chiare le
parole pronunciate: 'Bergamo e Pairetto in due occasioni mi
dissero esplicitamente di mettere il nome di quelle partite
e il nome di quegli arbitri nelle sfere del sorteggio che
erano facilmente riconoscibili'". Un macigno vero e proprio
e un punto pesante segnato dall’accusa." Viene da
immaginarlo, mentre digita la parola "macigno", intento a
una specie di orgasmo mentale, il buon Maurizio Galdi.
Speriamo che non si sia macchiato i pantaloni.
Va benissimo, per carità, poi viviamo in un'epoca in cui
ogni opzione del variegato mondo del piacere ha diritto alla
sua visibilità, mica siam bigotti. Oddio, stando a quanto ci
aveva raccontato ultimamente Ruggiero Palombo, eravamo
convinti che i forcaioli gazzettari non fossero poi così
presi dal processo napoletano, dato che, a suo dire, anche
in caso di sentenza di assoluzione, le sentenze sportive non
si cancellano, la giustizia sportiva è una cosa e quella
ordinaria è bla, bla e ancora bla.
Ma dato che noi non solo non la pensiamo così, ma oltretutto
questo procedimento ci interessa molto e possiamo dire di
essere abbastanza ferrati, a questo punto, se dovessimo
seguire il ragionamento dell'ipotesi accusatoria che pur
continuiamo a trovare fasulla, non possiamo fare a meno di
far presente che, se dovesse essere dimostrato che il
sorteggio era taroccato, ci sono alcune controindicazione
che forse i gazzettari, nella fregola di correre in aiuto
mediatico all'accusa, non hanno ancor avuto modo di
valutare.
Ma noi siamo qui per questo, per accorrere in loro soccorso,
e non sarebbe etico esimersi: siccome, in quei sorteggi, a
scegliere la pallina erano in due, è ovvio che per la buona
riuscita del trucco c'era bisogno della collaborazione di
entrambi i sorteggiatori. Uno dei due, e cioè il
designatore, è per l'appunto sotto accusa per associazione a
delinquere. Viceversa l'altro, un giornalista indicato di
volta in volta dall'Ussi, Unione Stampa Sportiva Italiana, a
quanto risulta per ora no.
Riassumendo, i casi sono due: o il teorema del sorteggio
truccato è l'ennesima bufala di questa storia, e quindi all'Ussi
possono dormire sonni tranquilli, oppure è roba seria, e
allora farebbero bene a preoccuparsi. Aggiungiamo un
dettaglio: ai tempi, il giornalista che doveva fare
l'estrazione veniva scelto all'ultimo momento, il suo nome
non si conosceva prima, bisogna quindi presumere che, per il
buon funzionamento della cupola, un po' tutti i giornalisti
fossero corrotti.
E mo come la mettiamo?
Che facciamo, cara Gazzetta dello Sport, una bella
autodenuncia? Forza, affrettatevi, l'indirizzo della procura
di Napoli sta su PagineBianche.it. Sarebbe un momento di
grande impegno civile ed etico, tutti gli sportivi italiani
non potrebbero che esservi riconoscenti per questo
vostro ennesimo atto, per quanto doloroso, di dedizione alla
causa del calcio pulito.
Nel video sottostante si può ascoltare il chiaro e
circostanziato racconto di Bergamo su come avveniva il sorteggio. Il
giornalista pescava il nome dell'arbitro solo dopo che Pairetto
aveva sorteggiato la partita.
Processo calciopoli ricusato presidente
Chiesta la ricusazione del presidente
della nona sezione del tribunale: "Ha fornito anticipazioni sulla
sentenza". Il dibattimento adesso rischia di ripartire da zero di FULVIO BIANCHI e
CORRADO ZUNINO
21 ottobre 2009
ROMA- Clamoroso
al processo di Calciopoli, in corso di svolgimento a Napoli
(ieri si è tenuta un'udienza, il 26 ottobre programmata la
prossima): il procuratore capo Giandomenico Lepore e i due pm,
Narducci e Capuano (ha sostituito Beatrice, trasferito a Roma),
hanno chiesto la ricusazione del presidente della nona sezione
del tribunale, Teresa Casoria. Ora deciderà la Corte d'appello
se accoglierlo o rigettarlo. Già le parti civili avevano tentato
la via della ricusazione. Parti civili che erano state
estromesse dal processo a Moggi, Lanese, Bergamo, Pairetto e poi
riammesse da una sentenza della Corte Suprema della Cassazione.
Sentenza che aveva anche rilievi pesantisissimi nei confronti
della Casoria e degli altri due giudici, tanto che era stata
anche aperta un'azione disciplinare da parte della procura
generale della Cassazione.
Ma adesso ecco la mossa a sorpresa della ricusazione: secondo il
procuratore e i due pm, la Casoria avrebbe fornito anticipazioni
sul giudizio (come quella frase, "abbiamo cose più serie da
fare"). Se l'istanza fosse accolta, c'è il rischio che il
processo debba ripartire da zero (o quasi), o quantomeno si
possano perdere mesi per sostituire la Casoria, che potrebbe
anche astenersi, ma salvando, in questo caso, l'attività sinora
svolta. Tenendo conto che nel 2012 va in prescrizione il reato
di frode sportiva (quello di associazione per delinquere solo
nel 2017), ecco che la decisione dei due pm rischia di creare
grossi problemi. Le parti civili (Figc, Bologna, Brescia,
eccetera) erano state definitivamente riammesse nell'udienza di
ieri: tanto che adesso Juventus, Fiorentina e Lazio rischiavano
di pagare somme ingenti (la richiesta complessiva era di 400
milioni di euro) come risarcimento danni nell'ipotesi di
condanna di Moggi e c. E la posizione della stessa Juventus
sarebbe cambiata: in passato aveva "scaricato"- e non si è mai
capito con chiarezza i motivi- Moggi e Giraudo, ma forse adesso
non gli conveniva più. I destini di Moggi e della Juventus erano
di nuovo legati.
I giudici avevano già stabilito il calendario delle
udienze da qui sino a giugno del prossimo anno (ben 22...),
sperando di arrivare così a sentenza nel 2010. Che succederà
adesso non si sa ancora? Entro dicembre è prevista anche la
sentenza per chi ha scelto la strada del rito abbreviato: fra
questi Antonio Giraudo (chiesti 5 anni di condanna) e l'arbitro
internazionale Rocchi. Per quanto riguarda Massimo De Santis il
gup, dopo la discussione, ha rinviato, anche per la mole della
documentazione difensiva prodotta dall'avvocato Paolo Gallinelli,
al 5 novembre la decisione se emettere sentenza di non luogo a
procedere oppure decreto che dispone il giudizio.
Ora le cose si complicano a Napoli: ci sono ancora da sentire 50
testi (dei 500 richiesti in un primo tempo), fra cui personaggi
importanti come Tavaroli e i notai della Figc. Il 26 ottobre a
Napoli avrebbe deposto il maresciallo dei carabinieri che aveva
fatto le intercettazioni di Calciopoli. Secondo l'avvocato del
Brescia, Bruno Catalanotti, "La istanza di ricusazione ha una
valenza "rivoluzionaria", che, peraltro, non risiede solo nella
novità della iniziativa, già in sé oltremodo significativa.
Ritengo che nel caso di Calciopoli abbia il sapore di un atto di
rivolta dell'Ufficio titolare dell'azione penale nei riguardi
del Tribunale che, al di là delle ragioni, tra quelle previste
dalla legge, evocate nella richiesta di ricusazione, denuncia un
gravissimo disagio per la gestione del processo". Con quale
serenità si potrà tornare in aula?
Moggi boccia Melo e Diego poi
tuona contro la Juventus: "Andrò all'assemblea degli azionisti a
chiedere spiegazioni"
Ciao Luciano, siamo stati sommersi di
messaggi. L'affetto del popolo juventino nei tuoi confronti è sempre
immenso? "Li ingrazio, ringrazio tutti quanti".
Oggi è circolata un'indiscrezione secondo
la quale tu potresti essere presente all'assemblea degli azionisti
della Juventus in programma il 27 ottobre prossimo. E' vero? "E' vero, è vero. Ci sarò. Sì, perchè voglio rendermi conto
di tutto quello che è stato detto, voglio che lo dicano
apertamente".
Quindi sarai presente! Lo dai per certo? "Sicuro".
Continua a circolare questa leggenda
metropolitana che tutti gli infortuni subiti dai giocatori della
Juventus negli ultimi anni siano dovuti ai campi di Vinovo. Che lo
stesso Capello, tre anni fa, pare avesse detto di non voler far
allenare la squadra lì. Mi confermi che questa è effettivamente una
leggenda metropolitana? "Questa non è neppure una leggenda. Non è assolutamente
vero. Mai detto cose del genere. Neppure Fabio Capello. A parte il
fatto che poi non ce li siamo neanche potuti godere, perchè prima
abbiamo fatto questi bellissimi impianti e dopo ci hanno liquidati.
Quindi, non c'era neppure il tempo di dire una cosa del genere".
A proposito di liquidazione. In settimana
hai detto che la Juventus, pur di liberarsi di voi, ha accettato di
suicidarsi. Secondo te, dunque, calciopoli è nata sostanzialmente
perchè volevano far fuori voi? "Mah, più che liberarsi di me, volevano liberarsi di Andrea
Agnelli".
Calciopoli è nata quindi per far fuori
Andrea Agnelli? "Non è proprio così, ma c'era bisogno di far fuori lui e di
sputtanare chi lavorava in quel momento alla Juventus. E ci sono
riusciti in pieno. Faccio loro i complimenti, perchè hanno studiato
bene tutto, nei particolari".
Secondo te è più colpevole la Juventus che
non si è difesa, o quelli che odiavano la Juventus perchè era la
squadra che vinceva senza spendere? "Non voglio cercare colpevoli. Voglio solo dire che in
qualsiasi processo, quando uno ammazza una persona, c'è sempre
l'avvocato difensore che sostiene la non colpevolezza. La Juventus,
invece, si è dichiarata colpevole. E voglio proprio sentire quali
sono i criteri che hanno usato per dichiararsi colpevoli e per non
difendersi".
Quindi tu andrai all'assemblea degli
azionisti con questo scopo? "Io voglio sentire, sono un azionista, anzi sono uno degli
azionisti maggiori. Voglio sapere dalla loro viva voce cos'è
successo. Perchè la Juventus non si è difesa e ricordo che
l'avvocato Zaccone disse persino che la Juve poteva andare in Serie
C. Probabilmente non ha letto le pagine che gli erano state date".
L'avvocato Zaccone ha detto questo solo
all'assemblea di novembre. A luglio, infatti, scrisse personalmente
una mail a me (Stefano Discreti, ndr), assicurando che non avrebbe
accettato pena differente da quella inflitta a Lazio, Fiorentina e
Milan.
"Allora c'è stata una confusione di idee. Una volta chiedono 29
scudetti, un'altra volta.....Insomma, chiamiamoli pareri mutevoli,
che però hanno rovinato delle persone".
Nei mesi precedenti lo scoppio di
calciopoli, lei ha avuto qualche sentore di quello che stava per
accadere? Si è reso conto di qualcosa? "No, avevo sentito solo delle chiacchiere che poi si sono
rivelate veritiere, di qualcuno che sapeva queste cose qua, ma non
abitava a Torino".
In futuro, se cambiassero gli attuali
vertici della Juventus, potrebbe tornare a far qualcosa per la
nostra squadra? "Io alla Juventus sono affezionato, quindi, perchè no? Sono
molto affezionato anche per via di queste persone che hanno creato
tutte queste dicerie".
Sempre su calciopoli: nell'ultimo periodo
Bergamo ha rincarato la dose, dicendo di essere stato intercettato
per conto dell'Inter, mentre De Santis ha fatto un passo indietro,
scusandosi con la famiglia Facchetti... "Facchetti è morto, sicchè ovviamente non può più parlare.
E forse è una cosa buona non tirarlo in ballo. Ma d'altra parte sono
successe delle cose per le quali è impossibile non tirarlo in
ballo".
L'Inter ha minacciato di querelare
Bergamo... "Io non lo so. So soltanto che ho letto le deposizioni che
ha fatto Tavaroli. Sono sufficienti quelle per dimostrare ciò che è
successo e come è stato proposto tutto quanto".
Una domanda provocatoria da parte di un
ascoltatore, relativa alla sua gestione: perchè si era tanto
innamorato di Athirson al punto da scatenare una guerra col Flamengo? "Perchè all'epoca Athirson era uno dei migliori giovani del
Sudamerica, poi come spesso accade ai sudamericani si è perso e lo
abbiamo rimandato indietro. A questo signore che scrive basta dire
che poi sono arrivati Ibrahimovic, Emerson, Buffon, Thuram,
Viera...ecc.. Quindi è difficile criticarci per quanto attiene la
formazione delle squadre. Non a caso la Fifa ha dichiarato la
Juventus allenata da Lippi, la più forte di tutti i tempi. Non solo
come squadra, ma anche come società".
Nessuno può contestare la vostra
gestione.... "Certo. Attenzione, io non sono infallibile. Ma in quel
momento Athirson non costava niente, è venuto a parametro zero e
aveva tutte le credenziali per diventare un gran giocatore. Gli
mancava solo il carattere e questo purtroppo l'abbiamo scoperto solo
dopo".
Abbiamo visto come l'avvento di Berlusconi
nel calcio abbia innalzato il potere d'acquisto, i prezzi, gli
ingaggi, i valori dei giocatori. Poi è arrivato Moratti con i suoi
fantamiliardi. E adesso, a parte Florentino Perez, si stanno tutti
ridimensionando. Secondo lei, tra dieci anni, potrebbe esserci un
ritorno ciclico al calcio dei fantamiliardi o ci sarà una tendenza
sempre più morigerata? "Prima di tutto, cominciamo col dire che noi siamo stati
puniti dal fatto che facevamo le squadre senza spendere soldi. Gli
altri che spendevano i soldi non ci vedevano certamente bene. A
questo dobbiamo aggiungere le morti dell'Avvocato Agnelli e del
Dottore Umberto. E praticamente siamo rimasti orfani di padre e di
madre. Il che ha fatto scatenare la guerra di successione, tant'è
che Andrea Agnelli, uno che capisce di calcio come pochi, non è
stato neppure inserito nel Consiglio di Amministrazione, nostante
gli sforzi miei e di Giraudo. Questo è già un fatto indicativo, che
la dice lunga. Le squadre di calcio si possono fare anche senza
spendere tanti soldi. Basta girare e conoscere giocatori. I club che
invece hanno questi signori che mettono soldi in quantità, riescono
anche a perdere, questo perchè i giocatori non sono presi con il
criterio di metterli in un telaio di squadra che possa essere
congeniale per loro. Quello che si è spesso verificato fino adesso.
Il Real Madrid che compra solo attaccanti è bello, ma resterà sempre
una seconda squadra. La prima squadra sarà sempre il Barcellona, che
ora con Ibrahimovic si è completato. Le squadre bisogna saperle
fare. E chi sa fare le squadre, spesso, spende meno. Chi investe
95-100 milioni molte volte vince meno rispetto a chi ci mette
fantasia. Se poi tra dieci anni ci saranno ancora quelli come
Moratti e come il Real Madrid che mettono ancora tanti quattrini sul
mercato, sarà un bene per il calcio, perchè ci saranno sempre più
furbi pronti ad approfittarne. Io con Moratti ho fatto lo scambio
Carini-Cannavaro, che non era molto attinente alla realtà dei
valori. Però l'ho fatto. Magari continuassero ad esserci questi
presidenti, perchè quelli che s'intendono più di calcio, i più
furbi, possono anche fare la squadra a loro spese".
Come vedrebbe un trio Diego-Amauri-Lavezzi? "Non lo vedrei per niente perchè c'è un conflitto. Fermo
restando l'attaccante di peso, il resto è tutto da vedere. Intanto a
me non piacciono quelli che stanno dietro le punte. Sono giocatori
che hanno piedi buoni, come il Baggio che avevamo noi, ma quando
hanno il pallone cercano sempre il gol e gli attaccanti stanno a
guardare. Si spostano, fanno movimento, ma non ricevono mai la
palla. E magari la mezza punta può fare anche dei gol importanti
perchè ha piedi buoni. Baggio, infatti, quando è andato al Brescia
ha fatto dei grandi campionati perchè veniva utilizzato da prima
punta e tutti giocavano per lui. Si tratta di giocatori buoni, ma
anche pericolosi, perchè troppo spesso non passano il pallone agli
attaccanti di ruolo. Lavezzi direi che non è proprio un giocatore da
Juventus".
Quindi, lei, Diego non l'avrebbe preso? "Su Diego ho delle perplessità. Intanto deve far vedere di
essere un grande campione, anche se su questo credo di non aver
dubbi, trattandosi di un giocatore tecnicamente molto dotato. Ma io
lo utilizzerei in maniera diversa, come centrocampista puro, come in
effetti mi è sembrato che fosse in certi momenti delle partite,
perchè l'ho visto spesso giocare sulla linea mediana. Ma se gioca
davanti, può diventare un problema perchè è uno che tira troppo
spesso in porta e non si cura delle punte che potrebbero far gol. E'
un giocatore da studiare: potrebbe essere meno attaccante e più
centrocampista. Oppure il contrario. Per adesso ha dimostrato
pochissimo in Italia. E siccome il gioco italiano è molto diverso da
quello tedesco, bisogna aspettare che Diego faccia vedere quello che
vale".
Venticinque milioni per Felipe Melo: il
prezzo è giusto? "Non scherziamo. Se Melo fosse stato italiano sarebbe
costato cinque o sei milioni. La Fiorentina poteva pagare Mutu 40
milioni, invece l'ha pagato solo 7 milioni e mezzo".
Corvino ha comprato Cristiano Zanetti a
2,5 milioni, Marchionni a 4 milioni e poi ha venduto Felipe Melo a
25. Tre operazione distinte. Ma la Juve non poteva fare
un'operazione unica e cercare uno sconto? "Questo bisogna domandarlo ai dirigenti della Juventus. Io
non ho seguito e non posso criticare. Resta il fatto che le cifre
non sono reali. O meglio, sono cifre non confacenti con la realtà
tecnica di giocatori come Melo".
Ora si parla tanto di questo modulo che
potrebbe utilizzare Ferrara, il 4-2-3-1. Lei è convinto di questa
barriera che il tecnico vuole formare davanti alla difesa con Melo e
Sissoko? E poi chi toglierebbe tra i tre davanti? Marchisio? Che è
uno dei giovani migliori e che in prospettiva potrebbe diventare uno
dei più grandi centrocampisti d'Europa? "No, io Marchisio non lo toglierei mai, perchè oltre ad
essere tecnicamente bravo, ad avere visione di gioco e ad essere un
centrocampista vero, è un giovane molto interessante che può
contribuire ad aprire un ciclo nella Juventus. Di sicuro non avrei
preso Melo. Anche se ritengo che Melo possa giovare a Sissoko. il
brasiliano infatto è da considerare più un centrocampista difensivo
e potrebbe favorire le frequenti scorribande del maliano,
garantendogli un'adeguata protezione. Però ribadisco, Melo non
l'avrei preso. E se l'avessi preso, non certo a quelle cifre".
Lei dunque avrebbe tenuto un giocatore
importante come Zanetti.... "Senza dubbio, piuttosto che pagare venticinque milioni mi
sarei tenuto Zanetti. E nel momento in cui fosse mancato lui, avrei
fatto giocare in quella posizione Marchisio".
Le leggiamo un sms: "Ci manchi comandante,
ti ringrazio per tutte le volte che ci hai fatto godere, ti siamo
vicini, sarai per sempre uno di noi" "Io ringrazio tutti quanti. Mi fa piacere questa frase e
soprattutto questa parola che è stata detta, "comandante", perchè
era quella che mi diceva sempre il Dottor Agnelli. E mi fa proprio
ricordare il Dottore".
A proposito del fatto che lei non avrebbe
preso Melo. Alcuni tifosi dicono che lei stia gufando la nuova
Juventus, che stia sperando che non vinca niente per dire che
Luciano Moggi è sempre il migliore... "Non è assolutamente vero. Io sono lontano da questi
pensieri. Io se vincesse la Juventus sarei sempre contento, anche
perchè batterebbe l'Inter. Perchè ormai le uniche due squadre che
possono competere per il titolo sono proprio Inter e Juventus. E voi
certamente sapete che io non amo l'Inter. Tra le due, preferisco
sempre che vinca la Juve. Penso non ci sia il minimo dubbio.
Purtroppo però, credo che attualmente la squadra di Mourinho sia
ancora più completa, anche se i bianconeri hanno fatto un salto in
avanti. E' dimostrato, tuttavia, che con la partenza di Ibrahimovic
l'Inter può essere sottomessa. I nerazzurri hanno comprato due
campiono come Eto'o e Milito, ma entrambi hanno bisogno di un gioco
di squadra. Di una squadra che si sbilancia in avanti per
supportarli. Quando c'era Ibra, invece, la squadra era più compatta,
bastava mandare il pallone in avanti che pensava a tutto lui. La
differenza è sostanziale. E purtroppo Ibrahimovic è stato dato via
dalla Juventus. Se effettivamente stavano pensando ad una Juventus
che dovesse essere ancora competiva in futuro, Il giocatore non
doveva essere ceduto, perlomeno non all'Inter. Perchè è inutile
spendere 25 milioni per Amauri, che costa quanto Ibrahimovic. Tanto
valeva tenersi Ibra e darlo un anno in prestito. Non capisco la
situazione. Se invece la Juventus è partita con l'idea di tornare in
serie A e di fare solo qualche colpo di mercato, senza però ambire a
fare quello che ha fatto la Juve di Ibrahimovic, allora va bene
così, per carità. La polvere negli occhi si può buttare
tranquillamente, ma i risultati sono più difficili da perseguire".
Dove non ci sono tanti soldi, ci vuole
competenza e fantasia. Forse quest'estate la Juventus, prima di
prendere Felipe Melo, avrebbe dovuto prendere Pantaleo Corvino, che
è l'unico personaggio che per competenza potesse sostituire Moggi... "Sarebbe stata una scelta buona. Io Pantaleo Corvino lo
stimo..."
Eppure si diceva che tra voi non corresse
buon sangue... "Non è vero, erano solo dicerie. Ci siamo presi di petto
solo quando avevamo tre giocatori in comproprietà, ovvero Chiellini,
Maresca e Miccoli. Poi dopo sono riuscito a farle in una certa
maniera, e siamo rimasti contenti sia noi che la Fiorentina".
Corvino è l'unico che potesse sostituirla? "Può darsi. Però, vedete, le società di calcio sono fatte
in una certa maniera. E' difficile stabilire chi può essere
sostituito e come. Adesso il problema è che una società di calcio va
gestita come un'azienda e quindi servono persone che conoscano il
calcio e sappiano amministrare il personale. Io non so se Corvino
sappia amministrare il personale, ma come conoscitore di calcio è
uno dei migliori".
Appunto perchè sono delle aziende, non ci
vorrebbe una persona che capisca di calcio ed una che amministri il
personale?
"Ma il direttore generale deve capire di calcio e amministrare il
personale".
Ci può confermare che se non ci fosse
stato lo scandalo di Calciopoli, la Juve avrebbe avuto tra le mani
Cristiano Ronaldo? "Cristiano Ronaldo l'avevamo preso. Era venuto a Torino a
fare le visite mediche, ma Salas, che doveva andare in cambio allo
Sporting Lisbona, ha bloccato tutto. Inizialmente voleva andare, ma
all'improvviso ha rifiutato il trasferimento. E a quel punto abbiamo
perso Cristiano Ronaldo. E' entrato poi il Manchester United che ha
offerto 33 miliardi e noi non potevamo competere. Noi avevamo preso
Ronaldo quando aveva 17 anni e 33 miliardi all'epoca sembravano una
pazzia per un giocatore di quell'età. A prescindere dal fatto che
non disponevamo di quelle cifre. Noi infatti non abbiamo mai chiesto
soldi e facevamo con quello che avevamo".
Lei ha mai pensato che se non fosse
arrivata calciopoli, la Juve avrebbe vinto la terza stella nell'anno
del centenario dell'Inter?
"Non ci sono dubbi, su questo potete stare tranquilli. Avremmo vinto
per altri quattro-cinque anni di seguito".
Molti sostengono che gli imputati di
calciopoli stiano puntando alla prescrizione. Ci puoi confermare che
tu non hai alcuna intenzione di accettare la prescrizione? "Da parte mia è l'esatto contrario. Hanno voluto il
processo e lo devono fare".
Adesso ci saranno nuove prove, nuove
intercettazioni, vero? "Il processo si farà nell' aula del tribunale"
Comunque tu non accetterai la
prescrizione... "No, non l'accetterò. Mai".
Moggi: "Ecco perché la Juventus è stata
punita..."
L´ex dirigente della Juventus Luciano Moggi,
ospite della trasmissione "Tutti pazzi per la Juve" su
Radioerre2 ha spiegato i motivi che secondo lui hanno portato il
club bianconero a non essere ben visto dalle altre società.
"Prima di tutto, cominciamo col dire che noi siamo stati
puniti dal fatto che facevamo le squadre senza spendere soldi.
Gli altri che spendevano i soldi non ci vedevano certamente
bene. A questo dobbiamo aggiungere le morti dell´Avvocato
Agnelli e del Dottore Umberto. E praticamente siamo rimasti
orfani di padre e di madre. Il che ha fatto scatenare la guerra
di successione, tant´è che Andrea Agnelli, uno che capisce di
calcio come pochi, non è stato neppure inserito nel Consiglio di
Amministrazione, nonostante gli sforzi miei e di Giraudo. Questo
è già un fatto indicativo, che la dice lunga. Le squadre di
calcio si possono fare anche senza spendere tanti soldi. Basta
girare e conoscere giocatori- ha detto Moggi - I club che invece hanno questi
signori che mettono soldi in quantità, riescono anche a perdere,
questo perché i giocatori non sono presi con il criterio di
metterli in un telaio di squadra che possa essere congeniale per
loro. Quello che si è spesso verificato fino adesso. Il Real
Madrid che compra solo attaccanti è bello, ma resterà sempre una
seconda squadra. La prima squadra sarà sempre il Barcellona, che
ora con Ibrahimovic si è completato. Le squadre bisogna saperle
fare. E chi sa fare le squadre, spesso, spende meno. Chi investe
95-100 milioni molte volte vince meno rispetto a chi ci mette
fantasia. Se poi tra dieci anni ci saranno ancora quelli come
Moratti e come il Real Madrid che mettono ancora tanti quattrini
sul mercato, sarà un bene per il calcio, perché ci saranno
sempre più furbi pronti ad approfittarne. Io con Moratti ho
fatto lo scambio Carini-Cannavaro, che non era molto attinente
alla realtà dei valori. Però l´ho fatto. Magari continuassero ad
esserci questi presidenti, perché quelli che s´intendono più di
calcio, i più furbi, possono anche fare la squadra a loro spese"
(Mediagol.it) (Redazione)/i>
17/10/2009 23.46
L'arbitro di Bari riammesso nel gruppo dei direttori di gara
dopo un ricorso al Tar
ROMA, 23 settembre - Gianluca Paparesta, l'arbitro di Bari
reintegrato nel gruppo dei direttori di gara dopo un ricorso al Tar,
sta svolgendo le visite mediche di idoneità all'Istituto di Medicina
dello Sport dell'Acqua Acetosa, a Roma. Le visite mediche, assieme
ai test attitudinali e atletici, sono il primo passo verso
l'effettivo ritorno come arbitro nei ruoli della Can di Serie A e B.
L'8 settembre, il comitato nazionale dell'Associazione Italiana
Arbitri (Aia), oltre a deliberare che Paparesta fosse sottoposto
alle visite mediche di idoneità, aveva comunque deciso di impugnare
davanti al Consiglio di Stato l'ordinanza cautelare del mese scorso
del Tar del Lazio che giudicava illegittima la sospensione, nel
luglio 2007, dell'arbitro internazionale in seguito ai fatti di
Calciopoli.
Dietro Calciopoli un disegno preciso: impedire la presidenza
della Juventus ad Andrea Agnelli
Pubblicato il giorno: 04/09/09 Libero-news.it
Mi pare che...
A nessuno sarà sfuggita la
combinazione di alleanze che ha dato vita alla scuola di alta
formazione per manager, inaugurata nei giorni scorsi a Torino.
Tra le aziende partner si
ritrovano la Fondazione Agnelli, quale capofila, e per essa John
Elkann, e la Fondazione Pirelli, ovvero il suo presidente Marco
Tronchetti Provera, protagonista di una lotta accesa, senza
esclusione di colpi, quando Tronchetti Provera significava anche
Telecom, intercettazioni, Polis d’istinto.
Dulcis in fundo, direttore
della Scuola Gustavo Bracco, Capo del personale di Telecom di
allora con poteri di acquisire le prestazioni di Cipriani.
Sorpresa serale, infine al TG1, ripresa della conferenza di
presentazione: appare John Elkann e, accanto a Franzo Grande
Stevens sedeva, udite udite, Marco Tronchetti Provera.
vecchia conoscenzaSì, dicono
quelli di Ju29ro, proprio quel signore che candidamente confermò
al Giudice Napoleone come, nell’epoca in cui dirigeva Telecom
Italia, Tavaroli avesse messo in moto una “macchina
spropositata” contro la “squadra di Moggi”. La squadra, si dà il
caso, non era di Moggi ma della Exor (all’epoca Ifil), ovvero
degli Agnelli. Nulla di meglio di questo servizio, infatti, ha
reso chiaro come tra gli Elkann e Tronchetti Provera vi sia un
bel patto di amicizia.
Se cosi non fosse, John
chieda a Tronchetti perché Tavaroli, suo dipendente, pose in
opera una “macchina spropositata” contro una società del suo
gruppo. Lo deve a tutti i tifosi della Juve e a tutti i suoi
piccoli azionisti. Credo che la risposta la si possa trovare in
maniera esaustiva nel libro mai pubblicato di Gigi Moncalvo, del
quale molti capitoli sono stati ripresi da questo giornale. E il
capitolo interessato (titolo “Giraudo e Moggi, un pericolo per
John”) spiega il “metodo” ad ampio raggio che, secondo l’autore,
sarebbe stato attuato per far fuori Giraudo e il sottoscritto,
passaggio centrale per raggiungere il vero obiettivo: impedire
ad Andrea Agnelli, figlio di Umberto, di giungere alla
presidenza della Juve, o ad altri più importanti incarichi nel
gruppo. Moncalvo narra della morte di Umberto Agnelli e delle
prime mosse di Giraudo per preparare il terreno all’ingresso del
figlio Andrea nella Juve. L’ad sapeva che l’idea sarebbe stata
avversata da altri, ma non immaginava fin dove si sarebbe spinta
l’azione diretta ad impedirla. «In rampa di lancio - scrive
Moncalvo - è solo John, nulla deve ostacolare questo disegno,
qualunque intralcio, grande o piccolo, diretto o indiretto, deve
essere abbattuto con la massima decisione.
Un’eventuale entrata in scena
di Andrea, per di più col vantaggio indiscutibile di chiamarsi
Agnelli, contrariamente al cugino, crea notevoli disturbi a
tutta l’operazione, anche se si tratta “solo” della Juve.
Bisogna impedire che la popolarità che in un paio d’anni Andrea
sicuramente avrebbe raggiunto grazie al calcio lo proietti anche
verso altri incarichi, facendolo diventare un potenziale
“concorrente” di John, un ostacolo sul cammino della sua ascesa
al potere.
Ecco, quindi, che per
bloccare l’ascesa di Andrea o anche solo la sua discesa in
campo, occorre azzoppare ed eliminare - scrive Moncalvo - i due
uomini che hanno pensato a lui, Giraudo e Moggi. Occorre trovare
il modo per farli fuori, anche a costo di far del male per
qualche tempo anche alla stessa Juventus. Un “danno collaterale”
inevitabile, un effetto del “fuoco amico”, un male necessario e
calcolato del quale non si può fare a meno. L’origine della
storia di Calciopoli, da questo punto di vista, assume una nuova
luce».
Moncalvo si sofferma sulle
intercettazioni trasmesse dal pm Guariniello alla Figc affinché
verificasse se da quelle carte, nelle quali non era emerso nulla
di penalmente rilevante, risultassero violazioni ai regolamenti
sportivi. Il presidente Figc, Franco Carraro, le tiene chiuse a
lungo nel cassetto, poi all’improvviso le tira fuori.
«Perché e su sollecitazione
di chi? - si chiede Moncalvo - Da quel momento si forma la palla
di neve che in breve diventerà una valanga. Accade di tutto. La
regia giornalistica e il distillato quotidiano delle notizie. I
processi sportivi. L’incredibile richiesta del legale della
Juventus di condannare la squadra alla serie B. La rinuncia
della stessa società a fare ricorso al Tar senza “contrattare”
migliori condizioni (come l’annullamento della retrocessione,
accettando una forte penalizzazione, come Milan e Fiorentina).
La vendita di alcuni pezzi pregiati (Ibrahimovic e Vieira) a una
diretta concorrente come l’Inter a un prezzo irrisorio,
accompagnato dai ringraziamenti dei dirigenti juventini.
Operazione Spionaggio ! due
scudetti tolti a tavolino, uno dei quali assegnato all’Inter
proprio da un suo ex consigliere d’amministrazione (Guido
Rossi). L’assunzione dello stesso Rossi nel gruppo Fiat con una
consulenza di molti milioni di euro. Il mancato coinvolgimento
legale nella vicenda di Franzo Grande Stevens, che era il
presidente di quella Juventus “chiacchierata”. La scoperta di
molte manipolazioni nelle intercettazioni. La “fama” di chi le
aveva eseguite e messe a disposizione che figura indagato in
importanti inchieste penali. L’operazione-spionaggio che faceva
capo a un altro dirigente proprio dell’Inter. Il
“patteggiamento” della Juventus anche se la giustizia sportiva
non ha scoperto alcun “reato”. Con un punto fermo: la Juve è la
maggior danneggiata, Giraudo e Moggi vengono fatti fuori». Su
tutto quello che scrive Moncalvo ciascun lettore potrà fare le
sue considerazioni. I vecchi juventini so bene cosa pensano.
Moncalvo ha avuto il coraggio di scriverlo, ma in tanti
conoscono già da tempo la vera storia di Calciopoli.
Capobianco: c'erano regali, ma non per gli
arbitri
TheXFactor martedì 11 agosto 2009 22:08 Dossier - CantaNapoli - Il
processo
Una delle deposizioni più attese al processo di Napoli, da
almeno due anni a questa parte, era quella di Maurizio
Capobianco, un ex dipendente della Juventus che nel
settembre 2005 se ne andò col dente avvelenato, tanto da
intentare causa davanti al Tribunale del Lavoro di
Torino. Molto scalpore, nella primavera del 2007, destò
un'intervista nella quale si diceva in grado di svelare,
finalmente, importanti retroscena sui fantomatici metodi
moggiani di corruzione arbitrale, fino ad allora mai provati
nonostante la "macchina spropositata" delle
intercettazioni. Il 30 giugno scorso, in un'aula di Napoli,
per Capobianco è giunto il momento della verità.
“Così Moggi pagava gli arbitri”. O forse no.
"Così Moggi pagava gli arbitri" è il titolo di
un articolo pubblicato da La
Repubblica in data 11 maggio 2007 a firma
di Marco Mensurati che riportava un’intervista al teste,
responsabile del Back Office della Juventus F.C. dal 1999 al
2005. Chi si ricorda di quell'intervista avrà sicuramente
presente il passaggio in cui Capobianco si riservava di fare
in un secondo tempo il nome degli arbitri a cui erano
destinati dei beni di ingente valore.
Finalmente arriva il momento di spiegarlo nella sede
deputata: il tribunale. E come ormai d'abitudine in questa
storia, quando si viene al dunque la montagna partorisce il
topolino.
Infatti, le rivelazioni di Capobianco si sono limitate alla
descrizione del contenuto di una busta che, nei primi mesi
del 2005, la signora Gastaldo, all’epoca dirigente
amministrativo della società bianconera, gli avrebbe
consegnato con la richiesta di tenerla fuori dall’azienda.
Il teste ha raccontato di aver custodito la busta presso la
sua abitazione, anche perché non gli fu mai chiesto di
renderla. All’interno della busta avrebbe rinvenuto un
elenco di assegnatari di sconti fino al 50% per autovetture
Fiat, tra i quali figurerebbero le mogli di Pairetto e di
Trentalange, che avrebbero acquistato un'autovettura nel
'95. Curioso: si tratta, in entrambi i casi, di fischietti
torinesi, che in quanto tali, ricordiamo, erano preclusi
dalla possibilità di dirigere partite della Juve (e
ovviamente del Toro). Incalzato dall’avvocato Trofino, il
teste è stato costretto a riconoscere che tale sconto veniva
applicato a numerose persone che gravitavano
nell'orbita Juve, ammettendo di averne usufruito lui stesso
in almeno due occasioni nelle quali ha acquistato
un’autovettura scontata per poi rivenderla immediatamente e
trarne profitto.
Quanto al discorso dei beni di valore dati in dono agli
arbitri, che è poi l'ipotesi per la quale erano state
preannunciate rivelazioni clamorose, Capobianco
ha raccontato di aver rinvenuto, sempre all’interno della
medesima busta, un elenco di orologi acquistati e destinati
ai giocatori, staff tecnico dirigenti, alcuni giornalisti ed
alcuni procuratori. Questo è quanto, di arbitri non vi
sarebbe nemmeno l'ombra. Quali siano i beni destinati agli
arbitri, e quali siano gli arbitri beneficiari degli stessi,
nemmeno in quest’aula di tribunale si è potuto sapere. A
questo punto, si aspetta con ansia un articolo di
Repubblica per chiarire ai suoi lettori i dettagli
anticipati con tanta enfasi due anni fa.
Ancora con la storia della GEA
"La Gea e la Juve sono la stessa cosa", così Capobianco, in
barba alle sentenze di un tribunale della Repubblica, ha poi
voluto definire il rapporto che intercorreva tra la società
di procuratori e la società bianconera. Volete sapere in
base a quali fatti ha fatto tale affermazione? Semplice, per
aver a volte visto Moggi senior in compagnia del figlio.
Incalzato dai legali della difesa, ha poi precisato di
averlo visto, Moggi senior, anche in compagnia di altri
procuratori, non necessariamente della GEA. D'altronde, è
normale che un dirigente calcistico abbia a che fare con
procuratori di giocatori, o no? Significativo il commento di
Teresa Casoria: “Il figlio stava spesso dove stava il
padre ed è pacifico che fossero due entità diverse”. Il
presidente del tribunale anche in questa circostanza ha dato
l’impressione di avere compreso che questo processo è basato
sulle ”chiacchiere”. La Morescanti (difesa Fabiani) ha poi
ricordato che il tribunale di Messina, in seguito ad una
deposizione di Capobianco, nella quale aveva riferito di un
regalo di autovettura a un parente di Fabiani, si è
pronunciato decretando l'archiviazione del relativo
procedimento.
Insomma, nemmeno con la deposizione di Capobianco i tifosi
bianconeri sono riusciti a comprendere il motivo delle
sentenze di tre anni fa. Ultimamente Oliviero Beha, mai
tenero in passato con la Triade, ha invitato i suoi colleghi
a raccontare ciò che sta emergendo realmente in questo
processo, mentre Alessandro Gilioli de L’Espresso ha
pubblicato un articolo nel quale se la prende coi giudici
rei di non essere in sintonia con l'atmosfera colpevolista
del 2006. Chi può aver timore che tra qualche mese il
diavolo del calcio italiano possa uscire pulito anche da
quest’aula di tribunale? Qualche sospetto ce l’ho…
Moggi: «Le sim? Il titolare in aula dice che
anche quelli dell'Inter frequentavano il suo negozio»
NAPOLI, 30 giugno - Per la prima volta dall'inizio del processo
di Calciopoli l'ex dg della Juve, Luciano Moggi, si è presentato
nell'aula della nona sezione del Tribunale di Napoli dove sono in
corso gli interrogatori dei testimoni. Moggi si è trattenuto
brevemente con i giornalisti all'uscita dall'aula. «Al posto dei
campi di calcio ora frequento le aule di Tribunale», ha
ironizzato.
«ERAVAMO PEDINATI» - E ha aggiunto, a proposito del processo
sulle intercettazioni illecite in corso a Milano, Moggi: «Eravamo
pedinati, al processo Telecom di Milano sta venendo fuori: ci
seguivano». Soffermandosi sulla questione delle schede sim
estere che secondo l'accusa avrebbe fornito ad arbitri e
designatori, ha detto: «Pensate che se un arbitro fosse un mio
associato ci sarebbe bisogno di telefonargli cinque volte? Andrei
negli spogliatoi e gli darei una pacca sulle spalle».
SE L'INTER... - Moggi ha poi risposto alle domande dei
giornalisti relative ad un passaggio della deposizione di Teodosio
De Cillis, titolare del negozio di Chiasso, in Svizzera, dove
sarebbero state vendute le schede estere contestate a Moggi. De
Cillis aveva affermato, tra l'altro, che nel suo negozio si
rifornivano per acquisti di telefonini e altro materiale elettronico
come videocamere anche diversi giocatori e dirigenti di società di
calcio ed ha citato il nome di Marco Branca, direttore tecnico
dell'Inter. «Se l'Inter si serviva di quel negozio - ha
commentato Moggi - ed a Tavaroli (ex responsabile sicurezza
Telecom, n.d.r.) sono state sequestrate due schede svizzere: se
uno più uno fa due vediamo poi se fa tre...».
LA CERTEZZA - Al massimo farà «il consulente» inibito.
Alle 18 infatti è atteso a Bologna e Luciano Moggi si appresta forse
davvero a tornare nel calcio dopo la bufera di Calciopoli. Lui
stesso ha commentato le voci che lo vorrebbero l'anno prossimo
vicino al Bologna: «Mi sono semplicemente dato da fare - ha
detto Moggi all'agenzia Italpress - un paio di mesi fa, per
aiutare la presidenza Menarini a trovare nuovi soci per il Bologna.
Per quello che mi riguarda non ho un interesse diretto all'acquisto
di azioni della società rossoblù, ma è evidente che, nel caso di
ingresso dei nuovi soci da me segnalati, rivestirei opportunamente
il ruolo di consulente».
IL PARERE DI ABETE - Opportunamente o no, visto che l'ex
direttore generale della Juventus è stato inibito per cinque anni
dalla Corte federale della Figc. Sull'argomento è intervenuto anche
il presidente Giancarlo Abete: «Come presidente della Figc non
posso che ricordare che tutti coloro che operano nel sistema
sportivo si devono riconoscere in quelle che sono le decisioni degli
organi di giustizia sportiva, che tracciano in qualche modo il
confine tra le persone che possono svolgere ruoli all'interno del
mondo del calcio e altri che sono inibiti e non lo possono svolgere.
Non parliamo adesso per ipotesi, parliamo di situazioni concrete. Mi
riconosco nelle regole e nel funzionamento della giustizia sportiva
- ha concluso Abete - che hanno dato valutazioni su
determinate vicende e hanno dato delle sanzioni a riguardo».
Giudice di pace assolve Moggi: Non c’è stato
illecito sportivo
Undici abbonati del Lecce hanno chiesto i
danni per le gare con Fiorentina e Juve, ma per l’avvocato
Rochira non esistono prove oggettive
ROMA, 10 giugno
- Un rivolo di Calciopoli, lontanissimo dai riflettori del
tribunale di Napoli. Eppure davanti al Giudice di Pace di Lecce,
avvocato Cosimo Rochira, c’era un pezzetto non indifferente
della storia processuale che ha sconvolto il calcio nel 2006:
undici abbonati del Lecce chiedevano 165,78 euro di danni a
Moggi e De Santis per le domeniche trascorse al Via del Mare a
guardare due gare molto presenti nei faldoni napoletani,
Lecce-Fiorentina e Lecce-Juventus e sanzionate dal giudizio
sportivo. Chiamata in giudizio con i due presunti cupolari, la
Juventus. Ecco che il 14 maggio (proprio l’anniversario di
Perugia- Juventus?) il giudice di pace leccese ha respinto la
richiesta formulata il 30 ottobre 2006. Interessante la
motivazione resa pubblica in queste ore con la quale Rochira
spiega la sua decisione, che è - in assoluto - la prima sentenza
di un tribunale dello Stato sulle vicende di Calciopoli intese
come illeciti sportivi. Il giudice Rochira non ritiene che il
comportamento processuale della Juventus «che
non si presentava a rendere interrogatorio
formale, non può far ritenere come ammessi i fatti dedotti,
poiché i fatti di cui al procedimento sono riferibili ad altra
gestione ». Insomma: che la nuova Juve non abbia
partecipato al processo di Lecce non è stato ritenuto rilevante.
Il problema per chi accusava Moggi e De Santis è che «non
è stato in alcun modo provato il fatto descritto», ovvero
niente combine tra Moggi e De Santis, niente cupola per due dei
cupolari di spicco del processo di Napoli (anche se De Santis
per un vizio di forma dovrà attendere una nuova udienza
preliminare). Eppoi «il Giudicante non
ritiene inoltre pienamente utilizzabili le sentenze rese
dagli organi di giustizia sportiva essendo quest’ultimo
giudizio strutturalmente diverso rispetto al giudizio
ordinario. Né si ritiene - ecco il bello -
che le intercettazioni telefoniche
richiamate nel corso del giudizio (ma non ce ne sono
proprio per Lecce-Juventus, mentre per Lecce-Fiorentina
favorirebbero la Fiorentina e non la Juve, ndr)
possano avere valenza probatoria, non
essendo utilizzabili in un procedimento diverso da quello nel
quale esse sono disposte». Traduzione: niente prova di un
patto Moggi-De Santis, considerato il braccio armato dell’ex dg
dai pm di Napoli; inutilizzabilità delle intercettazioni in
altri procedimenti che non sia quello penale di Napoli. Ma
questa era stata una delle eccezioni principali respinte senza
tema da Caf, Corte Federale, Arbitrato Coni e perfino Tar. «Il
processo sportivo s’è basato tutto su intercettazioni
inutilizzabili in altri procedimenti se non in quello di
Napoli»,- dice l’avvocato Silvia Morescanti, legale dell’ex
arbitro. Ecco poi Paco D’Onofrio, del collegio legale di Moggi:
«E’ la prima sentenza che esclude un patto
illecito tra Moggi e De Santis: non c’è la prova oggettiva ed
effettiva di quell’illecito consumato che ha portato alle
condanne sportive pesanti per i tesserati e la Juventus: cade
anche il presupposto dell’utilizzabilità delle uniche prove su
cui si sono basati i giudici per mandare quasi in C la Juve!»
ARBITRATO CONI - Intanto il 16 giugno Alessandro Moggi,
Franco Zavaglia e Pasquale Gallo discuteranno il loro arbitrato
di fronte al Tribunale dell’arbitrato Coni contro le pesanti
squalifiche comminate dalla Figc.
-------- Alvaro Moretti
Maggio 2009
QUELLO CHE I GIORNALI NON SCRIVONO: LA TESTIMONIANZA DI NUCINI
AL PROCESSO DI NAPOLI E I SUOI RAPPORTI CON FACCHETTI
Danilo Nucini, ex fischietto bergamasco attivo in serie A e
B dalla seconda metà degli anni ’90 alla stagione 2004-05, si è
presentato in aula, l’altro ieri (26 maggio), per raccontare
l'ostracismo a lui riservato dall'intero mondo arbitrale, tanto da
privarlo dalla possibilità di fare carriera ad alti livelli. Si è
ripetutamente definito uno spirito libero, un uomo senza padroni, ma
la storia che ha raccontato ha molte falle, e nel raccontarla è
incorso in numerose imprecisioni e contraddizioni, reagendo con
spocchia e nervosismo a chi glielo faceva notare.
Molta specie ha fatto il racconto della sua assidua frequentazione,
mentre era un arbitro in attività, con un massimo dirigente
dell’Inter, il compianto Giacinto Facchetti, che ha descritto come
un punto di riferimento costante a cui si rivolgeva per trarre
conforto dai suoi problemi di carriera.
Senza contare le numerose inesattezze e bizzarrie che costellano la
storia degli incontri con Fabiani e Moggi e la faccenda della SIM
italiana con relativa omessa denuncia. Ma andiamo per ordine.
L'OSTRACISMO DEL MONDO ARBITRALE
Nucini accusa la Commissione Arbitrale Nazionale di aver sempre
gestito con logiche clientelari le carriere, senza criteri
meritocratici, ripetutamente dichiarandosi vittima del sistema.
Significativa però l’ammissione di aver avuto problemi con tutti
i commissari che si sono succeduti alla guida della CAN, nessuno
escluso, da Casarin, a Baldas/Mattei, a Pairetto e Bergamo. Nucini
racconta candidamente di aver litigato con tutti. Inoltre,
ammette di non aver mai legato nemmeno con i colleghi, di essersi
sempre tenuto isolato dagli altri. A suo dire, il problema non era
lui, ma di certo chiunque avesse attorno non andava bene. Insomma,
il classico piantagrane. Tranne il primo anno, con la CAN
commissariata, momento di emergenza che portò alla cooptazione di
molti arbitri dalle serie inferiori, permettendogli di accedere al
livello più alto, arbitrare in serie A e B, traguardo che in caso
contrario difficilmente avrebbe potuto raggiungere.
Per cercare di dare sostanza alle sue accuse contro il mondo
arbitrale, cita la vecchia storia del giornalista Di Tommaso di
Tuttosport, che nella famigerata stagione 1997-98, secondo
un’inchiesta dalla concorrente (!) Gazzetta, venne accusato di aver
tenuto rapporti inopportuni con alcuni arbitri, i quali però, una
volta sottoposti a procedimento disciplinare, vennero scagionati.
Non sarà questa l’unica volta in cui Nucini userà argomentazioni
legate non tanto a fatti, ma a campagne di stampa e a opinioni
vicine alle ragioni dell’Inter (l'affare Di Tommaso scoppiò in
corrispondenza delle polemiche sul famigerato rigore di Ronaldo e
conseguenti piagnistei).
JUVENTUS BOLOGNA 1-0 del 14/01/01
Nucini racconta di essere stato ostracizzato dai designatori Bergamo
e Pairetto dopo aver concesso un rigore contro la Juve, nel match
interno contro il Bologna del 14 gennaio 2001. Attribuisce a
quell'episodio una sospensione di 40 giorni che subì. Poi però
ammette di aver anche risposto male a Pairetto il quale, al
successivo raduno settimanale a Coverciano, gli aveva fatto notare
l’errore. Ma il rigore c’era? Prima Nucini parla di un'intervista
nella quale, secondo un racconto telefonico della moglie
immediatamente successivo alla partita, Iuliano, l'autore del fallo,
gli avrebbe dato ragione; poi è
costretto ad ammettere di aver subito unanimi critiche da tutti gli
organi di stampa, e non solo per il rigore; un arbitraggio
disastroso, a parere di tutti.
Invito il lettore a leggere L'articolo del Corriere su quella partita,
eloquente fin dal sottotitolo: “L'arbitro Nucini il peggiore in
campo”. Ma leggetelo tutto, ne vale la pena. I cronisti Padovan
e Franchetti dedicano due terzi dello spazio che hanno
a disposizione al commento degli errori dell’arbitro, cosa più unica
che rara, tale da oscurare la prestazione dei giocatori. Per
altro, la sua direzione viene definita sfacciatamente pro-Juve fino
a pochi minuti dalla fine (ha la nomea di arbitro
casalingo), allorché Nucini assegna un rigore molto dubbio al
Bologna, sotto per 1-0 (rigore poi sbagliato da Cruz).
Siamo sicuri che i designatori lo criticarono solo per quel rigore?
Addirittura, Nucini racconta di aver fatto resistenza all’invito di
Bergamo a chiedere scusa a Pairetto per la reazione a Coverciano.
Dunque, Nucini arbitrava male e rispondeva male ai rilievi dei
designatori. Di più: lamenta la mancata solidarietà dei colleghi, a
suo avviso troppo competitivi con le nuove leve. Gli si chiede se dopo la partita i dirigenti bianconeri
andarono a protestare, ma la risposta è no. Per dare una parvenza di
sostanza alle sue “sensazioni”, si attacca a un gadget post-partita,
di quelli che i club ospitanti danno sempre agli arbitri e che, nel
caso della Juve, era costituito da uno zainetto contenente una
maglia e la videocassetta del match: in quel caso, Nucini vi
trovò una casacca bianconera con un quadrato nero invece del nome
del giocatore. In pratica, descrive l'episodio come si trattasse una
ritorsione da thriller, manca solo il sangue. Dunque, da quella gara, da quel rigore contro la Juve, a
suo dire l’avrebbero ostracizzato. Peggio: dall’anno successivo gli
avrebbero fatto arbitrare solo partite di serie B. Vero? No,
falso. Basta controllare: Verona - Fiorentina 25° giornata 3 marzo
2002 e Lecce - Parma 18° giornata 14 gennaio 2002 (e altre 3 nel
2002-03). In realtà Nucini arbitrò partite di serie A fino
all’ultimo anno di carriera, il 2004-05, quando ad esempio diresse
un contestatissimo Fiorentina –Messina.
Insomma, su questo Nucini mente. Non solo, sempre nel 2000-01, dopo quel Juve-Bologna
diresse altre 4 gare di serie A, di cui una della Juve stessa (Juve-Reggina,
vittoria della Juve) e, quando gli avvocati difensori glielo fanno
notare, si rifugia nell'evocazione di una fantomatica strategia dei
designatori per dismetterlo senza destare sospetti. Delirante. Ma quale fu la prima partita di A che diresse dopo quel
Juve-Bologna?
INTER – UDINESE 2-1 del 25/02/01
Questo è il vero momento chiave, molto più del rigore dato contro la
Juve. Infatti, in seguito a una mancata ammonizione all’interista Di
Biagio, Nucini viene redarguito negli spogliatoi dal commissario
arbitrale, e poi telefonicamente da Bergamo. Come negli altri casi,
l’arbitro non accetta la critica, ribatte a muso duro al
commissario, e Facchetti, che assiste alla
scena, il giorno dopo lo chiama.
Un dirigente interista che telefona a un arbitro, per altro dopo un
errore arbitrale in suo favore. Gli avvocati vanno a nozze: “E’
normale questo? Era consentito dal regolamento?” No, ammette,
ma Bergamo è una città piccola e la conoscenza con Facchetti
risaliva già al '98, no, al '99, no, al '97. Ci si incontrava, si
beveva un caffè (come Baldini e Auricchio a Roma?). Gli chiedono
perché non ha segnalato all’Ufficio Indagini la telefonata del
dirigente interista, tanto più che in precedenza Nucini aveva detto
di aver segnalato ai designatori la presenza di Moggi negli
spogliatoio dopo un Napoli-Ancona arbitrato da lui (che lo aveva
semplicemente, e cortesemente, salutato, ammette), senza che la sua
“denuncia” avesse seguito; “eh, ma per la telefonata dipende dal
contenuto”; “eh, ma Moggi a Napoli non doveva starci”.
Gli si fa notare che all’inizio si era lamentato del comportamento
di arbitri accusati (poi assolti) di aver frequentato un
giornalista, che dunque predica bene e razzola male. E’ costretto a
convenire.
Poi il dossier. Nucini parla di un dossier, compilato da lui, sugli errori
arbitrali pro-Juve (diretti e indiretti), relativo alla stagione del
5 maggio, il 2001-2002, e su come i designatori, a suo avviso, li
valutassero in ottica filo-juve. L'idea sarebbe nata
dall’indignazione per un rigore concesso da Bolognino in un
Juve-Chievo del 15 settembre 2001. Il documento viene acquisito agli
atti. Nel dossier c'è un Parma-Juve, perché a
dire di Nucini ci fu un rigore non concesso ai padroni di casa da
Racalbuto; il difensore dell'arbitro gli fa notare che quella
partita fu vinta dal Parma e che anche la Juve reclamò per la
mancata espulsione di Almeyda. Risposta. "Io scrivevo quello che
interessava a me". Il legale di Racalbuto va oltre: "Sa
qual è la sospensione più lunga comminata a un arbitro? 8 mesi, che
vennero inflitti a Racalbuto per un rigore dubbio concesso alla Juve
contro la Roma". Nucini abbozza. Gli si chiede se con Facchetti si cominciarono a
vedere dopo quell’episodio, ma lui ammette che si frequentavano già
prima, al bar, anche nell’ufficio di Facchetti a Bergamo, dove
faceva l’assicuratore. Parlavano di “impressioni verbali,
sensazioni, episodi e poi l'elenco delle partite”. Con che
frequenza si vedevano? Frequentemente, anche settimanalmente. Poi la questione Fabiani, e il racconto di Nucini si
trasforma in una spy-story.
IL MIO NOME E' BOND, DANILO BOND
Fu Facchetti, secondo il racconto dell’ex arbitro, ad avere l’idea.
Nucini, dopo il "tragico" 5 maggio, aveva presentato al suo amico il
dossier sulla Juve, a suo dire convincendolo a fatica (in effetti
mai gli interisti avevano recriminato prima di allora…) del presunto
marcio nel calcio (durante il controesame dei difensori Nucini ammette
ripetutamente che si trattava solo di sue “sensazioni” non
suffragate da prove). Facchetti gli avrebbe consigliato di diventare
“amico” degli arbitri, in particolare di De Santis (dossierato
Telecom). E a una cena di Natale (2002?), sempre Facchetti gli
avrebbe poi detto: “Informati su chi è Fabiani” (singolare:
anche lui dossierato Telecom).
Durante una cena, Nucini avrebbe così chiesto ai colleghi chi fosse
Fabiani, recependo del nervosismo (?) da parte di Racalbuto. E il
giorno dopo, De Santis, col pretesto di uno strappo sull'auto di
Nucini al campo di allenamento di Linate, gli avrebbe chiesto perché
fosse interessato al soggetto, confidandogli di conoscerlo per
essergli stato collega presso un carcere minorile, prima
di nuovamente rimproverarlo per il rigore dato contro la Juve ormai
più di un anno prima (remember l’articolo del Corriere "Nucini il
peggiore in campo"!).
In seguito, dopo un Cosenza - Triestina (di cui Fabiani era
DS) arbitrata il 16 marzo 2003 da Nucini, in aeroporto sarebbe
avvenuto il primo incontro, durante il quale il ds gli avrebbe dato
i suoi numeri di telefono. L’avvocato di Fabiani, nel controesame,
ha contestato la presenza di Fabiani quel giorno in aeroporto,
producendo i documenti di viaggio predisposti dalla Triestina per
quella trasferta, che non prevedevano il volo di ritorno per
Fabiani. Inoltre, davanti al pm Nucini racconta di un Fabiani che
promette di fargli avere un buon voto dal commissario arbitrale, ma
al controesame dell’avvocato innesta la retromarcia, in realtà si
sarebbe trattato solo un breve e amichevole saluto.
Dopo quell'episodio, Nucini sarebbe stato chiamato da Fabiani che lo
avrebbe invitato al bar dell’hotel Cristallo a Bergamo, dove
l’avrebbe rassicurato che ci avrebbe pensato lui a fargli tornare ad
arbitrare la serie A. Tramite "il suo uomo". Peccato che, come già
detto, nel 2002-03 Nucini la serie A l'aveva già fatta: Piacenza –
Empoli del 26 ottobre 2002, Piacenza – Como del 2 marzo 2003 (quindi
solo 14 giorni prima della partita di Cosenza) e Como – Perugia del
12 aprile.
L’"uomo di Fabiani", ovviamente, sarebbe Moggi, che in
quell’occasione Fabiani avrebbe chiamato al cellulare, per poi
passarglielo. Davanti al pm, Nucini racconta di un ambiguo invito di
Moggi: “Fai quello che dice lui” (ma poi al controesame, al
solito, parzialmente ritratta, parlando di uno semplice scambio di
frasi di cortesia), e di uno show di Fabiani che si sarebbe
vantato di poter designare gli arbitri. Così il pm gli chiede cosa
accadde dopo quell’incontro, Nucini risponde che in effetti andò
finalmente a fare una partita di A. Peccato che in aula citi proprio
quel Piacenza – Como, una gara che si era svolta due
settimane prima di Cosenza – Triestina, e cioè ben prima del primo
incontro al bar. Si arriva alla stagione 2003-2004. Nucini
si aspetta di partire dalla A, ma lo mandano in B per Palermo –
Cagliari. La sua direzione viene contestata dall’osservatore
Ingargiola, ma Fabiani, a suo dire, l’avrebbe chiamato per
rassicurarlo: “Non preoccuparti, non fare casini, ci penso io”.
Nucini esegue, a Coverciano non fa casini, ma viene punito comunque:
quindi Fabiani è un cazzaro? E poi perché non designarlo per la A?
A quel punto, finalmente, Fabiani si sarebbe deciso a
presentargli il “suo uomo”. Appuntamento a Greggio, sulla MI-TO,
dove Fabiani l’avrebbe caricato in macchina e portato in un paesino
per fare un bancomat e comprare una ricarica telefonica da un
tabaccaio (strampalato e confuso il racconto). Poi di nuovo alle
rispettive macchine: a questo punto Fabiani l’avrebbe guidato a
Torino, all’hotel Concord, dove in una stanza li avrebbe raggiunti
Moggi, che dopo i convenevoli avrebbe fatto un paio di chiamate
dimostrative a entrambi i designatori, trattandoli male, perorando
la causa di Nucini e invitandoli a valorizzarlo; inoltre, avrebbe
ingiunto a Pairetto di non designare Dondarini per la Juve. E dove
andò il Donda a fare danni quella domenica? Ovvio, a Udine, a punire
l’Inter, la grande vittima dei soprusi moggiani.
Quando Moggi si dilegua, Fabiani avrebbe consegnato a Nucini una SIM
italiana.
Dunque, non straniera? No, italiana. Bah.
Esilarante, infine, la ricostruzione delle istruzioni che gli
avrebbe impartito Fabiani: "Mi spiegava che le cellule si
dividono... le cellule di qui... le cellule di là...". Forse
voleva dire "celle", comunque è un capolavoro di nonsense.
LA SIM MAI USATA, ANZI SI’; MAI
DENUNCIATA, ANZI SI’; ANZI, NO; NON VOGLIO DIRLO
Dunque, la Sim di Fabiani. Italiana. Qua tutto si fa ancora più
confuso e grottesco.
Nucini racconta di aver subito chiamato Facchetti in autostrada, di
ritorno dall'incontro all'Hotel Concord, per raccontargli della Sim.
Tempo dopo, a casa di Facchetti, ci sarebbe stato un colloquio più
dettagliato. “Ecco, è questo il problema”, avrebbe concluso
l’ex arbitro (dovremmo essere ormai verso la fine del 2003; sarebbe
interessante verificare quando iniziarono le attività di Tavaroli
per l'Inter).
Ma la Sim? Nucini la usò? No. Anzi, sì. Forse un paio di volte. Il
teste continua a contraddirsi. D’altronde, come gli fanno poi notare
gli avvocati, agli inquirenti aveva raccontato di essersi segnato il
numero (comunicato solo a Facchetti) e di averla buttata subito. No,
ora ricorda meglio, non subito, prima ci sarebbero state un paio di
chiamate di Fabiani.
Ma Facchetti e Nucini non decisero di sporgere denuncia? A quel
punto avrebbero in mano una bella bomba (la sim). Qualcuno vicino
all’Inter consiglia di mandarlo dalla Boccassini, alla procura di
Milano. Lui ci va, ma la sim l’aveva già buttata. Perché? Non poteva
tenerla e dire alla Bocassini di intercettare quel numero? Ma allora
che disse al pm milanese? Mistero. Nucini non vuole parlarne. “Parlammo
di calcio”. Insomma, un "qui studio a voi stadio" con uno
spruzzo di "un giorno in pretura".
E l’ufficio indagini della Figc? Era lì apposta. Macché, lui, Nucini,
l'uomo senza briglie, non si fidava di nessuno.
Di nessuno. Anzi, di uno si, di Facchetti. “L'ho detto a
Giacinto Facchetti, perché era l'unico l'unico, che poteva smontare
tutto! Se io mi fossi rivolto all'ufficio indagini, a chiunque,
nessuno mi avrebbe ascoltato, ma mi avrebbero buttato fuori!”.
Gli chiedono se è vero, come riportato da alcuni giornali, che
voleva lavorare per l’Inter, magari fare l’addetto agli arbitri.
Nucini prima nega decisamente qualsiasi ipotesi di tal genere, poi
deve ammettere che Facchetti gli aveva offerto un posto di
lavoro. Tiene a specificare che lui avrebbe rifiutato
sdegnoso.
Gli avvocati lo incalzano: “Negli incontri con Moggi e Fabiani,
non le è venuto in mente di portare un registratore?".
Risposta. “Il registratore non è elegante. E poi non faccio
l’investigatore.”
E per finire questo prolisso resoconto, una piccola chicca:
infervorato, sotto i colpi del controesame dei legali che gli
contestano le discrepanze tra la testimonianza resa in aula e quelle
registrate nel 2006 e 2007 dagli inquirenti, Danilo Bond si lascia
andare: “Sa cos'è? Per venire qua mi sono letto un file di
250 pagine che ho archiviato e allora non l'avevo fatto!”.
I legali si scatenano: “Ah sì? E dove le ha prese queste
informazioni? E quando le avrebbe raccolte? Ce l'aveva anche nel
2007 dai Carabinieri, allora? Prima di venire qua in questi giorni
ha parlato con qualcuno di questo processo? Si è consultato con
qualcuno?".
Un avvocato fa rilevare strane uguaglianze testuali tra due sue
precedenti deposizioni agli inquirenti, come se la seconda fosse
frutto di copiaincolla della prima. Il giudice cerca di calmare gli
animi. Danilo Bond non accetta le insinuazioni su eventuali
"suggeritori" nell'ombra:
“No, no, non mi son consultato con nessuno, stia tranquillo,
avvocato! Non ho mai avuto nessun padrone, avvocato”.
(dal sito dello Ju29ro)
25 Aprile 2009
Teresa Casoria, presidente della giuria, ha
escluso la Juventus dal processo di Calciopoli: essendo un
procedimento soltanto penale, il dibattimento riguarderà
esclusivamente le responsabilità individuali dei singoli soggetti
coinvolti e non quella oggettiva attribuibile al club bianconero. La
Juventus esce così di scena: non ci potrà essere nei suoi riguardi
alcuna delle richieste risarcitorie avanzate da club, associazioni
di consumatori o privati cittadini.
L’avvocato Paco D’Onofrio (docente di Diritto sportivo
all'Università di Bologna), contattato dal quotidiano sportivo
torinese 'Tuttosport', ha dato il suo parere su questa vicenda.
L'avvocato si dice convinto che la Juve possa chiedere la
riassegnazione degli scudetti.
"E' dato recente che i giudici sulla base di un’ampiezza di prove
indubbiamente inesistente nel momento in cui si è celebrato
Calciopoli davanti agli organi della Figc, ha deciso di estromettere
dal processo la Juventus - scrive l'avvocato D'Onofrio su 'Tuttosport'
- sollevandola da eventuali responsabilità risarcitorie ed
asseverando la nota e ricorrente tesi difensiva della società che,
nella rinnovata gestione, si è sempre dichiarata e professata quasi
'vittima' del presunto travalicamento di mansioni che il suo ex
Direttore Generale, Luciano Moggi, avrebbe perpetrato nel tempo. Gli
scudetti revocati alla Juventus andrebbero riassegnati, quale
effetto reversibile ( ormai la retrocessione in serie B è stata
effettivamente espiata) di una pronuncia della giustizia sportiva
che si è fondata su un erroneo presupposto di fatto. Si ricorderà,
infatti, che l’accanimento sanzionatorio della Figc nei confronti
della società bianconera si spinse oltre la semplice attribuzione
di punti di squalifica ( come per le altre tre squadre coinvolte),
ma si decise di retrocedere la squadra appena divenuta Campione
d’Italia, revocandole anche lo scudetto conquistato nel corso di un
campionato non sottoposto ad procedimento disciplinare!".
Calciopoli, avv. di Moggi: "Dove sono le
telefonate di Moratti?"
Mario Incandenza mercoledì 22 aprile 2009 00:44
Quella di ieri al tribunale di Napoli è stata un'udienza
apparentemente interlocutoria, dato che si dovevano discutere
questioni procedurali, e cioè la richiesta di annullamento
dell'ordinanza che aveva escluso le parti civili e i cosiddetti
"mezzi di prova", e cioè l'elenco, da parte di Pubblico
Ministero e avvocati difensori, di tutti gli elementi
(testimonianze, intercettazioni, tabulati, documenti ufficiali,
perizie ecc.) che intendono portare nel dibattimento per
dimostrare, a seconda dei punti di vista, che gli imputati sono
colpevoli o innocenti. E così è stato per la stampa ufficiale,
come ad esempio
Repubblica, che ha
prodotto trafiletti insipidi.
Però, per noi, probabilmente tra i pochi in Italia ancora
interessati al punto di vista della difesa, non è stata una
giornata così insignificante, tutt'altro.
Diciamo subito che le parti civili si sono viste
confermare definitivamente l'esclusione dal processo, e
questo ovviamente non è stato scritto da nessuno.
Ma, soprattutto, è passato del tutto sotto silenzio l'intervento
dell'avvocato Prioreschi, che chiamato a indicare i "mezzi di
prova" di cui intende avvalersi per difendere il mostro Luciano
Moggi, ha detto cose che riteniamo molto interessanti, e che
siamo convinti interessino molto a chi frequenta il nostro sito.
Prima di tutto, nel sollevare eccezioni sull'utilizzabilità
delle intercettazioni, ha fatto notare che per i tabulati delle
Sim svizzere mancano le rogatorie internazionali (questione che
va al di là dell'aspetto puramente formale, ne abbiamo già
parlato
qui).
Inoltre, Prioreschi ha parlato di un elenco di tutte le
intercettazioni contenute nel DVD della procura. Questo
elenco, corredato di numero di telefono, data, durata e
progressivo, consterebbe di ben 2.600 pagine, e
riguarderebbe circa 171.000 telefonate.
L'avvocato ne ha richiesto la trascrizione completa. E scorrendo
l'elenco ha notato alcune curiose "anomalie". Riportiamo la
parte più significativa del suo intervento:
“Dall’esame della trascrizione integrale delle telefonate
emergono delle anomalie: per alcuni numeri ci sono dei periodi,
anche lunghi, una settimana, 10 giorni, 20 giorni, in cui
sembrerebbe che questo telefono non abbia mai telefonato.
Faccio uno dei tanti esempi: a pag. 1131, in relazione ad un
certo numero, dal 5 al 26 novembre 2004 questo telefono non
avrebbe mai effettuato chiamate, il che francamente a noi sembra
strano. Un altro buco c’è a pagina 1160, un altro alla pagina
2194. Noi chiediamo che il Tribunale chieda al gestore di
telefonia, Tim, Omnitel, Wind che sia, il tabulato di questi
numeri di cui risultano mancanti le telefonate. Sa perché le
dico questo, presidente? Perché noi abbiamo chiesto la
trascrizione di alcune telefonate che Paolo Bergamo fa alla
signora Fazi. In queste telefonate, Bergamo, sotto
intercettazione da tempo, riferisce di alcune chiamate che
avrebbe ricevuto da parte del presidente dell’Inter Moratti. Ci
torneremo quando vedrete la trascrizione, lui dice ‘mi ha
chiamato Moratti, mi ha parlato degli arbitri, delle
designazioni’ e quant’altro. Ora, esaminando tutte le telefonate
che abbiamo agli atti, noi ad esempio non troviamo queste
telefonate di Moratti, e fanno riferimento anche ad alcune
telefonate di Facchetti, che obiettivamente sono rilevanti per
la difesa, perché sono comportamenti esattamente speculari a
quelli di Moggi. Così come si informava Moratti delle
designazioni arbitrali, si informava Moggi. Per Moggi è frode
sportiva, associazione a delinquere, per Moratti, beato lui, non
è nulla. Noi vorremmo capire come mai queste telefonate non sono
negli atti. E questa vicenda, presidente, si collega ad un’altra
che è capitolata nella lista testi e che ci sta particolarmente
a cuore, e riguarda i testimoni dal 279 al 286, e cioè
Marco Tronchetti Provera, Massimo Moratti, Giuliano Tavaroli,
Emanuele Cipriani, Carlo Buora, Fabio Ghioni, Alfredo Melloni e
Roberto Preatoni. Tra loro abbiamo componenti del
famoso Tiger Team della Telecom, quelli che
avrebbero fatto – non mi riferisco, per carità, a Tronchetti
Provera e Moratti - le intercettazioni abusive Telecom, per le
quali dopodomani a Milano comincia l’udienza preliminare e
Luciano Moggi è indicato come parte lesa. Questo perché, dagli
atti di Milano che noi abbiamo già esaminato, emerge che su
incarico dell’Inter, di cui Tronchetti Provera, proprietario
della Telecom, era sponsor e vicepresidente, Luciano
Moggi è stato pedinato, seguito, sono stati redatti dei dossier,
e da quegli atti emerge un’ulteriore circostanza che è rilevante
e interessante per la difesa e mi auguro anche per il tribunale,
che quando Tavaroli, Cipriani, Ghioni e company, cioè gli spioni
Telecom, seguivano Moggi in tutti i suoi spostamenti, sa con che
tipo di SIM comunicavano tra di loro? Con delle SIM
svizzere. Quello stesso gestore di SIM che si addebita
a Luciano Moggi. Siccome, come vedrete, dietro l’attribuzione di
queste SIM ci sono calcoli complicatissimi sul fatto che
agganciano le celle di Torino dove stava Luciano Moggi, noi
vorremmo capire, siccome è una questione di calcoli molto
complessi, se le SIM che agganciavano le celle di Torino non
erano quelle di Moggi, ma magari quelle di cui erano in possesso
i suoi pedinatori. Insomma, ora i processi da seguire diventano due, uno a
Napoli e uno a Milano.
Prioreschi ha poi fatto un'altra significativa richiesta:
Chiedo inoltre di accertare se Romeo Paparesta è stato mai
iscritto nel registro degli indagati della procura di Napoli con
riferimento a questo processo e di esaminare le motivazioni
dell’archiviazione di Gianluca Paparesta, perché le motivazioni
interessano a tutti noi per capire come si ragiona su certe
posizioni e come su altre posizioni. ”
Quanto al pm Narducci, ha elencato i "mezzi di
prova" dell'accusa, che comprendono le intercettazioni del
campionato 2004-05, quelle dell'inchiesta che era stata
archiviata a Torino, i tabulati delle famose SIM svizzere e
slovene, sostenendo di poter dimostrare con certezza che
appartenessero e fossero usate dagli imputati. Interessante il
fatto che ha definito le utenze straniere "utili per
integrare elementi" che non è stato possibile individuare nelle
telefonate ascoltabili", ammettendo implicitamente che le
sole intercettazioni diffuse nell'estate di Farsopoli e che
tanto erano state pompate dai media non provavano un bel nulla.
Porterà inoltre elementi che, a suo dire, proverebbero il
sorteggio truccato (la famose palline e un testimone); altre
intercettazioni (o meglio, files di telefonate contenuti in un
cellulare) che riguardano la vicenda del dossier anti-Della
Valle; fotografie e video di pedinamenti di imputati; atti della
Figc sulle vicende Mozart-Reggina e Boudianski-Zeytulaev;
allegati dell'informativa del novembre 2005 relative a griglie,
sorteggi e designazioni arbitrali; relazioni degli osservatori
arbitrali; atti della Figc seguiti a dichiarazioni di Cellino
dopo un Cagliari - Juve; i verbali delle assemblee Figc e Lega
del campionato 2004-05; le famose polizze INA-Assitalia
stipulate dalla Juve. E per finire, ovviamente, gli atti della
giustizia sportiva relativi ai processi di Farsopoli.
Per le difese, oltre a Prioreschi, sono intervenuti, anche se
più brevemente, gli avvocati di Ambrosino, Bergamo,
Bertini, Ceniccola, Dattilo, Della Valle, Fabiani, Fazi, Foti,
Gemignani, Lotito, Mazzini, Meani, Pairetto, Puglisi, Racalbuto,
Scardina, Titomanlio. Interessanti le eccezioni
sollevate dall'avvocato di Meani, che ha fatto
notare che, quando venne intercettato, l'ex addetto agli arbitri
milanista non era nemmeno ufficialmente indagato,
dato che la sua iscrizione fra gli indagati è avvenuta solo l'11
maggio 2006, allo scoppiare di Farsopoli.
La prossima udienza era prevista per il 28 aprile, ma siccome
gli avvocati difensori hanno chiesto copia dei tabulati
integrali forniti dai gestori di telefonia alla Procura,
protestando il poco tempo per esaminarli, è stata rinviata al
5 maggio.
Dobbiamo dire che quella data la preferiamo anche noi.
TUTTOSPORT
D'Onofrio: «Svolta a Napoli: alla Juve vanno
ridati gli scudetti»
L’esperto in Diritto sportivo su
Calciopoli: «Ora i due scudetti vanno restituiti: il club è
stato escluso dal processo, la sua responsabilità per l’operato
di Moggi è al massimo oggettiva, da punti di penalizzazione:
ridargli i titoli compenserebbe la B»
TORINO, 27 marzo -Martedi scorso Teresa Casoria, presidente
della giuria, ha escluso la Juventus dal processo di Calciopoli:
essendo un procedimento soltanto penale, il dibattimento
riguarderà esclusivamente le responsabilità individuali dei
singoli soggetti coinvolti e non quella oggettiva attribuibile
al club bianconero. La Juventus esce così di scena: non ci potrà
essere nei suoi riguardi alcuna delle richieste risarcitorie
avanzate da club, associazioni di consumatori o privati
cittadini.
L’avvocato Paco D’onofrio ci ha mandato il suo parere su questa
vicenda. «Come ho avuto occasione di
anticipare nel corso di alcuni interventi pubblici resi
all’indomani dell’inizio del processo di Napoli, le questioni
lasciate irrisolte dalla frettolosa giustizia sportiva
dell’estate del 2006 sarebbero riemerse presto, ben prima
dell’ultimo grado di giudizio penale».
«In effetti, è dato recente che
i giudici ( statali, a differenza di quelli sportivi che non
appartengono all’ordinamento giudiziario), sulla base di
un’ampiezza di prove indubbiamente inesistente nel momento in
cui si è celebrato Calciopoli davanti agli organi della Figc,
ha deciso di estromettere dal processo la Juventus, sollevandola
da eventuali responsabilità risarcitorie ed asseverando la nota
e ricorrente tesi difensiva della società che, nella
rinnovata gestione, si è sempre dichiarata e professata quasi “
vittima” del presunto travalicamento di mansioni che il suo ex
Direttore Generale, Luciano Moggi, avrebbe perpetrato nel tempo.
Tralasciando ogni questione sul punto, anche nel rispetto del
processo che si sta celebrando, non può tuttavia non
sottolinearsi che al momento, sulla base di quanto deciso dal
collegio partenopeo, non è dato rinvenire alcun profilo di
responsabilità del club bianconero, che, quindi, esce dall’agone
processuale. Gli scudetti revocati alla Juventus andrebbero
riassegnati, quale effetto reversibile ( ormai la
retrocessione in serie B è stata effettivamente espiata) di
una pronuncia della giustizia sportiva che si è fondata su un
erroneo presupposto di fatto. Si ricorderà, infatti, che
l’accanimento sanzionatorio della Figc nei confronti della
società bianconera si spinse oltre la semplice attribuzione di
punti di squalifica ( come per le altre tre squadre coinvolte),
ma si decise di retrocedere la squadra appena divenuta
Campione d’Italia, revocandole anche lo scudetto conquistato
nel corso di un campionato non sottoposto ad procedimento
disciplinare!» «La non convincente gestione
del processo sportivo in termini di garanzie costituzionali e
diritti della difesa, nonché l’applicazione delle massime
sanzioni possibili, trovarono giustificazione nell’argomento
federale secondo cui la Juventus andasse punita con severità
esemplare perché aveva beneficiato ed avallato un sistema di
corruzione arbitrale. Non è così, a meno che non si consideri
più attendibile un giudice sportivo rispetto ad un Tribunale
della Repubblica. Ferma restando la mia assoluta convinzione
dell’innocenza di Luciano Moggi, in ogni caso, per il solo
primo esito processuale napoletano, la Juventus sarebbe
legittimata a chiedere la revisione del processo sportivo,
chiedendo la rassegnazione degli scudetti illegittimamente
revocati (effetto ancora reversibile), quale atto moralmente
doveroso nei confronti dei tifosi che ancora si interrogano
sulla rinuncia al ricorso al Tar e giuridicamente doveroso nei
confronti dei piccoli azionisti che hanno sofferto l’andamento
al ribasso del titolo, per le note vicende».
SPORT - 24 ore
CALCIO, PAPARESTA:
MOGGI NON MI RINCHIUSE NELLO SPOGLIATOIO
Gianluca Paparesta, l'ex arbitro pugliese
coinvolto nello scandalo di Calciopoli, durante un'intervista
alla trasmissione de La7 'Niente di personale', condotta da
Antonello Piroso, che andrà in onda questa sera alle 21, ha
raccontato la sua verità sull'episodio dello spogliatoio in cui
sarebbe stato chiuso da Moggi. "Finalmente posso dire l'unica
verità su quel 6 novembre 2004: non sono mai stato chiuso in uno
spogliatoio da Moggi. Moggi e Giraudo entrarono agitati e si
lamentarono del mio operato - ha spiegato Paparesta riferendosi
a quanto accadde al termine di Reggina-Juventus, conclusasi con
la vittoria per 2-1 dei calabresi - Nessuno però mi ha chiuso
dentro lo spogliatoio. Si sono solo lamentati in maniera decisa
perchè non avevo concesso loro un rigore e avevo annullato il
gol del pareggio proprio un attimo prima del finale, cosa che
per altro dimostra che non soffrivo certo di sudditanza. Poi se
ne sono andati via e io ho solo sbagliato a non inserire nel
referto di gara l'episodio". "Questa non è la mia versione ma la
realtà - ha aggiunto l'ex arbitro - non ero solo, con me c'erano
assistenti, quarto uomo e un osservatore. Se fosse accaduto
qualcosa, qualcuno l'avrebbe segnalato".
(30/01/2009)(Spr)
GUP
MILANO: MOGGI ASSOLTO, NON DIFFAMO' L'INTER
Luciano Moggi, ex dg della Juventus, è stato
assolto dall'accusa di diffamazione nei confronti dell'Inter. Lo ha
deciso oggi il Gup di Milano, Marco Maria Alma che non ha ritenuto
diffamatorie le dichiarazioni che l'ex dirigente juventino rilasciò
al quotidiano Libero nel luglio 2006. Ad una domanda fatta da un
giornalista sulle squadre che non erano state punite come invece era
accaduto a lui e alla Juventus, Moggi rispose parlando del falso
passaporto di Alvaro Recoba, affermando che, in quell'occasione, la
squadra presieduta da Moratti aveva patteggiato senza ulteriori
conseguenze.
Per queste dichiarazioni l'Inter querelò Moggi per diffamazione
ricordando che Lele Oriali, ex dirigente nerazzurro e Recoba avevano
patteggiato la pena presso il tribunale di Udine. Ma il gup di
Milano ha ritenuto che le parole di Moggi fossero solo espressione
del diritto di critica, al massimo imprecise, ma non penalmente
rilevanti. (21/01/2009)
8 gennaio 2009
Processo Gea : nessuna associazione per
delinquere.
ROMA, 8 gennaio - 1 anno e 6 mesi per
Luciano Moggi,
1 anno e 2 mesi ad Alessandro Moggi
per violenza privata. Assolti tutti gli altri imputati. Caduta
l'accusa di associazione a delinquere. Questa la sentenza del
processo per la presunta concorrenza illecita che sarebbe stata
esercitata dalla Gea World, la società che ha gestito le procure di
numerosi calciatori di serie A e B, nel quale sono imputati per
associazione a delinquere finalizzata all'illecita concorrenza, con
minacce e violenza, Luciano e Alessandro Moggi, Franco Zavaglia
(presenti in aula), Francesco Ceravolo, Pasquale Gallo e Davide
Lippi. I giudici della decima sezione penale del tribunale della
capitale, presieduta da Luigi Fiasconaro, sono entrati da poco in
camera di consiglio e dovranno decidere in particolare sulle
richieste di condanna formulate dal pm Luca Palamara che usò parole
pesanti per definire il meccanismo attuato dalla Gea:
un'associazione per delinquere - disse durante la requisitoria - che
mirava "al controllo del mondo del calcio".
LE MOTIVAZIONI -
Decaduta l'accusa di associazione a delinquere, Luciano Moggi viene
condannato per violenza privata per le pressioni esercitate sugli ex
juventini Nicola Amoruso ed Emanuele Blasi. Per Moggi Jr l'addebito
che porta alla condanna in primo grado a 1 anno e 2 mesi deriva
dalle circostanze e dalle pressioni esercitate sui due giocatori
Victor Budiansky e Ilia Zetulayev. Assolti gli altri imputati Franco
Zavaglia, Francesco Ceravolo, Pasquale Gallo e Davide Lippi.
MOGGI JR - «Non so se pago
per tutti, ma è stata assolta la Gea e io condannato», ha
commentato Alessandro Moggi.
LA SENTENZA- Luciano e Alessandro Moggi erano in aula. Seduti nelle prime
file hanno ascoltato la prima sentenza del processo Gea: condannati.
Un anno e sei mesi per Luciano, un anno e due mesi per Alessandro.
Ma niente associazione a delinquere, "solo" violenza privata e
minacce. Assolti invece gli altri imputati: Franco Zavaglia,
Francesco Ceravolo, Davide Lippi e Pasquale Gallo. Stravolte le
richieste dell'accusa, che voleva 6 anni per Luciano Moggi e 5 per
il figlio Alessandro, 3 anni e 6 mesi per Franco Zavaglia, 2 anni e
4 mesi per Francesco Ceravolo, un anno e 4 mesi per Davide Lippi e 8
mesi per Pasquale Gallo. Ma il collegio della decima sezione penale
del tribunale di Roma, presieduto da Luigi Fiasconaro, dopo appena
un paio di ore di Camera di consiglio, ha preso la sua decisione,
facendo decadere l'accusa di associazione a delinquere. Dopo la
lettura della sentenza, Luciano Moggi ha lasciato subito il
tribunale. Mentre il suo avvocato, Marcello Melandri, ha fatto
sapere che «tutto sommato è un processo vinto.
Sono rimasti due episodi, con due condanne banali. Era il processo
alla Gea, mentre alla fine è venuto fuori che la Gea non c'entrava
nulla. Solo Luciano e Alessandro avrebbero commesso due piccoli
reati. Ora vedremo cosa dirà la Corte di appello».
RICHIESTE DI ASSOLUZIONE
- Oggi i difensori di Davide Lippi, l'avvocato Franco Coppi, e di
Alessandro Moggi, l'avvocato Giulia Bongiorno, nelle rispettive
arringhe che hanno concluso l'istruttoria dibattimentale, avevano
chiesto l'assoluzione per i loro assistiti escludendo pressioni ed
intimidazioni dietro l'acquisizione delle procure dei calciatori. «Quello
che si è celebrato - ha detto Bongiorno - è
stata una sorta di processo di appello per i Moggi. Infatti loro
sono già stati condannati dopo un processo mediatico». «Da
questo processo è venuto fuori che gli imputati non sono altro che
delle vittime- ha aggiunto- Vittime di tutti
questi procuratori che hanno covato rancore per anni nei confronti
dei Moggi, padre e figlio. La parola Moggi abbiamo ormai scoperto
che è considerata un insulto. Ora stanno tutti sulla riva del fiume
a lanciare sassi, come Caliendo, del quale abbiamo scoperto che la
boutique era in fallimento. O come Baldini e Antonelli, che hanno un
atteggiamento palesemente ostile e che non sanno prendersi le loro
responsabilità quando vengono a testimoniare in aula. Il cognome di
Alessandro sta pesando molto sulla sua vita visto che ci sono
episodi dove, pur non essendo lui il protagonista, viene imputato,
mentre i veri protagonisti, e parlo di Calleri, Gaucci e Geronzi, ne
sono i reali responsabili. Eppure sono usciti tutti da questo
processo... Alessandro Moggi- ha concluso la Bongiorno- non solo va
assolto, ma ha subito un processo ingiusto». Richieste di
assoluzione sono state fatte anche da parte di tutti gli altri
avvocati difensori, «perchè il fatto non sussiste».
LE RICHIESTE DELL'ACCUSA
- Nell’udienza dello scorso 11 novembre l'accusa ha richiesto per i
sei imputati le seguenti pene: 6 anni Luciano Moggi; 5 anni per
Alessandro Moggi, 3 anni e mezzo per Zavaglia, 2 anni e quattro mesi
per Ceravolo, 16 mesi per Davide Lippi, 8 mesi per Gallo.
I CAPI DI IMPUTAZIONE
- I capi di imputazione variano dall’associazione a delinquere,
violenza privata e tentata violenza per i due Moggi alla “sola”
violenza privata finalizzata all’illecita concorrenza per Lippi jr.
e Gallo. Il 20 gennaio, poi, a Napoli prenderà il via il processo di
Calciopoli per Luciano Moggi e altri 24 imputati: ieri chiuse le
liste per la presentazione dei testi. Ancora a Roma il 12 ci sarà la
Corte dei Conti per le richieste di risarcimento per il danno
erariale aBergamo, Pairetto, Mazzini, Lanese, Mazzei, Fazi,
De Santis, Babini ePuglisi. Il 9 febbraio infine, i riti
abbreviati per 11 imputati del processo di Napoli, tra cui AntonioGiraudo.
5/1/2009
MOGGI e il processo GEA:
carte in tavolaNell’ambito
del processo Gea, non credo «all’associazione a delinquere
finalizzata all’illecita concorrenza con minacce e violenza»
che Luciano Moggi avrebbe organizzato per schiavizzare il
calcio italiano. O mi sono perso qualche passaggio o gli
undici anni chiesti per la famiglia Moggi (sei al padre,
cinque al figlio Alessandro) non stanno in piedi. Lo scrivo
prima del verdetto di primo grado, atteso a Roma per giovedì
8 gennaio 2009. Lo scrivo perché le munizioni e le raffiche
del pm Luca Palamara, presidente ad arringhe alterne
dell’Associazione nazionale magistrati, hanno trasformato
Moggi in un personaggio che, se davvero esistesse, e se
davvero avesse fatto tutto quello che gli è stato
attribuito, andrebbe deportato in Siberia. E noi giornalisti
con lui, per omesso controllo. Molti si ostinano a parlare
di Moggiopoli. Fa comodo. Ripeto: o mi sono distratto o
dipingere la Gea come l’ultima Spectre non sta né in cielo
né in terra. Certo, in assenza di norme che, all’epoca
regolassero il traffico, le parentele e gli ingorghi fra
procuratori, i Moggi l’hanno usata e ne hanno abusato, e
proprio per questo avrebbe dovuto occuparsene la giustizia
sportiva che, viceversa, la sfiorò senza trovarvi nulla di
torbido. Il problema è etico, non penale. E non riguarda
soltanto i burattinai, tocca anche i burattini. Tanto per
rendere l’idea, alle Fiere sponsorizzate dalla Gea andavano
i presidenti dell’Anti-trust (Catricalà) e fior di
opinionisti: il tutto, sotto l’egida del Coni, il cui
presidente, Petrucci, appena poteva volava da Roma a Milano,
della Federazione e della Lega calcio. Nel corso dell’ultimo
derby fra Everton e Liverpool, trasmesso in diretta da Sky,
Massimo Marianella ricordava come Rafa Benitez, allenatore
dei Reds, avesse deciso di privarsi in estate di Jermaine
Pennant, e dal momento che costui non voleva saperne di
togliere il disturbo, lo avesse «minacciato»: se resti, ti
sbatto in panchina. Una roba così. Minacciare, minacciato.
Ecco il punto. Dottor Palamara, cosa facciamo di Benitez?
Nessun dubbio che la Gea avesse una posizione dominante, e
che il capofamiglia spendesse a cuor leggero il nome
Juventus. Non solo: le amnesie di Antonio Giraudo e Fabio
Capello fanno sghignazzare, così come il «pezzo di m.» che
Lucianone ha rivolto a Franco Baldini, vedi alla voce Oriali
& passaporto di Recoba, è stato giustamente censurato. Ciò
premesso, per arrivare a sei anni ci vuole molto di più.
Infinitamente di più. Nel caso specifico, ci sono stati
testi dell’accusa che hanno «giocato» in difesa e per la
difesa. E un giocatore, Marco Cassetti, oggi alla Roma, ha
confessato che l’Inter gli avrebbe garantito un signor
contratto qualora si fosse smarcato dal suo agente,
casualmente Alessandro Moggi. Si deve parlare di minacce
tout court oppure, trattandosi della castissima Inter,
conviene usare le virgolette («minacce»)?
La Gea è saltata per aria ed è stata soppiantata da nuovi
consorzi, come insegna la legge della giungla. Moggi è
tutt’altro che un santo o un martire, ma neppure quel mostro
spietato che la pubblica accusa ha tratteggiato. In una
guerra per bande, come è da anni il calcio mercato, sono
molti i mezzi che giustificano il fine, a maggior ragione se
corredati da soffiate ai giornalisti amici. Nessuno meglio
di noi, quando viene titillato, sa creare l’atmosfera. Aver
costruito una Juventus fortissima è un’aggravante e non
un’attenuante, soprattutto in relazione al modo in cui l’ex
direttore generale ha gestito i rapporti con i designatori e
gli arbitri, fermo restando che San Dulli, con le sue
sentenze a capocchia, ha scavato un fosso troppo profondo
tra la Juventus e le altre, tra Moggi e gli altri. Pesa
Arbitropoli, non Geapoli, le cui sanzioni - per le
testimonianze rese e le prove emerse - avrebbero dovuto
essere esclusivamente sportive.
La parola alla difesa... di Moggi
01/12/2008 di Francesco Magi
Fonte: www.ju29ro.com
L'avvocato Paco D'Onofrio è docente di Diritto
Sportivo presso l'Università di Bologna, titolare dell'omonimo
studio legale ed autore di numerose pubblicazioni sulla materia, tra
cui si segnalano il "Manuale operativo di diritto sportivo"
Maggioli 2007, "Sport e giustizia", Maggioli 2005,
nonchè la voce "Sport e diritto" in Enciclopedia
dello sport, Treccani, 2003.
Attualmente è il difensore di Luciano Moggi nei processi sportivi,
autore del ricorso che ha portato alla revoca della squalifica per
Calciopoli-bis per l'ex direttore della Juve e del più recente
ricorso perchè sia statuita l'improcedibilità anche per Calciopoli
1. Fa parte del collegio difensivoche si occupa
della difesa di Luciano Moggi nei processi penali di Roma e Napoli.
L'avvocato D'Onofrio ci ha gentilmente concesso questa
intervista.
I PROCESSI SPORTIVI.
1. Avvocato, due anni e passa per riconoscere un elementare
principio di diritto come l'ingiudicabilità di un soggetto non più
tesserato per la FIGC e quindi al di fuori dell'ordinamento
sportivo. La sentenza d'appello per calciopoli-bis finalmente rende
giustizia. Ma com'è stato possibile ignorare un'obiezione tanto
semplice e motivata per tutto questo tempo?
Nel sistema della giustizia sportiva ci sono norme volutamente
lacunose, nonostante le tante riforme annunciate come risolutive.
Talvolta si registrano vere e proprie violazioni dei più elementari
principi di rango costituzionale, come nel caso di Moggi: si voleva
giudicare e condannare a prescindere dalla presenza dei presupposti
per poter agire.
2. Calciopoli-bis: la prima sentenza, invece, quella della
pena in continuità per Moggi. Ci può raccontare di "quel pomeriggio
di un giorno da cani" in cui le difese degli imputati abbandonarono
in massa l'aula. Cosa successe?
Dopo avere discusso in aula e dopo aver illustrato, nel disinteresse
totale dei giudici (uno mentre argomentavo rideva e quando gli ho
formulato l'invito a cessare quel comportamento mi ha risposto che
rideva per altri motivi!), i miei argomenti difensivi, la
Commissione Nazionale Disciplinare si è chiusa in camera di
consiglio per 4 ore, lasciando noi avvocati per strada con 35° gradi
senza sapere quando saremmo potuti rientrare, mentre tutti i
rappresentanti della Procura Federale si accomodavano nei loro
freschi uffici, dove sarebbero rimasti fino a un minuto prima
(veggenti?) di tornare in aula. Tuttavia, durante quelle ore, un
impiegato della Procura, violando la segretezza della camera di
consiglio, è entrato con un foglio in mano e dopo qualche minuto ne
è uscito senza. Al ritorno in aula ho chiesto al Presidente di
spiegare il gravissimo episodio e mi è stato risposto che la domanda
era irrituale e che non mi avrebbe fornito alcuna spiegazione. Era
davvero troppo, poiché in gioco c'era la dignità professionale degli
avvocati e quella personale dei deferiti. Ho abbandonato l'aula per
protesta seguito da tutti gli altri colleghi e dai deferiti
presenti. Hanno continuato l'udienza in una situazione paradossale.
3. La questione delle doppie cariche all'interno della
giustizia sportiva e degli organi giurisdizionalmente preposti a
revisionarne le sentenze, come Tar del Lazio e Consiglio di Stato.
C'è un collegamento con il fatto che i ricorsi alle decisioni FIGC
hanno una media di successi spaventosamente inferiore a qualsiasi
altro ambito?
Voglio sperare che non sia così. Certo non capisco come mai si sia
impedito ai giudici civili e penali di ricoprire cariche federali,
mentre resti consentito a quelli amministrativi che poi saranno
deputati a decidere sugli eventuali ricorsi amministrativi avverso
le decisioni sportive alle quali hanno partecipato. Qual è la
logica?
4. Quando è prevista la discussione del ricorso al Consiglio
di Stato e quante possibilità ci sono, fatte queste premesse, che
venga accolto? Quali saranno i futuri passi nel caso venga
rigettato?
Stiamo in attesa della fissazione, ma nutriamo poche speranze.
Stiamo valutando di ricorrere alla Corte di Giustizia Europea.
5. Il ricorso al Consiglio di Stato verterà solamente
sull'improcedibilità o ci sarà dell'altro? Ad esempio, nella sua
opinione, Guido Rossi aveva davvero il "potere" di cassare un grado
di giudizio, cioè la Disciplinare?
Dovrebbe vertere su tutto, ma i giudici amministrativi considerano
quegli aspetti come "merito amministrativo" e dunque insindacabile!
6. Sempre Guido Rossi: come valuta la decisione (imputata da
lui ai "saggi") di assegnare lo scudetto scucito dalle nostre maglie
all'Inter dal punto di vista legale e dei regolamenti? E come, dal
punto di vista etico ed estetico, invece, il comportamento di
Moratti che questo scudetto ha accettato?
Nessuna norma prevede e prevedeva questa eventualità ed è stato un
atto che non ha alcun fondamento giuridico, anche perchè non c'erano
addebiti ascritti per quella stagione sportiva, cioè calciopoli,
processualmente, si fermava all'anno precedente. Lascio a voi ogni
considerazione etico-morale.
7. Il nuovo Codice di Giustizia Sportiva: davvero un
baluardo efficace contro gli illeciti? O invece si dovrebbe
procedere con più severità in materia di illeciti amministrativi?
Le norme ora sono più rigorose e le sanzioni più gravi. Ma adesso,
non quando si è celebrato calciopoli; l'assurdo è stato che prima si
è condannato un comportamento e poi è stata redatta la norma
incriminatrice. Solo oggi è illecito parlare con un designatore,
all'epoca non era previsto come illecito ed infatti per motivi
leciti tutti conversavano, ma a pagare sono stati solo Moggi e la
Juventus.
8. A proposito di illeciti amministrativi, il prof. Tito
Boeri, con riferimento ai bilanci delle società di calcio, ha
parlato nella propria ricerca di "illeciti tollerati" da parte del
sistema. Conferma che sull'argomento bilanci l'atteggiamento della
giustizia sportiva sia così tollerante? Quale la motivazione?
Sì lo confermo e credo che sia un atteggiamento salvifico del
sistema, altrimenti i campionati vedrebbero competere solo 5 o 6
squadre. Però occorre uniformità, non sempre dimostrata, come quando
si è fatto passare per mero errore contabile quanto emerso a carico
dell'Inter e non si è appurato che forse non si sarebbe potuta
iscrivere al campionato poi assegnatole a tavolino.
9. La stampa ha riportato l'irritazione di Abete per il
vuoto legislativo che ha impedito l'ulteriore condanna di Moggi. Il
presidente ignora completamente le basi del diritto o che altro? Non
le sembra davvero il colmo?
E' la prova che il Palazzo ha logiche ed interessi diversi
dall'applicazione giusta e corretta delle norme vigenti.
JUVENTUS
10. Abbiamo avuto modo di ascoltare le sue
perplessità sul comportamento difensivo della Juventus. Dal
principio: se lei fosse stato al posto di Zaccone quale difensore
della Juventus durante il processo sportivo, che strategia difensiva
avrebbe adottato?
Certo che rimettersi passivamente al "buon cuore" dei giudici
sportivi non mi sembra una strategia difensiva molto efficace,
tuttavia, temo che le indicazioni della Juventus (rinuncia ad una
difesa oppositiva) siano state in tal senso, purtroppo.
11. Mettiamo un attimo da parte Luciano Moggi. Anche
ammettendo le responsabilità ascritte ai dirigenti deferiti, il
Codice di Giustizia Sportiva allora vigente è stato applicato in
maniera corretta? Cioè, la molteplicità di sanzioni inflitte alla
Juventus era possibile pur in presenza di quei fatti?
Tecnicamente sì, ma quel rigore sanzionatorio senza prove certe non
era mai stato il criterio seguito dalla FIGC. Nel famoso caso
Recoba, si chiese un parere all'allora Presidente Emerito della
Corte Costituzionale, Caianiello, il quale suggerì un atteggiamento
moderato verso il calciatore e la società, perchè se poi in sede
penale le responsabilità non fossero state dimostrate, allora la
FIGC si sarebbe esposta ad un'azione risarcitoria.
12. Il famoso ricorso al TAR ritirato: aveva buone
probabilità di essere accettato o il Tar del Lazio è un muro di
gomma?
Non buone, ma certe! La sospensiva sarebbe stata certamente accolta
e il campionato di calcio non avrebbe potuto avere inizio. Invece di
difendere la storia sportiva della società e la dignità di milioni
di tifosi, la nuova dirigenza ha preferito non recare danno alla
Federazione!
13. Cosa ne pensa della decisione della FIGC di utilizzare
il pugno duro con la Juventus nello scandalo di Calciopoli, prima di
una sentenza della giustizia ordinaria, quando la linea guida da
passaportopoli a bilanciopoli, è sempre stata quella di attendere
tali sentenze, in questo modo graziando Inter, Lazio, Roma?
Come ho già detto nei casi citati, non c'è stata coerenza ed
uniformità. Ecco perchè vogliamo che le Istituzioni europee si
esprimano su quanto accaduto.
14. Quale opinione si è fatto della linea adottata dalla
proprietà juventina durante il primo processo sportivo, dove ha
praticamente patteggiato la pena senza neppure provare a difendersi,
scaricando di fatto i due ex dirigenti, e nel processo penale
odierno, dove di fatto non si è costituita parte civile?
Contraddittoria o machiavellica?
Temo che non ci sia stata superficialità o contraddittorietà, ma che
quelle decisioni derivino da scelte ben precise. Difendersi avrebbe
significato, in fondo, difendere anche Moggi e Giraudo.
GEA E DINTORNI.
15. Dall'inizio delle udienze, la stampa ha riportato
ripetutamente la notizia di testimoni verso i quali il pm, vedendo
smentita l'ipotesi accusatoria, ha ventilato l'incriminazione per
reticenza o calunnia. Ad oggi, tale ipotesi ha davvero avuto un
seguito nei fatti o si è trattato solo di speculazione
giornalistica?
No, stanno procedendo, ma non credo che arrivino a nulla. Sono atti
dovuti, al momento.
16. Anche Franco Baldini è sembrato cadere in palese
contraddizione, quando ha dapprima sostenuto di non conoscere
Auricchio: non vige l'obbligatorietà dell'azione penale in questo
caso?
Si certo, ha ragione. Diranno, tuttavia, che si è trattato di un
errore, di una svista, di una incolpevole dimenticanza.
17. A leggere i titoli dei giornali Moggi è un criminale
alla sbarra, a leggere le deposizioni dei testimoni il tutto sembra
più una grande bolla di sapone. Ci dica la verità, avvocato, ma
qualche giornalista è mai venuto a cercarla per sapere come la
pensava la difesa?
Nessuno, mai. Ho sempre, io, cercato di far capire l'esatta
consistenza di quanto emergeva e, sinceramente, i giornalisti che
hanno avuto la pazienza di ascoltarmi, ora mi chiamano per
pubblicare le notizie vere e certe, facendo giornalismo utile.
Pochi, purtroppo!
18. Nei salotti televisivi, per qualsiasi caso di cronaca,
si dipinge il grande scontro tra innocentisti e colpevolisti:
commedia delle parti, ma la difesa c'è sempre. Abbiamo conosciuto a
fondo gli avvocati difensori della Franzoni, mentre lei non si è mai
visto. Come disse Enzo Biagi, Luciano Moggi è il cattivo da dare in
pasto al popolino. Per quale ragione?
Ovvio, le sentenze mediatiche, quelle cioè decise nelle redazioni,
sono state scritte nell'estate del 2006, dopo la vittoria del
mondiale e con un Governo nuovo, insediatosi tra mille difficoltà.
La gente non ha avuto tempo e voglia di capire, ha accettato
acriticamente i titoli di certi giornali e così il caso si è chiuso
per tutti. Ora, che le verità lentamente stanno emergendo, ci
rispondono che nessuno ha più interesse, la verità vera su Moggi e
sulla Juventus non fa più audience! Se si permettesse di spiegare
alle persone cosa effettivamente sia successo, forse molti, troppi,
tremerebbero.
19. Sui principali quotidiani nazionali appaiono spesso
articoli apertamente diffamatori nei confronti di Moggi e della Juve
del periodo Triade. Avete mai querelato?
Sì, certo, ma le sentenze arriveranno tra anni. E poi crede davvero
che se i giudici accerteranno il carattere diffamatorio di certe
espressioni, qualcuno pubblicherà la notizia?
NAPOLI.
20. Lei è a conoscenza dell'indagine conoscitiva sul
fenomeno delle intercettazioni svolta dalla Commissione Giustizia il
14 Settembre 2006 con la presenza dei parlamentari Casson, Manzione,
D'Ambrosio e l'allora Capo Ufficio Indagini FIGC Borrelli? Che idea
si è fatto delle divergenze di comportamenti tra Procure allora
interessate e cosa altro l'ha colpita?
In assenza di una legge che disciplini con esattezza modalità di
acquisizione e di impiego processuale delle intercettazioni, ci
saranno sempre interpretazioni e quindi scelte difformi. Mi chiedo
solo come mai nel caso di Moggi, dinanzi a scelte alternative, si
opti sempre e comunque per quella più rigorosa.
21. Lei ha parlato di intercettazioni illecitamente
acquisite, come è arrivato a questa conclusione?
Irregolari direi, cioè abbiamo molte perplessità su alcuni decreti
che le hanno autorizzate, in quanto manchevoli di alcuni requisiti
formali.
22. Sarà possibile, in fase dibattimentale, contestare la
bontà delle intercettazioni o chiederne perizie?
Sì certo, alcuni colleghi hanno svolto un lavoro egregio e ci
aspettiamo che i giudici possano condividerlo.
23. Con l'archiviazione per Carraro e Ghirelli, la Cupola
tratteggiata dagli inquirenti perde la sua raison d'etre, o soltanto
un tassello?
Mi sono sempre chiesto: ma visto che da ultimo, l'unico responsabile
resta sempre e solo Moggi, ma allora con chi parlava ed ordiva trame
minacciose per il Paese? Mah!
24. I pm Beatrice e Narducci hanno arditamente paragonato la
presunta struttura associativa a quella della P2 e della mafia.
Hanno travalicato il buon senso o il proprio ruolo?
Direi entrambi, sia per l'inopportunità dell'affermazione che per la
sua infondatezza tecnica.
25. Il secondo giro di intercettazioni su Moggi. Nessun
reato, nè ipotesi di reato trovata. L'autorizzazione a intercettare
ottenuta grazie alla deposizione di Armando Carbone. Le è venuto il
dubbio che si volesse dimostrare un'improbabile reiterazione del
presunto reato, per ottenere la custodia cautelare?
Sì, ho avuto quel dubbio come molti altri, ma per ora non dobbiamo
commettere l'errore di farci attrarre dalle possibili intenzioni e
lavorare sulle prove (poche e scarse) prodotte a carico di Moggi.
26. Il primo giro di intercettazioni nasce invece dalle
deposizioni di Dal Cin, per altro screditato dallo stesso Carbone e
da successive indagini giudiziarie. Il testimone stesso le definisce
un resoconto di voci che circolano nell'ambiente. E' abbastanza per
mettere in moto intercettazioni a tappeto, per altro chiaramente in
carenza di competenza territoriale?
Tecnicamente no, è ovvio, ma probabilmente si cercava solo un mero
appiglio per procedere.
27. In caso di assoluzione di Luciano Moggi e Antonio
Giraudo in sede di giustizia ordinaria, la Juventus potrebbe
richiedere la revisione delle pene inflitte nell'ambito del processo
sportivo finanche la restituzione degli scudetti revocati?
La Juventus potrebbe procedere, ne avrebbe gli strumenti giuridici,
ma temo che resterà pervicacemente coerente con la propria
decisione: la nuova Juventus nasce dalle ceneri di calciopoli e,
dunque, ciò che è stato resti tale. Dovremo arrenderci a questa
triste conclusione, anche perchè come legale di Moggi non posso
certo sostituirmi alla società, anche se quotidianamente ricevo
richieste in tal senso da tifosi o semplici cittadini che amano la
giustizia ed il rispetto per la verità.
28. Ribaltiamo i termini della questione: riguardo al
rapporto che intercorre tra le accuse mosse a Moggi e le disgrazie
juventine, è giuridicamente sensato sostenere la tesi secondo cui un
Moggi riconosciuto colpevole a Napoli non implica necessariamente la
certificazione dell'esistenza di frodi sportive pro-Juve nel
campionato 2004-05? Insomma, Moggi colpevole e Juve "sul campo"
innocente può avere senso?
Sì, certo! Ovviamente ragioniamo per assurdo, nel senso che Moggi è
assolutamente innocente oppure è colpevole come Facchetti, Galliani
ecc.. poichè tutti parlavano con i designatori e non c'è nemmeno
un'intercettazione nella quale si chiede un favore alla Juventus! La
Juventus, comunque, rinuncerebbe a difendersi.
29. Calciopoli, Vallettopoli, scalate bancarie varie: come
giudica questo susseguirsi di scandali propagatisi tramite
intercettazioni telefoniche e che finora non hanno portato ad alcuna
condanna definitiva ma hanno escluso dal proprio mondo i
protagonisti delle vicende?
Sono fenomeni sociali e giudiziari diversi per natura, origine ed
ambito. Io non conosco processualmente gli altri, considero solo che
alcune decisioni per ora solo parziali (come la giustizia sportiva)
hanno intanto, e frettolosamente, stravolto la vita di molte
persone.
30. Il prossimo gennaio inizia il processo di Napoli. Sa se
è stata richiesta l'autorizzazione per la ripresa televisiva o la
trasmissione radiofonica delle udienze? Fosse per lei,
l'accorderebbe?
Sì, perchè i cittadini, che con le loro tasse pagano gli stipendi di
quei magistrati e le fatture delle società che hanno eseguito le
intercettazioni, hanno il diritto-dovere di conoscere direttamente,
senza il tramite dei giornalisti, come effettivamente siano andate
le cose.
L'ANNULLAMENTO DI CALCIOPOLI
31. Lo scorso 25 novembre Luciano Moggi ha presentato
ricorso alla Corte di Giustizia Federale chiedendo l'annullamento
della sentenza dell'estate 2006. Riguardo al modo in cui la stampa
ha trattato oggi la notizia, ritiene di aver qualcosa da aggiungere
o rettificare?
Sì, nel senso che non è un modo truffaldino, un "cavillo" per
rientrare nel calcio da parte di Luciano Moggi, quanto semplicemente
la richiesta di applicare con coerenza principi di rango
costituzionale.
32. Perché è stato possibile un ulteriore ricorso su
Calciopoli 1? L'iter sportivo non era concluso?
No, già in Calciopoli 1 Moggi non doveva essere giudicato, perché si
era dimesso ed, invece, la FIGC e Palazzi hanno deciso,
consapevolmente, di continuare a violare le leggi pur di sanzionare
Moggi.
33. Dal momento che la Corte, per Calciopoli 2, si è
espressa già favorevolmente all'improcedibilità, non dovrebbe poter
cambiare giudizio. O ci sbagliamo? Insomma, pensa che il ricorso
possa davvero "far tremare" il palazzo del calcio, o è solo parte di
una strategia per ottenere risultati più a lungo termine, in altri
tribunali?
Il principio non ammette deroghe e deve essere applicato. Certo che
chi, in FIGC, voleva Moggi al patibolo oggi non vivrà giorni sereni.
34. Se questo ulteriore ricorso andasse a buon fine, per
rientrare nell'ordinamento Moggi dovrà essere sottoposto di nuovo a
giudizio. Ma con quale codice sarà giudicato e con quali garanzie?
Non abbiamo ancora individuato una strategia successiva, per ora mi
sono concentrato sulla questione imminente: a Moggi devono annullare
tutte le squalifiche perchè illegittime.
Calciopoli o Farsopoli? Una ricostruzione
Questa è una ricostruzione della vicenda che, anziché attingere dalla versione propinata in tutte le salse dagli organi di informazione di regime (capitanati dalla Gazzetta dello Sport), prende forma da quello che è il materiale che ho selezionato insieme ad appassionati amici negli ultimi mesi.
Un materiale che non necessariamente è cartaceo ma che spesso è frutto di confidenze, sfoghi, rivelazioni riservate di personaggi vicini a dirigenti attuali e del passato; ma anche degli umori della gente, dei tifosi più veri, quelli che hanno pagato con la moneta più pesante, e cioè la loro passione. Una continua ricerca di indizi, conferme, segnali, che ha caratterizzato a volte anche in maniera ossessionante gli ultimi mesi della vita del nostro staff.
Forse quella che abbiamo ricostruito non sarà la verità perfetta, ma gli si avvicina. E’ certamente più attendibile della menzogna con la quale hanno esiliato la Juventus in serie B. Abbiamo provato a ricostruire la vicenda perché ci siamo accorti che molti, moltissimi tifosi della Vecchia Signora, che per vari motivi non hanno potuto accedere a tali informazioni, hanno formato la loro opinione solo sulla base di un giornalismo becero ed antijuventino.
PROLOGO
C’era una volta la FIAT….. o meglio c’è la FIAT. Nel senso che attualmente la nostra gloriosa industria automobilistica sta vivendo nuovamente un periodo brillante, frutto di una decisa sterzata in termini di politica commerciale e di management.
Questa rinascita sa quasi di miracolo perché fino a pochi mesi fa la FIAT era una azienda talmente in crisi che si parlava chiaramente nella migliore delle ipotesi di vendita se non addirittura di portare i libri in tribunale.
Le Banche, spinte dal governo Berlusconi, erano state costrette a sostenere ancora una volta i conti del Lingotto con una operazione di finanziamento particolare chiamata prestito convertendo; in pratica, giunto alla scadenza nell’autunno del 2005 , questo prestito avrebbe, di fatto, consegnato la FIAT nelle mani delle banche, estromettendo gli Agnelli, capitanati da John Elkann e riducendoli a soci di minoranza.
Le stesse banche avrebbero poi provveduto a liquidare le attività rivenienti attraverso un bello spezzatino. Nello spezzatino, si noti bene, era compresa anche la Juventus. Non direttamente, in quanto controllata da IFIL, ma coinvolta comunque, in quanto, successivamente ad una ipotetica uscita di scena degli Agnelli dalla Fiat, sarebbero stati messi a dura prova i delicati equilibri che ancora oggi uniscono i vari rami della discendenza per il controllo dell’Impero Fiat.
In vista di questa possibilità si paventava l’ipotesi che Giraudo, su preciso input di Andrea Agnelli stesse organizzando una cordata per rilevare la Juventus, acquistando le quote di proprietà IFIL con la collaborazione di alcuni importanti partner sia sportivi che finanziari. Ovviamente Andrea sarebbe stato il Presidente, Moggi il Direttore Generale.
Allo studio c’era un faraonico piano industriale che probabilmente avrebbe fatto della Juventus la squadra numero uno al mondo per molti anni.
Lo stesso scenario viene ampiamente descritto da Antonio Giraudo in una illuminante intervista concessa a Repubblica il primo aprile 2006, circa un mese prima dello scoppio di Calciopoli, e che riportiamo qui di seguito per far capire fino in fondo il progetto che aveva in mente quest’uomo per la Juventus.
TORINO - Giraudo parla, e intanto scrive. E mentre scrive disegna. Traccia mappe, sviluppa diagrammi, incrocia segni e parole su un grande bloc-notes quadrettato. Più che altro cerchia e sottolinea. Il futuro, forse. Dottor Giraudo, lei resterà davvero alla Juventus?
«È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari». Il suo contratto scadrà il 30 ottobre: a parole, la famiglia Agnelli l'ha già confermata. Però i matrimoni si fanno in due.
«Vorrei chiarire una cosa importante. In questi mesi si è scritto, letto e detto di tutto, per esempio che vorrei fare dei mestieri diversi. È chiaro che quando esistono scadenze contrattuali, dall'esterno c'è sempre chi può offrire grandi opportunità, è una legge di mercato. Ma il mio sogno è restare ancora molti anni alla Juventus, sulla base dei ragionamenti iniziati dodici anni fa con l'avvocato Agnelli e col dottor Umberto» Cosa prevedevano quei ragionamenti?
«Che la Juventus diventasse la prima società-azienda del mondo. Cominciammo a parlarne durante le vacanze di Natale del 1993. Dall'Avvocato e dal dottor Umberto traspariva sempre una grande passione per il calcio e per la Juventus, di cui erano tifosissimi» Ritiene che i vari passaggi siano stati compiuti?
«Due su tre. Ora manca l'ultimo, il più importante, su cui vorrei continuare a lavorare» Parliamo dei primi due
«All'inizio cominciammo con l'intervento su costi e conti, di pari passo con l'obiettivo sportivo. Poi ci siamo mossi per consolidare la societàJuventus, attraverso operazioni che ci hanno portato alla quotazione in Borsa e allo stadio di proprietà oltre alla realizzazione di un centro sportivo d’avanguardia che inaugureremo presto. I lavori per lo stadio-gioiello cominceranno alla fine del campionato. Queste sono iniziative che resteranno, in grado di produrre anche ricavi diversi da quelli tipici delle squadre di calcio» Arriviamo alla terza fase: quella, pare di capire, dalla quale dipende anche la sua permanenza alla Juventus
«Bisogna prepararla velocemente. Io lo chiamo il “modello Ferrari”, perché è quello cui ci ispiriamo. Ovvero una grande industria che produce utili per una parte sportiva di assoluta eccellenza. La stessa cosa dovrebbe accadere alla Juventus. Era, lo ripeto, il pensiero di Giovanni e Umberto Agnelli» La Juventus, oggi, rispetto a quel modello cos’è?
«Esiste solo la seconda parte, quella sportiva. Manca la prima, industriale. Cioè la componente che porterebbe ricavi aggiuntivi attraverso investimenti mirati» Se abbiamo capito bene, una Juventus che agisce e produce anche fuori dal calcio?
«Una Juventus che possa operare in settori come l'intrattenimento, oppure l'alberghiero mediante l'acquisto di una catena di hotel. O magari nel campo immobiliare, o in quello dei media attraverso un gruppo editoriale. Qualcosa di simile al gruppo "L'Espresso", visto che ne sto parlando con "la Repubblica". Perché no?» Cosa chiede l'amministratore delegato agli azionisti?
«Chiedo di investire risorse importanti per creare una società più forte, strutturalmente solida a livello patrimoniale ed economico» Dopo l'ultimo Consiglio d'amministrazione, il dottor Gabetti che è presidente dell'Ifil, cioè la finanziaria della famiglia Agnelli che controlla la Juventus, ha annunciato che il piano industriale sarà ambizioso ma non faraonico. Non le pare già una risposta parzialmente negativa alle sue richieste?
«Penso che la portata del piano e degli investimenti sia conseguente al risultato che si vuole ottenere. Non chiediamo soldi per coprire perdite o per acquistare qualche altro giocatore, ma per creare un modello formidabile che nel calcio non esiste, e che ci permetterebbe di colmare il gap attuale tra una società come la nostra e altre grandi realtà europee, come ad esempio il Chelsea e il Real Madrid» Quali le ricadute dal punto di vista sportivo?
«Vogliamo creare risorse permanenti che permettano alla Juventus non solo di finanziarsi al suo interno nel tempo, grazie al formidabile marchio commerciale che rappresenta, ma di avere una squadra sempre più forte e di livello mondiale» Ritiene che questo sarebbe sufficiente per essere i più competitivi al mondo, e com'è ovvio in Italia?
«No, penso che non basterebbe. Perché quando si è risolto il problema patrimoniale ed economico, occorre acquisire più peso politico a livello di media. Per la Juventus, oggi non è così. Alcuni tra i nostri avversari dispongono di emittenti televisive e gruppi editoriali, e questo conta molto» Crede che i proprietari di questi gruppi editoriali diano indicazioni precise ai loro dipendenti per favorire le loro squadre?
«Non penso che si arrivi a tanto. Ma non escludo che alcuni servi sciocchi si spingano oltre, più realisti del re. Può succedere, anzi succede» Dottor Giraudo, e se fossero altri dirigenti a concludere il suo progetto, o comunque a godere i frutti del lavoro già svolto?
«L'interesse della Juventus e dei suoi tifosi viene prima di tutto. Certo, il nostro sogno non può che essere quello di vedere realizzate le cose che abbiamo progettato, e gestirle in prima persona. Mi spiacerebbe molto non proseguire la terza fase del programma» Crede che i giovani della famiglia Agnelli abbiano la stessa passione dell'Avvocato e del dottor Umberto? Convinceranno la famiglia a investire nuove risorse nella Juventus?
«Me lo auguro, anzi ne sono sicuro. Spero che ci sia in loro lo stesso amore. La presenza fisica dell'ingegner John Elkann e di Andrea Agnelli all'ultimo Consiglio di amministrazione è stata significativa, così come quella del dottor Gabetti. Allo stesso modo è da interpretare la cooptazione in Consiglio del dottor Sant'Albano, nuovo amministratore delegato Ifil: un segnale importante» Ma il tifo dei giovani Agnelli?
«Tifo e passione saranno da verificare nel tempo, però sono la premessa per tutto il resto» Quando e come preparerete questo famoso progetto industriale?
«Dovremo vederci a scadenza almeno settimanale. Sottolineo che si tratta di un piano da far nascere insieme, Ifil e management bianconero, condiviso dalla famiglia Agnelli, per identificare le tipologie di investimenti da condividere» La proprietà della Juventus non mette in dubbio che lei, Moggi e Bettega possiate restare al comando. Ottimismo eccessivo?
«La fiducia fa molto piacere. Voglio esprimere gratitudine per le tante opportunità che mi sono state offerte in questi anni, il resto lo vedremo» Davvero Silvio Berlusconi le ha offerto un incarico importante?
«Con il dottor Berlusconi ho da sempre ottimi rapporti, e lui non ha mai mancato di mostrare apprezzamenti verso il nostro lavoro. Fu estremamente sportivo quando ci prestò Abbiati. Anche se lui ha sempre pensato che avrei continuato a lavorare per la Juventus, ha voluto incontrarmi e dirmi, in sostanza: “La stimo, sono sicuro che resterà a Torino ma qualora cambiassero le condizioni, sappia che noi possiamo far nascere insieme delle opportunità”» E lei cos'ha risposto?
«Beh, in questi casi si ringrazia e si vede quel che succede» Esiste la concreta possibilità che lei si occupi dei nuovi stadi per l'Europeo 2012?
«Il mio sogno è continuare a lavorare a tempo pieno per la Juventus» Lo stadio rifatto porterà finalmente i torinesi alla partita?
«Senz'altro sì. Non mi sento di incolpare i tifosi per le gradinate semivuote: oltre metà del pubblico arriva da fuori, per lo più dalla Lombardia, e la Torino-Milano è impraticabile; le nuove norme per la sicurezza hanno creato restrizioni che possono scoraggiare; molte gare della Juve si disputano in notturna, ed è un sacrificio se la mattina dopo si va a lavorare. Inoltre, le statistiche dimostrano che gli italiani spendono il 5,5% in meno per spettacoli e divertimenti. Noi abbiamo cercato di premiare gli abbonati: mi spiace che si sia tanto parlato delle curve a 50 euro contro Inter e Milan, e pochissimo degli abbonamenti a un euro per le donne e i bambini» C'è il rischio che la Juve perda Capello?
«Non esiste. Il progetto è che rimanga con noi fino al 2009 Campionato quasi vinto, Coppa quasi persa
«Al tempo. A Londra abbiamo creato i presupposti per una grande impresa a Torino. Voglio elogiare questo gruppo, probabilmente il migliore dei nostri dodici anni: grandi campioni e ragazzi di carattere. Hanno fatto non bene ma benissimo, sono in testa da settanta partite, questo spiega chi è il più forte» La Coppa, invece, continua a essere una sofferenza: perché?
«Si tratta di un torneo dove i rischi sono maggiori. L'anno scorso ha vinto il Liverpool, quest'anno va forte l'Arsenal che in campionato ha 28 punti in meno del Chelsea già eliminato» A quanto ammontano i mancati ricavi per chi esce nei quarti?
«Se vinci la Coppa, incassi circa 15 milioni di euro che diventano 10 per il secondo posto. La semifinale vale circa 5 milioni di euro» Nel prossimo mercato venderete qualche pezzo pregiato?
«Non esistono esigenze di bilancio in tal senso. Ogni scelta servirà solo a rafforzare la Juventus. La proprietà ci ha dato indicazione di muoverci come se il progetto industriale esistesse già, ed è pronto un primo intervento finanziario. Le mosse iniziali sono state gli ingaggi di Marchionni e Cristiano Zanetti» Dunque lavorate come se foste sicuri di rimanere
«Per altri dodici anni, come ha detto il dottor Gabetti. La Triade e Capello per la Juve più forte del mondo. Speriamo» Cosa chiedete al nuovo governo?
«La priorità sono gli stadi, oggi totalmente inadeguati. Servono mutui agevolati per le ristrutturazioni, non necessariamente private, com'è accaduto in Inghilterra, in Portogallo per gli Europei 2004 e in Germania per i mondiali 2006. L'Europeo 2012. È l'occasione giusta per creare tanti posti di lavoro, una grande opera di economia diretta e indiretta» Uno juventino di ieri, Michel Platini, se l'è presa con il G 14 di cui fate parte sulla questione degli indennizzi per i nazionali. Ha qualcosa da rispondere?
«Intanto, oggi la convocazione in nazionale conviene solo al giocatore e non al club. In caso di infortuni, le assicurazioni non coprono il pagamento degli stipendi, tuttavia non bisogna fare muro contro muro, non bisogna essere troppo rigidi. Da parte dei club serve forse più intelligenza, ma all'amico Michel suggerisco di essere meno demagogico e meno populista»
Questo era lo scenario. Ma ecco il colpo di scena. Gli Elkann sempre a quanto riportato dai giornali dell’epoca, riescono a neutralizzare il golpe orchestrato dalle banche attraverso una ardita operazione finanziaria, chiamata Equity swap, che di fatto consentirà loro di mantenere il controllo della FIAT. A questo punto partono i regolamenti di conti tra cui anche quello sulla Juventus.
Ma non doveva finire così. I patti non erano questi. Quando alla fine del 1993 l’avv.Gianni Agnelli accettò l’aiuto di Mediobanca e di Cuccia per risollevare le sorti della FIAT, piombata in una delle crisi più gravi della sua storia, dovette accettare un compromesso che pochi conoscono. Per far fronte alla pesante situazione finanziaria dell’Azienda fu varato un maxi aumento di capitale e fu imposto l’ingresso nel capitale di nuovi soci “importanti” tra cui Deutsche Bank e Generali. Ma non solo. Il vero prezzo che l’Avvocato dovette pagare fu la promessa di non lasciare la Presidenza del gruppo al fratello Umberto, e quindi di rimanere in sella insieme a Romiti. Questo passaggio di consegne era già stato stabilito all’interno della famiglia, ma il veto imposto da Cuccia, che non era mai stato in buoni rapporti con Umberto, costrinsero L’Avvocato ed il Dottore a un compromesso che prevedeva per quest’ultimo “solamente” il ponte di comando della IFIL, la società che di fatto è la cassaforte dell’Impero FIAT.
A margine di questo accordo, che segnò una “svolta epocale” nei rapporti tra i due fratelli, l’Avvocato accettò, come parziale risarcimento per Umberto, che quest’ultimo prendesse anche le redini della Juventus, che a quel tempo viveva il crepuscolo della gestione bonipertiana. Di fatto i due fratelli stabilirono che tutte le decisioni inerenti la gestione del giocattolo di famiglia fossero prese in maniera indipendente dal dottor Umberto.
Erano altri tempi. I due fratelli avevano una stoffa diversa dagli avventurieri della finanza moderna. Bastava la parola per definire un’intesa. E così fu. Il primo passo del Dottore, come tutti sappiamo, fu quello di trasformare la squadra che viveva ancora nel romanticismo post-Platiniano, in una Azienda modello, dove ogni cosa fosse pianificata ed organizzata per grandi obiettivi. Arrivano così Giraudo per l’area amministrativa, Moggi per quella sportiva e Bettega alla vicepresidenza. Per 12 anni questa struttura rimane immutata e costituisce probabilmente il team di dirigenti più preparati del calcio moderno.
Nelle migliori famiglie, è risaputo, ci possono essere però diversità di vedute e disaccordi. Anche Gianni e Umberto pur rispettandosi, come fratellanza impone, ogni tanto erano in disaccordo. Gianni era affezionato al business dell’auto, Umberto invece preferiva la diversificazione in altri settori. Morti i due patriarchi le fazioni si sarebbero schierate nel modo seguente: da un lato i fratelli Elkann, Montezemolo e i tutori Gabetti e Grande Stevens; dall’altra gli Umbertiani con a capo Allegra ,vedova di Umberto con il figlio Andrea Agnelli e ovviamente Giraudo che era uno dei manager più vicini ad Umberto.
In questo scenario verrà più volte segnalata dalle nostre fonti l’assoluta antipatia di Montezemolo per Giraudo il quale, pur con tutti i suoi difetti caratteriali e il classico musone da piemontese, era ed è un manager con i fiocchi, uno dei migliori della scuderia Agnelli. Anche Lapo Elkann più volte aveva rivolto giudizi abbastanza pepati sulla Triade, accusandola di sorridere poco e inaugurando di fatto l’era della “simpatia” che avrà poi in Cobolli Gigli il più accanito sostenitore ed interprete.
LA GENESI DI CALCIOPOLI
Nonostante lo sventato golpe delle Banche, il piano di Andrea Agnelli e Giraudo va avanti lo stesso. Il titolo Juventus in Borsa comincia a salire senza motivazioni. Qualcuno rastrella le azioni sul mercato. La transazione, in gergo finanziario definita Management Buyout, si dovrebbe a questo punto fare lo stesso ma con abiti ovviamente un po’ più ostili. Essa consiste in un passaggio delle quote di controllo dagli azionisti di maggioranza ai manager stessi dell’azienda. Ovviamente sulla base di un corrispettivo economico tale da invogliare i vecchi azionisti a cedere le proprie quote. Siamo a inizio 2006, la squadra è in testa al campionato e senza rivali.
Nel corso di un Consiglio di Amministrazione quantomeno anomalo, Moggi e Giraudo vengono confermati, ma solo a parole. Giraudo presenta il suo mega piano industriale che prevede ingenti investimenti e di cui si parla nell’intervista sopra esposta. Gabetti lo stoppa subito negando che ci saranno grossi investimenti da parte dell’azionista di riferimento. È il segnale che qualcosa si è rotto e che il pentolone bolle. Nessuno si immagina però cosa sta per succedere.
I due dirigenti non possono essere allontanati così facilmente per due motivi. Primo: sarebbe difficile da giustificare alla piazza e ai tifosi. Secondo: i due andrebbero altrove a remare contro e per come sono bravi e furbi sarebbe deleterio. Occorre qualcosa di traumatico in grado di eliminarli definitivamente dalla scena, senza peraltro creare rimpianti nei tifosi e allo stesso tempo giustificare la ridefinizione del famoso patto tra Gianni ed Umberto per la gestione della Juventus, che, come ricordiamo, era di pertinenza degli Umbertiani..
L’eliminazione dalla scena di Moggi e Giraudo però è da tempo l’obiettivo anche di qualcun altro e non a Torino. A Milano infatti i dirigenti dell’Inter sono da tempo convinti che le loro continue delusioni sportive non siano solo frutto di errori di gestione, ma anche di probabili illeciti dei dirigenti della Juventus.
Ne sono talmente convinti che arrivano addirittura a sbandierare in tv il fatto che stanno preparando un dossier circostanziato sull’argomento. Si scoprirà poi che Moratti, approfittando del rapporto privilegiato con i vertici Telecom e Pirelli, da sempre sponsor e munifici azionisti della squadra, ha incaricato alcuni personaggi che frequentano la sottile zona d’ombra tra le due aziende e i servizi segreti di effettuare indagini illegali sul mondo del calcio, arrivando persino a fatturare regolarmente le parcelle a queste agenzie investigative.
Ad ogni buon conto che qualcosa a Milano sapessero lo si era capito in realtà già a Marzo del 2006 quando in diretta tv Mancini “rivelò” a Moggi che presto avrebbe dovuto rispondere a qualcun altro in un aula di Tribunale. Alcuni addirittura riferiscono di dichiarazioni simili fatte nello spogliatoio della Pinetina, dove agli stralunati giocatori il tecnico e Facchetti avrebbero detto di stare tranquilli perché lo scudetto lo avrebbero vinto loro e che qualcosa stava per accadere.
In questo torbido scenario la Procura di Torino, nell’ambito del fantomatico processo per abuso di farmaci aveva commissionato e successivamente archiviato una serie di intercettazioni telefoniche a carico dei dirigenti della Juventus che contenevano alcune conversazioni con personaggi della Federcalcio che vennero ritenute non significative per la giustizia ordinaria e addirittura scagionanti per quella sportiva.
Qualche nemico però, la Juventus lo aveva anche a Roma, nelle segrete stanze del potere capitolino, lo stesso potere che aveva consentito nel 1999 l’accordo tra le famose sette sorelle (Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio, Parma, Fiorentina) le quali, tutte con ambizioni da scudetto decisero, nel corso di una cena estiva a casa di Carraro, di costituire un cartello e di nominare il famoso doppio designatore arbitrale, nelle persone di Bergamo e Pairetto. L’accordo in questione fu favorito anche dall’approvazione della famosa legge per la contrattazione individuale dei diritti televisivi, ad opera del governo di centrosinistra, il quale avallò senza battere ciglio un sistema che lo stesso governo, otto anni dopo, sta cercando in tutti i modi di cancellare, riportando nel calcio la contrattazione collettiva. L’equilibrio che scaturì da quegli eventi, favoriti da chi in quel momento governava Coni e Federcalcio e dai loro referenti politici e finanziari, è stato mantenuto fino al maggio del 2006 quando, come si vede, una triplice convergenza di interessi (Famiglia Elkann/Montezemolo – Inter/Moratti – Settori politicizzati della FIGC) ha determinato l’uscita di scena da veri capri espiatori di Luciano Moggi ed Antonio Giraudo, che a quel sistema si erano per così dire adeguati, ma al quale anche le altre sei sorelle costantemente si “abbeveravano”.
Il primo segnale che qualcosa stava alterando gli equilibri raggiunti nel 1999 fu una misteriosa interpellanza parlamentare effettuata dal senatore Gigi Malabarba, membro del Comitato di Controllo Parlamentare sui Servizi Segreti (Co.Pa.Co) in data 7 marzo 2006 atto 4-10255 seduta nr. 964 della XV Legislatura. Il senatore in questione chiede spiegazioni in Parlamento circa l’origine di alcuni bonifici di poche migliaia di euro che vengono rintracciati sui conti di alcuni impiegati della FIGC.
L’indagine della Magistratura sul mondo del calcio tuttavia aveva preso il via già da qualche mese e non solo dalla Procura di Torino, ma da varie Procure in tutta Italia. In particolare quella di Napoli imbeccata da Franco Dal Cin, vecchio dirigente dell’Udinese, il quale aveva raccontato ai pm dell’esistenza di una combriccola romana della quale avrebbero fatto parte parecchi arbitri, tra cui Massimo De Santis.
In seguito a queste indagini e a queste (presunte) rivelazioni vengono disposte centinaia di migliaia di intercettazioni telefoniche a carico di vari personaggi del mondo del calcio, tra cui Moggi e Giraudo. Le intercettazioni, come noto, vengono eseguite utilizzando strutture e tecnologie della Telecom. A questo punto interviene qualcuno o qualcosa.
L’attività di intercettazione probabilmente non dà i frutti sperati; pur tuttavia c’è l’esigenza di portare a termine un “lavoretto” per alcuni amici che hanno chiesto di incastrare alcune persone……. Entrano in scena due personaggi particolari, Giovanni Arcangioli ed Attilio Auricchio, due vecchie conoscenze dei servizi segreti, attualmente ufficiali dei Carabinieri addetti alle intercettazioni, ma già in passato accusati di aver manipolato alcune telefonate.
I due fanno un piccolo capolavoro. Confezionano due informative per la procura di Napoli dove, insieme alla trascrizione di 40 telefonate (su 100.000 intercettazioni) degli accusati, costruiscono un castello di deduzioni e teoremi che sembrano discorsi da bar sport. Difficile non immaginare nella impaginazione di quelle informative la sapiente mano di qualche giornalista sportivo o di qualche dirigente di squadra di calcio.
Alcune dichiarazioni di persone accusate e di altre non coinvolte nel procedimento fanno addirittura pensare che siano state filtrate solo le telefonate “adatte allo scopo da raggiungere”. Altre indiscrezioni parlano di mancati incroci tra telefonate fatte e ricevute dalle singole utenze. Insomma qualcosa di anomalo sta accadendo. Parallelamente una manina fa arrivare i testi di queste intercettazioni alla Gazzetta dello Sport.
EPILOGO
Siamo ormai a maggio del 2006. La Juve vince il suo ventinovesimo scudetto sul campo mentre sui giornali scoppia la bufera. Juventus, Milan, Lazio, Fiorentina ed altre squadre minori vengono accusate di aver creato un sistema di condizionamento del sistema arbitrale mentre addirittura alcuni protagonisti, specialmente Moggi e Giraudo, vengono accusati di “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”.
I magistrati si fidano ciecamente di quanto trascritto dai carabinieri di Roma nelle loro informative ed emettono pesanti accuse. Più tardi gli stessi magistrati, leggendo con attenzione la documentazione si accorgono probabilmente di essere stati strumentalizzati per un disegno ben preciso. Si accorgono che quelle informative cosi come sono state confezionate sono assolutamente insufficienti per sostenere le accuse che avevano già colpevolmente emesso nei confronti delle persone coinvolte. Saranno costretti a chiudersi nel più stretto riserbo ed avviare un processo interminabile di riascolto di tutte le telefonate intercettate che, si scoprirà in seguito, contengono molte sorprese.
Ma torniamo alla fine del campionato, maggio 2006. Il prode John Elkann rilascia una dichiarazione che per noi tifosi rimbomba ancora sinistra: «Siamo vicini alla squadra e all’allenatore. Sono state fatte cose riprovevoli. Ripartiremo dai giovani». Moggi a questo punto si dimette e con lui è costretto a fare lo stesso anche Giraudo, insieme a tutto il cda. È curioso far notare che i giornali che più di tutti si accaniscono contro la Juventus e i suoi dirigenti sono proprio quelli della scuderia Rcs in cui gli Agnelli sono soci, ovvero La Gazzetta dello Sport e Il Corriere della Sera e, ovviamente, La Stampa di cui sono addirittura proprietari.
In questo modo inizia il processo mediatico, svolto in maggior parte sui giornali. Un processo che parte non dall’accusa ma dalla sentenza: Juve colpevole. In verità, leggendo le intercettazioni pubblicate non si ricava la benché minima prova di eventuali illeciti. Si percepisce piuttosto un mondo sicuramente malato dove ognuno cerca di tirare l’acqua al proprio mulino, spesso senza riuscirci, e soprattutto una generale atmosfera di goliardie e millanterie che lascia trasparire un’inopportuna confidenza tra settori della Federcalcio, dirigenti di squadre di calcio e alcuni arbitri. Ma nessun illecito.
È il via all’estate più incredibile che si potesse immaginare. I tempi purtroppo sono strettissimi: c’è di mezzo il Mondiale e bisogna fare presto. A capo della Figc, ovviamente commissariata, viene chiamato un personaggio che pochi conoscono ma che gli addetti ai lavori ricordano come ex-consigliere di Amministrazione dell’Inter, Guido Rossi.
La sua chiamata a Commissario straordinario della Federcalcio avviene attraverso un atto che non verrà mai reso pubblico poiché le modalità con cui viene eletto probabilmente non gli consentirebbero alcune delle decisioni da lui prese successivamente, rendendole illegittime, come ad esempio la riduzione dei gradi di giudizio, la sostituzione dei giudici ed altre norme stabilite ad hoc per la farsa che si va organizzando.
Il personaggio è ingombrante, presuntuoso ed odia quanto basta la Juventus per avallare fin da subito le sentenze emesse dai giornali. Innanzitutto si circonda di suoi fedelissimi collaboratori tra cui Nicoletti, già braccio destro di Moratti alla Saras e, successivamente, riduce i gradi di giudizio del processo sportivo da tre a due. Di fatto sostituisce la gran parte del Collegio giudicante mettendo a capo dello stesso un vecchio giudice in pensione di nome Ruperto. Infine “istruisce” i giudici affinché venga fatta giustizia in maniera dura, esemplare e spietata
“Dimentica” però di sostituire i giudici che pronunceranno le sentenze di secondo grado che come vedremo saranno completamente capovolte, tranne che per la Juventus. In realtà non si dimentica affatto ma gli viene impedito dal primo rigurgito di quel sistema che stava cercando di spazzare via. Negli stessi giorni, frattanto, Oriali e l’Inter patteggiavano vergognosamente la condanna penale per la vicenda dei passaporti falsi, accompagnati dal silenzio complice dei mass-media.
In questa tempesta, la Juventus e la sua proprietà sembrano immobili. Qualcuno ipotizza che nei primi giorni dello scandalo i vertici juventini siano stati rassicurati circa la permanenza della squadra in serie A, circostanza che, come si vedrà, sarà completamente disattesa dagli atti compiuti dal Commissario Guido Rossi. Dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione la reggenza viene affidata a Carlo Sant’Albano, amministratore delegato di Ifil. La dirigenza di fatto non esiste più. In questo scenario viene nominato, in qualità di legale difensore. l’avv. Cesare Zaccone.
Arrivati a questo punto, però, la fuga di notizie e l’attacco frontale effettuato dai mass-media hanno reso la situazione di fatto irrecuperabile. Tutta l’Italia calcistica, fomentata dal suddetto attacco mediatico, ha ormai a furor di popolo condannato le persone che, ad onor del vero, erano ancora solamente indagate, sia per la giustizia sportiva che per quella ordinaria. La Juventus in serie B, il sogno proibito di milioni di tifosi, si materializzava come per incanto. Finalmente anni ed anni di frustrazioni venivano ripagate con una gogna fino a poche settimane prima inimmaginabile.
Fonti attendibili riportano in questa fase di un patto tra Grande Stevens e Guido Rossi, durante il quale quest’ultimo viene rassicurato sul fatto che la Juventus avrebbe accettato la serie B, a condizione che anche le altre imputate avessero avuto la stessa pena.
Questa circostanza è avvalorata dal fatto che alcuni dei campioni in forza ai bianconeri erano già stati venduti prima delle sentenze sportive. Comunque sia, Guido Rossi accetta l’accordo (o finge di accettarlo?). Ma, come vedremo, le cose vanno diversamente da come erano state apparecchiate. A fine giugno viene insediato il nuovo Cda, capitanato da tale Giovanni Cobolli Gigli, un manager ricordato soprattutto per le sue imprese da liquidatore di altri asset di casa Agnelli. In quei giorni serviva qualcuno che mettesse la faccia come Presidente del periodo più brutto della storia della Juventus. E, da informazioni assunte al riguardo, pare che nessuno abbia voluto gravarsi dell’ingrato compito, costringendo la proprietà ad accontentarsi di una soluzione di estremo ripiego. Nei prossimi anni Cobolli Gigli sarà ricordato soprattutto per le sue memorabili dichiarazioni che inducono l’interlocutore a sospettare che sappia veramente poco di calcio e che sia capitato per caso sulla scena del delitto.
Invece il processo, istruito da Francesco Saverio Borrelli, ex magistrato di Mani Pulite, sarà ricordato nei secoli come una farsa senza eguali, grazie al suo surreale e brevissimo svolgimento dove si è riuscito a calpestare le più elementari regole di garanzia per gli imputati, a cominciare dal diritto alla difesa.
Per accelerare la farsa e renderla “credibile” Guido Rossi manda Borrelli a Napoli dove, previa una telefonata di Nicoletti con cui viene fatta illecita pressione sui Pm della procura, riesce a farsi consegnare le informative dei Carabinieri, che in questa fase dovrebbero essere materiale altamente riservato ma che invece appaiono in stralci su giornali e mass-media. Molti magistrati e giudici avranno successivamente modo di dichiarare che si è trattato di un vero e proprio “aborto giuridico”. Il Procuratore federale Palazzi, imbeccato da Borrelli, chiede pene durissime per tutti, ed in particolare per la Juventus, per la quale si parla di retrocessione in C1. Zaccone, nel corso del brevissimo e farsesco dibattimento, incalzato da Ruperto, dichiara maldestramente che la pena congrua consisterebbe nella B con penalizzazione, cosa che prontamente viene fatta mettere a verbale. La dichiarazione di Zaccone, che suscita stupore e indignazione nei tifosi, figlia diretta degli accordi Rossi-Grande Stevens e viene pronunciata proprio per cercare di rimanere ancorato al carro delle altre imputate per le quali era stata chiesta la B con penalizzazione.
La molle difesa di Zaccone viene strumentalizzata dai giornali di regime che, con titoli a tutta pagina,, la fanno passare per un’ ammissione di colpevolezza. La sentenza di primo grado che giunge di lì a poco è delirante nelle motivazioni, riuscendo a trasformare in illeciti conclamati e reiterati (art.6) una somma di episodi di slealtà (art.1) e inventando di sana pianta il reato di “illecito strutturale”. Addirittura devastante la pena comminata che consiste in una serie B con trenta punti di penalizzazione, la revoca di due scudetti ed altre sanzioni accessorie. Cobolli Gigli appare indignato. Nell’ombra probabilmente qualcuno invece è soddisfatto della piega presa dagli eventi.
Intanto, in Germania la nostra nazionale diventa Campione del Mondo in una finale con la Francia addirittura surreale. In campo ci sono otto giocatori che militano nella Juventus più altri cinque che vi hanno militato recentemente. In panchina e nello staff tecnico figurano altri quattro juventini di lungo corso tra cui Marcello Lippi. In totale 17 protagonisti dal Dna juventino.
La Juventus di Moggi trova così la sua apoteosi nella vittoria del Mondiale, con uno dei principali artefici del successo ormai fuori dal Calcio. In breve tempo la fortissima Juventus allestita da Luciano Moggi viene rapidamente smembrata dal liquidatore Cobolli, il quale ha l’incarico di procedere alla riduzione dei costi a prescindere dal campionato in cui si giocherà, assecondando i desiderio di John Elkann di puntare sui giovani.
Ecco quindi che ben otto giocatori vengono venduti in un crescendo rossiniano di menzogne e inganni culminati con la cessione all’Inter di due giocatori del valore di Ibrahimovic e Vieira.
La sentenza di secondo grado, emessa da un tribunale espressione diretta dell’ex presidente Carraro, e quindi organico al vecchio sistema, ribalta la sentenza di primo istanza, attenuando notevolmente le pene di Milan, Fiorentina e Lazio, alle quali viene restituita la serie A con penalizzazione. Incredibilmente i rossoneri ritrovano anche la partecipazione alla Champions League. La Juventus, invece, rimane relegata in serie B con 17 punti di penalizzazione.
Leggendo il delirante dispositivo di sentenza si apprende stranamente che “è concettualmente ammissibile l’ottenimento di un vantaggio in classifica pur prescindendo dall’alterazione di una singola gara”. Che cosa e’ successo? Semplicemente è accaduto che la Juventus è stata punita nuovamente dal Tribunale di secondo grado, espressione diretta di Carraro e Berlusconi, proprio per aver fin da subito effettuato la scelta collaborazionista con il nuovo sistema guidato dall’Inter e dalla Roma. Insomma, come si suol dire “cornuti e mazziati”. È chiaro ormai che l’accordo Grande Stevens – Rossi è definitivamente saltato.
Nel frattempo gli “onesti” di Moratti, grazie alla compiacenza dell’ultrà Guido Rossi, si vedono assegnare uno scudetto, quello 2005-2006, che non è mai stato oggetto di indagine e che la Juventus ha vinto sul campo con il siderale distacco di 15 punti. Gli Elkann capiscono di essere stati raggirati. In giro l’umore dei tifosi e soprattutto degli azionisti di minoranza, riunitisi nel frattempo in diversi Comitati, è assolutamente nero e con insistenza questi ultimi premono sulla proprietà affinché reagisca a questo scempio.
John Elkann, mosso dall’orgoglio, ordina a Cobolli di fare la voce grossa nel corso della Conciliazione al Coni, non ottenendo ovviamente esito positivo. Successivamente, decide di preparare un ricorso al Tar del Lazio che, carte alla mano, definire un “capolavoro giuridico” è riduttivo. Preciso, circostanziato, e soprattutto nelle cifre, spietato. Tutto sembra deciso, si va al Tar.
Qualcuno a Roma comincia a spaventarsi e a credere che davvero i due fratellini possano andare fino in fondo. Sarebbe una circostanza senza precedenti per il calcio italiano: in caso di accoglimento del ricorso, molto probabile a giudicare dalle dichiarazioni di illustri avvocati amministrativisti, i campionati devono essere sospesi e i processi rifatti. Il governo ed il primo ministro in persona si muovono direttamente con Montezemolo e lo pregano di mettere un freno alla situazione. Non si vuole il caos, il ritardo dei calendari, il malumore delle piazze coinvolte, la delusione della stragrande maggioranza degli italiani convinti che tutto il male sia la Juventus. Ed il primo ministro ha buon gioco nel convincerlo. Sa che lui non può mettersi contro l’establishment perché lui, e ciò che rappresenta, sono parti importanti dello stesso.
Nel frattempo Cobolli Gigli passa le sue giornate al telefono circondato da molti avvoltoi che svolazzano sulla carcassa della Juventus in attesa del momento buono per spolparla. Indimenticabile, per ammissione dello stesso Cobolli Gigli, e' "l'opera di convincimento a bere l'amaro calice della B" da parte del direttore del Corriere dello Sport, Vocalelli, che assume contorni grotteschi degni dei racconti di Collodi.
Siamo a fine agosto. A Torino si svolge un vertice tra Montezemolo, J, Elkann e Gabetti. I due anziani convincono il giovane di famiglia a deporre le armi. Questo ciò che gli viene detto: “Sappiamo che siamo stati sottoposti ad un giudizio di piazza senza garanzie, però ormai la gente si è formata un opinione e noi non la possiamo cambiare. Pensa a cosa avrebbe fatto tuo nonno in questo caso, non si sarebbe mai mischiato coni vari Gaucci e Preziosi ma avrebbe bevuto fino in fondo l’amaro calice, in osservanza alla sua storia, alla fedeltà all’ordine costituito e a tutto ciò che la Fiat è stata, ha rappresentato e vuole ancora rappresentare. Anche da un punto di vista economico, dopo le cessioni, la riduzione del monte ingaggi, la conferma degli sponsor, la rinuncia alla Champions League non c’è grande differenza tra i due scenari. Perciò, per le responsabilità che abbiamo e per le aziende che rappresentiamo dobbiamo ingoiare il boccone e scendere a patti con le autorità sportive”. Il giorno stesso viene istruito di conseguenza il povero Cobolli Gigli.
È il 31 agosto 2006. La Juventus, la sua centenaria storia di successi e la passione dei suoi tifosi vengono calpestati senza pietà, in cambio della riduzione di qualche punto di penalizzazione in serie B (sancito nel successivo Arbitrato) e, probabilmente, di un provvedimento sulla rottamazione auto nella Finanziaria 2006.
Gli stessi giocatori e l’allenatore Deschamps rimangono sbigottiti dal comportamento del Cda che, in un Consiglio dalla durata biblica, stabilisce la definitiva rinuncia al Tar. È un dato di fatto, questo, che fa ritenere attendibile la circostanza che i giocatori e il tecnico fossero stati rassicurati sul fatto che sarebbero state percorse, purtroppo tardivamente, tutte le strade per cercare di riottenere la serie A.
Lo strappo del 31 agosto tra squadra e società è una ferita che ancora oggi nelle dichiarazioni dei giocatori si percepisce quanto sia stata dolorosa, soprattutto per quelli che avevano accettato di rimanere a Torino. A questo punto non è più possibile tornare indietro. La squadra è costretta a subire la gogna dei campi della serie B e i tifosi invece sono costretti a subire le farneticanti dichiarazioni di Cobolli Gigli sulla scia della cosiddetta operazione simpatia.
È tutto finito? Quanti e quali capitoli potranno essere ancora scritti su questa dolorosa vicenda? La sensazione che si percepisce tra le stesse fonti che ci hanno permesso di elaborare questa ricostruzione è che qualcosa bolle ancora in pentola. Qualcuno, nel frattempo, aspetta sulla sponda del fiume…
Tar Lazio:
Telefonare ai designatori ?, In assenza di norme è illegittimo
sanzionare !!!
ROMA, 3 novembre - La sezione terza ter del Tar del Lazio,
presieduta da Italo Riggio, ha annullato l'ammenda di 80.000 euro
che era stata inflitta dalla Corte federale della Figc all'ex
presidente della Figc,
Franco Carraro,
per lo scandalo Calciopoli. La sanzione era rimasta anche dopo il
ricorso di Carraro alla Cca del Coni: l'arbitrato nel novembre 2006
aveva infatti stabilito di annullare l'altra sanzione a Carraro, la
diffida, dichiarandosi incompetente sull'ammenda. L'ex presidente
della Figc pochi giorni dopo aveva presentato un'altra istanza, che
la Cca aveva dichiarato inammissibile per assenza di un'ulteriore
controversia. Adesso il Tar ha stabilito che tutta la sanzione,
costituente un unicum, era da annullare.
IL GIUDIZIO - Nel giudizio davanti al Tar si è costituita la
Federcalcio, ma non il Coni nè la Cca del Coni. Innanzitutto il Tar
si è dichiarato competente anche per motivi costituzionali, perché
sarebbe lesivo dei diritti costituzionali non dare a Carraro la
possibilità di ricorerre, anche «in considerazione della rilevanza
esterna della sanzione inflitta al dottor Carraro (basti pensare al
discredito di cui potrebbe soffrire nell'ambito del Cio, di cui è
componente, per aver subito una sanzione disciplinare, qualunque
essa sia)». Secondo il Tar la Corte federale sbagliò nel ritenere
che Carraro, telefonando all'allora designatore arbitrale Paolo
Bergamo per raccomandargli la massima attenzione nella designazione
per Lazio - Brescia, avesse tenuto comportamenti «posti in essere
attraverso un canale informale e non trasparente presso uno solo dei
designatori piuttosto che per il doveroso tramite dei competenti
organi federali preposti ad una ufficiale valutazione tecnica
dell'operatore arbitrale e suscettibile di in-generare la
convinzione (che di fatto sembra essere maturata) in Bergamo che
alla telefonata del presidente federale occorresse dare un qualche
seguito effettuale di irrobustimento della posizione della Lazio
nella considerazione arbitrale».
LA CONTRADDIZIONE - Secondo il Tar invece c'è contraddizione nel
fatto che la stessa Corte federale riconobbe a Carraro di non aver
cercato di influire in modo fraudolento sulla partita, ma anzi di
aver voluto «assicurare una conduzione tecnicamente ottimale della
partita in questione, e cioè per pervenire ad un risultato che ben
rientrava nei doveri della carica ricoperta». «Ma se ciò è vero,
afferma il Tar, - e la mancanza di prove contrarie deve
necessariamente far concludere in tal senso (e ciò anche a
prescindere dalla completa assoluzione da parte del Gup di Napoli
dei fatti ascritti al dottor Carraro) -
è illegittimo, in assenza di norme interne alla Federazione che
disciplinino la fattispecie, sanzionare il presidente della
federazione solo perché si è assicurato, telefonando al designatore
arbitrale, che l'arbitro già designato prestasse massima attenzione
per evitare di commettere errori in una partita particolarmente
delicata quale era Lazio - Brescia».
Inoltre, se Carraro non avesse usato il telefono, sarebbe stato
peggio: «L'uso del telefono rispondeva ad intuibili ragioni di
riservatezza atteso che qualsiasi altro mezzo di comunicazione, ad
esempio un comunicato scritto inevitabilmente destinato ad essere
divulgato anche se segretato, avrebbe offerto l'occasione per
maliziose ed interessate interpretazioni dell'intervento
presidenziale, cioè come implicito atto di accusa nei confronti
della classe arbitrale e di riconoscimento della fondatezza delle
doglianze della soc. Lazio, con il risultato di inasprire una
situazione di conflittualità che il ricorrente, nella sua qualità,
aveva invece il dovere di neutralizzare».
LE CONCLUSIONI - «Di qui la conclusione, dettata anche dal comune
buon senso, che l'uso del telefono - una volta ricostruita nei suoi
esatti contenuti la conversazione svolta a mezzo di esso - non solo
non era sanzionabile ma costituiva scelta ragionevole e responsabile
del ricorrente". Carraro in primo grado, davanti alla Caf, era stato
inibito per cinque anni con proposta di radiazione, sanzione
tramutata in 80.000 euro con diffida dalla Corte federale; adesso è
arrivata la cancellazione di ogni addebito, a meno che la
Federcalcio ricorra al Consiglio di Stato».
tuttosport.it 04/11/08
Ricordiamo la telefonata:
Alla vigilia del turno infrasettimanale in cui si giocava
Lazio-Brescia, Carraro racconta all'allora designatore Paolo Bergamo
le lamentele del presidente della Lazio Claudio Lotito per
l'arbitraggio di Massimo Saccani nella precedente partita contro la
Reggina. "...Loro (i laziali, ndr) stanno nervosissimi, perché dice
che domenica questo arbitro (Saccani, ndr)à Foti è stato dieci
minuti da lui nell'intervallo", erano state le parole di Carraro
secondo l'informativa dei Carabinieri. In seguito, Carraro avrebbe
chiesto a Bergamo di avvisare l'arbitro di Lazio-Brescia (Daniele
Tombolini): "Domani per carità, se il Brescia deve vincere che è più
forte, però che non ci siano.. c'è un ambiente qui che è molto teso,
capito?". Un'ora dopo, Bergamo chiamò Tombolini, raccomandandosi
così con l'allora fischietto anconetano: "E' una partita molto
delicata domani, Daniele, perché trovi un ambiente, credimi Mettiti
sulla lunghezza d'onda giusta".
Calciopoli o Farsopoli? Una ricostruzione
Questa è una ricostruzione della vicenda che, anziché attingere dalla versione propinata in tutte le salse dagli organi di informazione di regime (capitanati dalla Gazzetta dello Sport), prende forma da quello che è il materiale che ho selezionato insieme ad appassionati amici negli ultimi mesi.
Un materiale che non necessariamente è cartaceo ma che spesso è frutto di confidenze, sfoghi, rivelazioni riservate di personaggi vicini a dirigenti attuali e del passato; ma anche degli umori della gente, dei tifosi più veri, quelli che hanno pagato con la moneta più pesante, e cioè la loro passione. Una continua ricerca di indizi, conferme, segnali, che ha caratterizzato a volte anche in maniera ossessionante gli ultimi mesi della vita del nostro staff.
Forse quella che abbiamo ricostruito non sarà la verità perfetta, ma gli si avvicina. E’ certamente più attendibile della menzogna con la quale hanno esiliato la Juventus in serie B. Abbiamo provato a ricostruire la vicenda perché ci siamo accorti che molti, moltissimi tifosi della Vecchia Signora, che per vari motivi non hanno potuto accedere a tali informazioni, hanno formato la loro opinione solo sulla base di un giornalismo becero ed antijuventino.
PROLOGO
C’era una volta la FIAT….. o meglio c’è la FIAT. Nel senso che attualmente la nostra gloriosa industria automobilistica sta vivendo nuovamente un periodo brillante, frutto di una decisa sterzata in termini di politica commerciale e di management.
Questa rinascita sa quasi di miracolo perché fino a pochi mesi fa la FIAT era una azienda talmente in crisi che si parlava chiaramente nella migliore delle ipotesi di vendita se non addirittura di portare i libri in tribunale.
Le Banche, spinte dal governo Berlusconi, erano state costrette a sostenere ancora una volta i conti del Lingotto con una operazione di finanziamento particolare chiamata prestito convertendo; in pratica, giunto alla scadenza nell’autunno del 2005 , questo prestito avrebbe, di fatto, consegnato la FIAT nelle mani delle banche, estromettendo gli Agnelli, capitanati da John Elkann e riducendoli a soci di minoranza.
Le stesse banche avrebbero poi provveduto a liquidare le attività rivenienti attraverso un bello spezzatino. Nello spezzatino, si noti bene, era compresa anche la Juventus. Non direttamente, in quanto controllata da IFIL, ma coinvolta comunque, in quanto, successivamente ad una ipotetica uscita di scena degli Agnelli dalla Fiat, sarebbero stati messi a dura prova i delicati equilibri che ancora oggi uniscono i vari rami della discendenza per il controllo dell’Impero Fiat.
In vista di questa possibilità si paventava l’ipotesi che Giraudo, su preciso input di Andrea Agnelli stesse organizzando una cordata per rilevare la Juventus, acquistando le quote di proprietà IFIL con la collaborazione di alcuni importanti partner sia sportivi che finanziari. Ovviamente Andrea sarebbe stato il Presidente, Moggi il Direttore Generale.
Allo studio c’era un faraonico piano industriale che probabilmente avrebbe fatto della Juventus la squadra numero uno al mondo per molti anni.
Lo stesso scenario viene ampiamente descritto da Antonio Giraudo in una illuminante intervista concessa a Repubblica il primo aprile 2006, circa un mese prima dello scoppio di Calciopoli, e che riportiamo qui di seguito per far capire fino in fondo il progetto che aveva in mente quest’uomo per la Juventus.
TORINO - Giraudo parla, e intanto scrive. E mentre scrive disegna. Traccia mappe, sviluppa diagrammi, incrocia segni e parole su un grande bloc-notes quadrettato. Più che altro cerchia e sottolinea. Il futuro, forse. Dottor Giraudo, lei resterà davvero alla Juventus?
«È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari». Il suo contratto scadrà il 30 ottobre: a parole, la famiglia Agnelli l'ha già confermata. Però i matrimoni si fanno in due.
«Vorrei chiarire una cosa importante. In questi mesi si è scritto, letto e detto di tutto, per esempio che vorrei fare dei mestieri diversi. È chiaro che quando esistono scadenze contrattuali, dall'esterno c'è sempre chi può offrire grandi opportunità, è una legge di mercato. Ma il mio sogno è restare ancora molti anni alla Juventus, sulla base dei ragionamenti iniziati dodici anni fa con l'avvocato Agnelli e col dottor Umberto» Cosa prevedevano quei ragionamenti?
«Che la Juventus diventasse la prima società-azienda del mondo. Cominciammo a parlarne durante le vacanze di Natale del 1993. Dall'Avvocato e dal dottor Umberto traspariva sempre una grande passione per il calcio e per la Juventus, di cui erano tifosissimi» Ritiene che i vari passaggi siano stati compiuti?
«Due su tre. Ora manca l'ultimo, il più importante, su cui vorrei continuare a lavorare» Parliamo dei primi due
«All'inizio cominciammo con l'intervento su costi e conti, di pari passo con l'obiettivo sportivo. Poi ci siamo mossi per consolidare la societàJuventus, attraverso operazioni che ci hanno portato alla quotazione in Borsa e allo stadio di proprietà oltre alla realizzazione di un centro sportivo d’avanguardia che inaugureremo presto. I lavori per lo stadio-gioiello cominceranno alla fine del campionato. Queste sono iniziative che resteranno, in grado di produrre anche ricavi diversi da quelli tipici delle squadre di calcio» Arriviamo alla terza fase: quella, pare di capire, dalla quale dipende anche la sua permanenza alla Juventus
«Bisogna prepararla velocemente. Io lo chiamo il “modello Ferrari”, perché è quello cui ci ispiriamo. Ovvero una grande industria che produce utili per una parte sportiva di assoluta eccellenza. La stessa cosa dovrebbe accadere alla Juventus. Era, lo ripeto, il pensiero di Giovanni e Umberto Agnelli» La Juventus, oggi, rispetto a quel modello cos’è?
«Esiste solo la seconda parte, quella sportiva. Manca la prima, industriale. Cioè la componente che porterebbe ricavi aggiuntivi attraverso investimenti mirati» Se abbiamo capito bene, una Juventus che agisce e produce anche fuori dal calcio?
«Una Juventus che possa operare in settori come l'intrattenimento, oppure l'alberghiero mediante l'acquisto di una catena di hotel. O magari nel campo immobiliare, o in quello dei media attraverso un gruppo editoriale. Qualcosa di simile al gruppo "L'Espresso", visto che ne sto parlando con "la Repubblica". Perché no?» Cosa chiede l'amministratore delegato agli azionisti?
«Chiedo di investire risorse importanti per creare una società più forte, strutturalmente solida a livello patrimoniale ed economico» Dopo l'ultimo Consiglio d'amministrazione, il dottor Gabetti che è presidente dell'Ifil, cioè la finanziaria della famiglia Agnelli che controlla la Juventus, ha annunciato che il piano industriale sarà ambizioso ma non faraonico. Non le pare già una risposta parzialmente negativa alle sue richieste?
«Penso che la portata del piano e degli investimenti sia conseguente al risultato che si vuole ottenere. Non chiediamo soldi per coprire perdite o per acquistare qualche altro giocatore, ma per creare un modello formidabile che nel calcio non esiste, e che ci permetterebbe di colmare il gap attuale tra una società come la nostra e altre grandi realtà europee, come ad esempio il Chelsea e il Real Madrid» Quali le ricadute dal punto di vista sportivo?
«Vogliamo creare risorse permanenti che permettano alla Juventus non solo di finanziarsi al suo interno nel tempo, grazie al formidabile marchio commerciale che rappresenta, ma di avere una squadra sempre più forte e di livello mondiale» Ritiene che questo sarebbe sufficiente per essere i più competitivi al mondo, e com'è ovvio in Italia?
«No, penso che non basterebbe. Perché quando si è risolto il problema patrimoniale ed economico, occorre acquisire più peso politico a livello di media. Per la Juventus, oggi non è così. Alcuni tra i nostri avversari dispongono di emittenti televisive e gruppi editoriali, e questo conta molto» Crede che i proprietari di questi gruppi editoriali diano indicazioni precise ai loro dipendenti per favorire le loro squadre?
«Non penso che si arrivi a tanto. Ma non escludo che alcuni servi sciocchi si spingano oltre, più realisti del re. Può succedere, anzi succede» Dottor Giraudo, e se fossero altri dirigenti a concludere il suo progetto, o comunque a godere i frutti del lavoro già svolto?
«L'interesse della Juventus e dei suoi tifosi viene prima di tutto. Certo, il nostro sogno non può che essere quello di vedere realizzate le cose che abbiamo progettato, e gestirle in prima persona. Mi spiacerebbe molto non proseguire la terza fase del programma» Crede che i giovani della famiglia Agnelli abbiano la stessa passione dell'Avvocato e del dottor Umberto? Convinceranno la famiglia a investire nuove risorse nella Juventus?
«Me lo auguro, anzi ne sono sicuro. Spero che ci sia in loro lo stesso amore. La presenza fisica dell'ingegner John Elkann e di Andrea Agnelli all'ultimo Consiglio di amministrazione è stata significativa, così come quella del dottor Gabetti. Allo stesso modo è da interpretare la cooptazione in Consiglio del dottor Sant'Albano, nuovo amministratore delegato Ifil: un segnale importante» Ma il tifo dei giovani Agnelli?
«Tifo e passione saranno da verificare nel tempo, però sono la premessa per tutto il resto» Quando e come preparerete questo famoso progetto industriale?
«Dovremo vederci a scadenza almeno settimanale. Sottolineo che si tratta di un piano da far nascere insieme, Ifil e management bianconero, condiviso dalla famiglia Agnelli, per identificare le tipologie di investimenti da condividere» La proprietà della Juventus non mette in dubbio che lei, Moggi e Bettega possiate restare al comando. Ottimismo eccessivo?
«La fiducia fa molto piacere. Voglio esprimere gratitudine per le tante opportunità che mi sono state offerte in questi anni, il resto lo vedremo» Davvero Silvio Berlusconi le ha offerto un incarico importante?
«Con il dottor Berlusconi ho da sempre ottimi rapporti, e lui non ha mai mancato di mostrare apprezzamenti verso il nostro lavoro. Fu estremamente sportivo quando ci prestò Abbiati. Anche se lui ha sempre pensato che avrei continuato a lavorare per la Juventus, ha voluto incontrarmi e dirmi, in sostanza: “La stimo, sono sicuro che resterà a Torino ma qualora cambiassero le condizioni, sappia che noi possiamo far nascere insieme delle opportunità”» E lei cos'ha risposto?
«Beh, in questi casi si ringrazia e si vede quel che succede» Esiste la concreta possibilità che lei si occupi dei nuovi stadi per l'Europeo 2012?
«Il mio sogno è continuare a lavorare a tempo pieno per la Juventus» Lo stadio rifatto porterà finalmente i torinesi alla partita?
«Senz'altro sì. Non mi sento di incolpare i tifosi per le gradinate semivuote: oltre metà del pubblico arriva da fuori, per lo più dalla Lombardia, e la Torino-Milano è impraticabile; le nuove norme per la sicurezza hanno creato restrizioni che possono scoraggiare; molte gare della Juve si disputano in notturna, ed è un sacrificio se la mattina dopo si va a lavorare. Inoltre, le statistiche dimostrano che gli italiani spendono il 5,5% in meno per spettacoli e divertimenti. Noi abbiamo cercato di premiare gli abbonati: mi spiace che si sia tanto parlato delle curve a 50 euro contro Inter e Milan, e pochissimo degli abbonamenti a un euro per le donne e i bambini» C'è il rischio che la Juve perda Capello?
«Non esiste. Il progetto è che rimanga con noi fino al 2009 Campionato quasi vinto, Coppa quasi persa
«Al tempo. A Londra abbiamo creato i presupposti per una grande impresa a Torino. Voglio elogiare questo gruppo, probabilmente il migliore dei nostri dodici anni: grandi campioni e ragazzi di carattere. Hanno fatto non bene ma benissimo, sono in testa da settanta partite, questo spiega chi è il più forte» La Coppa, invece, continua a essere una sofferenza: perché?
«Si tratta di un torneo dove i rischi sono maggiori. L'anno scorso ha vinto il Liverpool, quest'anno va forte l'Arsenal che in campionato ha 28 punti in meno del Chelsea già eliminato» A quanto ammontano i mancati ricavi per chi esce nei quarti?
«Se vinci la Coppa, incassi circa 15 milioni di euro che diventano 10 per il secondo posto. La semifinale vale circa 5 milioni di euro» Nel prossimo mercato venderete qualche pezzo pregiato?
«Non esistono esigenze di bilancio in tal senso. Ogni scelta servirà solo a rafforzare la Juventus. La proprietà ci ha dato indicazione di muoverci come se il progetto industriale esistesse già, ed è pronto un primo intervento finanziario. Le mosse iniziali sono state gli ingaggi di Marchionni e Cristiano Zanetti» Dunque lavorate come se foste sicuri di rimanere
«Per altri dodici anni, come ha detto il dottor Gabetti. La Triade e Capello per la Juve più forte del mondo. Speriamo» Cosa chiedete al nuovo governo?
«La priorità sono gli stadi, oggi totalmente inadeguati. Servono mutui agevolati per le ristrutturazioni, non necessariamente private, com'è accaduto in Inghilterra, in Portogallo per gli Europei 2004 e in Germania per i mondiali 2006. L'Europeo 2012. È l'occasione giusta per creare tanti posti di lavoro, una grande opera di economia diretta e indiretta» Uno juventino di ieri, Michel Platini, se l'è presa con il G 14 di cui fate parte sulla questione degli indennizzi per i nazionali. Ha qualcosa da rispondere?
«Intanto, oggi la convocazione in nazionale conviene solo al giocatore e non al club. In caso di infortuni, le assicurazioni non coprono il pagamento degli stipendi, tuttavia non bisogna fare muro contro muro, non bisogna essere troppo rigidi. Da parte dei club serve forse più intelligenza, ma all'amico Michel suggerisco di essere meno demagogico e meno populista»
Questo era lo scenario. Ma ecco il colpo di scena. Gli Elkann sempre a quanto riportato dai giornali dell’epoca, riescono a neutralizzare il golpe orchestrato dalle banche attraverso una ardita operazione finanziaria, chiamata Equity swap, che di fatto consentirà loro di mantenere il controllo della FIAT. A questo punto partono i regolamenti di conti tra cui anche quello sulla Juventus.
Ma non doveva finire così. I patti non erano questi. Quando alla fine del 1993 l’avv.Gianni Agnelli accettò l’aiuto di Mediobanca e di Cuccia per risollevare le sorti della FIAT, piombata in una delle crisi più gravi della sua storia, dovette accettare un compromesso che pochi conoscono. Per far fronte alla pesante situazione finanziaria dell’Azienda fu varato un maxi aumento di capitale e fu imposto l’ingresso nel capitale di nuovi soci “importanti” tra cui Deutsche Bank e Generali. Ma non solo. Il vero prezzo che l’Avvocato dovette pagare fu la promessa di non lasciare la Presidenza del gruppo al fratello Umberto, e quindi di rimanere in sella insieme a Romiti. Questo passaggio di consegne era già stato stabilito all’interno della famiglia, ma il veto imposto da Cuccia, che non era mai stato in buoni rapporti con Umberto, costrinsero L’Avvocato ed il Dottore a un compromesso che prevedeva per quest’ultimo “solamente” il ponte di comando della IFIL, la società che di fatto è la cassaforte dell’Impero FIAT.
A margine di questo accordo, che segnò una “svolta epocale” nei rapporti tra i due fratelli, l’Avvocato accettò, come parziale risarcimento per Umberto, che quest’ultimo prendesse anche le redini della Juventus, che a quel tempo viveva il crepuscolo della gestione bonipertiana. Di fatto i due fratelli stabilirono che tutte le decisioni inerenti la gestione del giocattolo di famiglia fossero prese in maniera indipendente dal dottor Umberto.
Erano altri tempi. I due fratelli avevano una stoffa diversa dagli avventurieri della finanza moderna. Bastava la parola per definire un’intesa. E così fu. Il primo passo del Dottore, come tutti sappiamo, fu quello di trasformare la squadra che viveva ancora nel romanticismo post-Platiniano, in una Azienda modello, dove ogni cosa fosse pianificata ed organizzata per grandi obiettivi. Arrivano così Giraudo per l’area amministrativa, Moggi per quella sportiva e Bettega alla vicepresidenza. Per 12 anni questa struttura rimane immutata e costituisce probabilmente il team di dirigenti più preparati del calcio moderno.
Nelle migliori famiglie, è risaputo, ci possono essere però diversità di vedute e disaccordi. Anche Gianni e Umberto pur rispettandosi, come fratellanza impone, ogni tanto erano in disaccordo. Gianni era affezionato al business dell’auto, Umberto invece preferiva la diversificazione in altri settori. Morti i due patriarchi le fazioni si sarebbero schierate nel modo seguente: da un lato i fratelli Elkann, Montezemolo e i tutori Gabetti e Grande Stevens; dall’altra gli Umbertiani con a capo Allegra ,vedova di Umberto con il figlio Andrea Agnelli e ovviamente Giraudo che era uno dei manager più vicini ad Umberto.
In questo scenario verrà più volte segnalata dalle nostre fonti l’assoluta antipatia di Montezemolo per Giraudo il quale, pur con tutti i suoi difetti caratteriali e il classico musone da piemontese, era ed è un manager con i fiocchi, uno dei migliori della scuderia Agnelli. Anche Lapo Elkann più volte aveva rivolto giudizi abbastanza pepati sulla Triade, accusandola di sorridere poco e inaugurando di fatto l’era della “simpatia” che avrà poi in Cobolli Gigli il più accanito sostenitore ed interprete.
LA GENESI DI CALCIOPOLI Nonostante lo sventato golpe delle Banche, il piano di Andrea Agnelli e Giraudo va avanti lo stesso. Il titolo Juventus in Borsa comincia a salire senza motivazioni. Qualcuno rastrella le azioni sul mercato. La transazione, in gergo finanziario definita Management Buyout, si dovrebbe a questo punto fare lo stesso ma con abiti ovviamente un po’ più ostili. Essa consiste in un passaggio delle quote di controllo dagli azionisti di maggioranza ai manager stessi dell’azienda. Ovviamente sulla base di un corrispettivo economico tale da invogliare i vecchi azionisti a cedere le proprie quote. Siamo a inizio 2006, la squadra è in testa al campionato e senza rivali.
Nel corso di un Consiglio di Amministrazione quantomeno anomalo, Moggi e Giraudo vengono confermati, ma solo a parole. Giraudo presenta il suo mega piano industriale che prevede ingenti investimenti e di cui si parla nell’intervista sopra esposta. Gabetti lo stoppa subito negando che ci saranno grossi investimenti da parte dell’azionista di riferimento. È il segnale che qualcosa si è rotto e che il pentolone bolle. Nessuno si immagina però cosa sta per succedere.
I due dirigenti non possono essere allontanati così facilmente per due motivi. Primo: sarebbe difficile da giustificare alla piazza e ai tifosi. Secondo: i due andrebbero altrove a remare contro e per come sono bravi e furbi sarebbe deleterio. Occorre qualcosa di traumatico in grado di eliminarli definitivamente dalla scena, senza peraltro creare rimpianti nei tifosi e allo stesso tempo giustificare la ridefinizione del famoso patto tra Gianni ed Umberto per la gestione della Juventus, che, come ricordiamo, era di pertinenza degli Umbertiani..
L’eliminazione dalla scena di Moggi e Giraudo però è da tempo l’obiettivo anche di qualcun altro e non a Torino. A Milano infatti i dirigenti dell’Inter sono da tempo convinti che le loro continue delusioni sportive non siano solo frutto di errori di gestione, ma anche di probabili illeciti dei dirigenti della Juventus.
Ne sono talmente convinti che arrivano addirittura a sbandierare in tv il fatto che stanno preparando un dossier circostanziato sull’argomento. Si scoprirà poi che Moratti, approfittando del rapporto privilegiato con i vertici Telecom e Pirelli, da sempre sponsor e munifici azionisti della squadra, ha incaricato alcuni personaggi che frequentano la sottile zona d’ombra tra le due aziende e i servizi segreti di effettuare indagini illegali sul mondo del calcio, arrivando persino a fatturare regolarmente le parcelle a queste agenzie investigative.
Ad ogni buon conto che qualcosa a Milano sapessero lo si era capito in realtà già a Marzo del 2006 quando in diretta tv Mancini “rivelò” a Moggi che presto avrebbe dovuto rispondere a qualcun altro in un aula di Tribunale. Alcuni addirittura riferiscono di dichiarazioni simili fatte nello spogliatoio della Pinetina, dove agli stralunati giocatori il tecnico e Facchetti avrebbero detto di stare tranquilli perché lo scudetto lo avrebbero vinto loro e che qualcosa stava per accadere.
In questo torbido scenario la Procura di Torino, nell’ambito del fantomatico processo per abuso di farmaci aveva commissionato e successivamente archiviato una serie di intercettazioni telefoniche a carico dei dirigenti della Juventus che contenevano alcune conversazioni con personaggi della Federcalcio che vennero ritenute non significative per la giustizia ordinaria e addirittura scagionanti per quella sportiva.
Qualche nemico però, la Juventus lo aveva anche a Roma, nelle segrete stanze del potere capitolino, lo stesso potere che aveva consentito nel 1999 l’accordo tra le famose sette sorelle (Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio, Parma, Fiorentina) le quali, tutte con ambizioni da scudetto decisero, nel corso di una cena estiva a casa di Carraro, di costituire un cartello e di nominare il famoso doppio designatore arbitrale, nelle persone di Bergamo e Pairetto. L’accordo in questione fu favorito anche dall’approvazione della famosa legge per la contrattazione individuale dei diritti televisivi, ad opera del governo di centrosinistra, il quale avallò senza battere ciglio un sistema che lo stesso governo, otto anni dopo, sta cercando in tutti i modi di cancellare, riportando nel calcio la contrattazione collettiva. L’equilibrio che scaturì da quegli eventi, favoriti da chi in quel momento governava Coni e Federcalcio e dai loro referenti politici e finanziari, è stato mantenuto fino al maggio del 2006 quando, come si vede, una triplice convergenza di interessi (Famiglia Elkann/Montezemolo – Inter/Moratti – Settori politicizzati della FIGC) ha determinato l’uscita di scena da veri capri espiatori di Luciano Moggi ed Antonio Giraudo, che a quel sistema si erano per così dire adeguati, ma al quale anche le altre sei sorelle costantemente si “abbeveravano”.
Il primo segnale che qualcosa stava alterando gli equilibri raggiunti nel 1999 fu una misteriosa interpellanza parlamentare effettuata dal senatore Gigi Malabarba, membro del Comitato di Controllo Parlamentare sui Servizi Segreti (Co.Pa.Co) in data 7 marzo 2006 atto 4-10255 seduta nr. 964 della XV Legislatura. Il senatore in questione chiede spiegazioni in Parlamento circa l’origine di alcuni bonifici di poche migliaia di euro che vengono rintracciati sui conti di alcuni impiegati della FIGC.
L’indagine della Magistratura sul mondo del calcio tuttavia aveva preso il via già da qualche mese e non solo dalla Procura di Torino, ma da varie Procure in tutta Italia. In particolare quella di Napoli imbeccata da Franco Dal Cin, vecchio dirigente dell’Udinese, il quale aveva raccontato ai pm dell’esistenza di una combriccola romana della quale avrebbero fatto parte parecchi arbitri, tra cui Massimo De Santis.
In seguito a queste indagini e a queste (presunte) rivelazioni vengono disposte centinaia di migliaia di intercettazioni telefoniche a carico di vari personaggi del mondo del calcio, tra cui Moggi e Giraudo. Le intercettazioni, come noto, vengono eseguite utilizzando strutture e tecnologie della Telecom. A questo punto interviene qualcuno o qualcosa.
L’attività di intercettazione probabilmente non dà i frutti sperati; pur tuttavia c’è l’esigenza di portare a termine un “lavoretto” per alcuni amici che hanno chiesto di incastrare alcune persone……. Entrano in scena due personaggi particolari, Giovanni Arcangioli ed Attilio Auricchio, due vecchie conoscenze dei servizi segreti, attualmente ufficiali dei Carabinieri addetti alle intercettazioni, ma già in passato accusati di aver manipolato alcune telefonate.
I due fanno un piccolo capolavoro. Confezionano due informative per la procura di Napoli dove, insieme alla trascrizione di 40 telefonate (su 100.000 intercettazioni) degli accusati, costruiscono un castello di deduzioni e teoremi che sembrano discorsi da bar sport. Difficile non immaginare nella impaginazione di quelle informative la sapiente mano di qualche giornalista sportivo o di qualche dirigente di squadra di calcio.
Alcune dichiarazioni di persone accusate e di altre non coinvolte nel procedimento fanno addirittura pensare che siano state filtrate solo le telefonate “adatte allo scopo da raggiungere”. Altre indiscrezioni parlano di mancati incroci tra telefonate fatte e ricevute dalle singole utenze. Insomma qualcosa di anomalo sta accadendo. Parallelamente una manina fa arrivare i testi di queste intercettazioni alla Gazzetta dello Sport.
EPILOGO Siamo ormai a maggio del 2006. La Juve vince il suo ventinovesimo scudetto sul campo mentre sui giornali scoppia la bufera. Juventus, Milan, Lazio, Fiorentina ed altre squadre minori vengono accusate di aver creato un sistema di condizionamento del sistema arbitrale mentre addirittura alcuni protagonisti, specialmente Moggi e Giraudo, vengono accusati di “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”.
I magistrati si fidano ciecamente di quanto trascritto dai carabinieri di Roma nelle loro informative ed emettono pesanti accuse. Più tardi gli stessi magistrati, leggendo con attenzione la documentazione si accorgono probabilmente di essere stati strumentalizzati per un disegno ben preciso. Si accorgono che quelle informative cosi come sono state confezionate sono assolutamente insufficienti per sostenere le accuse che avevano già colpevolmente emesso nei confronti delle persone coinvolte. Saranno costretti a chiudersi nel più stretto riserbo ed avviare un processo interminabile di riascolto di tutte le telefonate intercettate che, si scoprirà in seguito, contengono molte sorprese.
Ma torniamo alla fine del campionato, maggio 2006. Il prode John Elkann rilascia una dichiarazione che per noi tifosi rimbomba ancora sinistra: «Siamo vicini alla squadra e all’allenatore. Sono state fatte cose riprovevoli. Ripartiremo dai giovani». Moggi a questo punto si dimette e con lui è costretto a fare lo stesso anche Giraudo, insieme a tutto il cda. È curioso far notare che i giornali che più di tutti si accaniscono contro la Juventus e i suoi dirigenti sono proprio quelli della scuderia Rcs in cui gli Agnelli sono soci, ovvero La Gazzetta dello Sport e Il Corriere della Sera e, ovviamente, La Stampa di cui sono addirittura proprietari.
In questo modo inizia il processo mediatico, svolto in maggior parte sui giornali. Un processo che parte non dall’accusa ma dalla sentenza: Juve colpevole. In verità, leggendo le intercettazioni pubblicate non si ricava la benché minima prova di eventuali illeciti. Si percepisce piuttosto un mondo sicuramente malato dove ognuno cerca di tirare l’acqua al proprio mulino, spesso senza riuscirci, e soprattutto una generale atmosfera di goliardie e millanterie che lascia trasparire un’inopportuna confidenza tra settori della Federcalcio, dirigenti di squadre di calcio e alcuni arbitri. Ma nessun illecito.
È il via all’estate più incredibile che si potesse immaginare. I tempi purtroppo sono strettissimi: c’è di mezzo il Mondiale e bisogna fare presto. A capo della Figc, ovviamente commissariata, viene chiamato un personaggio che pochi conoscono ma che gli addetti ai lavori ricordano come ex-consigliere di Amministrazione dell’Inter, Guido Rossi.
La sua chiamata a Commissario straordinario della Federcalcio avviene attraverso un atto che non verrà mai reso pubblico poiché le modalità con cui viene eletto probabilmente non gli consentirebbero alcune delle decisioni da lui prese successivamente, rendendole illegittime, come ad esempio la riduzione dei gradi di giudizio, la sostituzione dei giudici ed altre norme stabilite ad hoc per la farsa che si va organizzando.
Il personaggio è ingombrante, presuntuoso ed odia quanto basta la Juventus per avallare fin da subito le sentenze emesse dai giornali. Innanzitutto si circonda di suoi fedelissimi collaboratori tra cui Nicoletti, già braccio destro di Moratti alla Saras e, successivamente, riduce i gradi di giudizio del processo sportivo da tre a due. Di fatto sostituisce la gran parte del Collegio giudicante mettendo a capo dello stesso un vecchio giudice in pensione di nome Ruperto. Infine “istruisce” i giudici affinché venga fatta giustizia in maniera dura, esemplare e spietata
“Dimentica” però di sostituire i giudici che pronunceranno le sentenze di secondo grado che come vedremo saranno completamente capovolte, tranne che per la Juventus. In realtà non si dimentica affatto ma gli viene impedito dal primo rigurgito di quel sistema che stava cercando di spazzare via. Negli stessi giorni, frattanto, Oriali e l’Inter patteggiavano vergognosamente la condanna penale per la vicenda dei passaporti falsi, accompagnati dal silenzio complice dei mass-media.
In questa tempesta, la Juventus e la sua proprietà sembrano immobili. Qualcuno ipotizza che nei primi giorni dello scandalo i vertici juventini siano stati rassicurati circa la permanenza della squadra in serie A, circostanza che, come si vedrà, sarà completamente disattesa dagli atti compiuti dal Commissario Guido Rossi. Dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione la reggenza viene affidata a Carlo Sant’Albano, amministratore delegato di Ifil. La dirigenza di fatto non esiste più. In questo scenario viene nominato, in qualità di legale difensore. l’avv. Cesare Zaccone.
Arrivati a questo punto, però, la fuga di notizie e l’attacco frontale effettuato dai mass-media hanno reso la situazione di fatto irrecuperabile. Tutta l’Italia calcistica, fomentata dal suddetto attacco mediatico, ha ormai a furor di popolo condannato le persone che, ad onor del vero, erano ancora solamente indagate, sia per la giustizia sportiva che per quella ordinaria. La Juventus in serie B, il sogno proibito di milioni di tifosi, si materializzava come per incanto. Finalmente anni ed anni di frustrazioni venivano ripagate con una gogna fino a poche settimane prima inimmaginabile.
Fonti attendibili riportano in questa fase di un patto tra Grande Stevens e Guido Rossi, durante il quale quest’ultimo viene rassicurato sul fatto che la Juventus avrebbe accettato la serie B, a condizione che anche le altre imputate avessero avuto la stessa pena.
Questa circostanza è avvalorata dal fatto che alcuni dei campioni in forza ai bianconeri erano già stati venduti prima delle sentenze sportive. Comunque sia, Guido Rossi accetta l’accordo (o finge di accettarlo?). Ma, come vedremo, le cose vanno diversamente da come erano state apparecchiate. A fine giugno viene insediato il nuovo Cda, capitanato da tale Giovanni Cobolli Gigli, un manager ricordato soprattutto per le sue imprese da liquidatore di altri asset di casa Agnelli. In quei giorni serviva qualcuno che mettesse la faccia come Presidente del periodo più brutto della storia della Juventus. E, da informazioni assunte al riguardo, pare che nessuno abbia voluto gravarsi dell’ingrato compito, costringendo la proprietà ad accontentarsi di una soluzione di estremo ripiego. Nei prossimi anni Cobolli Gigli sarà ricordato soprattutto per le sue memorabili dichiarazioni che inducono l’interlocutore a sospettare che sappia veramente poco di calcio e che sia capitato per caso sulla scena del delitto.
Invece il processo, istruito da Francesco Saverio Borrelli, ex magistrato di Mani Pulite, sarà ricordato nei secoli come una farsa senza eguali, grazie al suo surreale e brevissimo svolgimento dove si è riuscito a calpestare le più elementari regole di garanzia per gli imputati, a cominciare dal diritto alla difesa.
Per accelerare la farsa e renderla “credibile” Guido Rossi manda Borrelli a Napoli dove, previa una telefonata di Nicoletti con cui viene fatta illecita pressione sui Pm della procura, riesce a farsi consegnare le informative dei Carabinieri, che in questa fase dovrebbero essere materiale altamente riservato ma che invece appaiono in stralci su giornali e mass-media. Molti magistrati e giudici avranno successivamente modo di dichiarare che si è trattato di un vero e proprio “aborto giuridico”. Il Procuratore federale Palazzi, imbeccato da Borrelli, chiede pene durissime per tutti, ed in particolare per la Juventus, per la quale si parla di retrocessione in C1. Zaccone, nel corso del brevissimo e farsesco dibattimento, incalzato da Ruperto, dichiara maldestramente che la pena congrua consisterebbe nella B con penalizzazione, cosa che prontamente viene fatta mettere a verbale. La dichiarazione di Zaccone, che suscita stupore e indignazione nei tifosi, figlia diretta degli accordi Rossi-Grande Stevens e viene pronunciata proprio per cercare di rimanere ancorato al carro delle altre imputate per le quali era stata chiesta la B con penalizzazione.
La molle difesa di Zaccone viene strumentalizzata dai giornali di regime che, con titoli a tutta pagina,, la fanno passare per un’ ammissione di colpevolezza. La sentenza di primo grado che giunge di lì a poco è delirante nelle motivazioni, riuscendo a trasformare in illeciti conclamati e reiterati (art.6) una somma di episodi di slealtà (art.1) e inventando di sana pianta il reato di “illecito strutturale”. Addirittura devastante la pena comminata che consiste in una serie B con trenta punti di penalizzazione, la revoca di due scudetti ed altre sanzioni accessorie. Cobolli Gigli appare indignato. Nell’ombra probabilmente qualcuno invece è soddisfatto della piega presa dagli eventi.
Intanto, in Germania la nostra nazionale diventa Campione del Mondo in una finale con la Francia addirittura surreale. In campo ci sono otto giocatori che militano nella Juventus più altri cinque che vi hanno militato recentemente. In panchina e nello staff tecnico figurano altri quattro juventini di lungo corso tra cui Marcello Lippi. In totale 17 protagonisti dal Dna juventino.
La Juventus di Moggi trova così la sua apoteosi nella vittoria del Mondiale, con uno dei principali artefici del successo ormai fuori dal Calcio. In breve tempo la fortissima Juventus allestita da Luciano Moggi viene rapidamente smembrata dal liquidatore Cobolli, il quale ha l’incarico di procedere alla riduzione dei costi a prescindere dal campionato in cui si giocherà, assecondando i desiderio di John Elkann di puntare sui giovani.
Ecco quindi che ben otto giocatori vengono venduti in un crescendo rossiniano di menzogne e inganni culminati con la cessione all’Inter di due giocatori del valore di Ibrahimovic e Vieira.
La sentenza di secondo grado, emessa da un tribunale espressione diretta dell’ex presidente Carraro, e quindi organico al vecchio sistema, ribalta la sentenza di primo istanza, attenuando notevolmente le pene di Milan, Fiorentina e Lazio, alle quali viene restituita la serie A con penalizzazione. Incredibilmente i rossoneri ritrovano anche la partecipazione alla Champions League. La Juventus, invece, rimane relegata in serie B con 17 punti di penalizzazione.
Leggendo il delirante dispositivo di sentenza si apprende stranamente che “è concettualmente ammissibile l’ottenimento di un vantaggio in classifica pur prescindendo dall’alterazione di una singola gara”. Che cosa e’ successo? Semplicemente è accaduto che la Juventus è stata punita nuovamente dal Tribunale di secondo grado, espressione diretta di Carraro e Berlusconi, proprio per aver fin da subito effettuato la scelta collaborazionista con il nuovo sistema guidato dall’Inter e dalla Roma. Insomma, come si suol dire “cornuti e mazziati”. È chiaro ormai che l’accordo Grande Stevens – Rossi è definitivamente saltato.
Nel frattempo gli “onesti” di Moratti, grazie alla compiacenza dell’ultrà Guido Rossi, si vedono assegnare uno scudetto, quello 2005-2006, che non è mai stato oggetto di indagine e che la Juventus ha vinto sul campo con il siderale distacco di 15 punti. Gli Elkann capiscono di essere stati raggirati. In giro l’umore dei tifosi e soprattutto degli azionisti di minoranza, riunitisi nel frattempo in diversi Comitati, è assolutamente nero e con insistenza questi ultimi premono sulla proprietà affinché reagisca a questo scempio.
John Elkann, mosso dall’orgoglio, ordina a Cobolli di fare la voce grossa nel corso della Conciliazione al Coni, non ottenendo ovviamente esito positivo. Successivamente, decide di preparare un ricorso al Tar del Lazio che, carte alla mano, definire un “capolavoro giuridico” è riduttivo. Preciso, circostanziato, e soprattutto nelle cifre, spietato. Tutto sembra deciso, si va al Tar.
Qualcuno a Roma comincia a spaventarsi e a credere che davvero i due fratellini possano andare fino in fondo. Sarebbe una circostanza senza precedenti per il calcio italiano: in caso di accoglimento del ricorso, molto probabile a giudicare dalle dichiarazioni di illustri avvocati amministrativisti, i campionati devono essere sospesi e i processi rifatti. Il governo ed il primo ministro in persona si muovono direttamente con Montezemolo e lo pregano di mettere un freno alla situazione. Non si vuole il caos, il ritardo dei calendari, il malumore delle piazze coinvolte, la delusione della stragrande maggioranza degli italiani convinti che tutto il male sia la Juventus. Ed il primo ministro ha buon gioco nel convincerlo. Sa che lui non può mettersi contro l’establishment perché lui, e ciò che rappresenta, sono parti importanti dello stesso.
Nel frattempo Cobolli Gigli passa le sue giornate al telefono circondato da molti avvoltoi che svolazzano sulla carcassa della Juventus in attesa del momento buono per spolparla. Indimenticabile, per ammissione dello stesso Cobolli Gigli, e' "l'opera di convincimento a bere l'amaro calice della B" da parte del direttore del Corriere dello Sport, Vocalelli, che assume contorni grotteschi degni dei racconti di Collodi. Siamo a fine agosto. A Torino si svolge un vertice tra Montezemolo, J, Elkann e Gabetti. I due anziani convincono il giovane di famiglia a deporre le armi. Questo ciò che gli viene detto: “Sappiamo che siamo stati sottoposti ad un giudizio di piazza senza garanzie, però ormai la gente si è formata un opinione e noi non la possiamo cambiare. Pensa a cosa avrebbe fatto tuo nonno in questo caso, non si sarebbe mai mischiato coni vari Gaucci e Preziosi ma avrebbe bevuto fino in fondo l’amaro calice, in osservanza alla sua storia, alla fedeltà all’ordine costituito e a tutto ciò che la Fiat è stata, ha rappresentato e vuole ancora rappresentare. Anche da un punto di vista economico, dopo le cessioni, la riduzione del monte ingaggi, la conferma degli sponsor, la rinuncia alla Champions League non c’è grande differenza tra i due scenari. Perciò, per le responsabilità che abbiamo e per le aziende che rappresentiamo dobbiamo ingoiare il boccone e scendere a patti con le autorità sportive”. Il giorno stesso viene istruito di conseguenza il povero Cobolli Gigli. È il 31 agosto 2006. La Juventus, la sua centenaria storia di successi e la passione dei suoi tifosi vengono calpestati senza pietà, in cambio della riduzione di qualche punto di penalizzazione in serie B (sancito nel successivo Arbitrato) e, probabilmente, di un provvedimento sulla rottamazione auto nella Finanziaria 2006.
Gli stessi giocatori e l’allenatore Deschamps rimangono sbigottiti dal comportamento del Cda che, in un Consiglio dalla durata biblica, stabilisce la definitiva rinuncia al Tar. È un dato di fatto, questo, che fa ritenere attendibile la circostanza che i giocatori e il tecnico fossero stati rassicurati sul fatto che sarebbero state percorse, purtroppo tardivamente, tutte le strade per cercare di riottenere la serie A. Lo strappo del 31 agosto tra squadra e società è una ferita che ancora oggi nelle dichiarazioni dei giocatori si percepisce quanto sia stata dolorosa, soprattutto per quelli che avevano accettato di rimanere a Torino. A questo punto non è più possibile tornare indietro. La squadra è costretta a subire la gogna dei campi della serie B e i tifosi invece sono costretti a subire le farneticanti dichiarazioni di Cobolli Gigli sulla scia della cosiddetta operazione simpatia.
È tutto finito? Quanti e quali capitoli potranno essere ancora scritti su questa dolorosa vicenda? La sensazione che si percepisce tra le stesse fonti che ci hanno permesso di elaborare questa ricostruzione è che qualcosa bolle ancora in pentola. Qualcuno, nel frattempo, aspetta sulla sponda del fiume…
DEDICATO A CHI, COME ME, NON CI STA - di UGOTOZZINIPubblicato il 09.07.2008
CORRADO DE BIASE, nato a Firenze 83 anni or sono, magistrato, è stato Presidente del Tribunale di Prato e Procuratore Federale della Figc per oltre 20 anni. E’ conosciuto dal grande pubblico come il Procuratore federale che ha condotto l’inchiesta sul calcio-scommesse nel 1980, conclusasi con la retrocessione del Milan e il “riposo forzato” per Paolo Rossi, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia e Ricky Albertosi.
La sua voce è dunque LA PIU’ AUTOREVOLE POSSIBILE, masticando pallone e giustizia sportiva da una vita. Partecipando a una trasmissione dell’emittente fiorentina Rete 37, ha rilasciato testualmente le seguenti dichiarazioni.
"Non posso sapere perché la proprietà della Juventus si sia mossa in un certo modo, ma mi sento di dire, al 99%, che la vicenda è stata abilmente pilotata dai vertici della squadra torinese, a cominciare dalla richiesta di Zaccone, che ha lasciato tutti di stucco. Zaccone non è un incompetente, come molti credono, ma è stato solo un attore di questa vicenda. Bisogna avere, innanzitutto, il coraggio di affermare una realtà: il procedimento di quest’estate ha partorito un autentico ABORTO GIURIDICO.
Quando parlo di “aborto giuridico” mi prendo la piena responsabilità di quello che dico. Quando si vuole espletare in due settimane un procedimento che richiederebbe almeno sei mesi per un corretto iter investigativo, non può che venir fuori un aborto giuridico. Quando si cassa, per motivi di tempo, un grado di giudizio, quando s’impedisce agli imputati di portare testimoni, dossier e filmati in loro discolpa, ma gli si concede solo 15 minuti per un’arringa difensiva, non si può che parlare di aborto giuridico.
Quando non si concedono agli avvocati difensori degli imputati i testi integrali delle intercettazioni, ad-ducendo che non sono pertinenti, si può solo parlare di aborto giuridico.
Quando, infine, si disassegna un titolo a una squadra, la Juventus, per assegnarlo a un’altra, l’Internazionale, prima che si sia pronunciato il verdetto del primo iter istruttorio, allora siamo ben oltre l’aborto giuridico.
Non è un problema di giustizia ordinaria o sportiva: in ogni Paese che si definisce civile eventuali pene e sanzioni devono essere applicate dopo che sia stato verbalizzato un verdetto di colpevolezza, mai prima. E non venitemi a parlare di normative UEFA o di liste da dare alla stessa per le coppe europee: i diritti degli imputati, tra cui quello di potersi difendere con i mezzi che l’ordinamento mette loro a disposizione, vengono prima di una partita di calcio.
Il punto che mi fa pensare che Zaccone abbia agito su input della proprietà è un altro, e cioè il modo in cui si sono mossi i vertici dirigenziali della Juventus, con quel finto ricorso al TAR.
Come, mi chiedo, tu allontani i dirigenti, praticamente dichiarandoti colpevole, poi assisti inerte e impassibile a uno scempio mediatico e giudiziario ai danni della tua squadra e poi minacci di ricorrere al TAR? E’ il concetto di chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti, se ci pensate bene. Prima ti fai massacrare senza muovere un dito, ti fai disassegnare il titolo, fai stilare i calendari per i campionati e le coppe europee e poi e poi minacci di andare al TAR, strombazzando il tutto sui giornali?
Sa tanto di mossa politica per placare l’ira dei tifosi, mi pare. Se Zaccone, che è uomo di valore ed esperienza, avesse avuto il mandato di evitare il disastro si sarebbe mosso in maniera diversa, nel senso che avrebbe fatto notare queste “anomalie” nel tempo intercorso tra la fine del dibattimento e l’annuncio dei verdetti. Quello, infatti, era il momento buono per minacciare di ricorrere al TAR, quando le sentenze non erano ancora state scritte, ma andava fatto in camera caritatis, chiedendo un incontro con Ruperto, Sandulli e Palazzi. E non di fronte ai giornalisti della Gazzetta.
Vi prego di notare che non sto discettando di alta strategia dell’arte forense, ma dei principi basici, dell’ABC della professione, di cose che si insegnano ai ragazzi che vengono in studio a fare praticantato: se tu, avvocato difensore, ritieni di avere delle armi da giocare, chiedi un incontro col giudice e il PM, nel periodo che intercorre tra il processo e il verdetto, e gli fai notare che, se il responso sarà giudicato troppo severo, le userai.
E qua di armi ce n’erano in quantità industriale. Poi, di fronte al fatto compiuto, chi si prende la respon-sabilità di fermare una macchina che macina miliardi di euro, tanto da essere la sesta industria del Paese?
Io, per conto mio, posso solo ribadire il concetto già espresso: una penalizzazione di 8-10 punti, una multa e la squalifica di Moggi e Giraudo per 10-12 mesi, questa era la pena congrua, a mio parere.
Ogni parallelo con la vicenda del 1980 è improponibile: qua non ci sono tracce di illecito, né denaro o assegni. L’illecito ambientale non è un reato contemplato da nessun codice, a meno che non si parli d’inquinamento atmosferico…"
Moggi:"Calciopoli non è finita, comandano sempre loro"
11/06/2008 di Valerio Fregoni - Direttore del sito - Fonte: Il Tempo
Sa darsi una spiegazione per il crollo degli Azzurri nella sfida d'esordio contro l'Olanda?
«È stato un incidente di percorso grave, ma andrei piano, non darei per morta questa squadra. Siamo pur sempre i campioni del mondo in carica. Tuttavia sono stati fatti errori di valutazione: sono stati sopravvalutati alcuni giocatori e sottovalutati altri. In questo momento Gattuso non è un giocatore proponibile, non è da nazionale: è fuori condizione, sbaglia i tempi d'entrata, non riesce a rilanciare la manovra. Tenere in panchina De Rossi vuol dire rinunciare a un incontrista e allo stesso tempo a una fonte di gioco. Donadoni ha lasciato fuori il giocatore che più di tutti serviva a questa nazionale. Ma la sconfitta non è soltanto racchiusa nelle scelte del tecnico. Servono anche gli stimoli dei calciatori: al Mondiale c'era la spinta arrivata da Calciopoli, tutti volevano dimostrare il proprio valore. Qui abbiamo fatto il contrario, ci siamo presentati in campo per dimostrare a tutti che siamo i campioni del mondo. Questo c'ha tolto gli stimoli. Siamo stati travolti per novanta minuti dagli olandesi che non hanno una formazione superiore alla nostra, anche se hanno elementi molto validi come Van der Vart».
Quale formazione manderebbe in campo contro la Romania?
«Toglierei Barzagli e Materazzi cambiando quasi tutta la difesa: i due centrali che abbiamo visto contro l'Olanda in questo momento sono improponibili. Meglio Panucci e Chiellini. Inserirei De Rossi e farei giocare Del Piero al posto di Di Natale».
L'Italia sta pagando l'assenza di Totti?
«Totti pur essendo un talento non ha mai fatto grandi prestazioni con la nazionale: al mondiale tedesco abbiamo giocato con dieci uomini e mezzo».
L'intero Paese è contro il ct Donadoni: lo confermerebbe?
«Ha sbagliato formazione, ma bisogna solo aspettare. E' come le pere, quando sono mature cadono da sole...».
Chi vincerà il prossimo Europeo?
«Il Portogallo. É una squadra molto forte, ha un gioco simile a quello della Roma ma ha il vantaggio di avere giocatori di maggiore qualità e non parlo soltanto di Cristiano Ronaldo, ma ci sono anche Deco, Moutinho, Nani. Mi piace molto anche la Germania: avrei potuto prendere Podolski con meno di un milione di euro quando non lo conosceva nessuno. Non ha accettato di venire in Italia».
In Italia ha vinto l'Inter: è stato uno scudetto meritato?
«No, assolutamente. Meritava di vincere la Roma, la squadra di Moratti ha avuto tantissimi aiuti da parte degli arbitri. Con i vantaggi arbitrali che ha avuto l'Inter nell'ultimo anno, si vincono cinque scudetti di fila...».
Non ha grande considerazione dell'operato degli arbitri italiani.
«Gli arbitri si comprano da soli, se fai una buona direzione con le grandi hai la strada spianata. Gli arbitri hanno un gettone di presenza che cambia: conviene arbitrare in serie A piuttosto che in serie B. Il primo anno di Collina a capo del settore è stato un disastro».
Ancora Collina, non sarà per via della famosa partita di Perugia in cui la Juventus perse lo scudetto?
«Quando Zambrotta venne espulso in quell'acquitrino, capiì che non avremmo mai potuto ottenere un risultato positivo: ce l'avessero detto prima, non avremmo sporcato di fango la divisa da gioco».
Perchè dopo un'ora di attesa, la Juventus non salì sul pullman per tornare a Torino?
«Perchè siamo educati (e si mette a ridere...). La Juventus era vista come una società arrogante, ma ci mettevano i piedi in testa. Ed eravamo considerati una società ricca anche quando non avevamo una lira».
Ma quella di Perugia era una Juventus cotta, due settimane prima aveva perso contro il Verona già retrocesso.
«Noi eravamo cotti, ma tra essere cotti e farsi cuocere c'è una bella differenza».
Veniamo a un argomento molto attuale: cosa pensa delle intercettazioni?
«Io sono favorevole alle intercettazioni... Sono stato una vittima delle intercettazioni, manderei in galera chi le utilizza. Sarei favorevole soltanto per le cose serie, quando si parla di mafia o terrorismo, ma non per mandare i magistrati a fare passerella in tv. Mettere in piazza colloqui privati che non hanno niente a che vedere con fatti penali è una cosa vergognosa: ha ragione Berlusconi a chiedere la detenzione per chi utilizza questi mezzi. Le intercettazioni sono inaccettabili, soprattutto quando tirano in ballo aspetti personali che non hanno nulla a che vedere con le indagini. Sono cose che si possono capire soltanto quando si è tirati in ballo in prima persona. Quando ho avuto le prime avvisaglie non mi rendevo conto, poi ho vissuto un mese della mia vita terribile: per andare avanti mi sono aggrappato alla fede. La seconda serie di intercettazioni non ha motivo d'essere: io sono un libero cittadino, pago le tasse e parlo con chi voglio. Mi chiedo quanto costino allo Stato italiano queste intercettazioni: c'è qualcuno che dovrebbe vergognarsi, nessuno si vergogna, eppure sono cose che hanno fatto».
Ha mai pensato di entrare in politica?
«Qualcuno me lo ha chiesto, ma sono del parere che ognuno debba fare ciò che è capace di fare».
Ci può dire quale partito avrebbe voluto candidarla?
«Non me lo ricordo... Ho vissuto un momento di celebrità politica, come quando andai a trovare Berlusconi a Palazzo Grazioli».
Qualcuno ha sostenuto che da quell'incontro iniziarono i problemi di Moggi.
«Non ne sono sicuro, ma certamente non è stato per colpa di Berlusconi. La cosa strana è che dopo un po' è venuto fuori un bel pasticcio. C'ho riflettuto su, ma son pensieri che tengo per me. Al momento opportuno li tirerò fuori. Intanto mi sono messo dall'altra parte, provo a fare il critico: è più divertente e certamente più facile».
Se potesse tornare indietro, rifarebbe tutto ciò che ha fatto?
«Penalmente non c'è niente, non ho nulla da rimproverarmi. Tutti siamo pronti a dire più del normale, a farsi più grandi del normale. Ho fatto il "gigione" in questo senso, ma altre cose non ne ho fatte. Ho curato gli interessi della mia società, sono stato attento alla gestione, nonostante non avessimo soldi abbiamo sempre vinto, nonostante non ci desse nulla la società, la gestione è sempre stata positiva. Di più non si poteva fare. Io ho soltanto creato i presupposti per una difesa. Avevo capito, chiaro chiaro, che contro la Juventus c'era qualcosa che non funzionava. Le intercettazioni successive mi hanno dato ragione: avevo percepito certe cose, stavo appresso a delle persone per capir bene l'idea loro. Alla luce di questi fatti non avevo sbagliato».
Cosa è cambiato dopo Calciopoli?
«Niente. Lo ha detto anche Guido Rossi prima di andare via. Chi comandava prima continua a comandare anche oggi».
Quali sono i personaggi che comandano nel calcio italiano?
«Franco Carraro e Gianni Petrucci».
Quindi le banche e la politica.
«Questo lo state dicendo voi...».
Si sente il capro espiatorio di Calciopoli?
«La verità è che le intercettazioni bisogna leggerle tutte: così facendo ci si rende conto che Moggi, Giraudo e compagni erano soltanto sulla difensiva per quello che facevano altri».
A un certo punto si è addirittura iniziato a parlare di Moggiopoli. Come ha vissuto quei momenti?
«É stato un piacere perchè ho querelato tutti quelli che hanno usato questa terminologia presentando una richiesta per danni».
E quando dicevano che Moggi era il padrone del calcio?
«All'inizio godevo, successivamente mi son chiesto alcune cose, poi ho inziato a preoccuparmi: sono quelli che ti dicono bravo e ti danno le pacche sulle spalle che poi ti fanno lo sgambetto».
L'ha delusa l'atteggiamento della Juventus?
«Voi avete mai visto una persona che uccide una persona e si dichiara colpevole? La Juve si è presentata al processo chiedendo la serie B con penalizzazione. Poi ha fatto il ricorso al Tar cambiando totalmente la versione. Poi ha ritirato il ricorso al Tar. C'è un deferimento che lascia il tempo che trova: io non sono più giudicabile (dopo le dimissioni dalla Juve non è più un tesserato) e la società sembra intenzionata a percorrere la strada del patteggiamento. Patteggiamento di cosa? Non lo so. Questa è un'altra pietra miliare che si aggiunge al primo processo in cui era stata chiesta la penalizzazione. Noi, nel frattempo, siamo rimasti soli mentre il presidente della Juventus continua a dire in giro di aver vinto 29 scudetti: non si capisce bene se bisogna prendere per buona la prima o la seconda versione. la verità è che gran parte di quei trofei che stanno in bacheca sono frutto del nostro lavoro. Così come il parco giocatori che ha conquistato il terzo posto è per gran parte quello che avevamo portato noi. Non parliamo degli acquisti perchè è meglio non parlarne...».
Quindi non è Lei che fa il mercato della Juve.
«Questa la potrei considerare un'offesa. Con i soldi che la società sta mettendo a disposizione potrei vincere scudetto e Champions League per due anni di fila. Con 50-60 milioni di euro si può fare un gran mercato».
Eppure, non sempre chi vince ha ragione. Come si spiega il divorzio tra Moratti e Mancini?
«Quando un uomo che non è il presidente diventa un punto di riferimento per i media, l'azionista di riferimento si può anche innervosire e avere attacchi di gelosia. La realtà è che tra Moratti e Mancini è finito un amore. Ma i tifosi della Roma dovrebbero come minimo essere nervosi per come è andato questo campionato: andatevi a vedere Inter-Parma, Inter-Palermo, Inter-Empoli e Catania-Inter. Poi ne riparliamo».
Che idea si è fatto dell'interessamento di Soros per rilevare la Roma?
«Bisogna vedere come sta la famiglia Sensi economicamente. Secondo me, sarà difficile togliere la Roma a Sensi. Ero nella Roma, con Mezzaroma, quando Sensi iniziò quest'avventura. Mi disse: questo sarà il mio giocattolo della vecchiaia. Il presidente Sensi ha dato la vita per questo giocattolo, ha dato anche troppo. Difficilmente la Roma potrà ritrovare un presidente come Sensi».
Se domani dovesse tornare nel mondo del calcio, quale allenatore sceglierebbe?
«Uno tra Lippi, Capello e Ancelotti: sono i più bravi in circolazione. Ma vedrei anche i giocatori a disposizione e capire la dimensione della squadra che si ha in mano».
Ma in una squadra di calcio, è più importante il presidente o l'allenatore?
«Il presidente, senza dubbio».
Gli imprenditori che entrano nel mondo del calcio, ci guadagnano?
«Un presidente di calcio ci rimette, sempre. Alcuni hanno dei benefici indiretti, gli altri inevitabilmente ci perdono».
La sua figura non è amata in una città come Roma.
«Dopo Calciopoli il consenso è aumentato. Prima l'ostilità per la Juve la faceva da padrone. Appena è andato via Baldini i rapporti si sono normalizzati. Questo signore ha detto qualcosa di troppo anche in sedi non sportive: nel processo Gea ha parlato più del normale. Poi ne pagherà le conseguenze. Parlare per sentito dire come fa lui credo che sia una cosa improduttiva. Dispetti alla Roma? Ero un dirigente della Juve, facevo gli interessi della Juve».
Le polemiche di mercato non sono mai mancate: neppure con l'Inter per l'acquisto di Cannavaro.
«Era l'Inter che voleva cedere il giocatore: Carini aveva un legamento crociato malandato, eppure hanno voluto chiudere comunque la trattativa prendendo un calciatore che all'epoca non era integro. In questo modo si spiegano le mancate vittorie dell'Inter in campionato».
Ma l'Inter ha iniziato a vincere. Le dispiace?
«No. E' la conferma della bontà del mio lavoro. I loro uomini chiave sono Vieira e Ibrahimovic. E quando non hanno avuto questi due giocatori, hanno rischiato di perdere lo scudetto. Ibrahimovic è il calciatore più forte del mondo. Se la Roma avesse Ibrahimovic, o Toni, vincerebbe lo scudetto per cinque anni consecutivi. Alla Roma basterebbe uno dei due per fare il salto di qualità».
Nel suo ultimo giorno da dirigente disse che qualcuno le aveva rubato l'anima: ha focalizzato il volto di chi lo ha fatto?
«I loro volti li ho ben impressi in mente, ve l'ho già detto a voi. Prima non era facile mettere a fuoco la situazione, ora ce l'ho ben chiara».
Il calcio sta progettando stadi nuovi.
«In Italia siamo indietro, servono impianti nuovi. Ma bisogna abituare le persone a frequentare gli stadi anche nei giorni feriali. Oltre ai giocatori alla Juve abbiamo lasciato in eredità anche Mondo Juve».
Qual è stato l'affare della vita?
«Sicuramente Zidane: il Real Madrid ha sborsato 150 miliardi».
E il miglior giocatore che ha avuto alle sue dipendenze?
«Maradona resta inarrivabile».
Il giocatore che voleva acquistare ma che non è riuscito a tesserare?
«Non ce ne sono».
Kakà non lo avrebbe mai acquistato per via del nome.
«Quella era semplicemente una battuta: quando ero a Roma ci massacravano perchè avevamo comprato Pellegrini, figuratevi cosa sarebbe potuto accadere se il brasiliano fosse stato un flop...».
Alla Juve lasciò andare il francese Henry che si è rivelato un campione.
«Quando arrivò da noi era un bambino, il tecnico non lo vedeva, aveva bisogno di avere 30 metri davanti a sè per esprimersi al meglio. L'ho comprato per 20 miliardi, ho trovato chi me ne ha dati dieci in più. E con quei soldi ho comprato dall'Atalanta un certo Pippo Inzaghi...».
Ci dica un colpo che non è andato a segno.
«Avevo messo gli occhi su De Rossi e Aquilani nella trattativa che avrebbe dovuto portare Davids alla Roma. Ho chiesto 15 miliardi e i due giovani ragazzi della Primavera. Se avessi chiesto 5 miliardi in meno a quest'ora i due nazionali sarebbero due giocatori della Juventus. Quella volta ho esagerato nelle richieste».
Che ne pensa dello svincolo unilaterale consentito dall'articolo 17 della Fifa?
«É una possibilità in più per i giocatori. É una strada che percorrerei. Io ad esempio ho preso Mutu quando non lo voleva nessuno. Lo stesso Cannavaro, se non lo avessi preso io, avrebbe vissuto una seconda parte di carriera meno esaltante. nella vita bisogna anche rischiare: se fossi rimasto alla Juve, il primo giocatore che avrei preso sarebbe stato Cassano».
Chi comanda oggi nel calciomercato?
«Continuano a dettar legge quelli che comandavano anche prima: ci sono procuratori padri e procuratori figli da tutte le parti. In Italia servirebbero regole uguali per tutti. invece è uguale per alcuni e un po' meno per altri».
Chi è l'uomo più potente del calcio mondiale?
«Blatter».
Il club più blasonato del pianeta?
«E' il Real Madrid. Ma come qualità e organizzazione è il Manchester United che ha meno visibilità ma più sostanza».
Quante verità sono emerse con Calciopoli?
«La vera storia di Calciopoli è da riscrivere: almeno per il 60%».
La sentenza della corte di appello
«IL SORTEGGIO arbitrale non era truccato». LA CORTE D´APPELLO HA SCARDINATO TUTTE LE FONDAMENTA DI CALCIOPOLI.Questa è la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sulla designazione dell'arbitro Borriello da parte di Ber gamo e Pairetto. E' una sentenza clamorosa (che conferma quella precedente del Tribunale di Roma), curiosamente ignorata dai media e dal Palazzo del calcio.
mercoledì 9 gennaio 2008
Ho deciso di postare una notizia un pò vecchia a dire il vero, ma bisogna immortalarla a futura memoria, sopratutto per le indossatrici di scudetti altrui che pensano di avere le verità su porcopoli in tasca. --- tratto da calcioblog.it
E’ arrivata la prima sentenza di un Tribunale non sportivo sulla vicenda di Calciopoli e l’esito ribalta sorprendentemente una delle “grandi verità” date per acquisite dall’opinione pubblica e dai mezzi d’informazione dopo l’inchiesta dei Pm di Napoli Beatrice e Narducci.
Chiunque scriva o dica che il sorteggio arbitrale, al quale era affidata la designazione finale dei Direttori di Gara nell’era Bergamo-Pairetto, era truccato è passibile di una condanna per diffamazione. Proprio così. Secondo la Corte d’Appello del Tribunale di Roma sostenere che il sorteggio fosse truccato “offende la reputazione e l’onorabilità” di Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto.
Per questo motivo Gianfranco Teotino, che all’epoca lanciò proprio queste accuse sul settimanale Rigore e sul quotidiano La Stampa, è stato condannato al pagamento di mille euro di multa più le spese processuali a seguito della denuncia dei due ex Designatori. ille euro di multa più le spese processuali a seguito della denuncia dei due ex Designatori. ---- Si avete letto bene, un tribunale non sportivo ha deliberato che il sorteggio arbitrale non era truccato, pensate un pò cosa sarebbe successo se la proprietà e la dirigenza invece di correre a licenziare la triade avessero fatto ricorso al Tar? Nonostante questo ci dobbiamo prendere i cori "sapete solo rubare" da chi è stato pescato con le valigette piene di euro, oppure da chi ha taroccato bilanci e passaporti...